Una mamma bona e maiala

racconto erotico incesto madre figlio

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    Mi chiamo Emanuela, ho 45 anni e sono, a detta di tutti, una donna ancora piacente. Vedova da ormai tanti anni, vivo con il mio unico figlio, Andrea, che di anni ne ha 22 ed è un bravo ragazzo, gran lavoratore e non passa giorno senza che mi faccia dei complimenti o arrivi a casa con un piccolo regalo per me. Un fiore, dei cioccolatini, un oggetto qualsiasi che lui pensa mi possa fare piacere. E’ un vero tesoro ed io lo adoro, come d’altronde ogni mamma adora il proprio figlio. Sicché non mi arrabbio più di tanto quando il mio ragazzo, con la fregola della sua gioventù, si prende qualche libertà. Non faccio gran caso al fatto che qualche mattina, appena sveglio, giri per casa senza i calzoni del pigiama sventolando all’aria l’uccello, duro come il marmo e dritto come un fuso, che punta prepotente la testa ancora mezza incappucciata verso l’alto. E non faccio gran caso neppure alle sue manone callose quando, senza preavviso alcuno, cercano di intrufolarsi nella mia scollatura o sotto la mia gonna. E non gli dico niente quando lo scopro a giocare con la mia biancheria intima. Non mi mostro indignata quando lui si bagna i calzoni spiandomi dal buco della serratura mentre io mi faccio un ditalino nell’intimità della mia camera. A mio figlio piace la sua mamma ed io non posso farci nulla, pertanto ho deciso di assecondarlo e, se sbaglio, pazienza. Lo faccio per amore nei suoi confronti e questa consapevolezza non mi fa sentire per nulla in colpa se i miei comportamenti possono essere considerati disdicevoli. Preferisco sia lui piuttosto che un estraneo ad abbracciarmi da dietro mentre cucino davanti ai fornelli e a strusciare la sua verga dura contro il mio bel culo ancora piuttosto sodo. E se, nell’impeto della sua giovane età, non riesce a trattenersi e lo sento godere sporcandosi i calzoni la cosa non può farmi altro che piacere, a parte la seccatura di doverglieli poi ripulire quei benedetti calzoni. Ultimamente, proprio per evitare questa seccatura, gli ho fatto capire che sarebbe meglio che in casa girasse con una semplice tuta, magari senza mutande. Consiglio che lui ha subito fatto suo, con il risultato che adesso gli basta abbassare i calzoni della tuta per mostrarmi il cazzo duro, cosa che fa con una certa frequenza, soprattutto da quando io gli ho permesso di lisciarselo alla mia presenza. Era da tanto che me lo chiedeva e non me la sono sentita di negarglielo. Devo dire che ha davvero una bella sberla, una mazza di tutto rispetto, lunga e grossa come si deve, nodosa il giusto e con una cappella bella larga, di quelle che piacciono a me. Ormai è diventata quasi un’ossessione, non passa giorno senza che me lo ritrovi davanti nei momenti più impensati, mentre cucino, mentre rifaccio i letti, perfino mentre sto pisciando, con i calzoni abbassati e l’uccello duro tra le mani. E guai se non gli presto la dovuta attenzione. E mentre io lo guardo lui se lo sega sempre più forte, poi mi si fa sempre più vicino e, con la mano libera, inizia a toccare dappertutto e in men che non si dica mi ritrovo con le poppe fuori dalla scollatura, con la gonna rialzata e con le sua dita che corrono sui miei seni, sui miei capezzoli, sulle mie cosce. Io guardo il suo uccello farsi sempre più duro e nodoso, la cappella sempre più larga e violacea e coi bordi sempre più spessi. E quando, nel pieno del godimento, cerca di abbassarmi le mutandine, lo lascio fare, lascio che le sue dita mi penetrino e si bagnino del mio sugo mentre la sua bocca si attacca avidamente alle mie poppe e le ciuccia come quando era piccolo, per staccarsene solo per invitarmi a continuare a guardarlo adesso che il suo cazzo sta colando la sua bella bava bianca. Il mio ragazzo mostra con orgoglio il rivolo di bava biancastra che fuoriesce lentamente dal buchetto dilatato. Si fa ancora più sotto ed infila più profondamente le dita nella mia femminilità dischiusa e fradicia di umori. E allora lo incito, lo sprono, lo incalzo. Gli dico di far vedere alla mamma una bella sborrata, una bella sborrata spessa e sugosa, una sborrata che sporchi dappertutto. Begli schizzi lunghi e potenti, voglio vedere degli schizzi che volino per aria e vadano a spiccicarsi il più lontano possibile. Voglio vedere il suo cazzo buttare secchiate di sborra, voglio annusarne l’odore e sentire il rumore che fa quando si spiaccica contro il muro o sul pavimento. E lui mi accontenta, eccome se mi accontenta. il mio Andrea butta come un cavallo e non c’è spettacolo più bello, per la sua mamma, che assistere alle sue poderose sborrate. E sborra, accidenti se sborra. E il più delle volte succede che quelle sborrate, quegli interminabili schizzi che vedo volare compiendo un arco lunghissimo, finiscono per colpire anche me. La cosa, devo ammettere, non mi dispiace affatto; anzi, ultimamente cerco di piazzarmi nella loro traiettoria in modo da poterli intercettare. Pazienza se mi sporca un po’ i capelli e i vestiti, ne vale davvero la pena. Anzi, se proprio devo davvero dirla tutta, ultimamente sono spesso io che cerco in ogni modo di provocarlo ed eccitarlo e, a dire il vero, non devo fare grossi sforzi. Mi basta sollevare la gonna fingendo di sistemarmi il reggicalze, o girare per casa con una camicetta scollata o, peggio ancora, con una camicia da notte trasparente con nulla sotto, per vederlo smaniare come un asino in calore e, dopo poco, me lo ritrovo addosso con l’uccello di fuori e le sue mani che corrono dappertutto. Una cosa che lo fa letteralmente impazzire è guardarmi mentre sto pisciando. Se mi trova seduta sulla tazza del cesso non può fare a meno di estrarre la mazza e, piazzato davanti a me, inizia a tirarsi una sega e, inevitabilmente, finisce che mi annaffia di sborra dalla testa ai piedi. L’altra sera ero andata in camera mia a tirami un ditalino, ma mio figlio è arrivato anche lì e mi ha interrotto proprio sul più bello. A quel punto ho chiesto al mio Andrea di darmi una mano e gli ho insegnato come si fa un ditalino a regola d’arte. E mio figlio, che è un ragazzo intelligente, ha imparato subito e di ditalini me ne ha tirati due facendomi godere come una maiala. Erano anni che non godevo così tanto e dopo sono rimasta con un tale languorino che quando il mio ragazzo mi ha chiesto di mettermi alla pecorina per potermi leccare culo e figa ho subito aderito alla sua richiesta. E ho fatto bene perché quel santo ragazzo mi ha fatto di nuovo godere come una vera porca. Tanto che, quando me lo sono sentito montare in groppa non ho reagito e quando il suo cazzo duro ha cominciato a premere contro il mio buchetto posteriore non solo non ho protestato, ma mi sono posizionata meglio ed ho cercato in tutti i modi di agevolare i goffi movimenti del mio ancora inesperto cavaliere. Il quale, peraltro, seppure inesperto, si è infilato nel mio culo fino ai coglioni ed ha iniziato a pomparmi gli sfinteri con una tale irruenza da farmi urlare di dolore. Mi ha inculata per bene il mio ragazzo e si è fatto pure una bella sborrata nel mio culo.
     
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