Ho sedotto mio figlio

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    Non mi è mai piaciuto il nome “Rachele”sa di racchia. Se rispondi al telefono e dici mi chiamo Rachele, quello dall’altro capo pensa che sta parlando con una brutta fica cosa assolutamente non vera. Fin da piccola ho odiato il mio nome amici e amiche mi prendevano in giro decisi allora di farmi chiamare Ele molto più bello.

    Ele Saviani, nata a Napoli nel febbraio del 1976, oggi ho trentotto anni e sono madre di un ragazzo di diciassette anni Alfredo.
    Alfredo, è un ragazzo particolare mi dà tanto da fare più di una volta l’ho sorpreso mentre indossava la mia biancheria intima e persino le autoreggenti. Nei modi è molto effeminato porta i capelli lunghi e lisci di un biondo vivo da dietro sempre una ragazza. Non ha peli sul corpo tranne le parti intime lo so perché una volta l’ho visto, nudo ha davvero un gran fisico e un bel cazzo. Quando torna dalla scuola, si mette a sbrigare le faccende domestiche e prepara anche da mangiare con ottimi risultati. Il padre non si preoccupa più di tanto dice che è una fase della crescita ora non sa la sua vera natura per me Alfredo è gay. «Non mamma sono un trans», mi corregge tutte le volte che lo chiamo gay. Ora si sta facendo crescere il seno con quale metodo proprio non lo so adesso avrà una seconda scarsa mi dice che gli devo comprare il reggiseno per me è matto. Con tutte le campagne di sensibilizzazione a favore del diverso non me la sento di fargli la guerra accetto (a malincuore), il suo comportamento vediamo fino a dove si spinge.

