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Valerio aveva 16 anni e la mamma, avendolo avuto a 15 anni, ne aveva 31. Letizia era vedova da quando, aveva venti anni, il marito era stato ucciso in Pannonia in uno scontro con una masnada di Quadi. Lei non si era più sposata, soddisfacendo ai suoi ardori femminili con gli schiavi più belli e prestanti della casa e, di rado, con nobili e maggiorenti che incontrava nelle frequenti feste che venivano organizzate nella sua e nelle ville circostanti. Quando le era stata comunicata la morte del marito Letizia, che gli era molto affezionata, si era disperata; si era graffiata il viso, si era strappata i capelli, aveva pianto durante interminabili notti insonni. Quindi l'attrazione profonda che aveva avuto per il marito si era trasferita automaticamente sul figlio. Lo coccolava, lo sbaciucchiava, provava un gusto profondo quando gli faceva il bagno carezzando la sua pelle di pesca. Quando dormiva lo aveva sempre accanto o tra le proprie braccia e in questo modo aveva trovato un equilibrio aureo tra le soddisfazioni che le dava l'affetto del figlio e quelle più robuste degli schiavi con i quali non di rado si accompagnava. Valerio cresceva galleggiando su un mare di felicità. Aveva a portata di mano, pienamente disponibile, l'oggetto del suo desiderio, essendogli stato risparmiata l'incombenza di dover affrontare una lotta improba col padre. Fosse stato per lui non sarebbe mai uscito da quella situazione. Col passare degli anni e con l'avvicendarsi delle stagioni dell'uomo lo status quo che si era stabilito tra i due cominciò ad evolversi. Un giorno, mentre gli faceva il bagno e gli passava delicatamente la spugna sulla zona pubica, Letizia si trovò fra le mani un pene rigido di notevoli dimensioni. Lei rimase eccitata e sconvolta per le implicazioni fantasiose che le suggeriva la scoperta e, da allora, quando faceva il bagno al figlio, passava sempre la spugna sul pene che, immediatamente, si irrigidiva. Poi una notte, mentre dormivano abbracciati come sempre, Valerio aveva preso la mano destra di Letizia e l'aveva guidata sul suo pene. Quasi automaticamente, senza neanche rendersene completamente conto, a causa dello stato di sonnolenza in cui si trovava, la donna aveva cominciato a fare avanti e indietro finché Valerio, tra gli spasimi, non le era venuto copiosamente tra le mani. Valerio, in sublimazione estatica, si era subito addormentato, stretto tra le braccia della madre e lei, eccitata e preoccupata, ma consolata dal calore di lui, dopo essersi resa conto completamente di quello che aveva fatto, aveva riflettuto a lungo e si era addormentata soltanto quando aveva pensato di aver individuato la giusta linea di condotta. L'episodio della notte le aveva fatto venire in mente, cosa che, non fosse stato per la sua spensierata leggerezza, avrebbe dovuto già da tempo realizzare, che poteva destare perplessità anche in persone non maliziose il fatto che lei dormisse con il figlio, di ormai quindici anni, alto, robusto e bello come il sole. E se anche non c'erano estranei nella grande casa, qualche schiavo avrebbe potuto lasciarsi sfuggire amenità sull' argomento. L'incesto era cosa grave, punito con pene terribili e infamanti. Non era peccato veniale come il fare l'amore con gli schiavi, sport praticato da tutte le matrone e da molti "pater familias" di Roma. Letizia decise allora di smetterla di dormire con Valerio, pensando che le sedute con gli schiavi le sarebbero bastate per smorzare i suoi bollori e per tacitare il suo bisogno d'affetto, ma per Valerio fu la fine dell'età dell'oro. Dallo stato di infinita beatitudine era precipitato nella durezza del mondo reale, dove l'oggetto del desiderio va cercato, inseguito e conquistato. Non era abituato Valerio a simili sforzi, non era abituato ad essere respinto e abbandonato. Passava la notte a piangere la sua espulsione dal giardino delle delizie e la cosa precipitò quando in una di quelle notti angosciose, nonostante il divieto assoluto di Letizia, quasi fuori di sé dal dolore, non si era recato nella stanza della madre. Al lume fioco di una lucerna aveva intravisto la madre che si faceva riempire tutti gli orifizi dai tre schiavi più nerboruti della casa e i gemiti, i singhiozzi e le urla bestiali che fuoriuscivano dal mucchio selvaggio gli erano entrati nel cervello e sembravano non volerne più uscire. Nei giorni seguenti Valerio divenne più cupo, scostante, irascibile; lui prima così mite e gioviale! Cominciò ad immaginare che la consueta bonomia e familiarità con la quale lo trattavano gli schiavi che usavano intrattenere la madre fosse un modo subdolo per schernirlo e questo rinfocolava