Il ragazzo timido che mi attizzava

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    E' una di quelle mattine di novembre limpide e fredde. Arrivo in facoltà piuttosto presto, mia madre mi aveva buttato giù dal letto, incazzata nera perché la sera ero rientrata tardissimo. Ogni tanto si sveglia e si accorge che faccio come cazzo mi pare, una novità assoluta direi. Comunque non sono troppo rincoglionita e, visto che sono indietro con gli esami, non è male se mi seguo un po' di lezioni. Sbircio sulla bacheca per vedere quali sono frequentabili, l'unica che mi sembra fattibile è quella del Prof. Ciccone. L'aula sta in fondo ad un lungo corridoio. I miei tacchi vistosamente appuntiti risuonano sul pavimento, facendo girare tutti i maschietti che sostano in attesa dell'inizio della lezione. Dio come mi piace quel rumore, mi sa così tanto di erotico che mi eccito da sola. Sono matta lo so, mi piace la mia pazzia e in un certo senso la coltivo da quando ho scoperto i suoi volti luminosi. E' la pazzia che mi fa scegliere scarpe dal suono conturbante, abiti curiosamente accattivanti e che carica la mia giornata di un allegro eros dirompente.
    Entro nell'aula e cammino con un fare di lasciva supponenza; gli studenti sono quasi tutti seduti; l'insegnante non è ancora arrivato ma non è una novità. Cammino lungo i bordi della sala alla ricerca di un posto, dal quale spero di riuscire a seguire decentemente la lezione. Saluto di quando in quando amiche e amici , sono un tipo socievole e ormai all'università sono di casa. Tra tutte le facce più o meno note scorgo, seduto in un angolo, un ragazzo che in questi quattro anni non ho mai visto. “ Da dove è uscito quel tipo? “ mi chiedo curiosa. Conosco quasi tutti i maschietti che girano per questa facoltà. Non che me li sia fatti tutti, fossi matta, mica sono un'acquasantiera! Io amo prendere il meglio dell'amore e, considerando che l'orgasmo femminile è difficile, mi studio le mie prede giornaliere in base alle fantasie del momento.
    Sono la peggio, sono arrivata con le migliori intenzioni di studio, poi è bastato vedere un bel moretto serio serio per lasciarmi indurre a fottermene della lezione e del posto ideale. Fingendo una scelta casuale mi sono andata a sedere vicino al tipo e, guarda caso, sbatto accidentalmente su di lui, così serio e compreso sui suoi appunti, faccia quasi risucchiata dal PC portatile. Sì ma io ho qualcosa di meglio dei cristalli liquidi. Io ho le tette e lo so e ci faccio pure ginnastica per imparare a sbatterle sotto il muso grazie alla buona postura della schiena.
    « Scusaaaaaaaaa sono la peggio » dico con una punta di civetteria e nel frattempo mi sporgo leggermente avanti e le mie meline hanno tutto l'agio di ballonzolare sotto il naso del tipo.
    Lo guardo ed è diventato tutto rosso come un peperone. Mi viene da ridere ma riesco a mordermi il labbro inferiore per non farlo. Mi risponde con una voce profonda, che mi attizza ancora più delle sue gotine rosse: « No..non ti preoccupare » abbozza un timidissimo sorriso che meriterebbe un bacio ma mi tengo. Oddio mi tengo, mi viene da ridere se ci penso. Mi metto seduta vicino a lui quando c'erano altri posti più comodi. Mi guarda e leggo nei suoi occhi uno strano terrore, allora, falsa come Giuda, gli faccio: « Ti disturbo se mi siedo qui, ci vedo meglio? » lo vedo che l'ho gettato nella più profonda confusione e la cosa mi eccita da morire. E' evidente che ho detto una cazzata e lui lo ha capito benissimo. I nostri occhi si incontrano e io mi lascio rapire dal nero di quelle pupille. Per una frazione di secondo non eravamo più in quella fredda e brutta aula della Facoltà di Lettere della Sapienza ma in mezzo alla natura più selvaggia; e mi viene naturale presentarmi, facendo svolazzare i miei capelli in modo morbidamente provocante:
    « Ciao io mi chiamo Silvia e tu? » al tipo riavvamparono le gote e ci mise qualche secondo prima di rispondere: « Io? Io mi chiamo Lorenzo » aveva pronunciato quel nome a mezza bocca. Io a quel punto parafrasando Manzoni non riuscii a tacere: « Uao Lorenzo o come dicevan tutti Renzo. Bel nome »
    Mannaggia a me sono proprio una cretina, sempre con questi modi di dire. L'ho ereditato da mio padre: un burlone dispettoso.
