La mamma mi aiuta

Racconto erotico incesto madre figlio

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    Successe naturalmente quando ero molto più giovane. Avevo da pisciare e finalmente ero riuscito ad impossessarmi del bagno. Giù la cerniera. Schizzando un po’ in giro, è difficile centrare il buco del water quando stai per fartela addosso estasiato, stavo svuotando la vescica. Più di due minuti erano passati da quando avevo cominciato a sopire il mio bisogno. Più ne facevo e più sentivo pressante lo stimolo di farne ancora. Ma mia madre aveva bisogno del bagno e mi chiamava e l’ultimo richiamo era stato fatale. Di colpo su la cerniera e l’irreparabile avvenne. 2 millimetri di pelle viva pizzicati tra gli infidi gancetti di una mostruosa cerniera. Un dolore lancinante, un grido, strozzato più dalla vergogna che dal dolore. Inutili gli immediati tentativi di sottrarre la pelle ad una morsa dolorosissima. Le gambe non reggevano il peso del pur mio esile corpo, ho cercato un appiglio ad un dolore che con il passare dei secondi diventava devastante. Mi sono voltato, sbagliando però il senso della mia rotazione. Il pisellino stretto tra le mani, la cappella ben stretta tra le dita e ben in mostra e quando si dice che piove sul bagnato, avevo strofinato la sensibile cappella sulla piastra di un arroventato calorifero. Una sofferenza decuplicata rispetto alla morsa della cerniera. Un altro grido, stavolta carico di tutto il fiato che avevo in corpo. Chiamai mia madre che arrivò di corsa ed ero enormemente impacciato. Seduta sul bordo della vasca, con il corpo fasciato da una cortissima vestaglietta di raso blu notte, mamma si stava dedicando al mio pressante problema. Le dita con fare assolutamente filiale avevano preso con delicatezza il pisellino. La testa reclinata per cercare di capire dove la cerniera stringesse tra la sua morsa la delicata pelle. Il dolore diventava ancora più lancinante. La trappola era localizzata alla base del pisello, proprio dove la carne andava a congiungersi con la sacca che conteneva i testicoli. Credetemi il punto più sensibile del corpo maschile. Diversi tentativi. Le dita prima a tirare la pelle, poi sulla cerniera nel tentativo di svincolare la carne intrappolata. Tutti gli iniziali tentativi non sortivano alcun risultato e le lacrime cominciavano a solcare il mio viso.La sofferenza era sempre più forte. Lo stretto bagno non offriva molto spazio per muoversi. Dell’acqua fredda da una spugna alla cappella per raffreddare gli effetti di una scottatura che, fortunatamente, sembrava superficiale, era stata la prima, saggia, iniziativa di mamma. Subito un primo, lieve, sollievo. Ma la fredda acqua aveva ritratto, ancora di più ed in maniera quasi innaturale, il dolente muscolo, che sì si era goduto l’immediato refrigerio ma, contemporaneamente, diventava flaccido, acuendo così un dolore su quella minuta porzione di pelle che sembrava soccombere nella stretta morsa di infidi ganci che stringevano sempre più forte. Accovacciata tra le mia gambe, mamma era assorta su come poter alleviare la mia sofferenza. Il raso della vestaglietta le si era ammorbidito sul corpo. In piedi davanti a lei avevo il modo di apprezzare il corpo della donna che si celava tra le pieghe della delicata vestaglia. Aveva avuto appena il tempo di indossare delle velate calze a rete nere, che avvolgevano le sue lunghissime gambe, trattenute da una fascetta che cingeva il bacino dalla quale pendevano due civettuoli gancetti che si attaccavano al bordo più scuro delle calze. Un candido reggiseno bianco comprimeva il seno rendendo così profondo il solco formatosi tra le mammelle. Uno sguardo più profondo per rendermi conto che non aveva avuto il tempo di completare la sua vestizione. Gli occhi, in maniera innocente, cominciavano a dividersi tra il seno, due tette belle, gonfie e ben disegnate, senza trascurare un concupito sguardo sulle cosce, lunghe e belle. Mi stavo lasciando prendere dal suo corpo. Giuro fino a quel giorno nessun pensiero peccaminoso su mia madre aveva incentivato la mia fervida fantasia. Le sue dita, delicate, scorrevano lente dalla tumefatta cappella lungo tutto il muscolo alla ricerca del punto dove il mio dolore era fortissimo. Sollevava Il piccolo pistolino, mantenendolo delicatamente tra le dita. Mamma tentava, inutilmente, di tendere la pelle, per liberarlo ma il dolore ad ogni contatto diventa sempre più forte. Mamma rialzatasi, dandomi la schiena, mi stava offrendo l’opportunità di ammirare il suo generoso fondoschiena. Gambe lunghe ed affusolate, rese veramente eccitanti dall’intreccio delle sue calze che andavano a congiungersi con un culo eccezionale. Non avevo mai immaginato mia madre come donna. Una donna, bella e con un corpo intrigante. E quelle immagini avevano cominciato ad incentivare la mia pruriginosa fantasia! Un po’ del suo bagnoschiuma, tra le mani, dell’acqua tiepida per fare schiuma, e dopo averle sfregate ben bene ha cominciato a spargere, lentamente, il profumato detergente sul cazzetto imbrigliato. Massaggiava lentamente, le dita sul membro che lentamente stava ritrovando la sua corposità. Sì perché cominciava, lentamente, a gonfiarsi e, più cresceva, più mi faceva male. Mamma si fermò, un attimo, un lungo attimo e, in un assoluto silenzio, fissava il mio cazzo, che stava materializzando le sue esuberanti dimensioni. La soluzione era, giustamente, quella di impegnarsi a far tendere lentamente