Riassunti capitoli dei Promessi Sposi

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Intern@t
     
    .

    User deleted


    Riassunti dei Promessi Sposi dal primo capitolo al trentottesimo(thanxs to kikkopingu)
     
    Top
    .
  2. Intern@t
     
    .

    User deleted


    I personaggi dei Promessi Sposi: descrizione

    Don Abbondio: curato di un piccolo paese vicino Lecco, è uno dei personaggi di maggior spicco in questa vicenda, ma, non è ne nobile, ne ricco ne coraggioso: “non aveva certo un cuor di leone”, “era un vaso di terracotta tra altri di ferro”; il suo sistema di vita si basava su poche regole precise: scansare tutti i pericoli, schierarsi sempre dalla parte del più forte facendo però capire al debole che non era contro di lui, ma che no lo appoggiava solamente perché non era il più forte, rimanere sempre neutrale per evitare rischi, badare solo a sé stesso, non prendere mai posizione nei contrasti per evitare qualunque problema, non è certamente ispirato dalla morale cristiana della non violenza ma fare qualsiasi cosa purchè non corra rischi. Questa natura per niente coraggiosa emerge nell’incontro con i bravi, quando infatti cerca una via di fuga e rendendosi conto che l’unica maniera era affrontarli gli corre incontro e affretta i tempi così che la paura duri il meno possibile
    Un fatto che sottolinea la paura dei potenti da parte del curato è che cede appena sente il nome di Don Rodrigo e si dichiara disposto ad ubbidire pur sapendo di andare incontro ad un guaio.
    Nel dialogo con Perpetua emerge la stizza per essere stato messo in mezzo per cose a cui non è interessato, si lamenta del fatto che solo i galantuomini vengono maltrattati.
    E’ un personaggio senz’altro, non si può condividerne il comportamento, ma si può certamente provare una forte pena per un uomo così debole che si trova a vivere in una in un mondo, in una società che lo schiacciano con la loro violenza.

    Perpetua: serva di Don Abbondio, aveva superato i quaranta anni ed era nubile perché “come diceva lei non aveva voluto sposarsi e per come dicevano le amiche perché non aveva trovato nessuno cane disposto);. Il Personaggio di Perpetua è un personaggio straordinario, una donna schietta, popolana, pettegola e avventata. Ha quel buon senso, quel modo di fare deciso, quello spirito di iniziativa che mancano a Don Abbondio; conosce bene il suo padrone e sa da che parte prenderlo, è sincera e ubbidiente perchè affezionata al curato di cui compatisce la debolezza ma è anche capace di comandare e di dare consigli che nascono dal buon senso anche se nella sua premura entra un a punta di curiosità. La descrizione che ce ne dà il Manzoni è viva, velatamente ironica, e ne traspare una. Semplice ma forte, la strategia della curiosa Perpetua si basa sia sulla profonda conoscenza che ha dei comportamenti e degli argomenti che possono far leva su don Abbondio, sia su una dolce ma ferma insistenza.

    Lucia: dalla descrizione emerge che è una ragazza nel pieno della giovinezza, è orfana del padre e vive con la madre Agnese in una casa modesta ma decorosa. Lavora in casa e nella filanda. Durante il racconto di Renzo manifesta terrore, smarrimento e angoscia. E’ una ragazza modesta e di semplice bellezza; il rossore che più volte compare sul suo volto è la distinzione della sua purezza. Le parole di Lucia sono poche, semplici ma esprimono fermezza e speranza.

    Renzo: giovane di vent’anni, orfano fin dall’infanzia, è un umile operaio che però può ritenersi economicamente agiato che si innamora perdutamente per Lucia; è un giovane pacifico e “alieno dal sangue, schietto e nemico di ogni insidia ma impulsivo e pronto ad infiammarsi di fronte ad un torto. Renzo è un giovane ingenuo e immaturo, ancora troppo fiducioso nel mondo; comunque possiede prontezza di spirito, sa tener testa con la prontezza della verità ad un uomo più esperto di lui come Azzeccagarbugli.

    I bravi: uomini al servizio di nobili o potenti per i quali eseguono ordini, anche se contro la legge. Sono riconoscibili dall’abbigliamento e da un ciuffo di capelli che fuoriesce da una retina che avvolge il resto della capigliatura.La digressione sulle gride serve a dimostrare che, nonostante le leggi, i bravi godevano dell’impunibilità, poiché protetti da nobili.