    Lorenzo rimane interdetto da quella mia eccessiva confidenza. Lo vedo che si chiude in se stesso e, nonostante le mie tette calamitano il suo occhio vorace, si ostina a fingere di leggere sul PC appunti del cavolo.

    Io ho imparato che se voglio una cosa, devo provare ad insistere. Con gli uomini poi sono sfacciata e non mi faccio incastrare da nessuno. Sono giovane, sono carina, chi me lo fa fare ad avere una storia magari pure bella, ma una sola. Magari più in là con la maturità. Adesso mi diverto.
    Mi accomodo, apro il portatile e lascio tranquillizzare la mia preda. Ogni tanto gli getto un'occhiata sperando che non mi veda.
    Ammazza quanto è carino, mi ci taglio le vene che se glielo dico, va a finire che mi scappa.
    La lezione ha il suo corso tranquillo. Prendo appunti e di rado sorrido al tipo che ricambia, sempre divampando come una fornace.
    Questi tipi timidi e solitari mi intrigano perché hanno un mondo nascosto che temono di mostrare. In questo mondo solitamente relegano la loro sessualità. Sono indomabili segaioli, che nel tempo hanno sviluppato una fantasia superiore alla media. Se si riesce a penetrarli di solito non ce se ne pente. Almeno la mia esperienza è stata questa. Spesso i grandi fusti, tatuati e palestrati a letto sono un flop. Sono della serie tutto fumo e niente arrosto. Per questo mi intriga sto tipo.
    Alla fine della lezione provo a riattaccare discorso, però mi do un contegno da persona seria:
    « Senti Lorenzo » e lì sfodero un sorriso che lo vedo lo acchiappa « posso dare una sbirciata ai tuoi appunti? Sai sono rimasta un po' indietro ultimamente » diamine non può dirmi di no e infatti gentilissimo gira il computer dalla mia parte e mi consente di leggere.
    Faccio la studentessa seria e comincio a leggere e giuro mi ci impegno ma non riesco a concentrarmi perché sento il suo occhio scorrermi su tutto il corpo per poi perdersi tra le mie tette. Fino a qualche anno fa questi occhi che mi si appiccicavano addosso mi davano fastidio; oggi no mi eccitano, è un gioco di sguardi e il potere degli occhi sull'eros è all'origine di tutta la letteratura amorosa.
    Gli piaccio non ci sono dubbi e vai mi dico. Ora c'è da scoprire come rompere la corazza della sua timidezza. Continuo a leggere ma spero non mi chieda nulla, perché quelle che mi ballano davanti sono stupide lettere. Il mio cervello va a tremila e della filologia non me ne può fregar di meno. Certo l'esame devo darlo però! Allora mi sovviene che ho la pennetta e sbattendo occhi e tette sotto il musetto timido di Lorenzo faccio:
    « Ma se mi copio tutto sulla pennetta e invece di stare qui ce ne andiamo fuori, come la vedi? »
    Il viso di Lorenzo prende fuoco e vedo un no già nell'atteggiamento delle labbra e una delusione fredda mi si aggrappa alle gambe; quando tornato al colorito normale risponde, come non avrei mai immaginato ormai: « Certo che puoi copiare. Hai ragione fuori è una bella giornata, un po' fredda ma una passeggiata... » sono fuori di me dall'euforia.
    « Grazie sei molto gentile. » mentre armeggio per salvare il documento, approfitto per rivolgergli qualche domanda:
    « Scusa se ti sembro curiosa ma sei nuovo di queste parti? Non ti ho mai visto »
    Lorenzo mi guarda con stupore spaventato o forse dimessamente avvilito e sembra faticare a formulare una risposta:
    « Diciamo che hai ragione, è una rarità che seguo le lezioni. Spesso preferisco consultare la biblioteca. Ma questa materia è particolarmente complessa e mi sono buttato nella mischia. Non amo stare in mezzo alla gente »
    Mentre parlava lo guardo: è bellissimo o almeno così lo vedo io e credo di avergli fatto il solito mio sguardo languido, che non credo ebbe un gran successo, soprattutto perché la mia boccaccia non sa star zitta: « Non ami stare in mezzo alla gente o hai una paura fottuta della gente? Te lo sei mai chiesto ? » gli dico maliziosa
    Come avvampa capisco che ho colpito nel segno e mi viene da ridere ma sono brava, mi mordo sempre il solito labbro.
