il dolce sapore dolce del piacere

Racconto erotico

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    Avevo bisogno di sbrigare alcune faccende in banca. Non so perché per l'occasione mi sono messa un vestito rosso sgargiante attillatissimo, di solito questo genere di abbigliamento lo riservo alle mie serate galanti o da acchiappo come dico io. I miei figli sono fuori per fatti loro e ho casa libera. Mi sembra di essere tornata adolescente, quando aspettavo che i miei uscissero per portarmi qualche amichetto a casa. Ora i genitori sono diventati i miei figli: chi lo avrebbe mai detto! E sono peggio a volte!
    Entro in banca e mi accorgo subito che il mio abbigliamento ha fatto presa sui maschietti. Fingo di non accorgermene e mi siedo in attesa del mio turno.
    Mi si siede vicino un uomo sui quarant'anni o giù di lì e lo vedo vagamente imbarazzato davanti alla mia generosa scollatura. Certo c'è da dire che il push up è stata una svolta per le tette. Lì dentro il decoletes sembra trovare un'esaltazione che eccita prima di tutto me.
    Quando arrivo allo sportello lo vedo e sfodero uno di quei sorrisi, che solo io so fare, ormai ne ho consapevolezza. Lo vedo che arrossisce un po' e affondo il coltello nella ferita del suo desiderio:
    « Guarda, guarda chi si vede, credevo ti avessero trasferito »
    Giulio mi aveva abbordato per un caffè due settimane fa e c'eravamo scambiati il numero di telefono; era proprio un bonazzo per i suoi cinquant'anni. Era sposato e io rappresentavo la trasgressione. A me la cosa piaceva da morire, mentre a lui probabilmente i sensi di colpa lo avevano consigliato di non chiamarmi . Io dal canto mio mi sono guardata bene dal cercarlo. Ho imparato a non fidarmi degli uomini e ne ho sempre due o tre sotto mano per non annoiarmi. La solitudine deve essere una mia scelta.

    Questa determinazione e sicurezza interiore mi è costata un anno di analisi, il conto a carico di mio marito; il minimo che poteva fare.
    Venticinque anni di matrimonio andati in fumo all'improvviso non vi sembra un buon motivo per imparare ad amare se stessi?
    Non potevo neppure lamentarmi, perché mio marito, che è ricchissimo, è stato generosissimo a passarmi un vitalizio da signora e a continuare a mantenere i vizi e i capricci dei due figli ormai all'università.
    Rimaneva solo la mia sconfitta di donna, di moglie.
    No, non sono riuscita a perdonare neppure oggi a distanza di cinque anni. Certo di lui non me ne frega assolutamente più niente. Sfrutto i suoi soldi per divertirmi. Ho riscoperto la mia antica passione per la pittura e la scultura. Ho modificato casa creandomi uno studio. Ho lasciato che avvenisse in me una metamorfosi, un processo lento di liberazione dallo stereotipo che mi ero cucita addosso: moglie/madre.
    Il primo anno della separazione fu così convulso. La rabbia mi percuoteva le tempie fin dal risveglio, sembrava l'unica cosa che mi legava a quell'uomo. Per la rabbia mi sarei scopata il mondo intero; per dimostrare a me stessa che ero ancora una donna appetibile.
    Quando un uomo, con il quale hai condiviso una vita, ti molla, la prima cosa che ti frana sotto i piedi è la tua autostima femminile.
    Davanti ai miei figli pur ventenni continuavo a fingere di essere la solita mamma delle pubblicità. Loro fingevano di non vedere le mie lacrime scivolare furtive o i miei pallori improvvisi. Si giocava a rappresentare la tragedia di una separazione consensuale, che non aveva consenso alcuno ma solo vuoto e dolore..
    Grazie al mio temperamento indomito e rabbioso non stetti che qualche mese a consumarmi di lacrime e abbrutimento. Poi un giorno passando davanti ad una vetrina mi sono guardata e ho provato vergogna per la mia trasandatezza. Una voce mi esortava a rimettermi in campo, mi sibilava che non era ancora finita. La tanto temuta menopausa non aveva spento la mia insaziabile passione amorosa, anzi un desiderio caldo sembrava crescere giorno dopo giorno.
    All'inizio la reprimevo poi però, sarà stata l'analisi, sarà stata la pittura.... certo che mi cominciai a guardare in giro. Non accettavo che quel pesce lesso di mio marito avesse trovato il suo grande amore, che ovviamente non ero io, la cretina: fedele e devota sposa. Io imbecille che mi contentavo di quei piatti freddi ed induriti, quali erano i rapporti sessuali tra noi due.
    Quindi considerato che non ero un cesso per i miei cinquant'anni e, a dire degli sguardi roventi dei maschi della mia età, ero ancora sufficientemente appetibile; decisi di rimettermi in campo e di non lasciarmi travolgere dalla depressione.
    Il primo con il quale ruppi gli indugi fu l'istruttore del mio corso di ginnastica. Un bell'uomo di quarantacinque anni o giù di lì. Delizioso e prestante non potei fare a meno di notarlo. Tanto quanto lui notò le mie tette notevoli e il mio sedere tondo, tondo esaltato dai fuseaux.
    Non avrei mai pensato che fosse così facile acchiappare un bel maschio. Da ragazza ero così imbranata, avevo una paura sottile che mi faceva vivere l'amore non da protagonista; e questo mi rendeva il sesso meno divertente di quanto lo è ora.
    La cosa che mi ha sorpreso più di tutti è stata questa mutazione erotica avvenuta dentro di me.
    Giuro ragazzi che mai avevo goduto in tanti anni di matrimonio, come la prima notte con il
    bell' istruttore. Ma la soddisfazione maggiore l'ho avuta da me stessa, dalla mia tranquillità e disponibilità all'esplorazione dell'incognito del piacere, senza alcuna vergogna. Che spettacolo gente!
    Quando la mattina dopo, salutato il tipo, dirigendomi verso casa, mi sovvenne di pensare a mio marito e al nostro modo di fare l'amore sciatto e senza fantasia, a confronto con la notte che avevo appena trascorso; sinceramente ringraziai mio marito per essersene andato.
    Ci pensate ragazzi sarei morta senza aver gustato la cosa migliore della vita?
    Da allora devo dire che non mi sono risparmiata più.
    Ho avuto ed ho tanti uomini quanti servono a soddisfare la mia gioia di vivere.

