Cerimonie tradizionali orientali

(Festival dell'Oriente)

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    CERIMONIA DEL THE CINESE



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    Il Kung fu cha è una procedura di preparazione del tè della tradizione cinese. Questo sistema di preparazione è nato e si è sviluppato nelle province cinesi del Fujian e del Guangdong. Oggi la sua pratica è divenuta estremamente diffusa in tutta la Cina.

    L’espressione Kung fu cha (o Gong fu cha) può essere tradotta approssimativamente con tè preparato con cura ed attenzione. Essa è composta dalla parola cha che indica il tè e dall’espressione kung fu che ha numerosi significati tra i quali: duro lavoro, conseguimento di un risultato, attenzione e tempo libero. L’atteggiamento di impegno ed attenzione che deve essere posto nella preparazione del tè kung fu è lo stesso che deve essere impiegato nella preparazione atletica e questo spiega perché il termine kung fu venga usato tanto per il tè che per le Arti marziali cinesi.

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    Un antico detto cinese recita: L’acqua è la madre del tè, la teiera suo padre ed il fuoco il suo maestro.

    La scelta dei materiali nella preparazione del tè è, ovviamente, fondamentale. Moltissime sono le regole empiriche sulla scelta delle componenti che venivano tramandate di maestro in discepolo e che non hanno mai subito una formalizzazione precisa. Ad esempio, molti maestri sostenevano che l’acqua da utilizzare per preparare il tè non dovesse mai toccare il metallo.

    Il tè kung fu viene, tipicamente, preparato utilizzando tè Oolong (Wulong), una varietà di tè semi-ossidato ottenuta da piante coltivate principalmente nella zona sud della regione dello Zhejiang e sull’isola di Taiwan.

    Per quello che riguarda la teiera, la manifattura tradizionale è detta Yixing dall’omonima località della Cina in cui erano, e sono tutt’oggi, localizzate le principali manifatture di queste ceramiche. Caratteristica peculiare delle ceramiche Yixing è quella di essere porose ed assorbire gli aromi del tè che vi vengono infusi.

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    Il tipico set da tè, per il kung fu, è composto da:
    - una teiera da circa 0,25 litri,
    - 4 tazze da 0,10 litri,
    - un set di strumenti in legno comprensivi di un paio di pinze per manipolare le tazzine bollenti, un cucchiaio ottenuto da una sezione di canna di bamboo per misurare la quantità di tè ed alcuni strumenti lunghi ed affusolati per raccogliere le foglie usate dall’interno della teiera,
    - un vassoio di bamboo con un doppio fondo cavo per raccogliere l’eccedenza di acqua durante la preparazione,
    - un bollitore, per riscaldare l’acqua.

    In breve, la procedura è la seguente:
    - Si dispongono sul vassoio la teiera e le tazzine. A portata di mano devono essere presenti gli strumenti e la scatola contenente le foglie di tè.
    - Si riempie il bollitore con una quantità d’acqua pari a 6 o 7 volte la dimensione della teiera e la si pone sul fuoco.
    - Si attende che l’acqua raggiunga i 60/65 °C. Tradizionalmente la temperatura dell’acqua viene determinata osservando la dimensione e la forma delle bolle di vapore che si formano sul bordo del bollitore.
    - Si versa l’acqua nella teiera fino a riempirla, lasciando traboccare leggermente l’acqua. Quindi si versa l’acqua dalla teiera nelle tazzine. Infine, usando le pinze, si svuotano le tazzine versando l’acqua di ognuna in quella a fianco. Lo scopo di questo passaggio è quello di sciacquare e pre-riscaldare tazzine e teiere.
    - Utilizzando il cucchiaio di bamboo si prelevano le foglie di tè dalla loro scatola e si mostrano agli ospiti perché ne apprezzino la qualità.
    - Si pongono le foglie nella teiera e vi si versa sopra l’acqua dal bollitore. Dopo un’infusione della durata di 4 o 5 profondi respiri, si versa l’acqua nelle tazzine, con un unico fluido movimento, dalla prima all’ultima tazzina e, quindi, dall’ultima alla prima. Utilizzando le pinze, le tazzine vengono nuovamente vuotate nel vassoio nella stessa sequenza del punto precedente. Quest’infusione viene, tradizionalmente, definita sciacquatura dei piedi perché quest’acqua veniva utilizzata per farvi pediluvi. Lo scopo di questa prima rapida infusione è sciacquare il tè dalla polvere.
    - Si versa di nuovo l’acqua nella teiera e si aspettano da 1 a 4 minuti di infusione, a seconda della qualità e del tipo di tè utilizzato.
    - Si versa la bevanda dalla teiera alle tazzine, con un unico fluido movimento, dalla prima all’ultima tazzina e, quindi, dall’ultima alla prima. Molto importante, in questo passaggio, è assicurarsi che il colore e l’intensità del gusto di ogni tazzina sia uguale. Poiché la bevanda che esce inizialmente dalla teiera tende ad essere più leggera ed insipida dei quella proveniente dal fondo della teiera, è necessario modulare con precisione il flusso di tè. La prima tazzina va riempita nella prima fase del movimento (dalla prima all’ultima tazzina) meno delle successive in maniera che riceva una maggiore quantità della bevanda del fondo della teiera nella seconda fase del movimento (quella consistente nel versare l’acqua dall’ultima alla prima tazzina).
    - Le ultime due fasi possono essere ripetute fino a 6 volte (per tè di ottima qualità), aumentando progressivamente i tempi di infusione.
    Un momento di condivisione di culture reso possibile dal Festival dell’Oriente!

