Il rischio dell'eccitazione

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  1. dargheon
     
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    Ho sempre amato il rischio. E' il miglior modo per caricarsi di adrenalina, l'afrodisiaco che più amo. Nel mio corpo di ragazza di quarto liceo, modellato dall'attività fisica, ho sempre racchiuso il carattere di una ragazza educata, socievole e a modo, così come volevano i miei genitori. Eppure, quando trovai la via di fuga a questa vita così piatta e imposta, non esitai a fiondarmici. Premetto che prima del giorno in cui inizia la mia storia non avevo mai avuto rapporti sessuali e che da sempre vengo definita come la classica ragazza "bella, bionda e stupida". Non che mi importi del parere degli altri, ma è proprio sul primo di questi tre aggettivi che si basa la mia porta verso la perversione. Era una normalissima giornata di scuola. Alla seconda ora avevamo una supplenza, mentre alla terza ci sarebbe stato il compito in classe di matematica. Decisi allora di approfittare dell'assenza del prof per ripassare in vista del compito dell'ora dopo. Come in ogni classe, anche nella mia c'era il secchione di turno. Un ragazzo un po' fastidioso, a dire il vero, con una pettinatura ingellata e un atteggiamento da spaccone e cascamorto. Lo odiavo, ma mi serviva per non prendere un brutto voto. Così mi avvicinai al suo banco, appoggiandomi, e iniziai a farmi ripetere gli ultimi argomenti spiegati. Eppure, mentre cercavo di fare assieme qualche esercizio, sentivo che c'era qualcosa di strano rispetto al solito. Dato che avevo i capelli lisci e raccolti in una coda, avevo il collo scoperto e, nei momenti in cui scrivevo sul foglio, sentivo un leggero solletico sulla pelle. Con la coda dell'occhio, notai che s'avvicinava sempre di più a me, che stavo piegata e appoggiata coi gomiti sul suo banco, mentre lui rimaneva seduto sulla sedia. La sua bocca e il suo naso cercavano quasi di sfiorarmi e il suo respiro mi scivolava addosso, a volte pesante e in maniera piuttosto palese. Evidentemente, si stava aspirando la fragranza femminile emanata dal mio corpo, in maniera vistosa. Facendo finta di nulla, allora, decisi di reggergli il gioco, senza fargli notare che me ne fossi accorta e continuai a svolgere l'esercizio sul mio quaderno. Stavolta però mi avvicinai anch'io a lui, impercettibilmente, ma abbastanza da ridurre la distanza tra il suo naso e il mio collo di pochi centimetri, mentre, con gli occhi, gli fissavo i pantaloni. Come immaginavo, stava piano piano avendo un'erezione e dimostrai quanto fosse facile per uno sfigato come lui eccitarsi con così poco. Mentre lui continuava ad annusarmi come un maniaco, decisi di calcare la mano e di osare maggiormente, stavolta. Escogitai un piano affinché si eccitasse al limite e, dopo aver scritto una frase sul suo banco senza che se ne accorgesse, feci cadere la matita per terra, volontariamente. Lui si fermò di scatto e arretrò appena col busto, mentre io feci la finta tonta e andai a raccoglierla. L'avevo gettata in maniera tale che, chinandomi a 90° lui potesse fissarmi il mio bel culo tondo e sodo che sapevo l'avrebbe arrapato da morire. Oltretutto, portavo dei leggins molto attillati e la t-shirt corta mi permetteva di tenere il sedere in bella mostra. Gli diedi un'occhiata di sfuggita nel raccogliere la penna e, quando tornai vicino a lui per riprendere il quaderno, notai il suo impaccio nel tentare di nascondere, con qualche frase sconnessa e qualche balbettio, l'erezione che ora era notevolmente aumentata. Raccolsi su il quaderno e tornai al mio banco, dato che la campanella era appena suonata e lo squadrai nel momento in cui si accorse della frase che gli avevo scritto sul banco. "Spero che il mio culo ti sia piaciuto". Feci finta di nulla e il compito di matematica passò tranquillamente, così come il resto della mattinata. All'uscita mi dirigei verso l'autobus che aspettava all'uscita della scuola. Lo stesso autobus che avrebbe preso lui, lo sfigato. Non mi preoccupai più di tanto, e, pur trovandomelo nella stessa corriera, feci finta di nulla. Come sempre, l'autobus era stracolmo. I posti a sedere erano minimi come sempre e la gran parte dei passeggeri se ne stava in piedi, ammassata. Anche io e lui eravamo tra le persone in piedi, e forse avrei fatto meglio a calcolare questa eventualità prima di fare la civetta quel mattino. A qualche minuto da inizio viaggio, mi voltai indiscretamente e notai che si trovava proprio dietro a me. Avevo la sensazione che stesse cercando di accostarsi il più possibile ed ebbi la conferma nel momento in cui sentii il suo peso addosso in una frenata dell'autobus. Lentamente, sentii che c'era