Genitori di «baby influencer» assecondavano pedofili perché si abbonassero ai contenuti

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    L'’allarme sarebbe stato inoltrato alla casa madre di Facebook da parte di due team interni alla società, attraverso la stesura di rapporti condivisi con l'azienda. Secondo quanto emerso, sarebbero stati centinaia gli account di minori gestiti dai genitori i quali prevedevano una funzione abbonamento per fruire di contenuti “esclusivi” di minori in costume, perlopiù "baby models". Questo tipo di sottoscrizioni sono state attivate la scorsa estate, nel tentativo di Meta di espandere gli introiti dei creator e di tenerli così legati alla piattaforma.

    Il Journal riferisce che lo strumento sarebbe stato reso disponibile senza alcun tipo di tutela per la sicurezza dei bambini. Gli abbonati a questi account erano prevalentemente uomini, i quali non si sono risparmiati nel commentare in modo inappropriato (per usare un eufemismo) le foto dei minori coinvolti. Dal rapporto è emerso che le foto non prevedevano contenuti illeciti o nudità dei minori, tuttavia i genitori o i tutori che gestivano gli account erano a conoscenza degli interessi torbidi degli iscritti.
    I genitori (o chi per loro) erano compiacenti

    Nel caso non ha responsabilità soltanto Meta. Perché, secondo il quotidiano economico americano, gli stessi gestori dei profili - anziché prendere provvedimenti - assecondavano l’interesse degli abbonati, intrattenendoli con battute esplicite sui propri figli o incoraggiando le ragazze ad interagire con gli iscritti paganti per «gratificarli» sessualmente. Ad aggravare ancor di più una situazione deprecabile, si aggiungevano gli algoritmi, che andavano a suggerire i profili a potenziali pedofili, i quali non nascondevano nemmeno nel proprio username (o avatar) un inaccettabile interesse verso i minori.

    Il Wsj rincara la dose, affermando che le soluzioni per affrontare questo scenario erano disponibili e citando come esempio quelle adottate da piattaforme rivali, quali TikTok, Patreon e Onlyfans, i quali non consentono agli account con immagini di minori di ottenere sottoscrizioni a pagamento.
    I membri dello staff che hanno presentato il report hanno suggerito a Meta di individuare delle modalità tali per cui si potesse monitorare i proprietari e gestori degli account incriminati. Tuttavia la casa madre di Facebook, Instagram e Threads non avrebbe accolto le proposte, optando invece di sviluppare un sistema automatizzato per impedire a sospetti pedofili di potersi iscrivere agli account gestiti dai genitori.
    Un sistema automatizzato non efficace

    Questo processo però non è sembrato però - riporta il Journal - sempre funzionante e il divieto poteva essere eluso creando un altro account ex-novo. Nel mentre la piattaforma ha integrato le mance ai content creator (chiamati “regali”) in altri mercati geografici. Anche in questo caso è stato osservato un utilizzo improprio.
    La difesa di Meta

    Nell’indagine del Wsj si legge inoltre che Meta ha affermato che tali programmi sono ben monitorati. Inoltre, ha difeso la decisione di proseguire ed espandere la possibilità di iscriversi tramite abbonamento, prima che le funzioni di sicurezza fossero previste. Ha inoltre riferito di non ottenere alcuna commissione sui pagamenti degli abbonamenti, quindi non incentiverebbe gli utenti ad abbonarsi; la commissione raccolta da Meta è invece sui regali ai creator.

    Andy Stone, portavoce di Meta ha inoltre affermato: «Abbiamo lanciato strumenti di monetizzazione dei creator con una solida serie di misure di sicurezza e molteplici controlli sia sui creator che sui loro contenuti». Inoltre ha assicurato che i piani dell'azienda per contrastare la pedofilia sull'abbonamento di contenuti che coinvolgono bambini «Parte del nostro continuo lavoro di sicurezza».
    Dopo le segnalazioni ecco il "Macsa"

    Una sicurezza però non sempre a prova di sfruttatore di minori. I dati in possesso dal quotidiano statunitense affermano che uno degli account di modelli bambini gestito dai genitori, nonostante fosse quest’ultimo stato bandito per sfruttamento minorile, è riuscito comunque a tornare su Instagram e Facebook, ha acquistato la verifica Meta e ottenuto centinaia di migliaia di follower. Altri account, che invece sono stati banditi su Instagram, hanno continuato a vendere i contenuti su Facebook.
    Tali account su segnalazione del periodico americano sono stati rimossi, con Meta che ha ammesso «Errori di applicazione». Ciò non ha comunque avuto effetto sugli account di backup che spesso i creatori di contenuti (più o meno leciti) promuovono nelle biografie. Dopo le continue segnalazioni, Meta ha riferito di stare ora utilizzando uno strumento di sicurezza che vigila chiamato Macsa, ovvero Malicious Child Safety Actor. Che sia la volta buona?
     
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