    Scendiamo giù in giardino. Camminiamo uno vicino all'altra ma lui non spiccica una parola e io mi sento a disagio. Il silenzio mi imbarazza quando sono vicino ad una persona; l'aria mi diventa pesante e la tentazione di fuggire mi assale. Guardo il tipo e cerco disperatamente di capire se le interessa la mia compagnia o no. Certo sono proprio una cretina, ma chi me lo fa fare ad incaponirmi sempre con questi soggetti complicati. Penso a volte di avere uno spirito da crocerossina oltre che un'insaziabile voglia di fare sesso; dal momento che se fosse per quest'ultimo non avrei che l'imbarazzo della scelta.
    La situazione sembra essere arrivata ad un punto morto. Lorenzo cammina ma sembra un fantasma e io che sembro na matta che gli ballonzola intorno e parla a ruota libera.
    Non si può fare, non fa parte del mio carattere sedimentare nei punti morti della vita; piuttosto sfascio quel poco che ho costruito ma l'attesa mi manda al manicomio, così esordisco piuttosto acida:
    « Senti visto che hai da raccontarmi tante cose interessanti, io mi dileguo e tolgo il disturbo, sono stata un'invadente è nella mia natura. Ciao »
    Quasi non prendo fiato e credo che il tono della mia voce sia sufficientemente perentorio. Del resto ho cercato di essere deliziosa o almeno questo sembra a me. Ho messo in campo tutta la mia arte di sedurre gli uomini e per tutta risposta cosa ho ricevuto? Qualche rossore e tanto silenzio, dai non se po fa! Me ne vado vuol dire che morto un papa se ne fa sempre 'n antro, come si dice dalle mie parti.
    A quella mia voce non più melodiosa e canterina, a cui forse le orecchie di Lorenzo si erano adagiate, si desta e mi guarda come stupito e spaventato.
    ( - Dio che cucciolotto mo lo sdraio – mi corre un desiderio pazzesco di farci l'amore lì dietro ad una siepe dei giardini, ma ovviamente mantengo il punto della sostenuta.)
    Faccio per andare via ma, come speravo, mi afferra il braccio e con voce ferma:
    « Resta ti prego, ti stavo ascoltando »
    « Davvero? Sembrava che avessi chiuso i ricettori uditivi........... » sono deliberatamente imbronciata. Sono due ore che gli faccio la gattina e lui che mi sembra un palo della luce.
    « Perdonami! Vedi sono una frana. Faccio bene a chiudermi in casa. »
    « Ti chiudi in casa e che fai la muffa? Ma per piacere c'è tanto da fare fuori. Io pure quando devo studiare preferisco i giardini comunali. »
    « Beata te hai una forza che ti invidio. Io mi sento già decrepito. Questa vita mi grava come un macigno sulla schiena »
    lo guardo e vedo che i suoi occhi sono vagamente umidi. Un uomo che piange. Mi sciolgo in una pozzanghera di dolcezza ma per natura sono contraria a sembrare troppo tenera; ho sperimentato a mie spese che la tenerezza spesso è usata dagli altri come un fazzoletto da naso, ma il mio cuore non è di carta.
    « Ma che beata, chi io? Ma va là i beati stanno in cielo. Falla finita con questa lagna, lasciamola ai poeti vetusti tanto belli da studiare. A proposito ti faccio ridere: lo sai che la poesia mi eccita da morire e a te ? » ho l'arte di scioccare la gente con le mie espressioni salaci. Lorenzo non vi dico che fiamma aveva dipinta sul viso ma si tramutò in un bianco tipo foglio A4, quando si trovò la mia lingua che esplorava la sua cavità orale.
    E daje non ce la facevo più con tutti sti discorsi. Gli andava terribilmente anche a lui di baciarmi ma credo che non si sarebbe mai deciso.
    Quel che mi attizza di questi timidoni è proprio il fatto di dover prendere l'iniziativa.
