Il ginecologo racconto vero

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    Mi chiamo…Arturo, non è il mio vero nome ma è sufficientemente comico e orecchiabile. Di cosa mi occupo? Di “passere”, sono infatti io il ginecologo del titolo. Spulciando sulla rete mi sono detto: perché non racconti a lor signori qualche tua storiella, non vieni meno alla deontologia perché non sarà possibile capire di chi parli e quindi non sveli rapporti professionali con i pazienti e hai un sacco di fatterelli da raccontare.
    Parlo un po’ di me per incorniciare i racconti: sono giovane, 35 anni, single, dicono “bel ragazzo”, con soldi, un po’ cinico e disincantato (classica figura del romano de Roma), figlio di papà (non ho problemi a dirlo) in ogni senso visto che dal papà ho ereditato anche la professione.
    Siamo due fratelli: il maggiore ha preferito la cardiochirurgia, io che ho amato sempre il “triangolino” peloso, la ginecologia facendo la felicità di “babbo”. Mio padre infatti è stato primario (ora in pensione) del reparto di ginecologia di un grande ospedale… cattolico, di Roma.
    Immaginate la sua felicità quando anch’io ho seguito le sue orme nella specialità, facendo di tutto per spianarmi la strada. Certo lui non mi conosce per come sono in realtà, lui mi pensa tutto l’opposto di come mi sono descritto, e non potrebbe essere diversamente visto il clima “papalino” che si respira in famiglia; famiglia cattolica strettamente osservante, molto conosciuta, e per questo papà molto introdotto negli ambienti “bene” della città, medico delle “passere” di molte VIP e di mogli di VIP. Chiusa la sua carriera non ha pensato altro che a mettermi al suo posto per continuare la tradizione di famiglia. Non pensiate però, dalla mia descrizione, che vi ho fatto, che io non sia bravo come medico, tutt’altro; è il mio modo di pensare che è diverso.

