Prigione lesbo

racconto erotico lesbiche

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    Vivevo con Lee da qualche mese e le cose andavano molto bene fra noi.

    Una calda serata di fine estate eravamo sul divano. Lee mi ordinò di leccarle la figa ed io mi gettai sulla pelosa, aggressiva e dolcemente femminile figa di lei. Iniziai a baciarla piano per poi prendere un ritmo tutto mio che sapevo lei apprezzare. Leccavo attorno alla figa e poi la baciavo con gioia e gusto. Baciavo quella figa nera mentre sentivo il corpo di Lee rilassarsi, tendersi al piacere come una donna sa fare. Sentivo il suo ventre sollevarsi mentre la mia lingua le dava piacere e la mia bocca succhiava il suo sesso. Percepivo il piacere che Lee provava al contatto con la mia lingua, con la mia bocca, coi miei baci attorno al suo sesso di donna. La sentivo godere piano della mia bocca. Lee contraeva le mascelle, chiudeva ed apriva la bocca e gli occhi, col loro taglio orientale coperti di azzurro cielo di trucco, fibrillavano sotto le palpebre mentre la mia lingua la penetrava desiderosa. Continuai a baciare e leccare profondamente, infilando la mia lingua in quel sesso bagnato di umori di donna nera. Lee mi prese la nuca con le sue mani possenti e mi spinse sotto. Mi piaceva da morire quel momento: quando la sua mano mi spingeva sotto a leccare bene, perché assestava la supremazia di quella donna su di me, mi faceva sentire suo, di sua proprietà. La mia fidanzata era anche la mia signora, la mia padrona, senza che questo fosse mai stato detto. Era nella natura della cose. Dopo quello che avevo patito nel Padiglione T., dopo le perversioni nello chalet di montagna, dopo il bordello nel deserto, dopo MissPott e le sue amiche perverse che mi tenevano prigioniero nel container, ritrovarmi, semilibero, a leccare la figa di una donna nel caldo di una casetta a fianco del junkyard. Leccavo e baciavo quella figa possente di donna afroamericana, e godevo del potere che lei aveva su di me. Della stabilità della mia vita adesso dopo tutto quello che avevo passato. Leccavo e baciavo facendola godere mentre lei mi spingeva sotto. Sentii il calore dell'orgasmo salire nel corpo di Lee. Godeva come una pazza al lavoro della mia lingua, della mia bocca. Mi diceva “...culobianco, leccafiga, honey..”e ciò mi eccitava ancora di più. Leccavo e succhiavo quella carne nera e sentivo il suo piacere crescre. E così fu. Esplose, godedo sotto i colpi assestati con amore della mia lingua.
    “.ohhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh....babyyyyyyyyyyyy..sìììììììììììììììììììììììì...” e venne con una furia di femmina in calore.
    *
    Stesi sul divano. Lee sorseggia una birra ed io sono accoccolato sul suo bel petto nero, dolce, grosso, caloroso, sexy. Amavo quel seno, amavo la mia Lee: occhi dal taglio asiatico, bocca leggera, gote gonfie e sexy.
    “...posso chiederti una cosa?”
    “Certo, dolcezza...chiedi pure..”
    “Ecco, Lee...una volta mi hai detto che anche tu sei stata in prigione per qualche anno....ti andrebbe di raccontare di quell'esperienza? Ti va?”
    “oh. Ecco...perchè no? Baby?”
    LA VITA IN PRIGIONE DI MISS LEE.
    “Allora. Iniziamo dall'inizio, dolcezza...mettiti comodo e fammi un bel massaggio ai piedi, come sai fare tu. È una storia lunga, durerà tutta la notte. Prima prendimi una birra fredda e poi dedicati ai miei piedini stanchi.”
    Feci quanto ordinato e dopo che ebbe dato un sorso alla birra fredda e sentito le mie mani bianche sui suoi piedi neri, riprese a parlare:
    “Allora, mi ero beccata 2 anni per aver mandato all'ospedale il mio ex e la sua troia, che era una mia amica. Li avevo sorpresi a letto e li avevo gonfiati di botte. Due anni a WG.un penitenziaro tosto su a nord dello Stato. Mi sbatterono in una cella con altre tre donne. Quando entrai notai subito la grassona che sonnecchiava sulla branda. Era grossa e pesante, ma pereva in là con gli anni. Sapevo che dovevo mostrarmi dura fin da subito o sarei finita a sgobbare per qualche culo nero della prigione. In terra, con un collare al collo, sdraiata su un materassino sgonfio, una ragazzatta bianca, minuta, docile, sicuramente la schiava della nera sdraiata. Poi c'era una asiatica, una tipa sulla cinquantina, tutta pelle e ossa, segnata dalla prigione. Fu lei a parlarmi: “Ehi, abbiamo carne fresca qui...Sharly? Viene a vedere cosa ci hanno mandato dal Governo...” disse e la tipa sdraiata si sollevò con una lentezza esasperante. Ci metteva un secolo a fare un movimento. “Quanti anni hai, troietta?” “Non sono una troia e non ti dico i miei anni stronza! Tu non mi rompi il cazzo e io non lo romperò a te! E questo vale anche per le altre...” dissi indicando attorno mentre la nera ancora non sie era alzata del tutto dalla branda. Lasiatica mi fu subito addosso, le sua mani cercarono il mio collo, ma io la spinsi via. “Ehi, troia nera! Qui sei arrivata ora e qui comandiamo noi: io e Sherly...o vuoi avere problemi con la mia amica Sherly?” disse pensando di intimorirmi perché finalmente la tipa grande e grossa si era alzata. Era grnade e grossa davvero, ma vecchia, lenta e goffa.