    Lo sento docile e continuo ad avvinghiarmi a lui, che mi abbraccia, finalmente: ammazza che fatica!
    Rimaniamo fino a che non fa buio a baciarci. Come pensavo: i timidoni una volta che aprono la loro porta sanno regalare emozioni fortissime.
    Con Lorenzo per quasi quindici giorni i nostri incontri non andavano al di là di casti baci.
    Vedevo i suoi occhi entrare tra le mie tette e mi veniva voglia di mettergliele in mano una buona volta.

    Finalmente i miei vanno fuori per qualche giorno e mi lasciano casa libera. Ovviamente la prima sera mi vedo con i miei amici e facciamo baldoria fino a mattina.
    Lorenzo sono quasi tre giorni che non si fa vedere. Al telefono mi chiede di perdonarlo ma deve studiare e non può stare fuori casa fino a che non ha passato l'esame.
    « Bene, hai ragione un esame di merda vale più di me, hai ragione farai strada amico. Studia, studia. E io che ti volevo invitare a cena da me » un silenzio glaciale e poi una voce sottile e spaventata:
    « Non mi dire così. L'università è un impegno serio che devo portare a termine, i miei non hanno soldi da spendere inutilmente. Poi non mi prendere in giro io...io non esco mai la sera »
    « Che cosa? Non esci mai la sera? » mentre pronuncio queste parole assumo il tono di voce, che credo si abbia quando si parla di storie di marziani
    « Io sono strano Silvia. Tu hai la tua vita piena di amici, di avventure e magari disavventure. Io mi lascio vivere la vita. Sono forse l'unico spettatore di me stesso »
    « Tu sei un cazzaro, ecco che sei, fidate te lo dice un'amica. Senti dimmi qual'è il problema senza tanta letteratura che è meglio » un'altra cosa che ho raffinato con il tempo è stata la schiettezza e l'immediatezza nei rapporti con il mondo intero.
    « I miei mi farebbero storie. Soprattutto mia madre sai è anziana ed è molto apprensiva »
    « E tu per non far stare in ansia tua madre non vivi la tua vita? » silenzio assoluto e poi schiarita la voce Lorenzo trova un compromesso tra me e la sua famiglia:« Potremmo vederci di giorno, magari in tarda mattinata? Del resto potremmo studiare insieme no? »
    meno male ha trovato una scusa da imbastire a sua madre – penso tra me
    « Allora facciamo così vieni domani quando ti pare. Io non credo che vado in facoltà. Tu mi dai buca stasera e io non posso certo stare tutta la serata da sola. La solitudine mi mette cattivi
    pensieri »
    « Se li mette a te che sei un vulcano con tanto di lapilli, figurati a me che rasento l'accidia! »
    Quando chiudo la telefonata l'unico pensiero che mi balla in testa e mi fa ridere è: accidioso sta ceppa, vedi dopo che ti ho fatto un trattamento con i miei filtri d'amore come ridi.
    Appurato che il coglionazzo non viene mi metto al telefono a sentire cosa c'è da vedere e sentire in giro per la city. Mi accodo a due amici Claudio e Luigi che vanno al cinema. Sono ragazzi simpatici e niente affatto brutti e Luigi so per certo che sta sempre in agguato per dispensarmi il suo ardore. Adesso però sono presa da quel babbeo di Lorenzo, tanto più che mi sembra completamente inesperto e gentile, come se non appartenesse a questo tempo apparentemente sfacciato.
    Gli amici sono stupiti di vedermi rincasare relativamente presto. Avevo quel tipo nella testa e ce l'avevo così tanto dentro da sentire la necessità di masturbarmi e per quella sera finì così con qualche lacrima e tante speranze.

    Verso le dodici sento suonare al citofono. Stavo ancora a rigirarmi tra le lenzuola. Una pigrizia mortale non mi invogliava a vestirmi. Al sentire il rumore metallico del campanello mi sono ricordata che avevo detto a Lorenzo di venire a casa mia. Certo in magliettone e senza mutande non è certo un buon modo per ricevere un ragazzo. Conoscendo poi che ragazzo era Lorenzo!
    Mentre vado ad aprire raccatto un paio di fuseaux che indosso al volo. E' vero ci volevano le mutande, sti cavoli posso farne a meno. Afferro al volo una camicia tutta pizzi con una generosa scollatura, sotto la quale ovviamente non metto reggiseno: le mie meline si reggono bene anche senza, certo il push up me le sbatte sotto il mento e sembra che ho un balcone per i fiori, ma anche senza va bene.