l'odio che aveva cominciato a nutrire per Letizia. Lui, una volta così ingenuo! La quale non sapeva di essere stata osservata da suo figlio durante una selle sue orge notturne e immaginava, lei si ingenuamente, che l'astio che avvertiva pesantemente in Valerio fosse semplicemente l'effetto della cacciata dal paradiso. Letizia, sebbene un po' frivola e sbadata, era una donna intelligente quindi sapeva che il figlio avrebbe potuto accantonare, almeno momentaneamente, il desiderio di lei, sono se avesse desiderato ardentemente un'altra femmina. Si preoccupò di trovare quindi l'altra e scelse Filomena, una schiava della casa, diciassettenne, che lei reputava bellissima, a mio avviso, perché le somigliava molto. In realtà, ad una persona all'oscuro dei legami della famiglia, le due donne sarebbero sembrate sorelle: Filomena era solo di una sottile sfumatura più chiara di pelle, di capelli e di occhi, di Letizia. ma la corporatura, le labbra, il petto e il sedere sarebbero stati difficilmente distinguibili, anche alla prova del tatto, in un incontro notturno. Letizia allora spiegò alla giovane che cosa avrebbe dovuto fare, le diede del denaro, gliene promise altro e si dispose ad attendere gli eventi. Filomena era una ragazza bella e sciocca, come molte altre in quei tempi peccaminosi, ma esperta per natura e per educazione, in civetterie galanti e non ci mise molto a catturare le attenzioni in libera uscita di Valerio. Dopo un po' la casa, famosa dalla morte del pater familias per essere severa e silenziosa, cominciò a risuonare delle grida e delle risate dei due giovani che si inseguivano, giocavano alla lotta, si toccavano in tutte le prominenze e gli anfratti, senza pudore. Letizia si sentiva contenta, ma non tanto quanto aveva immaginato e il fatto che Valerio, nonostante la nuova felicità nella quale era immerso, non attenuasse il suo astio per lei, le indusse una punta di gelosia. Letizia però era una donna matura e respinse questa pulsione nelle pieghe insondabili dell'es, ma non poté sopportare la sfacciataggine di Valerio quando durante la cena che usavano consumare insieme, cominciò a raccontare i particolari dei giuochi notturni con i quali i due giovani amanti usavano sollazzarsi. Non che Letizia fosse scandalizzata, ma l'audacia di lui la sconvolse, e anche la sua cattiveria. "Cosa gli ho fatto - si chiedeva la donna - perché mi debba insultare in questo modo?" Quando il figlio aveva accennato ai rapporti orali che aveva intrattenuto con la bella Filomena, Letizia si era alzata e, impettita, senza assolutamente smuovere le natiche, si era allontanata dalla sala da pranzo. Però non era vero che Valerio fosse felice quanto dava ad intendere; certo le attenzioni di Filomena lo inorgoglivano; le sue specialità lo scioglievano in brodo di giuggiole, ma lui continuava a nutrire rancore per l'abbandono e per il tradimento e quindi a cercare di vendicarsi. Per cui continuò con le provocazioni fino all'ultima che fu quella di farsi accompagnare da Filomena ai pasti serali che consumava con la madre. Letizia questa volta non piegò una costola. Guardava i due distaccata, anche quando le loro effusioni lascive erano diventate impudenti, ma decise di porre fine a quella situazione. Tanto per cominciare il giorno successivo fece frustare Filomena, non tanto violentemente da causare danni troppo evidenti, ma si da tenere lontana la ragazza per qualche settimana dalle sedute notturne con Valerio. Poi minacciò la schiava di spedirla nella sue tenute di Piazza Armerina al centro della Sicilia, se mai si fosse dimenticata ciò che era e se non avesse obbedito ai suoi ordini. Infine diede incarichi insulsi, ma apparentemente coerenti al figlio Valerio che, tenendolo lontano per tutta la giornata, gli impedirono di andare a verificare perché non riusciva ad incontrare Filomena. La notte, quando pensò che Valerio si sarebbe domandato perché Filomena non andava nel suo letto e magari sarebbe andato a verificare di persona, ci andò lei. Ciò che aveva impedito questo evento non era né avversione morale, né pudore; lei temeva soltanto la legge che puniva terribilmente in reato di incesto. In questo caso però, nessuno avrebbe saputo niente, neanche Valerio che avrebbe creduto di essersi sollazzato con Filomena. Quindi andò all'avventura con animo leggero. Pensò di essere l'imperatrice Semiramide che aveva reso legale l'incesto per poter fornicare col figlio e si sentì onnipotente. Letizia a letto era di gran lunga superiore a Filomena, per la maggiore età, la maggiore esperienza e la maggiore cultura, e l'assoluta voglia di mostrarlo al figlio, anche se non sapeva poi come avrebbe fatto a farsi riconoscere, fece