    Confronto tra Perpetua e Agnese, prendendo spunto anche dal seguente giudizio di Antonio Belloni:

    (i pareri di Perpetua e Agnese) “erano ugualmente fondati sopra una lunga esperienza del mondo in contrasto con la storditaggine di don Abbondio, col candore di Lucia, con l’irruenza di Renzo… Però, a confronto dei pareri dell’una, come sono spregiudicati quelli dell’altra!”

    Introduzione Manzoni nel suo libro “I promessi sposi” si è divertito molto a creare sia personaggi con caratteristiche comuni che con attributi antitetici. Tanto per citarne qualcuno, fra Cristoforo e don Abbondio hanno caratteri opposti, mentre lo stesso frate ha delle affinità con la monaca di Monza. Anche Perpetua e Agnese rientrano in una di queste due categorie.

    Antonio Belloni, esprimendo quel giudizio riportato nel titolo, ha sicuramente detto delle verità fondate su di una approfondita conoscenza del testo; infatti entrambe le donne sapevano come comportarsi in qualsiasi occasione, al contrario dei veri protagonisti che, come succede in molti racconti, avrebbero dovuto avere tutte le migliori qualità. Ma proprio per questo Manzoni ha creato un capolavoro, poiché aveva deciso di rendere la sua storia più credibile e realistica possibile; azzardando un giudizio, si potrebbe dire che lo scrittore sia andato controcorrente, come erano i consigli di una delle due donne rispetto a quelli dell’altra. Perpetua infatti, per quei pochi pareri che le abbiamo sentito esprimere, sembra essere favorevole alle cose più classiche e semplici, al contrario di Agnese, che tende a proporre cose più coraggiose, come per esempio il matrimonio “fuorilegge”.

    Perpetua e Agnese hanno parecchie caratteristiche comuni. Le due donne compaiono subito fin dall’inizio del racconto e acquistano sempre maggiore importanza man mano che la storia procede. Innanzitutto sono entrambe contadine, un po’ sempliciotte e amanti dei pettegolezzi. L’autore è riuscito a rendere bene queste tre caratteristiche in poche righe di dialogo nel caso di Perpetua e per mezzo del racconto con Agnese, non tanto esplicitandole ma facendole intuire al lettore. Spettegolare su qualcuno o raccontare un fatto accaduto a qualcun’altro è per loro una tentazione irresistibile, a cui non riescono a resistere nemmeno in momenti importanti. Una prova è Perpetua che si era lasciata abbindolare con un pettegolezzo da Agnese, al posto di accudire il signor curato; Agnese invece, al cospetto della monaca di Monza, non era riuscita a trattenersi dal raccontare lei stessa l’intricata vicenda accaduta, in verità, alla figlia.
    Le due donne non sono solo delle inguaribili chiacchierone, ma anche persone forti e decise; difatti quando hanno una buona idea o un consiglio da proporre sanno come imporsi per farsi ascoltare e, a volte, anche farsi obbedire. Una dimostrazione per Perpetua è l’aiuto proposto al suo povero padrone consigliandogli di rivolgersi all’arcivescovo; una per Agnese è la proposta ai suoi due ragazzi di sposarsi con un metodo alternativo per ingannare il parroco, ottenendo però il solo consenso di Renzo. Questi due esempi ci ricollegano al giudizio di Belloni, dimostrando che quanto consigliato da Perpetua è “classico”, mentre Agnese va contro quanto si dovrebbe fare. Si può infine dire che entrambe sono furbe e acute, forse un po’ più Agnese che Perpetua, poiché il piano da lei pensato è veramente degno di un grande stratega.

