Gaza, cecchino israeliano uccide madre e figlia dentro una chiesa cristiana

L’esercito apre un’inchiesta sulla morte di due donne cristiane alla Sacra Famiglia.

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    Il racconto ha ancora aspetti confusi. Non è chiaro se il cecchino israeliano abbia prima sparato alla mamma, Nahida Khalil Anton, o alla figlia Samar. Si sa però che una è stata colpita mentre cercava di trascinare l’altra appena caduta a terra verso una stanza riparata. Ed entrambe sono morte mentre stavano andando ai bagni del complesso parrocchiale della Sacra Famiglia: uno dei pochi rifugi che sino a sabato a mezzogiorno erano considerati relativamente sicuri nell’inferno di macerie, tunnel ed esplosioni che caratterizza ormai la parte settentrionale di Gaza. «Noi gridavamo, imploravamo, ma il cecchino continuava a sparare. Dopo le due donne, ha colpito altre sette persone, di cui due sono ferite gravi e in pericolo di vita, ma nessuno può portare soccorso», raccontano dall’interno della Chiesa assediata.

    Un fatto giudicato gravissimo dalle Chiese cristiane della Terra Santa. Tanto che già l’altra sera il Patriarcato Latino aveva reso noto un duro comunicato in cui condannava l’aggressione senza mezze parole. «Prima degli spari non avevamo ricevuto alcun allarme, nessuna segnalazione», si legge. Il patriarca in persona, il cardinale Pierbattista Pizzaballa di recente nomina, si è unito al coro che chiede l’intervento della comunità internazionale per cercare una soluzione pacifica della crisi. E dai francescani della Custodia di Terra Santa si aggiunge che «questo modo di agire non è assolutamente giustificabile». Nota il Custode, Francesco Patton: «Se si perde il valore della vita altrui significa che si è perso il senso della propria dignità».

    Il Papa si è dilungato ieri sui fatti di Gaza nella predica domenicale dell’Angelus insistendo sui particolari. «Nella Sacra Famiglia non ci sono terroristi, bensì famiglie, bambini, persone malate e con disabilità, suore», ha esclamato, insistendo che i «tiratori scelti» hanno anche danneggiato il convento delle Suore di Maria Teresa e il loro generatore, necessario per i macchinari medici di sostegno ai malati. Intervistato dalla Radio vaticana, il parroco della chiesa di Gaza, Gabriele Romanelli, ha voluto ricordare che le due donne morte erano «molto attive nella comunità cristiana locale», aggiungendo che, da dopo la settimana di tregua per gli scambi di prigionieri e ostaggi tra Israele e Hamas a fine novembre, negli ultimi giorni il quartiere di Zeitun, dove di trova la chiesa, era stato bombardato con intensità crescente.

    I portavoce militari israeliani replicano spiegando di «prendere molto sul serio le denunce ai danni ai siti religiosi, comprese le chiese che sono luoghi sacri per le comunità cristiane, un gruppo minoritario in Medio Oriente». Aggiungono di avere aperto un’inchiesta e che a metà giornata di sabato i soldati avevano individuato la presenza dei «terroristi di Hamas» nella zona della Sacra Famiglia. A loro dire, si erano poi messi in contatto con le chiese, ma non erano stati segnalati danni o vittime.

    Tra la comunità cristiana di Betlemme, Mitri Raheb, pastore 61enne della Chiesa evangelica luterana oltre che docente e scrittore noto per le sue posizioni a favore dell’indipendenza palestinese, è in contatto quotidiano con i cristiani di Gaza. Ieri era riuscito a parlare con la Sacra Famiglia. «Negli ambienti della parrocchia si trovano rifugiate oltre 600 persone, la maggioranza del migliaio di cristiani della Striscia. Mancano di tutto, persino del pane e dell’acqua. Sono terrorizzati, specie dopo i bombardamenti contro la vecchia cattedrale di San Porfirio e altri luoghi cristiani che causarono 24 morti e decine di feriti due settimane dall’inizio delle operazioni militari», spiega. Gli chiediamo se è a conoscenza di posizioni o tunnel di Hamas nei pressi della Sacra Famiglia. La sua risposta è lapidaria: «Assolutamente no. È una domanda che facciamo sempre tutti. Ma non esiste alcuna prova in questo senso. Semplicemente i soldati sparano su tutto ciò che si muove. Ad oggi i nostri morti sono 26, tutti civili. E purtroppo sembrano destinati ad aumentare». A suo dire, gli spari avrebbero anche centrato le cisterne di metallo sui tetti, privando la gente dell’acqua.
     
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