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† Blame..
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Racconto trovato sul web. Non è mio.
Elisa frequentava casa mia da anni, in qualità di migliore amica della mia figlia minore, Laura.
L’estate scorsa ero nel mio giardino, a bordo piscina, mentre le due ragazze (20 anni mia figlia e 21 Eli) giocavano in acqua.
Elisa era una ragazza prosperosa, con due belle tette grandi e sode e un bel culo. Aveva anche due fianchi procaci che in quel momento mi suggerivano tutta una serie di fantasie roventi. Il mio costume lo faceva notare.
Quando Laura, esile e dal corpo infantile, si buttava scherzosamente sull’amica per tirarla sott’acqua, avevo visto il seno di Eli sbucare dal costume a triangolino, forse un po’ troppo piccolo. Facevo finta di nulla, per non destare sospetti ma avrei voluto raggiungerla e scoparmela. Preferibilmente, senza Laura intorno. O mia moglie, che era in casa.
Mentre la guardavo e fantasticavo, mi decisi a girarmi sulla pancia per non osservarla ancora e mi addormentai.
Non seppi quanto tempo trascorse. So solo che alcuni schizzi d’acqua mi risvegliarono.
Mi voltai e vidi Elisa, in costume, seduta sul bordo della piscina che mi lanciava l’acqua addosso.
Mi sedetti: - Eli! Mi hai svegliato!
- Sì, signor Paolo. Rischia un’ustione, ha notato com’è caldo il sole?
Io annuii. In effetti, la schiena mi bruciava.
- Dov’è Laura?
- Sua moglie ha detto che Laura aveva una visita dal ginecologo. Visto che non avevo un ricambio, mi hanno lasciato qui.
- Non poteva prestarti qualcosa Laura?
- Dubito che i suoi abiti mi vadano! - esclamò ridendo.
Io risi a mia volta.
Poi capii che eravamo soli in casa. Fui terrorizzato dal pene che si induriva al solo pensiero.
- Non torni a casa? - le chiesi subito.
- I miei non ci sono. Sua moglie ha detto che, siccome sarei rimasta sola, posso cenare qui - e accorgendosi della mia espressione aggiunse - se lei è d’accordo.
- Sì, certo!
- Entriamo in casa? Inizio a sentire troppo caldo… - mi disse lei.
Annuii e rientrammo.
Entrambi in costume ci sedemmo sul divano.
- Vuoi un caffè? - le chiesi, per mettere distanza tra noi.
- Sì, ma vado io a prepararlo.
Si alzò e si allontanò. Io rimasi a fissare quel culetto meraviglioso che dondolava verso la cucina, finchè sparì.
Mi toccai il cazzo: durissimo. E mi faceva male.
- Signor Paolo? - mi chiamò Eli – può venire un attimo?
Io andai.
- Dimmi.
- Mi prende il barattolo del caffè? È troppo in alto, non ci arrivo.
Si spostò per lasciarmi passare. In effetti, noi in famiglia siamo tutti piuttosto alti, perciò, Eli era svantaggiata essendo tanto piccola.
Presi il barattolo e glielo passai, nel fare questo notai che il pezzo di
sopra del costume si era totalmente spostato. Il seno era fuori. Gli occhi mi si spalancarono per la sorpresa e si scurirono per l’eccitazione.
- Elisa… ehm… il costume si è spostato… - dissi rocamente.
Lei abbassò gli occhi.
- Già, sa è di Laura, mi sta piccolo - rispose tranquillamente. E mi fissò. Si passò la punta della lingua sul labbro.
- Non ti sistemi?
- Certo… Ma potrebbe sistemarmi lei? Ho le mani occupate - mi disse mostrandomi il barattolo in una mano e la moka nell’altra. Sorrise, sfidandomi. Ovviamente, avrebbe potuto posare le cose e aggiustarsi. Ma mi stava provocando.
Io deglutii
- Come? - ero confuso e arrapato.
- Beh… se si vergogna, lo farò dopo da sola.
Mi avvicinai. Le presi il seno con una mano e con l’altra aggiustai il triangolino per rimetterglielo dentro.
Nel farlo ebbi cura di toccarle il capezzolo, duro come pietra. Era arrossita. Ma non per vergogna.
- Ecco fatto - dissi, allontanandomi di qualche metro. Mi sedetti sul tavolo.
Come nulla fosse Eli preparò il caffè.
- Le piace forte?
- Sì.
- Bene - lo mise sul fuoco. Si voltò.
- Hai di nuovo le tette di fuori - le dissi. Stavolta senza pudori.
- Che palle! - esclamò. Si tolse il reggiseno e me lo gettò dietro.
- Colpa sua se ha una figlia con le tettine! - mi rimproverò ridendo.