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    In Cina esistono numerosi metodi di preparazione e di servizio del thè, che variano da regione a regione. Tra questi metodi, ce né uno che si distingue tra tutti, grazie alla sua spettacolarità.

    Ci riferiamo al CHANG LIU HU, un metodo di servizio del tè, originario della regione del Sichuan e caratterizzato dall’uso di una teiera molto speciale, che si chiama per l’appunto CHANG LIU HU, ossia la “teiera dal becco lungo”.
    Che ci viene presentata per la prima volta in assoluto al Festival dell’Oriente, dal maestro Marco Bertona presidente di ADeMaThè, l’Associazione Italiana Degustatori e Maestri di Thè

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    Edited by Elrohir - 13/5/2016, 22:38
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    CERIMONIA DEL THE GIAPPONESE



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    Il Cha no yu (“acqua calda per il tè”), conosciuto cialis cheap in Occidente anche come Cerimonia del tè, è un rito sociale e spirituale praticato in Giappone, indicato anche come Chado o Sado (“Via del tè”). È una delle arti tradizionali zen più note. Codificata in maniera definitiva alla fine del XVI secolo dal monaco buddhista zen Sen no Rikyu (1522-1591), maestro del tè di Oda Nobunaga (1534-1582) e successivamente di Toyotomi Hideyoshi (1536-1598). Il Cha no yu di Sen no Rikyu riprende la tradizione fondata dai monaci zen Murata Shuko (1423-1502) e Takeno Joo (1502-1555).

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    « Il cuore della Cerimonia del tè consiste nel preparare una deliziosa tazza di tè; disporre il carbone in modo che riscaldi l’acqua; sistemare i fiori come fossero nel giardino; in estate, proporre il freddo; in inverno, il caldo; fare tutto prima del tempo; preparare per la pioggia e dare a coloro con cui ti trovi ogni considerazione »

    L’importanza della cerimonia è lo spirito di accoglienza, cioè il rispetto per gli ospiti e per la natura.

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    VESTIZIONE DEL KIMONO



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    Vestito tradizionale giapponese finemente tessuto in seta, rappresenta uno dei maggiori simboli della cultura tradizionale giapponese.

    L’arte della vestizione del kimono cela dietro sé un complesso rituale tramandato fedelmente nel corso degli anni.

    Per la maggior parte delle donne infatti è impossibile indossare un kimono senza aiuto, dato che il tipico completo da donna consiste di almeno dodici parti separate, da indossare, unire e fissare secondo regole precise. Ancora oggi esistono assistenti professionali che aiutano le donne ad indossare i kimono.

    La scelta del kimono da indossare in un’occasione è legata a numerosi simboli e sottili messaggi sociali. La scelta riflette l’età della donna, il suo stato civile e la formalità dell’occasione

    Per un kimono da cerimonia si richiedono ore di preparazione, ma in occasione del Festival dell’oriente sarà possibile assistere in esclusiva alla vestizione di un kimono per occasioni particolari con la presenza di esperti del settore, specializzati in arte e cultura giapponese, che forniranno al pubblico le chiavi di lettura necessarie per compredere l’indiscutibile fascino che si cela dietro il rito della vestizione.
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    IKEBANA



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    Ikebana è l’arte giapponese della disposizione dei fiori recisi, anticamente conosciuta come Kado.