    Le due donne non sono però identiche in tutto e per tutto; anche loro hanno, sebbene molto esigue, delle differenze. Possiamo ricavare questi tratti dissimili non tanto dal confronto diretto tra le due, ma dal fatto che conosciamo qualcosa di più di Agnese rispetto a Perpetua. Si può infatti dire che la madre di Lucia è una persona abbastanza ignorante: questo infatti lo ammette più volte durante il racconto, soprattutto quando parla di o con qualcuno di importante, come rispettivamente il dottor Azzecca-Garbugli e la monaca di Monza.
    Un’altra differenza è che il desiderio di Perpetua di soddisfare la sua curiosità prevale certamente sull’affetto e la preoccupazione per il suo padrone, al contrario di Agnese che è molto premurosa nei confronti dei suoi cari in difficoltà. Non che Perpetua non voglia aiutare il curato ma solo sapere prima cosa sia successo, come all’inizio della storia quando tiene un bicchiere di vino “in mano, come se non volesse darlo che in premio della confidenza che si faceva tanto aspettare”. Agnese invece, come suggerisce il suo consiglio sul matrimonio segreto, è molto legata a chi gli sta a cuore.
    La differenza più evidente tra le due donne è quella segnalata già all’inizio, per cui si esprimono e danno consigli in modo diverso: Perpetua, da comune donna popolana suggerisce la cosa più semplice e diretta; Agnese, donna popolana ma anche di grande ingegno, propone qualcosa di originale, innovativo, che non si sarebbe aspettato nessuno. Esagerando un po’ la cosa Agnese è una donna che pensa controcorrente, inteso non nel senso negativo della parola ma come “non standard”, per ingannare i “nemici” di Renzo e Lucia.

    Agnese ha elaborato dei consigli abbastanza coraggiosi per aiutare Renzo e Lucia a sposarsi; Perpetua ha consigliato a don Abbondio la cosa più giusta e ovvia da fare per salvarlo dalle schioppettate dei bravi. Manzoni con questo voleva darci un insegnamento importante, cioè che non importa pensare come tutti o controcorrente, ma l’importante è cercare di aiutare i propri cari, in qualunque modo si possa


    analisi: Don Abbondio e i bravi

    Traccia:

    Confronta il capoverso finale del Capitolo V de I promessi sposi qui di seguito riportato, con il passo del Capitolo I in cui don Abbondio deve affrontare i bravi.

    Don Rodrigo intanto dava delle occhiate al solo che stava zitto; e lo vedeva sempre lì fermo, senza dare segno d’impazienza né di fretta, senza far atto che tendesse a ricordare che stava aspettando; ma in aria di non voler andarsene, prima d’essere stato ascoltato. L’avrebbe mandato a spasso volentieri, e fatto a meno di quel colloquio; ma congedare un cappuccino, senza avergli dato udienza, non era secondo le regole della sua politica. Poiché la seccatura non si poteva scansare, si risolvette d’affrontarla subito, e di liberarsene; s’alzò da tavola, e seco tutta la rubiconda brigata, senza interrompere il chiasso. Chiesta poi licenza agli ospiti, s’avvicinò in atto contegnoso, al frate, che s’era subito alzato con gli altri; gli disse: - Eccomi a’ suoi comandi; - e lo condusse in un’altra sala.

    Rileva quale atteggiamento accomuni stranamente i due personaggi. Forse che allora don Rodrigo e don Abbondio, pur ai poli estremi della società del tempo, sono in fondo in fondo fra loro simili? Verifica questa tesi rintracciando nel testo gli indizi che la possono sostenere.


    Rileggendo il passo sopra riportato del capitolo quinto, parallelamente al momento dell’incontro di don Abbondio con i bravi nel primo capitolo, mi sono accorto di quanto siano simili gli atteggiamenti dei due personaggi; entrambi, seppur loro malgrado, cercano di compiere il più dignitosamente possibile una scomoda pratica, affrontandola invece di schivarla. Questi due personaggi sembrerebbero quasi antitetici, ma secondo me presentano diverse somiglianze. Ma come narra il Manzoni nell’ottavo capitolo, il mondo nel secolo decimo settimo andava alla rovescia, e la linea che divideva la realtà dall’apparenza era molto sottile.

    Infatti don Abbondio accelera il passo in direzione dei bravi per abbreviare una penosissima attesa, come anche don Rodrigo che mostra sicurezza di fronte al frate, ma in cuor suo ne ha paura, perché sa di non poter nulla contro di lui. Entrambi usano delle parole da cui traspare una sottomissione nei confronti dell’interlocutore, ma mentre don Abbondio si rivela alquanto impacciato e realmente sottomesso, don Rodrigo mostra chiaramente con i movimenti e col tono della voce che le parole in sé non hanno molto valore (“In che posso ubbidirla?” disse don Rodrigo, piantandosi in piedi nel mezzo della sala…”).
    Don Rodrigo inoltre al termine del dialogo riesce ad avere l’ultima parola sul frate, nonostante ne fosse intimorito; al contrario don Abbondio è costretto a subire le prepotenze e minacce dei bravi, che gli impongono di non far sposare i due giovani.

