Il pisellone di mio cugino [SHOTACON YAOI]

racconto erotico [SHOTACON YAOI]

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    Come già avrete intuito leggendo i precedenti (“Una notte alla zona industriale” e “Pedinamento”), Ivan è mio cugino. E’ figlio del fratello di mia madre. Pertanto, più cugini di così...
    La nostra storia risale praticamente fin dalla nostra nascita. Lui è più grande di me di circa due anni, ma siamo sempre cresciuti insieme. Già fin da piccoli amavamo rotolarci nell’erba del prato della vecchia casa di mia zia, in piena estate, nudi, mentre magari gli innaffiatoi spruzzavano da tutte le parti getti di acqua fredda... Eh, bei tempi quelli...
    Era il periodo dell’innocenza, interrotto quando Ivan compì 11 anni ed iniziò per lui la fase dello sviluppo del senso del pudore.
    La “ri”scoperta dell’altrui sesso avvenne non molto tempo fa, quando lui aveva 15 anni ed io appena 13. Eravamo invitati a cena dalla nonna. Gli anziani hanno l’abitudine di cenare presto, e per l’orario previsto (le diciannove in punto) avevamo ottenuto una proroga speciale per motivi di studio per le diciannove e trenta, non senza lamentele da parte degli anziani. Io dovevo ancora finire una ricerca insieme ad un gruppo di miei compagni di scuola, Ivan tornava dalla palestra dove faceva body-building, o meglio, potenziamento muscolare (così come era chiamato a quei tempi). L’appuntamento, dato che i miei erano già andati avanti, era a casa di mio cugino, dove insieme dovevamo recarci dalla nonna.
    Io arrivai davanti casa di mio cugino alle 19.10 circa e la portiera mi avvertì di aspettare lì, in quanto non c’era ancora nessuno. Dopo cinque minuti arrivò mio cugino, abbandonando la sua “Vespa” davanti l’ingresso del palazzo. Aveva addosso una tuta in felpato grigia, da dove comparivano aloni di sudore.
    Mi venne subito incontro con quel suo sorriso speciale. Ci abbracciammo e ci scambiammo un bacio innocente sulla guancia. Quello che mi colpì quella sera era l’odore che emetteva. Quell’odore di palestra, di sudore, di muscoli in tensione, di sport intenso. Ne respirai poco a piene narici, mentre lui mi disse:
    "Devo fare la doccia e poi andiamo. Non posso andare dalla nonna in questo stato, mi butterebbe fuori di casa!".
    "Sbrigati, però", ripresi io mentre ci avviavamo verso l’ascensore e lui cercava dallo zaino le chiavi di casa. "La strada c’è e faremo tardi!"
    "Farò la doccia più veloce che ci sia!" riprese mio cugino mentre già l’ascensore ci aveva fermati al quinto piano di quello stabile. Aperta la porta di casa, Ivan mi disse di seguirlo, mentre iniziava a spogliarsi buttando tutto per terra. In quel corridoio volavano scarpe, tute, pantaloni, calzini puzzolenti. Io da dietro, sapendo quanto ci tiene mia zia a voler tutto in ordine, con i buoni sentimenti che sempre mi hanno animato, iniziavo a raccogliere tutta questa roba sporca con l’utilizzo di due sole dita.
    Mio cugino, intanto, si era già infilato in bagno, lasciando la porta aperta. Sentivo già scorrere l’acqua sul piatto della doccia quando, a completare l’opera, dalla porta del bagno volano anche un paio di boxer. “Ha completato l’opera”, penso io, e ridacchiando continuo nell’opera di bonifica del corridoio.
    Indugio un poco quando prendo la parte superiore della tuta in felpa. La collego a quell’odore che avevo sentito poco prima e risalgono nella mia mente di adolescente tutte le fantasie conosciute fino a quel tempo (praticamente ben poche, quasi nulla...). Getto istintivamente le altre cose in un angolo ed abbraccio quella felpa, immergendomi interamente il viso in quell’intruglio di sudore e cotone che più respiravo e più mi piaceva. Sentivo già qualcosa dentro di me che cominciava a far pulsare più velocemente il cuore, a smorzare i respiri e ad accelerarne i regimi... Anche sotto, qualcosa prendeva vita. Era la prima volta, per me.