    “Qui dovrai obbedire ai nostri ordini....troietta...”
    “Ti ho già detto di non darmi della troia, Troia!, e io non prendo ordini da voi!”
    La nera grugnì e la tipa provò a prendermi ancora la colo. Non ci vidi più le rifilai un dritto sul naso spaccandogielo e quella cadde a terra zampillando sangue. La nerona rimase sorpresa ma mi caricò. Mi spinse contro il muro, ma era lenta e goffa, riuscii a schivarla di lato, le mollari un calcio e poi presi lo sgabello di ferro che c'era accanto al tavolino. Gielo mollai in testa un paio di volte, finchè non vidi il sangue. Quella urlava come una troia squarciata e l'amica rantolava per il dolore. Le avevo sistemate per bene. Poi arrivarono le guardie e mi bloccarono i polsi, mi trascinarono via per i capelli e mi sbatterono in isolamento. Un mese e mezzo di isolamento, il primo giorno che ero dentro.”
    “Cazzo Signora, lei sì che è una portenza!” esclamai massaggiandole i piedi con devozione. “..e poi?continua..”
    “Prendimi un'altra birra dolcezza...e rollami un joint di erba...”
    “Subito Signora.”
    Quando tornai a massaggiarle i piedi mentre lei si fumava lo spinello, riprese a raccontare:
    “Uscii dal buco che Shelley era ancora all'opsdale della prigione. L'avevo ridotta male. Ma la mia fama si era sparsa nel blocco. Da quel giorno nessuno venne a cagarmi il cazzo. Mi misero in una cella da sola. Una certa Lanine, che era la capoccia del blocco, mi fece chiamare. Si allenava in palestra sollevando enormi pesi. Era grossa, una bestiona nera di quasi due metri. Attorno a lei facce di troie vecchie e meno vecchie. Con le tute a strisce della prigione. Ci stavano una merda quelle fottute tute a strisce! Insomma mi chiama 'sta Lanine e mi dice che sono una tosta, eccetera, Shelley era una vecchia stronza che si era meritato quella sorte. Insomma mi assicura che nel blocco nessuno mi avrebbe importunato ma a patto che filassi dritta, e non menassi le mani. “Ci sto. Mi pare giusto. Grazie, rispetto a lei!” dissi e accettai. “...e..inoltre.. - fece quella alzandosi dalla panca, grossa, due spalle così, due braccia da uomo - ...e....potrai prenderti una delle ragazzine del blocco, qualche troietta bianca o qualche sorella nera e metterla a tuo servizio...” “Grazie Lenine. Grazie lo apprezzo molto..” feci. Mi concedò e pensai che avrei fatto come mi aveva detto.
    Individuai la mia preda dopo qualche tempo. Ero stata tranquilla, come promesso. Niente rogne. Fialvo dritto e mi facevo i cazzi miei. La prigione era un posto brutto e pericoloso come sai bene anche tu dolcezza...”
    “...sì, Signora...lo so bene...” e pensai a Trix e la sua perversione e le nottate che mi aveva fatto passare nel blocco T.
    “Insomma. Tutto ok. Pesco la pischella a mensa. È nuova, impaurita. Avrò ventanni. Bianca, pelle leggera, di carta. Occhi piccoli, viso tondo, carina, non una bellezza, ma non una tossica nera come tante attorno. Era impaurita, si mordeva le mani, si guardava intorno e non riusciva a mangiare, succhiava appena il latte dal cartoccio. La ricrescita nera sotto il biondo la faceva sexy. Poteva essere lei la mia schiava là dentro. Avevo voglia di sentire una linguetta sulla mia figa. Erano mesi che non scopavo. Mi ero toccata in branda, ma una lingua di fighetta bianca era certamente meglio. Ma anche altre prigioniere la pensavano come me. Due nere si avvicianrono a lei e la intimorirono. Risate. Parole dure, le toccavoano i capelli. Le versaroo il latte sulla tuta a strisce. Mi alzai e la raggiunsi. “Scusate bellezze...lasciate stare la mia amica qui...la signorina...?” feci alzando il suo bel visino di fata. Quella tremava come un agnelletto al patibolo. Piangeva impaurita. “....jane...” disse poi di un soffio.