    L’Ikebana è un’arte molto antica, ha le sue origini in Oriente (India, Cina) ma solo nel complesso artistico e religioso del Giappone ha trovato il terreno fertile per il suo sviluppo. In origine l’arte dei fiori era praticata solamente dai nobili e dai monaci buddhisti, che rappresentavano le classi elevate del Giappone, e solo molto più tardi si diffuse in tutti i ceti diventando popolare con il nome di Ikebana.

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    Il primo stile, piuttosto elaborato, fu il Rikka che comprendeva la presenza nella composizione di ben sette elementi: i tre rami principali e i quattro secondari. In seguito venne elaborato uno stile più semplice, il Nageire. A questo seguì il Seika, una specie di Rikka semplificato, meno austero del Nageire. In epoca moderna ogni scuola adottò un proprio stile personale e si cominciarono ad usare anche vasi bassi dal bordo poco elevato, elementi vari come sassi, rami secchi ed altri materiali naturali.

    L’Attività si svolgerà sotto la supervisione delle maestre Kaoru Kobayashi e Yoko Takada.

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    SAMURAI



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    l’Armatura del Samurai, oltre alle funzioni di difesa del corpo, era motivo anche di ornamento ed orgoglio per ogni guerriero. ognuna diversa dalle altre e decorata con accessori e colori sempre diversi, ha nell’elmo sicuramente la parte più bella, molto ingombrante ed appariscente, con appendici che li rendono molto affascinanti. a completamento dell’elmo spesso alcuni Samurai indossavano delle maschere sul viso dall’aspetto aggressivo per incutere timore negli avversari.

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    l’elemento più distintivo e famoso dei Samurai, questa spada era una parte stessa del guerriero, dalla quale non si separava mai, come fosse una estensione del proprio essere. Accompagnata quasi sempre da due lame più corte (Wakizaki e Tanto) è spesso tramandata per generazioni, deve la sua fama alla sua bellezza ed alla sua efficacia. la tipica forma allungata e curva della lama e la caratteristica forma dell’elsa e dei paramani, la rendono uno strumento dal fascino unico. la sua affilatissima lama era frutto della tradizione secolare dei maestri armaioli giapponesi, artisti più che artigiani, nella creazione di questa perfetta lama secondo un processo unico ed ancora oggi usato dai pochi fabbricanti di katane di qualità altissima. E infatti queste opere d’arte fabbricate secondo la tradizione, acquistano un valore enorme, di migliaia di euro, che per cimeli storici, magari appartenuti a veri Samurai, può salire a diverse centinaia di migliaia di euro.

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    ARTE DELLA CALLIGRAFIA CINESE



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    L’Associazione Giovane Cina presenta l’arte della calligrafia cinese, una forma d’arte per cui si nutre un profondo rispetto, fondamentale non solo per la diffusione e conservazione, ma anche come indicatore di intelligenza. La parola Shufa deriva dal carattere usato per indicare la parola libro a dimostrazione che questa antichissima arte è legata in modo indissolubile alla cultura.

    Scrittura e poesia in una esibizione tradizionale che porterà il pubblico nell’antica Cina, per un momento profondo di arte e cultura.

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    BONSAI E SUISEKI



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    L’antica arte Bonsai (dal giapponese “albero coltivato in vaso”), così come quella del Suiseki (“pietra lavorata dall’acqua”), ha avuto origine in Cina diffondendosi successivamente in Giappone. I giapponesi nel corso dei secoli ne hanno sviluppato l’aspetto estetico-filosofico, cercando così di dare ai propri piccoli alberi (o alle pietre, nel caso dei Suiseki) lo stesso potere evocativo-emozionale che si può percepire venendo a contatto con la natura, gli alberi e le montagne. Coltivare un Bonsai diventa così un modo per entrare in contatto con la natura (e con se stessi), con lo scorrere delle stagioni e del tempo, in un viaggio emozionale – e temporale – senza fine. In Giappone, infatti, i bonsai vengono tramandati da padre in figlio, di generazione in generazione, ed i più antichi hanno oggi diversi secoli alle spalle. Il concetto “tempo” assume dunque un nuovo significato per il bonsaista/suisekista, slegato da fretta ed impazienza perché ogni Bonsai ha un suo peculiare ritmo di crescita, di formazione… di educazione. Assecondando i ritmi naturali del bonsai, si entra in comunione con la natura e con se stessi, dando così maggior peso e rilevanza a concetti tipici dello Zen quali la semplicità, la tranquillità, la sobrietà, ecc. Lo studio del Bonsai e del Suiseki conduce, quindi, ad ampliare quella che è la conoscenza della cultura dell’Estremo Oriente da cui proviene.

