In Mezzo Al Mare

Tradimento

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  1. Black Wings of Yuen
     
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    Il seggiolino è scomodo, ci sto su a malapena. Ma non è quello il problema. Il problema è che sotto il sole non riesco quasi a respirare dall’eccitazione. Sento le gambe immobilizzate, sento lo stomaco che si contorce. Mi sembra quasi di tremare. Ho la bocca asciutta, niente saliva. E il mio costume da bagno fa fatica a trattenere quello che c’è dentro, come un’esplosione. Davanti a me, a un metro da me, la scena più eccitante e sconvolgente del mondo. Del mio mondo, del nostro mondo. Scrivo al presente ma scrivo dopo un anno, perché in quel momento non avrei avuto la forza nemmeno per proferire una sillaba.
    ***
    L’ancora è in acqua, il mare calmo e questa barchetta di legno che sa di vecchio sembra una conchiglia solitaria cullata dal blu delle onde. C’è una piccola cabina, c’è il piccolo timone, a prua un paio di metri di prendisole. E dietro un salottino minimale fatto da un seggiolino di legno su cui sono seduto io e una panchina sempre di legno con due cuscini sopra. Il silenzio è assordante e l’unico rumore che si sente mi fa rabbrividire. Sei seduta sulle sue gambe, costumino due pezzi striminzito e pareo leggero. Gli stai mettendo le mani dietro al collo e tra i capelli. Gli sei seduta in braccio e non vi state baciando, no, vi state mangiando le labbra e le lingue. Non ti ho mai vista baciare così. Le sue mani grandi ti accarezzano la schiena, ti prendono con decisione il sederino e fanno per strapparti il costume. Il rumore dei vostri baci è incredibilmente eccitante. E’ un bacio esagerato, vedo le vostre lingue che vanno all’impazzata, lui ti lecca il collo e tu gli lecchi la barba di due giorni. Sei stata tremenda. Mi sono tuffato per un bagno di dieci minuti e quando sono risalito sulla barca vi ho trovati così. Non so se sto sognando, non so cosa stia succedendo. Fatto sta che da almeno cinque interminabili minuti vi state baciando come forsennati. Gli lecchi la faccia, gli lecchi le braccia scolpite da muscoli veri e nervini, gli lecchi il petto da uomo di mare abbronzato come se fosse forgiato dal sole. Sussulto quando con una mano ti strappa il pezzo sopra e ti stringe il seno destro. Tu butti la testa all’indietro e lui si butta con la lingua sui tuoi capezzoli. Destro, sinistro e via di nuovo. Tu hai gli occhi chiusi. Io sto impazzendo.
    ***
    Doveva essere una gita, solo una gita. Quel tizio, conosciuto al bar del residence, ci era sembrato subito simpatico. Dimostrava cinquant’anni più o meno, altissimo, fisico ben tenuto da persona abituata a saltare da una barca