    Mentre ero in quest’estasi, mi riporta alla realtà il canto (stonato) di mio cugino da sotto la doccia. Con un poco di vergogna, raccolsi tutto e mi avviai verso la porta del bagno, dove c’era il cestello per la biancheria sporca. Feci per entrare quando mi bloccai nuovamente. Dalla tendina, Ivan si vedeva!
    "Posso? Devo posare la roba sporca" feci, mentre mi accendevo di color rosso-vergogna.
    "Si, si, che problema c’è?" disse mio cugino da sotto la doccia.
    Entrai allora con cautela, continuando a dire “permesso, permesso”, tenendo gli occhi più bassi possibile per evitare di guardare “oscenità” e deposi tutto quel groviglio di puzza dentro il cestello. Girandomi per andar via, non potevo non vedere.
    Mio cugino si stava insaponando laggiù, con un ritmo lento ma regolare passava le sue mani intrise di bagnoschiuma su un’asta ad angolo retto, rigida, lunga... Mi fermai come inebetito a guardare. Lui se ne accorse e, dopo un sorrisino malizioso, se ne uscì dicendo: "Eh, devi crescere ancora qualche annetto per averlo così", mentre continuava a toccarsi ripetutamente.
    Io ero ancora immobile, vicino il cestello della roba sporca. Avrò avuto una espressione da ebete, a giudicare lo sguardo malizioso e canzonatorio di mio cugino mentre accennava ad un principio di masturbazione. Approfittando di un raro momento di lucidità in quell'istante, preferii andar via e mi rifugiai nella sua stanza, ancora rosso per l’imbarazzo ed eccitato! Si, ero eccitato ad aver visto un cazzo! Ciò che prima era solo un pezzo di carne moscia stava iniziando a prendere vita! Non sapevo come fermare quello stato di erezione: più cambiavo posizione e più c’era il cazzo che spingeva dai jeans. Decisi allora, da inesperto, di sbottonarmi i pantaloni e cercare di sistemarlo meglio. Mentre cercavo di fare tutto questo, col cazzo in mano, entra mio cugino Ivan, di ritorno dalla doccia, con solo un asciugamano a coprire la situazione.
    Io imbarazzatissimo non sapevo cosa fare prima, mentre sul volto di mio cugino vidi stampato per la prima volta quel ghigno perfido di soddisfazione che vedrò ogni volta che da quel giorno rinnoveremo il nostro patto di sesso e complicità.
    "Non c’è nulla di male, sai", prese a dire lui, sollevandomi dall’imbarazzo, "Sei ormai un uomo pure tu. Tanto vale che impari ad usarlo per come deve essere usato, non solo per far pipì. Sarei felice d’insegnarti, sempre che tu voglia..."
    Io non risposi. Lui si sedette sul letto vicino a me ed abbandonò l’asciugamano che rotolò per terra, scoprendolo totalmente in tutta la sua bellezza di quindicenne palestrato.
    "Spogliati, dai, ti insegno qualcosa" ed allungando la mano verso il terzo cassetto del comodino tirò fuori da una carpetta con l’elastico rossa un paio di giornaletti porno.
    "Ma dobbiamo andare a cena... La nonna..." provai a balbettare io.
    "Fottitene! Ci inventeremo una scusa" e così dicendo aprì il primo giornaletto dove c’era un groviglio di corpi nudi che scopavano come dannati. La sua erezione alla vista di quella figura che sicuramente tante volte lo aveva accompagnato diventò ancora più massiccia.
    "Sei ancora così?" mi sussurrò mio cugino mentre io ero inebriato dalla vista di quel sesso sfrenato.
    "Dai togliti tutto e rimani come me!"
    Mi alzai, allora, ed iniziai a spogliarmi mentre tenevo lo sguardo fisso sul cazzo elefantiaco di mio cugino, il quale continuò a mostrarmi il sorrisino solito, contento di essere guardato con invidia e rispetto da un bamboccetto tredicenne quale ero.
