Webcam

Racconto erotico

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar
    Group
    Member
    Posts
    11,422

    Status
    È notte ormai. Mi accosto al PC, la luce dello schermo è l’unica a rischiarare la stanza. Lei, Mimma, la mia compagna, è di là. Forse dorme, forse, più probabilmente, mi aspetta. E io mi sono stancato di cercare dei buoni motivi per raggiungerla. In crisi ci stiamo da non so più quanto. Non riesco più a contare le volte in cui mi ha cacciato da casa, o quelle in cui me ne sono andato io; non ricordo più quante volte l’ho convinta io a riprovare e quante volte mi ha convinto lei. Mimma dice che io non so mai quello che voglio. Forse. In questo momento, almeno, so quello che non voglio.

    D’accordo, cucina da dio. E tiene tutto in ordine senza essere tuttavia fissata. Ha degli ottimi gusti musicali e legge tanti libri interessanti, e poi a volte è davvero un piacere sentirla mentre a tavola con gli amici, seduta accanto a me, disquisisce di arte e letteratura, e io me ne sto zitto; lei mi appoggia una mano sulla gamba, come in un gesto caritatevole che estende anche a me la bella figura che fa lei con la sua favella. Dono che, naturalmente, io non ho.

    E poi ha due tette bellissime, il culo un po’ meno, è un po’ piatto, ma le tette, santo cielo, sembrano due lune di burro. Eppure.

    Eppure non posso ignorare che se devo fare l’amore con lei devo prima cercare di arraparmi pensando ad altro. Ad altre, per inciso. Non so perché. Se fosse rimasta una mia amica, come lo eravamo anni fa, sarebbe stata splendida. Ma c’è questo dettaglio qui. Che la tua compagna la devi desiderare. E io non la desidero.

    Intanto ho aperto msn. Accedo come “occupato”, anche se non ho ancora la certezza di trovarla online. Un nickname che parlava chiaro dall’inizio: Hot_Ice69. Ha giocato un po’ sulla data di nascita, ma l’intento era palesemente tendenzioso.

    Ho saputo dopo che si chiama Tina e che vive a Bollate. Non è certo la mia prima amica da webcam, e non è nemmeno l’unica. Mi sono stupito all’inizio, di vedere quante ce ne sono, donne disposte a farsi guardare, ammirare, desiderare; motivi diversissimi, che vanno dalla noia, alla frustrazione, al bisogno di sentirsi belle, arrapanti, alla voglia di giocare. Molto spesso non si fanno vedere in viso, orientano la cam un po’ più giù, in modo che non si veda la faccia, anche perché tanto non serve. Tette piccole, tette grandi, sode o cascanti: ne ho viste tante, ma la cosa che mi eccita sono le mani, le mani tremanti, timide eppure voluttuose, di quelle donne che si toccano, ansiose di piacermi, il loro ridicolo pudore nel nascondermi il viso e di scostare poi le cosce per farmi vedere il sesso gonfio, e loro lì a masturbarsi. È una cosa che mi aziona in corpo un meccanismo elementare e semplice, il mio cazzo è direttamente collegato ai miei occhi, sembra non esserci intermediario tra loro: vedo, mi eccito. Non penso. Non so chi sono queste donne, che storia hanno, non me ne frega un accidente di eventuali mariti, figli, non me ne frega delle loro forme fisiche un po’ cadenti, non me ne frega niente di niente. Vivo il mio desiderio e basta. E così come loro sono ansiose di piacermi, anche io faccio bella mostra di me, del mio fisico tutto nervi, e soprattutto del mio cazzo, grande e grosso. Alle mie amiche piace. Mimma non lo guarda nemmeno. Ha ribrezzo del mio sperma. Quelle rare volte che mi fa un pompino, controvoglia e sempre con lo stesso, monotono ritmo, mi fa venire fuori dalla sua bocca. Con la mie amiche in cam non mi devo vergognare dell’abbondanza del mio nettare. Loro lo bramano. Mi scrivono che lo vorrebbero in bocca. Che lo vorrebbero sulle tette. Che lo vorrebbero nel culo. Che poi dicano anche ad altri le stesse cose che dicono a me, non importa. Tutto molto chiaro: siamo qui solo per godere, della tua vita, dei tuoi problemi, non sono tenuto a sapere nulla: queste sono le regole che impongo. E loro, naturalmente, accettano. Perché vogliono esattamente quello che voglio io. Poi spariscono, anonime come erano venute, lasciandomi gli strascichi delle loro frasi arrapanti. Ma stasera, cerco solo Tina.