    all’altra. Ci sembrava un pirata. Ci aveva offerto un caffè e si era messo a parlarci dell’isola. Ci aveva detto che a un prezzo irrisorio ci avrebbe portato a vedere posticini inimmaginabili per i turisti. Ci sembrava simpatico e anche la sua barchetta di legno ci piaceva. Eravamo arrivati puntuali a mezzogiorno al molo, lui stava sistemando corde e ancore, fumando una sigaretta fatta su con il tabacco. Era del posto, ma parlava bene: evidentemente aveva sempre parlato e conosciuto persone diverse e di posti diversi. Ci aveva raccontato distrattamente che aveva vissuto in Francia e da ragazzo in Australia. D’estate curava il porticciolo del paese, d’inverno faceva lavoretti di vario tipo. Era simpatico e stavamo bene, ma quando mi sono tuffato non mi sarei mai aspettato di trovarti in quello stato.
    ***
    Ti guarda con la bava alla bocca e con due occhi profondi, anche quelli scavati dal sole. Tu continui a leccarlo dappertutto, lui con la sua mano continua a ricordarti quanto sei bella. Io sono fermo dietro di voi, non sono ancora riuscito a realizzare bene. Voi continuate come se io non ci fossi, mi chiedo come sia possibile. All’improvviso lui si alza e con leggerezza ti solleva, continuando a baciarti. Ti mette su un cuscino, senza tanti convenevoli ti fa saltare via il pareo e il pezzo sotto. Sei nuda, completamente nuda di fronte a un uomo conosciuto il giorno prima. Sto sognando. Lui si butta tra le tue gambe e inizia a leccare. Anzi no, sembra che stia bevendo ad una fonte di acqua buonissima dopo essere stato anni senza bere. Ti tiene in alto le gambe e continua a leccare, tu chiudi gli occhi e ti morsichi due dita in bocca. Si alza e si mette in piedi, tu apri gli occhi e a bassa voce riesci solo a dire “meraviglia”. Lo dici mentre guardi il suo costume blu. E’ stretto, slip, e il suo cazzo durissimo sotto il tessuto arriva quasi all’estremità del fianco. Ti inginocchi, lui guarda il cielo. Inizi ad accarezzargli le gambe, poi l’interno coscia. Con il naso sfiori il suo cazzo ancora fasciato dagli slip. Vai avanti così per qualche secondo ma lui non ci sta, non resiste più. Con estrema velocità si abbassa gli slip fino alle caviglie. La scena è da film: via l’elastico e una mazza di almeno 24 centimetri praticamente ti da uno schiaffo sulla guancia destra. Non è tipo da perdere tempo e con la manona ti prende la testa, con l’altra si afferra il pisello e te lo porta alla bocca. Tu la tieni chiusa all’inizio, come se avessi paura. Ho paura anche io, in effetti, ma sono immobilizzato, non riesco a dire o fare nulla. Cedi e apri la bocca, con la sua cappella che scompare dentro di te. Lui schiaccia la tua testa, tu fai fatica, quindi gli togli la mano e vai avanti da sola. Lo spingi sul cuscino, ti accovacci sotto di lui e inizi a leccargli le palle, una per una. Poi con la lingua fuori vai una decina di volte dalle palle alla cappella, quindi inizi con un pompino da urlo. Lui ti guarda, poi reclina la testa all’indietro. Tu lo succhi e ogni tanto sempre leccando vai su fino al petto e alla sua bocca.
    ***
    Io vorrei dire o fare qualcosa. Ma non ci riesco. Mi sembrerebbe anche inutile chiamarti, cercare di dirti qualcosa. Sei impegnata, troppo impegnata. Mi tiro fuori il pisello e capisco che non devo toccarmelo troppo se non voglio venire all’istante. Sembrate due maiali fuori controllo. Mi guardo intorno e in quella caletta, per fortuna, non vedo altre barche. Lui non ne può più del pompino e ti afferra per le braccia. Ti tira su come se fossi una gattina leggerissima e ti bacia ancora. E tu, a mezzo metro da me, lentamente gli prendi in mano il cazzo e inizi a strofinartelo tra le gambe. Lui resiste per non più di cinque secondi, poi da sotto dà un colpo e in un attimo quell’arnese enorme ti entra tutto dentro. Trattieni il fiato, lo sento. Credo ti faccia male. Poi inizia a muoverti lentamente e iniziate una danza incredibile. Lui da sotto spinge verso l’alto, tu vai avanti e indietro. E continuate a slinguare come maiali, lui che ti apre il sedere con quelle mani enormi, tu che lo porti con forza a te. Io ho mal di testa dall’eccitazione. E sto sempre in silenzio, come a non voler rovinare e interrompere quel sogno. Andate avanti così per un quarto d’ora, quindi lui senza uscire ti solleva e ti porta a piccoli passi a prua, sul prendisole. Ti mette sdraiata di schiena e si mette sopra di te. Ti scopa a una velocità incredibile, alternando colpi delicati a colpi forti. Tu ad un tratto inizi a urlare e le tue grida di passione rieccheggiano sulla scogliera di fronte. State scopando da mezzora, quando lui esce improvvisamente da te. Si mette a cavalcioni sul tuo collo. Tu capisci al volo, inizi a segarlo leccandogli la cappella. Dopo un minuto esplode: i primi due schizzi riesci a indirizzarli in bocca, gli altri quattro ti inondano il viso e il collo. Sembra non finire mai di venire, ne fa altri due sulle tue tette. State immobili qualche secondo, poi tu glielo riprendi in mano e continui a fargli una sega lenta, mentre con la lingua gli baci ancora la cappella. Lui si alza. Non mi guarda, forse è imbarazzato. Mi passa vicino e va sul retro della barca. Io ti raggiungo a fatica, con le gambe che mi tremano di eccitazione. Mi sdraio vicino a te. Tu senza che io dica nulla me lo prendi in mano, fai su e giù quattro o cinque volte e io esplodo, un orgasmo che mi sconquassa. “Ehi…” ti dico sussurrando appena mi riprendo. “Sshhh” mi dici, facendomi il gesto di stare in silenzio.
    ***
    Non ti pulisci nemmeno e stai sdraiata. Solo quando siamo a trecento metri dal molo ti rivesti velocemente. Nessuno di noi tre ha proferito parole durante la mezzora di viaggio di ritorno. Lui al timone, io e te sdraiati sul prendisole. Mi hai solo dato la mano. Arriviamo al molo, lui attracca. Io scendo per primo, tu mi passi la borsa da mare. Lui scende sul molo, ti porge la mano, tu scendi dopo di lui. “Ragazzi…” dice lui con un po’ di imbarazzo. “Domani alle 11 qui?” rispondi immediatamente tu. Ti amo. E mentre passiamo in mezzo a tutta la gente del villaggio con te ancora imbrattata di corna, ti amo sempre di più.
     
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