    “La mia amica jane. Intesi? Mia amica? O dovrei..dirlo a Lanine...altra mia amica...?” feci a brutto muso a quelle due. Loro capirono e smammarono alzando i tacchi. Detti un fazzoletto a jene e le presi ancora del latte. Lo bevve calmandosi. “..grazie...” “Oh, lascia fare...” “..no grazie...davvero....io...io non so..io..” “Tu...tu jane...non preoccuparti...hai trovato un'amica in me...io sono Lee....da adesso sarai sotto la mia protezione..nessuno ti farà del male...stai tranquilla...vedrai andrà tutto ok se sarai mia amica...” dissi e quella annui. Piangeva e succhiava il latte come una bambina. La portai nella mia cella e le detti la branda sotto la mia per dormire.
    La vegliai tutta la notte. Era dolce e spaurita, la sua pelle chiara era da ragazzina, il volto da angioletto. Mi fece bagnare la passerina nera fra le mutande, divenni un lago a pensare alla sua boccuccia che me la leccava. Volevo farne la mia schiavetta personale. Sarebbe stata mia. Dovevo solo farla sentire protetta. I primi giorni l'accudii come una mamma. Le portavo da mangiare, l'accompagnavo in giro e mostravo quanto rispetto le altre prigioniere mi portavano. “Vedi? Io sono Lee e loro sanno che non devono rompermi il cazzo. E se tu..se tu sei con me non hai niente da temere da loro...” le dicevo, mentre passeggiavamo per il blocco. Le facce da forca della prigione se la mangiavano con gli occhi e lei aveva paura, ma io la facevo sentire al sicuro.
    “Vedi? Come me sei a posto.” la rassicuravo.
    Lei si stringeva a me e annuiva.
    Era proprio carina. Una fighettina bianca dolce come lo zucchero caramellato. Era dentro per rapina. Portava una pistola del padre. Tre anni. La desideravo.
    Lee raccontava mentre continuavo a massaggiarle i piedi. Lei parlava, fumava erba, beveva birra mentre il suo compagno, io, un bianco che aveva passato gli ultimi anni in vari tipi di prigione, le massaggiavo i piedi devoto.
    “Insomma lei comincia a fidarsi di me – continua Lee mentre io sono passato a baciarle i piedi, ciucciando ogni dito con gioia, mentre lei parla, fuma, beve, si gode la mia bocca su ogni singolo dito dei suoi piedi di donna lavoratrice, odorosi di pelle nera e sudore, calzini di spugna per tutto il giorno – ed io una notte le propongo di dormire con me. Fra le mie braccia...sai fra amiche, le dico..mettiti qui con me. Ti cullo io dolcezza, sei tanto carina e indifesa...se non ci fossi io a proteggerti? Cosa faresti?......lei annuiva ma aveva paura, sapeva cosa volevo, ma non voleva cedere subito....su carina..mi devi qualcosa...non credi?e la presi fra le mie braccia e la tenni a me. Non la scopai quella sera, ma avevo portato ils uo dolce corpicino di fighette bianca a me e me la sarei giocata. La tenni fra le mie mammelle calde e la rassicurai. La feci addormentare e poi la spogliai. Il suo corpicino di donna bianca ancora ragazzina splendeva nella celle. Era dolce e bella. Sarebbe stata la mia schiava.
    L'abbraccia nella notte. Il mio corpo caldo, maturo, nero aderiva al suo, bianco, nudo, leggero.
    Le baciai i capelli e la feci dormire sul mio seno procace. Lei dormì come un angioletto. E al risveglio era mia.
    Mia in quella prigione.
    La mia piccola schiavetta bianca.
    “E...e io?e io chi sono per te? LEE?” chiesi.
    Lei mi sorrise, era fatta e cotta. Era bella nella sua semplicità di nera massiccia del sud. Calda, onesta, materna, matura, arrogante.
    “...tu? Sei tu se...sei...sei..il mio cuoricino bianco....il mio bambino ubbidiente....il mio culetto bianco...che amo sfondare....che ne dici se mentre ti racconto la storia di me in prigione...non ti scopo un po' col mio strap-on?”
    “Mi pare un'idea fantastica signora!” dissi tutto eccitato.
    “...bene allora....vai di la e prendi il mio amichetto nero....vai....corri...culobianco....muovitiiii”
    mi ordinò. Ed io andai in camera a prendere lo strap-on di Lee, che mi avrebbe inculato e raccontato di lei in prigione.


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