    Una volta nudo ripresi posto vicino ad Ivan, il quale iniziò a toccarmi i muscoli compiaciuto, dicendo: "Diventerai un buon fisico se lo curi di più, sai?"
    Quanto mi piacevano quelle carezze... Era una sensazione di piacere estremo. Ero tentato a toccarlo subito anche io, ma l’imbarazzo mi dettò di frenare ancora.
    Riprese poi il giornaletto, anche se ognuno guardava il cazzo dell’altro più che le figure e gli incroci promiscui lì fotografati, e mi insegnò come masturbarmi e come fare per godere sempre più a lungo, in barba ai classici 3-4 minuti di sfogo ormonale, fino a quando gli domandai innocentemente se aveva già fatto quelle cose fotografate su quei giornali con qualcuno fino ad ora.
    "No", mi rispose e, dopo un poco di silenzio mi disse di rimando: "Vuoi essere tu il primo?"
    Ero inorridito! Un maschio con un altro maschio?!? Io, ancora fresco di catechismo e di inculcazione di concetti religiosi e tabù! Da quando mai questo! "Ma io non sono una femmina!!!"
    Capendo la mia espressione schifata, mi prese la mano e aggiunse: "Ti ricordi di Hassan, quel mio amico tunisino? Bene, lui mi ha detto che nella società araba fare sesso fra maschi aiuta a tenere saldi i rapporti tra parenti e a instaurare e fortificare la gerarchia familiare. Non c’è nulla di male farlo. E poi, in mancanza di donne..."
    Tenere saldi i rapporti? Gerarchia familiare? Era davvero arabo per me! (per restare anche in tema!) E poi mi dava anche un senso di schifo. "Ma non siamo mica in Arabia...! E io non sono un musulmano!"
    "Eppure ti piaceva quando giocavamo da piccoli...", disse allora mio cugino lasciandomi stranito per un poco.
    Ricordai ad un tratto un episodio strano della mia vita da infante: giocavamo spesso a guardie e ladri con gli amici della zona. C’era anche Ivan che, ovviamente, faceva il poliziotto (dato che mio zio lo è in realtà). Io preferivo sempre essere un ladro e mi piaceva quando qualcuno più veloce di me mi acchiappava e, buttandomi sul prato del parco a pancia sotto, mi si sedeva addosso per ammanettarmi. Era un piacere strano... A quei tempi non sapevo nemmeno da cosa dipendesse, ero troppo bambino per sapere che fosse voglia di sesso. Lo scoprii quel giorno con mio cugino.
    Dentro di me ero diviso in due parti. Da una la moralità di dire no al sesso tra maschi. Mi faceva troppo schifo pensarlo. D’altra parte, a livello di subconscio, il ricordo di quell’episodio faceva muovere un qualcosa dentro me che voleva prendere in mano la magnificenza del cugino e provare con lui nuove esperienze. “Tanto, meglio che lo provi con lui piuttosto che con un altro” mi ripeteva una vocina. Era lo spirito gay che iniziava a fare la sua comparsa in me.
    Chiusi gli occhi per un poco, per riflettere meglio. Ivan ne approfittò e lentamente le nostre bocche si toccarono. Dopo pochissimo mi ritrassi subito. Riaprendo gli occhi vidi Ivan che mi sorrideva. "Dai, cugino... non c'è nulla di male... Ti ricordi di quando giocavamo a guardie e ladri, come ti piaceva essere ammanettato con qualcuno seduto sopra di te? Beh fa’ che sia la stessa cosa!" mi sussurrò.
    Come sempre, avevamo avuto lo stesso pensiero!
    Quel sorriso era un qualcosa di superlativo. Secondo me riusciva anche a sciogliere come burro le pietre di granito. Gli sorrisi anche io mentre pensavo “Fanculo alla coscienza” e teneramente mi riavvicinai. Mentre le nostre bocche si univano ancora, le nostre mani contemporaneamente cercarono il sesso dell’altro, impugnandolo e masturbandolo con delicatezza estrema.
