Genitori condannati perché costringono il figlio gay a “essere maschio”

Padre e madre patteggiano. La vittima ha 14 anni.

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    Corse punitive nel cuore della notte, umiliazioni davanti a tutta la famiglia per mostrare la propria “virilità”, persino il tentativo di fargli avere un rapporto sessuale con una ragazza («altrimenti ti butto giù dal balcone») e di fargli cambiare orientamento portandolo da uno psicologo.

    Era inaccettabile per loro che il figlio, 14 anni, fosse gay. E per farlo “cambiare” avevano messo in atto una serie di atroci maltrattamenti, fino a quando il ragazzino era stato dato in affidamento e loro erano finiti a processo: i genitori (difesi dall’avvocata Valentina Colletta) hanno ora chiuso la vicenda con un patteggiamento.

    Nel 2020, una coppia di genitori di Torino viene a sapere dell’omosessualità del figlio, dopo aver letto le sue confessioni affidate alle pagine di un diario. La reazione non è positiva, analogamente ad altri episodi avvenuti in Italia. Dal quel giorno, il padre decide di sottoporre il ragazzo a una serie di vessazioni e umiliazioni allo scopo di renderlo “un vero maschio”. Le angherie prevedono corse punitive nel cuore della notte, obbligo di mostrare i genitali per dimostrare la sua virilità, letture ad alta voce della sua confessione, divieto di radersi. “O torni normale o ti butto giù dal balcone” minaccia il padre, incapace di accettare l’orientamento sessuale del figlio, all’epoca dei fatti appena 14enne.

    I genitori arrivano anche a rivolgersi a uno psicologo per riuscire a far “redimere” il ragazzo. Il professionista però si si rifiuta di prenderlo in carico, spiegando alla coppia che l’omosessualità non va considerata alla stregua di una malattia. Inoltre, il padre avrebbe ottenuto le credenziali di accesso a tutti i suoi profili social in modo da poterlo controllare. Dopo un anno di abusi, al fine di ottenere la conferma dei risultati ottenuti, il genitore gli intima di avere un rapporto sessuale con una ragazza entro un mese.
    Al culmine delle vessazioni, il ragazzo si rivolge allo psicologo della scuola, che mette in moto la procedura dei servizi sociali. Il giovane viene allontanato dalla famiglia e trova finalmente il coraggio di denunciare i genitori. Sottoposta a processo, la coppia è stata condannata: due anni per il padre e un anno e 4 mesi per la madre.
    La pena è stata al momento sospesa. Entrambi infatti potranno usufruire della condizionale solo se porteranno a termine con esito positivo un percorso di recupero psicologico. Inoltre, il tribunale di Torino ha disposto un risarcimento per il figlio, che continua a vivere in una comunità protetta.
     
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