- Colpa tua che hai delle tette clamorose! - le dissi, buttando a terra il pezzo di sopra del costume.
Lei se le prese con le mani e se le strinse.
- Non crede siano troppo grandi?
- Sono perfette!
- Mmm… vorrei fossero più sode!
Io risi.
- Sono sode, secondo me!
- Dice?
- Beh… a vederle.
- Sì, ma al tatto?
- Non saprei! Prima le ho solo sfiorate! - mi piaceva quella conversazione. Ma ero preoccupato: se mia moglie e mia figlia fossero tornate e ci avessero visto in cucina così?
Lei mi si avvicinò.
- Tocchi!
- Come?
- Tocchi, mi dia un parere! Lei è un medico no?
- Sono un cardiologo, non mi occupo di seni! Ma va bene - scesi dal tavolo e le afferrai le mammelle.
Le palpeggiai a lungo. Col pollice le toccai i capezzoli. Glieli pizzicai tra pollice e indice.
Lei sospirò forte. Si morse le labbra.
- Sono stupende! Sode, morbide… sembrano anche avere un ottimo sapore…
- Le assaggi…- sussurrò, infilandomi le dita tra i capelli.
Non me lo feci ripetere due volte. La sollevai e la piazzai sul tavolo, dove prima c’ero io.
Le presi un seno in bocca, lo succhiai, leccai, morsi.
Lei gemeva e lanciava urli.
Una sua mano mi afferrò il pacco.
- Eli! Se tornano?
- No, l’ho svegliata appena sono uscite alle 15, e l’appuntamento ce l’avevano alle 17. Abbiamo tempo!
- Mi hai svegliato apposta, eh, puttanella? - le chiesi divertito.
- Quando l’ho vista che mi guardava in piscina, non ho pensato ad altro! Mi scopi signor Paolo!
- Succhiami il cazzo, piccola! - le dissi, tirandola giù dal tavolo e mettendola in ginocchio.
Lei mi calò il costume e lo prese. Lo leccò come un gelato, poi se lo mise in bocca. Giocherellò con le palle. Io iniziai a scoparle la bocca: era calda, umida… come immaginavo fosse la sua fighetta.
La sollevai di nuovo e la misi sul tavolo. Le tolsi le mutandine e le misi subito un dito dentro.
Lei sussultò, poi gridò.
- Sì, mi piace!
Senza smettere di penetrarla col dito, mi allungai a spegnere il fuoco sotto la caffettiera.
Lei era un lago di umori e si agitava seguendo il ritmo del mio dito. Arrivò all’orgasmo così, col mio dito dentro, urlando e aggrappandosi al tavolo.
– Signor Paolooo, continuiii!
Quando gli ultimi spasmi l’abbandonarono mi sorrise.
Io ricambiai e andai a leccarla lì giù; era bagnata, fu facile penetrarla con la lingua e farla venire di nuovo. Nella follia naturale dell’orgasmo, mi tirò i capelli e mi spinse con la faccia ancora di più contro di sé e poi spinse con i piedi contro le mie spalle. Mi fece male, ma non mi importava. Urlava e mi chiamava in modo così seducente che anche il dolore mi eccitò.
- Voltati! - le dissi, perentorio, senza nemmeno darle il tempo di riprendersi dalla valanga emotiva che l’aveva appena colpita. Lei scese dal tavolo e obbedì. Io la feci stendere con la faccia sul ripiano di legno, facendole formare un perfetto angolo retto.
- Hai un culo da favola, Elisa!
- Grazie, signor Paolo - sussurrò.
Le allargai le gambe e le entrai nella figa. Gememmo insieme. Entravo e uscivo lentamente, lei si lamentava per il piacere. Le afferrai un seno e con l’altra mano mi aggrappai al suo fianco prosperoso. Affondai ancora.
- Bellissimo… è… bellissimo…- balbettò.
- Lo so.
Incalzai il ritmo, sempre più veloce. Ero talmente violento che la tavola si spostava, seguendo il mio pompare. Elisa urlò furiosamente.
- Mi scopi, signor Paolo! Il suo cazzo! Il suo cazzo!
- Cosa è il mio cazzo, puttanella?
-E’ meraviglioso! La prego, non si fermi! Sto venendo, vengo vengo, vengo, vengooo!
A mia volta venni, gridando. Dal piacere che non riuscivo a contenere le tirai i capelli, facendole andare la testa indietro, verso di me. Le infilai un dito nel culo, regalandole un ultimo spasimo.
- Sei spettacolare!
- Lei lo è! -
Mi tolsi da lei, la voltai e la baciai in bocca.
- Vestiti ora. E stasera dormirai qui - le intimai schiaffeggiandole il culo..