    Lentamente Ivan mi spinse sul letto e mi fece girare, salendomi poi di sopra. Si distese sulla mia schiena mentre continuava a baciarmi. Sentivo la sua virilità tra le chiappe del culo. Un sospiro di sollievo e di estasi mi venne naturale, mentre lui mi apriva le cosce e cercava il buchetto vergine che a breve avrebbe violato. Era eccitatissimo al pensiero di incularmi. Anche se per lui, ero convinto, fosse stata la prima volta, i suoi gesti erano tremolanti ma sicuri del fatto suo. Sapeva bene dove andare a cercare e cosa fare.
    Prese della crema contro le scottature (avanzato bellico della stagione calda) da un cassetto ed iniziò a spalmarla per bene sul mio buchetto e a massaggiarlo. Poi passò anche al suo interno con un dito, poi due... poi persi anche il conto! Faceva male, ma era bellissimo. Lentamente poi sfilò le dita per iniziare ad inserire “il magnifico”, così come lo chiamava lui. Passo dopo passo lo sentivo sempre più dentro, sempre più pulsante. Mi fece male all’inizio, ma dopo un poco di movimenti leggeri di Ivan tutto cambiò in piacere estremo.
    E' stato tanto delicato che quasi non lo sentivo...
    Mi penetrò fino alle sue palle. Tutta la sua asta era nel mio culo vergine e voglioso. Un sospiro dopo l’altro, il ritmo di mio cugino andò a crescere, accelerando sempre più fino a venire abbondantemente e copiosamente nel mio culo dolorante.
    Lo esce dopo un poco e si distende su di me. Ero in estasi e lui anche. Mi strinsi a lui, sotto il suo braccio muscoloso e mi accucciai soddisfatto. Ivan continuava a carezzarmi.
    Ad un tratto il telefono squilla. Erano i genitori di Ivan. Mio cugino va a rispondere. Non c’eravamo accorti che si erano fatte le otto meno venti!!! Dopo le scuse di circostanza e l’invenzione che "eravamo appena arrivati, anzi Leo aveva aspettato davanti alla guardiola in portineria per una buona mezz’ora. La vespa mi aveva tradito e ho fatto la strada a piedi spingendola fin qui. No, adesso funziona. Ho dato una controllata... La candela sporca... Stiamo arrivando, mi sto cambiando e arriviamo. Si, se non si accende ti chiamo io"
    Quando tornò in camera, mio cugino esclamò:
    "Beh, la pacchia è finita! In piedi, nonna ci aspetta!"
    I nostri sguardi, però, si incrociarono ancora. Mio cugino si rituffò sul letto e ci baciammo, e ci abbracciammo ancora, mentre i nostri sessi, l’uno sull’altro, prendevano nuovo vigore.
    Poi lui fece una cosa strana: si girò in senso contrario a me e mi prese con la bocca il cazzo. Avevo il suo cazzo a pochi centimetri dalla mia bocca e non sapevo cosa fare. Era la prima volta che qualcuno mi mostrava un classico 69. Ma cosa ne potevo sapere io! Dopo un poco di titubanza, vedendo con la coda dell’occhio che mio cugino succhiava avidamente il mio membro, mi decisi a fare lo stesso. Ci succhiammo fino a venire l’uno nella bocca dell’altro.
    Mentre io avevo in bocca quello splendore, avevo davanti agli occhi il buchetto del culo di Ivan e provai a toccarlo. Mio cugino si fermò di botto dicendomi che il suo culo non si tocca.
    Chiarite le posizioni e soddisfatti fino allo spossamento, decidemmo che era l’ora di andare a cenare dalla nonna. Rivestendoci, a malincuore, iniziammo a scendere verso la strada. Appena giù ci aspettava mio padre. Sembrava che avessimo calcolato i tempi! Felici di lasciare la vespa e prendere la macchina, ci sistemammo tutti e due sul sedile posteriore della vettura, stringendoci la mano in segreto, come teneri amanti.
     
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