    Come dicevo il triangolino mi è sempre piaciuto per cui la mia professione la faccio con “passione” e ancora oggi davanti ad una bella donna, nuda, mi eccito e comunque non credete se qualche collega dice che non è vero! Tutti, quando è il caso, ci eccitiamo. La correttezza sta nel non approfittare in alcuni casi della posizione di vantaggio in cui ti vieni a trovare e vi assicuro che è meglio, per le signore lettrici, non ascoltare cosa si dicono i signori ginecologi nelle pause dei congressi.
    È comunque con uno spirito un po’ goliardico che affronto la professione, a parte quei casi veramente seri, e non sono molti, in cui occorre lavorare bene.
    Perché, in effetti, il più delle volte, le donne, in quelle zone, hanno problemi veramente semplici anche se loro (e soprattutto i loro medici) pensano il contrario.
    Vi ho già detto che mio padre era medico di fiducia. Cattolico, per cui curava molte suore. Avete capito bene; le suore sono… donne con gli stessi problemi di tutte le altre donne, solo che, vista la loro condizione, sono solitamente indirizzate da medici di estrema fiducia e provata fede; per cui mio padre le visitava e curava ed ora che è in pensione… uno dei medici di fiducia sono io.
    Sono chiaramente pazienti un po’ particolari e “subiscono” certe visite solo quando i superiori esercitano certe pressioni; occorre sempre molto tatto e con il tempo ho imparato che con loro, in genere, devo essere estremamente impersonale, un po’ burbero e scostante; sono abituate a subire l’autorità superiore e se percepiscono questa autorità vi si inchinano e abbandonano completamente; vi sono però anche le eccezioni, di solito le suore più anziane e scafate che nella vita hanno visto e subito di tutto, disincantate, per cui con loro riesci a stabilire un contatto sullo stesso piano.
    Vi ho già accennato che ogni tanto sono un po’ stronzo e mi diverto a metterle in imbarazzo; assumo l’atteggiamento burbero e inizio... come con suor Margherita. Arriva nello studio, giovane e veramente carina in viso, con un corpo notevole che intravedo nel paludamento delle vesti.
    È imbarazzatissima e tesissima, e parlando ho conferma che non è mai stata visitata da un ginecologo. Mi fa tenerezza ma uso l’atteggiamento più “cattivello” e scostante. Soffre di dismenorrea e dopo le domande di rito la invito ad andare nella sala visita. Le do un po’ di tempo poi entro e la trovo ancora vestita “gelata” in mezzo alla stanza.
    “Bhe, cosa fa?” l’apostrofo con fare un po’ cattivo; balbetta qualche cosa che non capisco e le dico
    “si spogli e si accomodi sul lettino”.
    Va dietro il piccolo paravento che, aperto verso la scrivania, non nasconde proprio nulla e inizia a togliersi la veste. Vi siete mai chiesti, sotto, come sono vestite le suore? Ve lo dico io: calze nere autoreggenti alle cosce che il più delle volte non hanno nulla di eccitante, mutande tipo boxer a coscia più o meno lunga e una maglietta intima accollata; alcune portano il reggiseno e altre no. Non mi sono sbagliato, suor Margherita è davvero notevole, con le sue autoreggenti, boxer corti e maglietta castigata è estremamente eccitante; si gira verso di me tenendo gli occhi bassi. Le dico di sdraiarsi sul lettino normale e inizio a visitarla. Mentre le provo la pressione le guardo il seno che si intravede sotto la maglietta: piccolo e sodo. “Si sfili la maglietta” le dico con il solito modo sbrigativo, lo fa e trovo conferma; due tette incredibilmente belle, piccole, tonde e sode con due capezzoli rosa e una piccola aureola più scura, ma è tutta bella, fianchi stretti e pelle naturalmente scura e ambrata. La ausculto rapidamente mentre lei tiene il viso e lo sguardo rigorosamente voltato dalla parte opposta. Le sollevo il braccio sopra la testa e inizio a visitarle un seno. Come le prendo il capezzolo tra le dita e stringo leggermente vedo che arrossisce leggermente ma non dice nulla e non mi guarda. Vado avanti un bel po’ nel palpeggiamento e noto che i capezzoli le si sono irrigiditi, passo all’altro seno, indugio anche lì. Passo a visitare l’addome superiore poi con fare noncurante le abbasso i boxer quel tanto da scoprire un po’ di peli dell’inguine. Come le mie mani la toccano in basso sento che si irrigidisce. Penso “cara la mia Margherita siamo solo all’inizio”. Ha proprio un bel corpo e mi sento eccitato. Ha il ventre caldo e il contatto con le mie mani più fresche le fanno venire la pelle d’oca. È molto tesa; la faccio girare sulla pancia e le ausculto i polmoni e intanto la guardo; i boxer sfilati a metà natiche mettono ancora più in risalto la loro rotondità: glutei sodi, alti, senza un filo di cellulite oramai riscontrabile anche in ragazzine di 18 anni.
    “Si tolga i boxer e si accomodi sull’altro lettino”.
    Si sfila l’indumento e si siede sul lettino ginecologico tenendo le cosce serrate e le mani unite compresse sul ventre. Capisco che non sa come mettersi, senza dire una parola la prendo per i fianchi, la faccio indietreggiare e sdraiare, le prendo le gambe e le sistemo negli scanni. Ora è nuda, spalancata e indifesa dinanzi a me. Spesso penso che per una donna la prima visita ginecologica debba essere un trauma, proprio per la posizione che devono assumere, divaricate dinanzi agli occhi e alle mani di un’altra persona. Il pube di suor Margherita è ricoperto da un pelo castano chiaro.