    Un giorno mentre pranzavano io e lui, mi chiese: «Mamma, ma tu quando fai un bocchino a papà ti viene la voglia di prenderlo a morsi? A me sì quando lo faccio al mio ragazzo». Che cosa ero costretta a sentire. «A te ti prenderei a morsi se non finisci con questa carnevalata sei un maschio lo vuoi capire?».
    «Sono una ragazza nel corpo di un maschio ma ancora per poco non appena compio diciotto anni faccio l’intervento per diventare donna», santo cielo era proprio deciso.
    «Noi non ti diamo un euro».
    «Poco male vorrà dire che mi prostituirò per racimolare la somma che mi serve».
    «Lo faresti?».
    «L’ho già fatto a scuola pompini in cambio di ricariche telefoniche. Mamma il mondo di oggi va avanti così svegliati».
    «Sei mai stato con una donna?».
    «No, non mi stimolano».
    «Sei proprio sicuro? Facciamo una prova?», mi guardò di sottecchi.
    «Che prova?».
    «Una doccia insieme tu ed io che ne dici?».
    «Che
    non succederà nulla per due motivi il primo; sei mia madre il secondo una donna vada per la doccia». Ero decisa a usare tutte le mie armi di seduttrice so essere troia quando voglio e serve. Andammo in bagno. Alfredo, aveva il ghigno del saputello di chi sa il fatto suo. “Ora vedrai”. Dissi dentro di me. Ci spogliammo. Eravamo nudi non avevo alcuna inibizione davanti a mio figlio mi sentivo a mio agio altrettanto lui il suo cazzo floscio gli pendeva tra le gambe. «A dieci anni avevo le tettine come le tue, solo che le mie aureole erano più larghe le tue sono come una moneta da un euro». Gli strizzai un capezzolo. «Mi fai male. Vedi, io, vorrei arrivare ad avere un corpo come il tuo stesso seno stessi fianchi e fondoschiena solo qualche chilo in meno per il resto sei perfetta», quindi ero lo “stereotipo” di donna al quale si ispirava. Poco male avevo delle chance. «Ho preso dei chili negli ultimi anni prima ero perfetta ingrasso nei seni e sulle cosce ho un po’ di pancetta, ma a tuo padre piace tantissimo dice che mi rende più sexy non trovi?».
    «Contento lui. Per me se il mio ragazzo avesse la pancia non mi piacerebbe».
    «Dove la vedi, sta pancia ho detto un po’ di pancetta non pancia», entrammo nel box doccia regolai la temperatura dell’acqua ci metto sotto il getto tiepido.
    «Aahhh… se ci fosse qui tuo padre, mi farei una bella chiavata ooo…». Mi strofinavo i capelli. «Volgare», rispose Alfredo schifato. «Perché tu quando sei con il tuo amico dici facciamo l’amore?», chiusi l’acqua. «Certo». Ribadì storcendo il naso.
    «Troppo sdolcinato non rende bene l’idea senti come suonano a doc le parole: chiavare, scopare, fottere, inculare che ne pensi?».
    «Che ho una madre troia», mi misi a ridere. «Insaponami scemo», gli diedi le spalle iniziò a insaponarmi la schiena. Aveva le mani delicate più di una donna.
    «Con più enfasi fammi sentire la tua mascolinità».
    «Non sono un maschio sono come te», mi girai e glielo presi in mano. «Io, non ho questo tra le gambe, ma questa», gli mostrai la fica allargando le gambe. Poverino lui, così damerino – galante oserei dire e io così mignotta. Mi stava insaponando davanti.
    «Insapona a modo tra le cosce ci tengo alla mia “micetta” voglio che sia sempre profumata». Lo stavo esasperando. Mi strofinava la fica con il guanto di spugna. Ero molto eccitata. «Togli il guanto fami sentire la tua carne ficcami due dita dentro».
    «Mamma! Ma ti rendi conto di quello che mi stai chiedendo?».
    «Fa come ti dico dopo, ti faccio un bocchino come mai nessuno te l’ha fatto».
    «No!».
    «Mi faccio inculare se lo preferisci cosa che non faccio nemmeno con tuo padre».
    «Sei una vacca».
    «Sì, lo sono dimmelo ancora».
    «Vacca». Si tolse il guanto ora la sua mano mi lambiva le labbra della vagina la penetrò con due dita. «Oohhh… sì… così bravo falle entrare e uscire velocemente ahhh… sì…». Notai che il suo cazzo si stava gonfiando gli presi una tetta in bocca.
    «Mamma…!?!». Sesso e guerra non ci sono regole ogni cosa è permessa. Lo insaponai. Quando arrivai al cazzo, m’inginocchiai era davvero bello molto più
    grosso di quello del padre. Glielo presi in bocca. «Ohhh… sei scorretta mamma non vale». Iniziai a pompare. «Uuuu…». Gemeva. Mentre lo sbocchinavo, mi mise il ditone del piede destro nella fica gli afferrai il piede e lo muovevo avanti e indietro. Ero accovacciata in punta di piedi con le chiappe che poggiavano sui talloni e le gambe spalancate continuavo a pompare mentre con entrambe le mani premevo il piede di mio figlio in direzione della fica, ero prossima all’orgasmo.
    Venni. Alfredo non dava segni di cedimento. «Usciamo da qui mamma fa troppo caldo», ci sciacquammo e uscimmo. Distese un telo sul pavimento tra la vasca e il lavandino. «Distenditi mamma con le cosce aperte», lo feci. Lo vedevo armeggiare nell’armadietto s’inginocchiò. «Che hai nella mano?» gli domandai. Mi mostrò lo spazzolino elettrico senza le setole solo il corpo motore, lo accese. Zzz… il ronzio.
    «Ora conduco io il gioco», disse beffardo. Mi mise la punta rotante dello spazzolino sul clitoride era di un piacevole assurdo gridai. «Aahhh… bastardo!».
    «Ti piace troia?».
    «Sì, figlio di una cagna in calore».
    «Figlio tuo vorrai dire». Quel ronzio mi perforava il cervello era bellissimo il bastardo aveva avuto fantasia. Mi fece piegare le gambe come se dovessi partorire, ero spalancata alla sua mercé. «Ora t’inculo», senza togliere quel vibratore arrangiato me lo mise nel culo. «Frocio a questo volevi arrivare vero pezzo di merda ahhh…». La sua faccia sembrava di gomma si trasformava continuamente assumendo dell’espressioni a volte comiche altre di un serio pazzesco. Entrò fino in fondo tutto dentro. Questa poi! Mise la punta dello spazzolino vicino allo sfintere madonna che goduria quel figlio di puttana era fantasioso, mi contorcevo dimenando la testa ora a destra ora a sinistra. «Vengo, godo, giungo arrivo Alfredooo…!!!». Il mio non era un orgasmo solitario, ma tanti uno dietro l’altro come tessere di un domino. Venne anche lui riempiendomi il retto di sperma.