    Ma ritorniamo al buon Giulio con i suoi occhioni neri morbidi, morbidi che sprofondano nei miei e non vi nascondo che il gioco di sguardi mi eccita da morire. Sento uno stantuffo che mi oltrepassa il corpo e sussulterei se lasciassi libere le mie emozioni. Sono terribile ma non ditelo in giro, sembro solo molto estroversa.
    « Sai che avevo perso il tuo numero di cellulare? »
    cazzata, questa è una cazzata ma faccio finta di berla. Agli uomini piace avere l'illusione di vincere, sono sempre dei teneri cuccioli, se riesci a tenere a bada le zampette con le unghiette, che altrimenti fanno molto male, li hai in pugno.
    « Beh se è questo il problema.. » gli strappo un pezzo di carta dalle mani e nel farlo passo la mia mano sulla sua e lo guardo diretta negli occhi
    « Questo è il mio numero fai te » gli strizzo un occhio e poi gli sussurro « c'ho casa libera questi giorni ciao ciao »
    « e io ho la famiglia fuori in vacanza. Ci vediamo stasera? »
    E vai è fatta.
    « Perché no? »
    « Alle otto fatti trovare pronta ok? »
    Esco tutta allegra dalla banca. Mi infilo in macchina e metto un pezzo dei Led Zeppelin a palla. La musica mi piace sentirla forte, quando guido mi frantumo le orecchie.
    Visto che stasera mi si prospetta una seratina niente male, vado al centro estetico e lì mi faccio rimettere a nuovo.
    Esco che ho la pelle vellutata, i capelli morbidi e un umore alle stelle.
    Mi sono fatta pure truccare a dovere.
    Mentre mi vesto un pensiero funesto mi attraversa la mente: e se il tipo si rivelasse un cretino?
    Io sono strana me ne rendo conto da sola ma non mi so fermare solo al sesso. Con la persona con la quale divido il letto mi piace condividere pure i pensieri.
    Quando non ti poni più limiti a quello che ti passa per il cervello, può capitare di fare incontri deludenti. Se da ragazzina ti pesano come sconfitte, alla mia età te ne freghi, scrolli le spalle e cancelli quel numero dalla tua rubrica.
    Giulio non si è rivelato un flop però. Ho deliberatamente glissato sulla nostra vita quotidiana.
    Questo è un segreto che ho imparato: mai parlare della propria famiglia, ti si ammosciano pure le idee più piccanti e non c'è peperoncino che possa risollevare la situazione.
    Siamo due amanti, lo scopo del nostro stare insieme è divertirci e godere.
    Cominciamo con il ristorante, un localino al centro con i tavolini di arte povera e una cucina casareccia.
    Ho cominciato a ridere dalla sua richiesta alla cameriera:
    « Senta che avete da mangiare di afrodisiaco, io e la mia signora siamo in vena stasera? »
    Eclettico nell'argomentare discussioni simpatiche, abbiamo mangiato di gusto, divorandoci con gli occhi.
    Il bello della nostra età forse è proprio questo: non abbiamo bisogno di troppi preamboli.
    Siamo usciti allacciati come due ragazzini.
    Mi sentivo leggermente brilla e quella confusione morbida è il preludio al mio sesso sfrenato. Lui se ne deve essere accorto, perché arrivati all'automobile mi ha in pratica incollato allo sportello e ha cominciato a baciarmi, con le mani che sembravano essersi quadruplicate.
    La peluria che riveste il mio corpo ondeggiava come il grano maturo al vento caldo dell'estate.
    Dovevamo raggiungere una casa, la mia, la sua.... l'imbarazzo della scelta. Propendemmo per la sua era più vicina. Saliti in macchina mi viene un'idea pazza e mentre lo vedo concentrato a guidare, lascio scorrere la mia mano sulla patta dei pantaloni e la slaccio senza troppe difficoltà.
    Lo vedo che mi guarda tra il divertito e lo spaventato:
    « Ehi Silvia devo guidare! »
    « Guida … guida mica spengo il motore »
    sono le mie ultime parole, perché ho la bocca impegnata in altre conversazioni.
    Quando mi perdo nel sesso di un uomo mi sembra di tornare bambina. E' un po' quella sensazione piacevole che ti regala il gelato. Morbido e solido al contempo, si scioglie tra le labbra e scende caldo in quello spazio che sembra senza tempo.
    La vettura procede lentamente, Giulio ha difficoltà a tenere l'attenzione sulla strada e con una voce che mi trapana l'utero:
    « Non mi puoi fare così.... »
    lo guardo e mi ricompongo con il sorriso malizioso di una fattucchiera.
    Filiamo veloci verso una notte che vogliamo nostra.