    Lei è diversa. Si è mostrata in viso dal primo istante, con la luce accesa, bella e altera come una maitresse di un bordello di lusso. Ha dosato sapientemente la mia attesa, facendo scivolare prima una spallina della sottoveste, facendola sembrare una cosa naturale. Ha glissato per parecchio l’argomento del sesso, facendomi quasi dimenticare di essere lì per quello. Mi chiese, a un certo punto della nostra prima chiacchierata: “Hai un buon rapporto col tuo corpo?”

    E io: “Si, e tu?”

    “Ottimo.”

    A quel punto, si alzò, e alla luce flebile di un abat-jour, si mise a danzare in sottoveste, al ritmo di una musica che non potevo udire con le orecchie ma che già mi rapiva. Tornata un attimo a sedersi, mi scrisse: “Spogliati: voglio vederti il cazzo.”

    Diretta e deflagrante come una bomba: non ci pensai un attimo, mi misi tutto nudo. Non avevo paura di fare brutte figure. Ero già eccitatissimo.

    Lei lo guardava con la testa reclinata mentre io lo brandivo come un’arma.

    “È bello, il tuo cazzo … Davvero enorme … Mi piace tanto, lo vorrei tanto avere in corpo in questo istante”.

    Non so perché, nel suo modo di fare, di esprimersi, lessi una indescrivibile naturalezza, non c’era forzatura, lei era nel suo elemento, il sesso, se lo viveva come si mangia un gelato: con la bocca bene aperta, la lingua in fuori, con voluttà.

    “Bravo, menalo così: quanto lo vorrei prendere in mano …”

    Riprese a danzare, spogliandosi. Il suo corpo era flessuoso, non certo longilineo, non certo da ragazzina: era una donna che ne aveva combinate tante, e per quel corpo, in un attimo, ho perso la testa. Tina ruotava le dita sui capezzoli, se le inzuppava nella figa bagnata e se la passava nell’incavo dei seni, mettendole poi in bocca, succhiando. Ero basito e folle, con gli occhi fuori dalle orbite, sudato.

    Tanti gli incontri, ovviamente virtuali, successivi. Oramai, mi basta accendere il PC per provare quel brivido lungo la schiena che in breve si trasforma in eccitazione. Non ha falsi pudori, Tina, mentre mi guarda masturbarmi. Mi incoraggia, mi incita. E lei si masturba con me, si concede di quei piaceri grassi, sfrenati, da donna dichiaratamente viziosa. A più riprese mi ha raccontato del suo passato. Come c’era da aspettarsi, alle spalle ha di tutto, orge, esperienze lesbo, ambigui incesti con cugini e cugine, un ex marito impotente che la costringeva ad avere rapporti con altri uomini davanti a lui, lasciato dopo la scoperta che lui, da quegli uomini, si faceva pagare. Naturalmente non so se credere o no a tutte queste storie, ma è comunque eccitante il modo di raccontarle che ha. Le esperienza avute nell’ambito del suo matrimonio, lungi dallo scioccarla, l’ hanno resa così abituata a vivere il sesso più estremo come una cosa naturale che è ben fiera, al contrario della maggior parte delle donne, di avere avuto tanti, tantissimi uomini. Molto spesso abbiamo chattato e ci siamo masturbati insieme mentre uno dei suoi uomini dormiva nel letto alle sue spalle. Mi piace anche questo, il fatto di trovarla bagnata di un altro amplesso, immaginarmi lì, a leccarla come un cane, a bere gli avanzi del suo piacere. Lei non mi giudica mai, posso lasciarmi andare, posso depravarmi a mio piacimento. E io godo, infoiato e svuotato da ogni pensiero.