    La sera ero a letto con mio marito. «Come ti è andata la giornata?», mi domandò spogliandosi nudo aveva voglia. «Da culo. Stare in casa il tempo non passa mai devo trovarmi un’occupazione ormai Alfredo è grande sa badare a se stesso».
    «Dove trovi un lavoro con la crisi che c’è meglio starsene in casa fidati».
    «Per te è facile parlare esci la mattina presto e fai ritorno la sera tardi te ne freghi dei problemi che ci sono».
    «Quali problemi? Ho mai dato l’impressione di fregarmene di voi due?», si fece serio smise di toccarsi il cazzo eretto. «Tuo figlio è un problema. È un “Transformer”, come quei robot che gli compravamo da piccolo sta diventando una femmina».
    «Alfredo, ha solo bisogno di capire la sua vera natura ora è in una fase critica».
    «Intanto le tette crescono è ha il ragazzo».
    «Questo non lo sapevo. Come faccio a capire che ha le tette se veste sempre con maglie di due misure in più. Se ha il ragazzo, il problema si fa serio, sei certa?».
    «Come la morte. Ho verificato dovevo farlo per capire come stanno le cose effettivamente», si mise seduto e mi guardava sconcertato. «Che cosa vuoi dire con: ho dovuto verificare».
    «Me lo sono fatto sono stata costretta», si mise le mani tra i capelli.
    «Pazza! Puttana e pazza chi ti ha costretta il tuo medico? Ti rendi conto di aver fatto un atto contro natura? E cosa ne hai dedotto sentiamo».
    «Che è un transessuale come afferma lui».
    «Che cosa avete fatto dimmi tutto». Gli raccontai tutto persino dello spazzolino. Si lasciò cadere a peso morto sul materasso con le mani in faccia a momenti batteva il capo contro la testiera del letto. «Che troia che sei ti sei fatta inculare da tuo figlio cosa che con me in tanti anni di matrimonio non hai mai voluto fare mi fa male dicevi». La sua voce mi arrivava cavernosa. «D’ora in poi potrai farlo anche tu».
    «Grazie della premura. La medaglia di consolazione come secondo arrivato». Mi spogliai mettendomi a pancia sotto con le mani allargai le chiappe. «Dai fallo mettimelo nel culo», lo guardavo. «Una sorpresa dietro l’altra mi stai stupendo non pensavo fossi così puttana». Era amareggiato di certo deluso. «Allora cosa aspetti non fare il bambino non farti pregare non posso stare in questa posizione in eterno».
    «Ok, la signora vuole essere inculata e io la inculo dov’è il problema?».
    «Non ce n’è sono di problemi fallo e basta». Si mise su di me. Sentivo il cazzo duro tra le chiappe allargate. «Spero di farti sentire tanto dolore», disse con cattiveria.
    La punta della cappella premeva contro il pertugio anale. Spinse. «Ahhh!».
    Spinse ancora lo sentivo entrare a strati. Mordevo il cuscino come quando da piccola nonna mi faceva le punture. Alfredo, mi aveva fatto meno male pur avendo un cazzo più grosso. Forse perché ero eccitata, al massimo per tale motivo non avevo sentito dolore. Entrò tutto, sudavo fredda. Tutto il suo peso gravava sul mio corpo infossandolo nel materasso. «Ti piace eh! Zoccola. In una vita non hai mai preso un cazzo inculo e in un giorno ne hai presi due un bel recupero».
    «Cerca di venire presto non ce la faccio più». Passò le braccia sotto le mie ascelle da qui mise le mani sulle mie spalle per una presa più consistente. Stantuffava con forza i suoi colpi erano scanditi dalla rabbia più che dalla passione voleva punirmi.
    «Sborra per Dio!», glielo gridai esasperata. «Ancora un po’ comincio adesso a divertirmi».
    «Cornuto».
    «Zoccola». In tanti anni che ci conoscevamo, non c’eravamo mai detti delle brutte parole mai una frase fuori posto. «Stronza, vacca, megera, puttana te lo spacco sto culo così smetti di cacare oohhh… bocchinara», il cornuto venne finalmente.

    La sua rabbia la sfogò anche su Alfredo inculandolo

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