    Con un’ analogia forse avventata, facendo un salto di parecchi secoli, paragonerei don Rodrigo ad un boss della mafia: riverito e assecondato dai suoi fidi, apparentemente dai modi fini e rispettabili e molto orgoglioso (disposto ad uccidere anche una persona cara in nome dell’orgoglio, che spesso prende il posto della ragione).

    I due personaggi in fin dei conti sono simili in un aspetto particolare: entrambi sono uomini paurosi e vigliacchi, che si nascondono sotto ad un vestito non loro, che spessissimo inganna i nemici e protegge chi vi si rifugia all’interno. Don Abbondio ha il vestito da prete come “guscio protettivo”, ma è un uomo debole e meschino, poiché sarebbe capace di rinnegare un caro amico se ciò servisse a salvarlo. Don Rodrigo, allo stesso modo, porta anch’egli una maschera che lo fa sembrare un uomo potente e coraggioso, ma sotto di essa si nasconde un uomo molto simile al reverendo. Infatti, come possiamo vedere nei capitoli VII e XI, don Rodrigo ha paura, è colto dal terrore: nel primo caso, dopo la dura vittoria su fra Cristoforo, rimane un po’ scosso e spaventato dalle minacce del frate e, camminando in una stanza piena di ritratti di suoi antenati, si vergogna di essersi fatto rimproverare da un frate. Nel capitolo undicesimo invece don Rodrigo è seriamente preoccupato che il suo piano venga smascherato e cerca di distruggere tutti gli indizi che portino a lui. Inoltre si convince che le sue vittime siano “gente di nessuno” cercando di frenare il suo terrore e rassicurarsi l’animo già molto turbato, dimenticandosi però che, come aveva violentemente ricordato fra Cristoforo, essi erano “sotto la protezione di Dio”.

    Questi due uomini sono secondo me il peggior genere di persona che esista al mondo, non tanto don Abbondio ma piuttosto don Rodrigo, che invece di compiere le proprie angherie alla luce del giorno le organizza di nascosto. Nel primo caso lo si sarebbe almeno potuto definire coraggioso, ma col comportamento che conosciamo si è dimostrato infido.
    Se io fossi stato don Rodrigo avrei accettato la scommessa, ma su di una ragazza non già promessa sposa; se invece fossi stato don Abbondio avrei ascoltato quanto i bravi dicevano, ma poi sarei scappato a Milano ad informare il vescovo.
    Fortunatamente non conosco nessuno simile a loro due e consiglio vivamente agli aspiranti tiranni di non fare le cose di nascosto, ma di compierle almeno davanti a tutti, per guadagnare un po’ d’ammirazione e di gloria. Tanto si sa, i buoni alla fine vincono sempre.


    Descrizione del palazzo di don Rodrigo

    A questo punto della storia fra Cristoforo decide di andare a parlare con don Rodrigo il quale vive in un palazzotto in cima a un colle, circondato da un piccolo paesino di suoi sudditi : “il suo regno” , (come lo chiama Manzoni) è formato da piccole casupole di contadini : omacci tarchiati e arcigni senza dubbio della specie dei bravi, che sono paragonati a vecchi animali feroci che <<perdute le zanne eran sempre pronti a digrignar le gengive>> ed anche le loro mogli parevano dei grossi uomini con braccia muscolosissime e infine i bambini erano presuntuosi, arroganti e provocatori come i loro padri.
    Quando fra Cristoforo passa tra le loro sporche case nota appesi al muro le caratteristiche armi dei bravi: schioppi,tromboni,reticelle e fiaschetti di polvere da sparo, insieme a zappe rastrelli e cappelli di paglia. Da ciò si può facilmente dedurre che in qualsiasi momento questi “contadini” sarebbero pronti a diventar bravi per proteggere il loro padrone.
    Il frate attraversò il villaggio e salì per una tortuosa viuzzola fino davanti al palazzotto di don. Rodrigo.
    Le prime cose che si notano sono che le poche finestre che davano sul cortile erano chiuse da imposte sconnesse e difese da grosse inferiate e che il portone era chiuso e con 2 bravi che ne facevano la guardia fuori, sotto 2 grandi avvoltoi con le ali spalancate e con i teschi penzoloni inchiodati su ciascun battente; a parte questi due esseri viventi non c’era anima viva e regnava un gran silenzio attorno alla fortezza.
     
    Top
    .
  3. kikkopingu
     
    .

    User deleted


    figurati^^
     
    Top
    .
2 replies since 21/3/2007, 23:06   2641 views
  Share  
.