    Lei mi sa portare a livelli di eccitazione mai raggiunti prima, e vorrei solo saltare sul primo aereo, arrivare là, e trovarla già con le cosce spalancate e umide, vederla che si masturba furiosamente nell’attesa di me. E poi la vorrei prendere, sbattere, vorrei farlo affogare, il mio cazzo, in quella carne, umida, succosa, bollente, che mi risucchia, che mi aspetta. Ma intanto sono qua, con una storia d’amore che amore non è più, da ricucire o mandare al macero, definitivamente. Perché io non sono cattivo e mi sono stufato di fare la parte del carnefice.

    Eccola: è online. E non aspetta che sia io a fare la prima mossa, mi chiama subito in chat, perché tanto lo sa che mi sono collegato per lei.

    “Ciao stallone. Ti aspettavo, mi sono tenuta calda per te …” e mentre dice così, si succhia le dita già bagnate di umore.

    Non lo sa, Tina, e non lo saprà mai, che in questi giorni, da quando l’ho conosciuta, ho pensato al suo corpo, alle sue gambe, lunghe e giunoniche, fino a impazzirne; le ho desiderate avvinghiate a me, ho bramato farglielo provare davvero, il mio cazzo che lei riempie di complimenti. La mia compagna parla e io penso alle tette di Tina, strette nelle sue mani dalle unghie laccate con Rouge Noir di Chanel. Penso a lai che si lecca le labbra, facendo uscire fuori la lingua, chissà come fa, arriva fino al mento, fino al naso. “ Non hai idea di che cose sono in grado di fare con questa lingua se mi mettono davanti un cazzo come il tuo” mi dice. Mimma mi mette davanti piatti fumanti e io penso a dimenare i fianchi mentre possiedo Tina in un amplesso selvaggio. Mi pare di sentirla gridare forte, godere come una bestia, immagino il suo odore acre di cavalla sudata. Stiamo sul divano, Mimma ed io, a guardare un film del quale io non riesco ad afferrare nulla, perché penso al corpo sinuoso e maturo di Tina che balla affondandosi entrambe le mani tra le gambe, godendo. E vorrei solo correre nello studio, accendere il computer e vedere se lei è in linea.

    La mia compagna è diventata un ostacolo, ormai. Un impedimento a raggiungere il mio obiettivo: godere. Il più possibile. Mi ha beccato un paio di volte mentre mi trastullavo davanti allo schermo e mi ha urlato disgustata che sono malato, che devo farmi curare. Che non troverò un’altra come lei, in grado di sopportarmi come mi sopporta lei. E qui nasce un dubbio: ma sono davvero un uomo da sopportare? Perché invece di sentirmi sopportato non posso sentirmi accompagnato? Perché invece di una donna che mi sopporta non posso trovarne una che è mia complice? Forse lei, santa e buona donna, dolce e premurosa, semplicemente, non è la donna per me. Perché non penso di dovermi far curare se voglio godere del mio corpo e di quello della donna che ho accanto. Non sarà Tina, d’accordo. Ma non sarà nemmeno lei. E se sguazzo nei fatui piaceri che mi procura una webcam non è perché sono malato. Ma perché mi sono convinto di non poter dare altro, adesso, di non poter ricevere altro. Il disamore mi è entrato dentro. Forse mi stancherò presto di tutto questo, forse un giorno guarderò lo schermo e ci vedrò dentro solo una triste donna dai seni cadenti, che mette in scena la sua disperazione, la sua solitudine, il suo terrore del tempo che passa mascherandolo e camuffandolo dietro un corpo intriso di sesso. Ma ora, per ora, ma la godo. Alla fine di questa strada, ci devo arrivare da solo. Di questo vizio mi devo nauseare da solo. E visto che, una volta entrati in un tunnel non ha più senso cercare di ritornare sui propri passi, è meglio cercare l’uscita, percorrendo la strada e prendendo tutto quello che riserva. Dite pure che è una cosa squallida: secondo Mimma è così, ad esempio; per me non lo è. È un modo come un altro di vivermi, di prendermi cura di me stesso, assecondare i miei istinti senza sopprimerli, senza vergognarmene, e, si, un modo per amarmi. Cominciando da me. E in questo, mi sento più che sano. Quindi, se mi è permesso, in questo cosiddetto squallore ci voglio sguazzare ancora un po’. Finchè non avrò voglia di smettere.
     
    Top
    .
0 replies since 3/3/2014, 11:32   1143 views
  Share  
.