qualcosa che mi stava sfiorando il sedere, dove i leggins attillati sembravano un altro sottile strato di pelle, lasciandomi percepire qualsiasi tocco sulla sua superficie. Come alla seconda ora del mattino, percepii il suo fiato sul collo. Piano piano si avvicinava di più, con la scusa del poco spazio a disposizione. Eppure, non mi stava sfiorando con le mani. Era andato avanti direttamente col pacco. Sentivo il suo pene come un'asta dura e rigida che mi toccava. Aveva iniziato direttamente a palparmi con la cappella, senza doversi necessariamente muovere più di tanto. E nel momento in cui l'erezione raggiungeva il suo culmine, mentre lo sentivo premere sempre di più, capii che il viaggio sarebbe stato sufficientemente lungo da permettergli di venire e che lo spazio sarebbe stato abbastanza stretto da permettergli persino di penetrarmi, se glie l'avessi permesso. Come dissi all'inizio, amo il rischio, e, nonostante non volessi assolutamente che uno sfigato come lui prendesse la mia verginità, decisi di lasciarlo fare senza dire nulla. Il suo pene era ormai al limite, potevo sentirlo, e aveva iniziato da poco a farlo strisciare tra le natiche e le cosce stesse, che io tenevo vicine. Facendo finta di niente, piegai leggermente il busto in avanti e tirai indietro il sedere, come a concederglielo. Ciò gli sarebbe stato sufficiente per capire che, senza dire nulla, avrebbe potuto continuare indisturbato con ciò che stava facendo. Ciò, infatti, bastò per renderlo il padrone assoluto della situazione. Tenendo la testa girata e squadrandolo con la coda dell'occhio, lo vidi voltarsi a destra e sinistra, cercando di capire se veniva osservato. Poteva agire indisturbato, coperto dalla massa di persone, dagli zaini, dal poco spazio. Non esitò a usare anche le mani. Sentii la sua zip slacciarsi e la sua mano infilarsi nei miei pantaloni. Come uno stupido, non aveva minimamente pensato di metterla direttamente dentro le mie mutandine, ma la lasciò invece tra il tessuto dei leggins e quello della biancheria. Scese piano piano fino alla mia vagina, che, per via degli stimoli, aveva iniziato a diventare umida e calda. Mi sfiorava le labbra con la punta delle dita, poi aumentò la pressione per qualche secondo, prima di scansare le mutandine e scivolare sugli umori che iniziavo ad emettere. L'eccitazione iniziava a farsi sentire e si avvicinò ancora più a me. Col polso abbassò di poco i leggins, mentre con la mano libera fece l'atto più rischioso di tutti. Sentii il suo pene nudo infilarsi dentro i miei leggins e sfiorarmi la vagina. Il suo respiro si faceva sempre più pesante, tanto da poterlo udire perfettamente aumentare di intensità. Non c'è bisogno dire che anche il mio cuore stava scoppiando. Non di gioia, ma di paura. In quell'istante sentivo la sua cappella scivolare tra le labbra della mia vagina, che la bagnava di umori. Sentivo la pressione e il calore del suo pene farsi sempre più grande. Avevo paura di ammettere fin dove ero arrivata. Al punto da concedere il mio bel culo sodo, la mia verginità ad uno sfigato come lui, che in quell'istante mi appoggiò la sua mano destra sul ventre, all'altezza del bacino. Il pene in erezione stava perfettamente su da solo e ora stava cercando di spingermi indietro, così da potermi penetrare. E proprio nel momento in cui sentivo l'adrenalina scorrermi nel sangue e la sua cappella scivolare piano piano dentro di me, lui si fermò. La corriera continuava il suo moto e lui si era interrotto. Una calda sensazione mi avvolse nel punto in cui aveva appoggiato il suo pene, che tornò a scivolare di qualche millimetro tra le cosce, senza essere penetrato. Subito mi alzò i leggins e rimise il pene dentro i suoi pantaloni, in un rapido gesto. Nel momento in cui avrebbe potuto prendere la mia verginità, anche per pochi secondi, non era riuscito a resistere, ed era venuto tra le mie cosce, nel momento in cui stava per penetrarmi. Non sapevo se essere felice o sconvolta. Ma avevo capito che il suo sperma, ora, se ne stava appiccicato sulla mia pelle e che lui, probabilmente, aveva goduto più di una delle sue seghe quotidiane, lanciando fiotti unti all'interno delle mie mutandine. Ma non era riuscito a penetrarmi e aveva, in quello stesso momento, perso una sfida col suo stesso pene da verginello e che, di certo, non avrebbe detto una sola parola a nessuno di questa sua sconfitta. Rifiutai l'idea di essere diventata una troia, una poco di buono. Anzi, avevo appena scoperto l'emozione che si prova nel far venire un uomo e che, molto probabilmente, mi piaceva l'idea che qualcuno potesse continuare a masturbarsi pensando a me o, persino, sfiorandomi.
     
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