    Chiunque può coltivare un bonsai, è sufficiente disporre di uno spazio all’aria aperta e con un’esposizione ottimale per le esigenze del proprio alberello da educare a bonsai. L’unica condizione richiesta è il rispetto per la natura, i suoi ritmi, tanta pazienza e amore.
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    SUMI-E



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    Il termine giapponese Sumi-e significa “inchiostro nero” (sumi) e “pittura” (e) ed indica una delle forme d’arte in cui i soggetti sono dipinti con l’inchiostro nero in gradazioni variabili dal nero puro a tutte le sfumature che si possono ottenere diluendolo con l’acqua.

    Durante questo workshop, per quattro giorni verrà data, gratuitamente, la possibilità a chiunque lo desideri di sperimentare questo metodo di pittura che ci mette in contatto con la parte più intima di noi stessi portando l’attenzione al proprio corpo e alla respirazione. Attraverso l’impostazione di una postura corretta e naturale si migliora la coordinazione e la fluidità durante l’esecuzione dei gesti, si favorisce l’adeguato funzionamento dei sistemi muscolo-scheletrico, cardiovascolare e respiratorio e si sviluppa l’omeostasi: la naturale capacità di autodifesa dalle malattie del corpo.

    “Unificando la mente e il corpo” si ritrova la calma si riduce la dispersione mentale potenziando la capacità d’attenzione, di concentrazione e di ascolto stimolando la creatività e la sensibilità.

    performance sumi-eIl soggetto che tutti avranno la possibilità d sperimentare è il bambù: simbolo di amicizia perenne e longevità. Esso rappresenta la flessibilità radicata nella forza. Metafora della vita, richiama il carattere del saggio; verde in tutte le stagioni e non si spezza sotto gli uragani. Questo indica una qualità umana di grande duttilità che rende l’uomo forte proprio perché di fronte agli eventi della vita non si oppone al cambiamento ma fluisce con esso e vi si adatta.

    Nel “sumi-e” non è essenziale la “bravura” o la “perfezione tecnica” o il “talento”, tutti possono imparare purché seguano lo spirito dell’istruttore e le sue indicazioni basate sull’intuizione.

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    CERIMONIA DEL MANDALA



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    Mandala (dal sanscrito manda, letteralmente: «essenza» (manda) + «possedere» o «contenere» (la). Il Mandala rappresenta, secondo i buddhisti, il processo mediante il quale il cosmo si è formato dal suo centro; attraverso un articolato simbolismo consente una sorta di viaggio iniziatico che permette di crescere interiormente. Al termine del lavoro, dopo un certo periodo di tempo, il mandala viene semplicemente “distrutto”, spazzando via la sabbia di cui è composto. Questo gesto vuole ricordare la caducità delle cose e la rinascita, essendo la forza distruttrice, anche una forza che dà la vita.

    In occasione del Festival, sotto l’egida dell’associazione Tibet Culture House Italia di Tam Ding Choepel, 6 Monaci del Monastero Samten Choeling di Varanasi lo costruirarano con sabbie colorate, poste su una base orizzontale quadrata di cm 120 di lato alta 20 cm dal pavimento. Si presenta in un aspetto bidimensionale ma va inteso in modo tridimensionale essendo il palazzo di una divinità (Buddha della Medicina ). Per completare un Mandala occorrono un paio di giorni e vi prendono parte 6 monaci che si impegnano a sovrapporre i preziosi granelli durante tutta la mattinata e tutto il pomeriggio anche davanti al pubblico, seduti su cuscini intorno alla base del Mandala e protetti da mascherine per evitare di disperdre la sabbia. Come da tradizione il Mandala realizzato con estrema precisione e pazienza viene poi distrutto e disperso in acqua o aria ( fiume, mare, montagna..) con una breve cerimonia che può coinvolgere il pubblico.

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