da moltiplicatore delle sue capacità. Diede prima sfogo alle sue conoscenze; quindi finito il suo repertorio, spronata dall' eccezionalità dell'evento, cominciò ad inventare. Valerio che si stava stancando di Filomena, sedotto da quella passione e da quella perizia sentì quella donna entrargli nel sangue e cominciò ad avvicinarsi alla completa soddisfazione che aveva provato quando dormiva tra le braccia protettive della madre. Letizia che aveva previsto di dormire soltanto alcune notti con il figlio dimenticò i suoi piani e continuò a frequentarlo come se fosse diventato suo marito. La bocca, il sedere, la fica, le tette, le mani. Supina, di fianco, bocconi, a pecora, di sponda, a smorzacandela. A volte portava degli schiavi, di entrambi i sessi, reclutati in un lupanare di lusso, dove lavoravano come professionisti, che la aiutavano a trasportare Valerio nel cielo di Venere. Valerio era assolutamente e indissolubilmente legato a quella carne lasciva e le rare volte che vedeva Filomena, data la trasformazione ormai avvenuta della vita attiva dal giorno alla notte, la trovava un po' insulsa e sciatta e comunque abbondantemente al di sotto della donna appassionata che si rivelava essere di notte, non stette a pensarci troppo però, attribuendo quella attitudine alla stanchezza derivata dalle interminabili sedute notturne. "Anche io sono stanco ", le disse un giorno, con una aria maliziosa che Filomena capì e fu costretta a condividere, per la paura di essere mandata a Piazza Armerina a fare la schiava rustica. Qualche tempo prima, durante l'intervallo di tempo che andava dalla cacciata dal letto di Letizia alla frequentazioni notturne di Filomena, Valerio aveva stretto un rapporto con Andrea che era un adepto di una nuova misteriosa religione. Andrea faceva propaganda del nuovo culto fra i ceti elevati a causa del fatto che era una persona colta e istruita e forse di origine nobile egli stesso, anche se non parlava mai di sé. Di lui si diceva che fosse in grado di evocare spiriti e produrre miracoli. Valerio lo conosceva già, perché era molto tempo che la sua casa era una tappa del giro consueto di Andrea, ma non era mai stato a sentire seriamente i rimproveri che Andrea faceva ai ricchi che disperdevano la loro vita nei piaceri della carne, né si era mai troppo interessato a un certo fuoco che il dio di Andrea avrebbe spedito sulla terra per rinnovare il mondo e distruggere i malvagi. Nel periodo, però, nel quale odiava la madre per averlo scacciato da sé, l'idea che un po' di quel fuoco avrebbe potuto purificare la casa, con la madre dentro, lo aveva sfiorato più volte e lui aveva chiesto delucidazioni sull' avvenimento ad Andrea. Così era nata un'amicizia che Andrea aveva sperato potesse portare alla conversione. Nel periodo della relazione vulcanica con Letizia, l'attenzione di Valerio nei confronti di Andrea si era di nuovo raffreddata, ma comunque sussisteva e Andrea seraficamente aspettava di potersene servire. Letizia commise un errore. Una notte nella quale il piatto forte del menù era stato il buco del sedere, l'antipasto la bocca, la fica il secondo e bacini e leccate il dolce, stanca anche perché lei non poteva dormire tutto il giorno come suo figlio, si era addormentata. Quando la luce del sole gli aveva ferito gli occhi, Valerio si era trovato inopinatamente accanto l' oggetto del desiderio e, commosso, aveva cominciato a trastullarlo. Letizia si moveva come una gatta soddisfatta, ma quando Valerio le aveva girato il viso per baciarla in bocca si era accorto di chi realmente ella era. A Valerio era crollato addosso il mondo. Dopo aver lottato duramente per innamorarsi di Filomena e riuscire a dimenticare sua madre, dopo essere riuscito ad entrare in un nuovo paradiso, si accorgeva che la sua lotta era stata ridicola e che la conquista del paradiso in realtà riguardava il suo personale inferno quotidiano! Una profusione di energia per girare in tondo e ritrovarsi invischiato nel fango! Fuori di sé Valerio prese a calci Letizia, la cacciò dal letto, la minacciò di denuncia. Poi se ne andò da casa e trovò rifugio da Andrea, il quale fece di tutto per approfittare dello sconvolgimento della psiche del discepolo. Tanto per cominciare trovò aperta la porta per comunicare al ragazzo la sua personale avversione per le sozzure del corpo femminile. Poi per la bassezza e l'ignominia dei costumi delle matrone romane. Quindi rinforzò nel ragazzo la convinzione che a causa dei peccati di lussuria la nuova Babilonia, città infernale, sarebbe stata distrutta dalle fiamme. Alla fine Andrea cominciò a portarsi in giro Valerio come testimonio, mentre raccontava la storia del ragazzo, così