    La cosa buffa è stato che, talmente eravamo eccitati, ci siamo spogliati dietro la porta di casa.
    Francamente dell'appartamento di Giulio ricordavo molto poco, giusto dei particolari.
    Già non sono una buona osservatrice; poi se devo essere sincera, di casa sua me ne fregava molto poco. Potrei dirvi che ha il tavolo della cucina di legno, perché mi ci sono poggiata di spalle e di tanto in tanto, in quel turbinio che toglie il fiato, gli occhi mi sono andate a cadere sulle venature del legno. La camera da letto non la ricordo, non avrà avuto nulla di speciale, però il letto è comodo e particolarmente molleggiato.
    L'amore se condiviso si fa bene ovunque, ma il letto non si batte. Dopo aver fatto contorsioni in giro per casa, l'affondo non si può che lasciarlo al signore dei sospiri, dove trovano riposo le membra sfinite da tanta foga.
    Fra tutti e due sembriamo due poveri naufraghi a digiuno da quindici giorni e più di acqua e cibo.
    Insaziabili abbiamo ricominciato più volte finché il sonno non ci ha sorpresi ancora ansimanti.

    Da quella notte con Giulio ci incontriamo a cadenza quasi settimanale. E' un rapporto selvaggio il nostro, ci acchiappiamo furenti e ci lessiamo le labbra ma sempre in un vortice di piacere, che ci assale da lontano. Ce lo siamo detti più volte ridendo:
    « Ehi, lo sai che quando ti vedo arrivare già godo come un riccio? »
    E giù a ridere come matti mentre corriamo su per le scale, con in bocca il sapore dolce del piacere.

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