    Mi muovo con molta calma, lei ora mi segue con gli occhi per cercare di capire in anticipo cosa le farò. Mi infilo il guanto sulla mano destra, mi sistemo sul fianco del lettino, appoggio la mano sinistra sul ventre all’altezza del pube e prima ancora di toccarle il sesso suor Margherita accenna un movimento del bacino come a ritrarsi dal contatto con la mia mano; mi volto di scatto a guardarla fissandola con aria decisa e un po’ cattiva, mi fissa per un istante, arrossisce e volta lo sguardo: ora sono sicuro che come un agnello sacrificale si lascerà fare qualsiasi cosa senza reagire. La mia mano sinistra appoggiata a coppa sul monte di venere, con due dita le apro le labbra esterne portando alla luce la pelle lucida e rosata del sesso; con l’indice guantato della mano destra scorro lungo il solco aprendolo, soffermandomi a stuzzicare la clitoride, poi in basso sul piccolo foro della vagina. Devo essere delicato nella penetrazione, prima devo capire se l’imene è intatta; penetro lentamente con l’indice e premo verso il basso per aprire la vulva: no, l’imene non c’è, chissà se questa ragazzina ha già provato i piaceri del sesso prima di farsi suora; la guardo, tiene il viso girato da una parte, gli occhi chiusi, il viso rosso e la fronte un po’ sudata, il seno, con i capezzoli irrigiditi, e il petto si alzano e si abbassano rapidamente in un respiro un po’ affannoso; no, in questa bella passera il mio dito è la prima cosa che entra da quando è nata. Penetro sino in fondo con l’indice, tocco il collo dell’utero, sento un suo gemito, la guardo, ha il viso un po’ contratto, sento le pareti calde dalla sua vagina strette intorno al dito. Premo sull’addome, ok utero e annessi nella norma e in sede, dilatiamola ancora un po’, sfilo leggermente l’indice e unisco il dito medio e forzo per entrare, la “porcellina” si è un poco lubrificata e forse ha capito che per sentire meno fastidio deve rilassare la muscolatura per cui entro con entrambe le dita più facilmente e sino in fondo. Con il palmo della mano sinistra faccio pressione sul pube mentre con polpastrello dell’indice della stessa mano prendo a strisciare e premere leggermente sulla clitoride, le dita in vagina sono rivolte verso l’alto e premono entrando e uscendo verso la parete superiore della vagina stessa: è il modo più efficace per masturbare una donna. Guardo suor Margherita che ha sempre gli occhi chiusi e il viso rivolto di lato ma il suo respiro è più affannoso che mai, i capezzoli duri e grossi e l’aureola più scura e in rilievo. Adesso la “porcellina” è proprio lubrificata per bene, gli umori che escono le rendono lucidi i genitali esterni e i riccioli dorati, la delicata pelle ora appare più intensamente rosata. Sto attento a non portarla all’orgasmo per cui smetto di toccarla e mi allontano. Tolgo il guanto e sto per prendere lo speculum dallo sterilizzatore quando lo stronzo che è dentro di me prende il sopravvento. Prendo il tubetto di vasellina e mi avvicino alla scrivania fingendo di prendere appunti e guardo suor Margherita: il suo respiro si è fatto quasi normale, si guarda in giro evitando accuratamente di guardare me, le mani allacciate strette abbandonate sulla pancia. Le do ancora qualche minuto poi mi avvicino al lettino, lo manovro per sollevare la parte del bacino e divarico ulteriormente i sostegni delle gambe: oltre al sesso ancora più esposto e aperto anche tutta l’area anale è aperta e visibile. Una leggera peluria trasparente circonda l’area pieghettata a raggiera che confluisce verso lo sfintere. Questa volta non uso guanti, spalmo un ricciolo di vaselina sull’ano e con il polpastrello massaggio tutto intorno allo sfintere; suor Margherita ha capito cosa sto per fare e irrigidisce tutti i muscoli dell’addome; per il momento non dico nulla e continuo a massaggiare con movimenti circolari l’orifizio anale. Ancora un ricciolo di vaselina sul dito, appoggio la punta sulla fessura e spingo deciso. La lubrificazione mi permette di entrare con tutto il polpastrello ma un suo lamento e i muscoli serrati mi fanno fermare.
    “Rilassi i muscoli e non sentirà male” dico deciso e brusco; attendo che le mie parole arrivino al suo cervello e che lei ubbidisca e prima che i suoi muscoli involontari mi rifiutino, penetro con tutto il dito sino a sentire le nocche della mia mano contro la pelle calda del suo perineo. Durante la penetrazione ha cacciato un urletto. Intorno al mio dito la pressione e il calore dei suoi muscoli; premo sul ventre con l’altra mano per distogliere un po’ le sue sensazioni dirette solo al mio dito dentro il suo culo. Inizio a muovere lentamente il dito nel suo ventre in modo da lubrificare anche l’interno. Ha capito che se si rilassa sente meno fastidio; sento la pressione dei suoi muscoli intorno al mio dito farsi più leggera. Muovo lento il dito avanti ed indietro e l’osservo; sempre occhi chiusi e viso girato da una parte, il respiro un po’ affannoso. Con il pollice penetro in vagina: è decisamente bagnata e rilassata; controllo rapidamente che non ci siano problemi anatomici aiutandomi premendole l’altra mano su tutto l’addome: ok a posto; comincio a muovere entrambe le dita dentro i suoi buchini ora molto ben rilassati e bagnati. L’eccitazione di prima non era completamente scemata perché in un attimo i suoi capezzoli si induriscono e scuriscono e il respiro diventa accelerato. Mi fermo subito, tolgo le dita e mi dirigo al lavandino; le do tempo di calmarsi. Mi manca solo di darle un’occhiata con lo speculum ma voglio farlo mettendola in una posizione “panoramica”. Mi segno qualche appunto e poi mi avvicino al lettino. Le dico in maniera tranquilla “Abbiamo quasi finito”. Mi fa un sorrisino timido, è un poco congestionata e non ha capito razionalmente sino in fondo cosa diavolo è successo e cosa ha provato; il suo sesso lo ha capito invece molto bene.
    “Vada sull’altro lettino”; l’aiuto a scendere tenendole un braccio. Si siede a gambe strette e penzoloni. Mi guarda mentre avvicino la lampada alogena ai piedi del lettino.
    “Si metta in ginocchio”, ubbidisce.
    “Si appoggi con i gomiti al lettino”.
    Non capisce, per cui la manovro io, le faccio appoggiare i gomiti al lettino, premo sulle spalle perché chini la testa sino a toccare le mani, la prendo per i fianchi e la alzo, le faccio divaricare le gambe. Che posizione magnifica, la guardo da dietro con quel culetto magnifico, con le labbra del sesso aperte e lucide di umori, lo sfintere leggermente dilatato e arrossato. Passo leggero il dito dall’ano verso il basso in una carezza. Prendo la pompetta e la lavo internamente poi l’asciugo con dei clinex; introduco lo speculum e la dilato: un piccolo gemito. Tutto ok, è la passera più sana del mondo.
    “Suor Margherita si rivesta pure, le prescriverò dei farmaci e controllo tra un mese”


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  2. Mareintempesta
     
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    Racconto interessante ... da oggi in poi le mie visite saranno solo da una ginecologa.
     
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1 replies since 25/4/2014, 10:50   19211 views
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