la pelle. Per quanto il dolore mi facesse soffrire, cominciavo ad apprezzare il suo impegno. Praticamente il mio uccello si stava animando. Il dolore sembrava sparire, mentre cresceva ad un contatto che, da superficiale, era diventato più intenso. Mamma con un filo di voce, diventata stranamente accattivante, continuava a rassicurarmi. Il mio imbarazzo, però, cresceva proporzionalmente al risveglio del mio uccello. Una particolare vergogna si stava impossessando di me. Non riuscivo ad immaginare la reazione di mia madre alla vista di oltre 24 centimetri di un pezzo di carne che duro sembrava di marmo. Ebbi netta la sensazione che al crescere del mio uccello il suo impegno diventava ardore. Le sue dita scorrevano lente restituendomi un sottile piacere. Continuava a massaggiare il mio attributo che continuava a crescerle tra le dita. Non più le dita in amorevoli contatti ma entrambe le mani in intriganti carezze. Osservavo il richiamare frenetico delle sue labbra e passare, impercettibilmente, la lingua per inumidirle. Le sue cosce stridevano, sfregando incessantemente una contro l’altra. Dovessi giurare mi sembrava che i suoi capezzoli si stessero gonfiando a vista d’occhio. Alcune dita si erano, intanto, perse tra i primi crespi riccioli di un cazzo che stava cominciando a pulsare frenetico al delicato contatto e che non voleva smetterla di crescere al suo cospetto. Il tutto a pochi centimetri dal suo viso. I miei occhi erano ormai fissi sul delicato dondolare delle sue grosse tette, rapiti dal candore della pelle del suo provocante reggiseno. Ero ormai concupito dal suo corpo e lei sapeva cosa guardavo. La mia sensazione era tra l’esterrefatto e l’eccitato, mentre il cazzo continuava a gonfiarsi, diviso tra la terribile morsa e la delicatezza delle sue dita. Mamma sembrava volesse ancor di più eccitarmi, si piegava in avanti, ritraendosi subito dopo, avvicinava la bocca al mio cazzo, respirandoci intensamente sopra, per poi allontanarla repentinamente. Le sue cosce, impazzite, strusciavano ancora più nervosa facendo scivolare ai suoi lati la vestaglietta. Ammutolito ho intravisto il nero di quel suo intimo sul quale non avevo mai osato fantasticare. Ormai ero morbosamente eccitato. Stava crescendo in me forte la voglia di accarezzarle i seni, stringerle tra le mie dita i capezzoli, spingerle il capo sino a fare in modo che la cappella pulsasse tra le sue carnose labbra. Godevo dello stridere frenetico delle sue cosce. Fattomi coraggio ho cominciato, timidamente, a spingere il suo capo quasi a contatto con il cazzo. Nessuna resistenza da parte sua. Percepivo netto il suo smaniare provenire da labbra costantemente schiuse. I nostri sguardi si incrociarono. Nei suoi occhi un sorriso carico di malizia, nei miei una morbosa eccitazione. Le sue carezze erano diventate diverse. Non mi ero mai visto un cazzo così grosso. Solo il dolore mi riportava alla realtà, un dolore fortissimo mentre le contrazioni gonfiavano all’inverosimile il mio intimo tra le sue esperte dita. Il dolore era forte ma il piacere lo era molto di più. Contrazioni ripetute facevano svettare l’uccello a pochi centimetri dal suo viso, solo le sue mani avvolte su di una porzione di cazzo mi privavano di un perverso contatto con le sue labbra. Gemevo, stringendo le labbra, le mani posate sul suo capo si perdevano tra i lunghi capelli, sentivo quella intima sensazione di piacere che ultimamente vivevo nei miei solitari momenti, stavolta nuova diversa, molto più intensa. Stavo per venire. Consapevole del mio stato, mamma continuava a far scorrere le mani sul mio uccello, le roteava, stringeva forte, allentava la presa e stringeva il muscolo con tutte le dita lasciando in vista la rossa cappella, guardandomi con un’espressione che mai avevo notato sul suo viso. L’impegno di mamma era diventato perversa passione. Le mani scivolavano morbose su tutto il muscolo, lo stringevano veloci andavano su e giù, accompagnate dal suo respiro che si era fatto intenso e profondo. Le cosce strette continuavano a stridere, la bocca ansimante e semichiusa, sfiorava l’intima carne, il viso si era trasformato, e una nuova espressione ne segnava i contorni. Ormai non più padrone del mio controllo, al massimo di un piacere nuovo, ho irrigidito d’impeto corpo, sollevandomi sui piedi, le mani sul suo capo ed eccitato all’inverosimile, una potente contrazione e finalmente avvenne il definitivo distacco dalla dolorosa morsa. Un dolore atroce. Ma solo per pochi attimi. Il cazzo, imperioso in tutta la sua maestosa durezza, pulsava violento, quasi sbattendo sulle sue guance e, nel sussultare tra le sue mani, sembrava voler cercare conforto tra le sue labbra. Il cazzo, completamente libero era ora prigioniero nelle sue mani, lo sentivo battere frenetico tra le sue calde mani e sono venuto. Un primo fiotto potente di sperma si pose sul suo viso, un secondo schizzo, violento, si sparse sul seno. Irrispettoso schizzavo ripetutamente il mio immenso piacere. Gocce, dense, violente le colpivano il corpo ripetutamente. Una andò a lambire le sue labbra. Le sue dita si muovevano ritmiche, si impossessavano ancora con più trasporto del grossissimo cazzo. Mi guardava come fosse compiaciuta mentre schizzavo. Quella fu la prima e unica volta che mi successe una cosa del genere e tra di noi non se ne parlò mai più, ma nella mia mente rimase ancora per molto tempo.




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