densa di insegnamenti e di curiosità per gli aristocratici che lui intendeva convertire. Letizia era una donna forte e sopportò con abnegazione la separazione col figlio, ma si irritò ferocemente quando fra la gente del suo ceto cominciò a diffondersi la fama, perfino ornata e distorta, per quanto si poteva, di quello che aveva fatto col figlio. Riuscita ad avere con lui un abboccamento, quando provò a ricordargli che un vero uomo non andava a dire in giro che cosa faceva con le signore, in special modo quando le signore erano le madri, ne ebbe risposte insultanti e sguardi sprezzanti. Provò a ricordare al figlio che avrebbe potuto e dovuto difendersi dai suoi insulti, ma quello niente. Allora, uscita dal colloquio, andò direttamente dal suo avvocato che, dopo una lunga spiegazione, la convinse a denunciare il figlio perché aveva tentato di violentarla. Alla udienza preliminare, Valerio condusse con sé Andrea e i due insieme accusarono Letizia di essersi introdotta a tradimento nel letto del figlio, sollazzandolo in tutte le maniere che una matrona esperta sapeva mettere insieme, ma la descrizione che aveva impressionato il giudice, si dimostrò una fantasia quando Letizia fece introdurre Filomena che, con gli occhi bassi, spiegò come fosse lei la compagna degli eccessi notturni del giovane Valerio. La somiglianza tra Letizia e la giovane schiava era tale che sembrava chiara la possibilità che la mente sconvolta di Valerio avesse potuto confondersi. E gettava un luce di forte sospetto sul fatto che il giovane, avendo frainteso sulla identità della sua visitatrice notturna, avesse potuto tentare di forzare, di giorno, invece della schiava, la propria madre. L'udienza fu aggiornata, ma nelle sedute seguenti la posizione dei due correligionari peggiorò perché all' insistenza di costoro sulla corruzione ormai non provabile di Letizia, ella li accusò di sodomia e produsse testimoni, neanche falsi, perché trovò molti pronti s giurare che i due si appartavano per tempi lunghissimi a discutere di chissà cosa e a fare chissà cosa. Alla fine, specialmente il comportamento di Andrea, aggressivo e irrispettoso della corte portò i due ad essere arrestati con il rischio di essere condannati a morte. Letizia, che amava il figlio più della propria vita e Valerio, che era diventato nemico della madre perché aveva pensato che lei lo avesse rifiutato, avendo capito in quale vicolo a scapicollo si erano messi, avrebbero voluto tornare indietro. Valerio, anzi, aveva riflettuto e aveva capito quanto Letizia in realtà lo amasse e aveva fatto un pensiero sulla possibilità di ricominciare il menage dove lo avevano interrotto. Letizia pensava che il figlio avesse sofferto abbastanza e potesse essere perdonato se avesse rinunciato alle chiacchiere che spargeva nel circondario. Alla udienza finale quindi Letizia c'era andato con l'idea di dire che il tentativo di violenza non era poi stato così efferato e Valerio che in effetti lui aveva fatto l'amore con la giovane schiava che tanto somigliava alla madre, ma Andrea non era d'accordo. Era riuscito a convertire Valerio e a toglierlo dal peccato. Quando Letizia aveva dichiarato che l'aggressione di Valerio era stata provocata dalla naturale libidine, sconvolta da una passione giovanile incontrollabile, Andrea, intuendo la manovra di lei per togliergli l'affetto e l'amicizia di Valerio, l'aveva insultata. Quando Valerio aveva fatto la sua dichiarazione spontanea nella quale diceva che poteva essersi sbagliato e che in effetti la donna che aveva frequentato il suo letto, poteva essere Filomena, si era adirato, aveva dato in escandescenze, lo aveva aggredito. Letizia allora, vedendo suo figlio così bistrattato, si era intromessa, mentre le guardie cercavano di separare i contendenti e aveva affrontato Andrea impettita e sprezzante. Allora Andrea, nonostante fosse retto dalle guardie, aveva invocato il suo dio e un fulmine aveva rotto il tetto e incenerito la donna. Valerio era rimasto paralizzato poi aveva cominciato a baciare gli abiti che erano l'unica cosa che era rimasta della madre. Infine, con le lacrime che gli rigavano le guance, aveva estratto il gladio della guardia più vicina e aveva trafitto Andrea. Aveva cercato poi di rivolgere il gladio contro se stesso, ma le guardie, ripresesi, glielo avevano impedito. Valerio non si riprese più; passò un paio d'anni nella sua casa, fornicando con Filomena, illudendosi che fosse Letizia, specialmente di notte, quando tutti i gatti sono neri, ma la sua fiamma vitale si andava lentamente affievolendo finché non si era estinta del tutto, tre anni dopo l'evento luttuoso.
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