    « Posso entrare? » ecco la voce delicata di Lorenzo
    « Entra ci mancherebbe. Attappati gli occhi che c'è un disordine pazzesco, se lo vedesse mia madre!Domani mi tocca un'ammazzata » avanza con circospezione. Si è curato, lo vedo, ha fatto la barba ed tutto profumato; sghignazzo tra me e me ma sono determinata a lasciare fare al caso.
    Gli vado incontro e lo bacio avidamente sulla bocca. Vedo il suo sguardo tra la meraviglia e il terrore e così fingendo di non accorgermi di nulla mi allontano; allora prende coraggio:
    « Ti ho svegliata? Era mezzogiorno ho creduto che …....... » mi guarda con un misto di avido piacere mentre cerco di domare la mia chioma sempre ribelle alle regole.
    « Ma scherzi? Stavo a letto per pigrizia. Dai vieni in soggiorno, ci mettiamo comodi per studiare »
    Il viso a tratti gli avvampa e poi sbianca sembra un semaforo, mi sciolgo in un mare di tenerezza. Per quanto mi dica di avere quasi ventisei anni mi sembra un bimbo. Gli sguscio intorno come un anguilla e accendo il mio computer.
    Devo dire che ho imparato più oggi a sentire Lorenzo con la sua voce delicata ma molto profonda, che a me accende tutte le fantasie del mondo, che in tante lezioni terribilmente barbose.
    Certo che tra un'analisi di un testo e la lettura di brani critici, ho cura di far scivolare le mie mani casualmente tra le sue gambe. Lo ascolto e come una gattina innamorata lascio che le mie tette si strusciano sul suo bel braccio elegante. Mantiene un controllo che mi stupisce ma non mi demoralizza.
    Infatti dopo due ore di strusciamenti e soffusi sguardi si è completamente rilassato e delicatamente mi accarezza i capelli. Mi lascio andare sulle sue gambe e lo ascolto. La cultura ha uno strano effetto su di me: mi eccita terribilmente.
    Lorenzo non è stupido ha capito tutto ma lo vedo che non sa decidersi a far altro che deboli e tenere carezze. Allora visto che la lezione me l'aveva ripetuta e per me sapeva tutto, penso bene di slacciare la patta dei pantaloni. Lo sento trasalire. Con una mano gli accarezzo il viso mentre armeggio per tirare fuori il suo gioiello.
    Mi diletto con enorme piacere a suonare il flauto degli uomini che mi piacciono. Sentire la loro eccitazione e sapere di esserne io la causa mi eccita da pazzi.
    Lorenzo non muove un muscolo. Lo guardo e vedo che ha gli occhi chiusi e la bocca leggermente rilasciata e aspetto che da un momento all'altro spezzi il filo della sua paura.
    Perché la passione spezza tutte le catene della paura e del dolore.
    Ad un tratto mi sento prendere la testa tra le mani e mi sollevo dal mio fiero pasto. Come direbbe l'amato padre Dante, il quale se sapesse che pasto sto facendo mi sputerebbe in un occhio, di averlo citato.
    Ci perdiamo in un vortice di baci e le sue mani a quel punto viaggiano su tutto il mio corpo facendomi fremere e ho voglia di urlare ma mi limito a mugolare.
    Ci prendiamo uno nell'altra e mi lascio travolgere dalla sua passione, che ormai non ha più freni e si fa rabbiosa e delicata al tempo stesso.
    Mentre mi abbandono alla spossatezza dell'amore, sorrido pensando a quanto ho ragione quando dico che i tipi come Lorenzo, timidi e magari pure imbranatelli, quando riesci a sintonizzarli sul canale della passione, tirano fuori una carica, una fantasia fuori del comune.
    La fantasia è una qualità fondamentale per l'orgasmo femminile, che non ha nulla di meccanico e scontato, come quello maschile.
    Lorenzo ha labbra di velluto sotto le quali la mia arpa vibra, suonando una melodia di sussurri inesprimibile. Tra flauti e arpe componiamo una musica che solo i fiati liberi di esprimersi sanno esaltare, nella meravigliosa sinfonia dell'amore.
     
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