La prima volta che ho visto il pisello

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    La prima volta che ho visto il pisello di un uomo avevo più o meno dodici anni, giuppersù. Di sicuro ero alle medie ed altrettanto di sicuro non avevo in programma di vederne uno. Non sapevo manco come fosse fatto e francamente non mi interessava manco granché.

    Stavo pensando ai fatti miei all’uscita di scuola, tornando a casa sul marciapiede della strada sul retro della scuola, per evitare la massa di altrettanti ragazzini. Ero una ragazzina molto isolata, molto introversa, molto disadattata all’epoca. Molto sola. Anche in quel momento, cosa che non é sfuggita a un tipo che mi avvicinò in bicicletta. Oddio, più che avvicinarmi mi quasi travolse, visto che salì sul marciapiede e quasi mi incatastò al muro, ma vabbeh… io nella mia infinita ingenuità pensai che volesse chiedere un’informazione. Solo che il dito che teneva puntato non era propriamente l’indice. In retrospettiva non ricordo affatto i particolari del suo pisello, ricordo solo dettagli quali la bicicletta, il tipo in questione che era giovane ma non giovanissimo, probabilmente un 20/25enne o giupperlì, a 12 anni é difficile inquadrare le età dei “grandi“. Ricordo di aver biascicato un patetico e balbettante “non ho tempo devo scappare” (buffi i parti ridicoli delle menti imbarazzate), ricordo nettamente la sensazione del sangue che defluisce dal volto, il classico “sbiancamento” da panico. Ricordo di non aver capito un ciufolo e di essere corsa a casa. Ricordo di non essere stata in grado nemmeno di metabolizzare o spiegare a me stessa cosa fosse successo, ma solo di aver percepito una minaccia, un pericolo, che mi fosse successo qualcosa di terribilmente brutto senza capire nemmeno bene cosa. Non ho mai raccontato nulla di questo ai miei genitori e non so nemmeno perché. So che mi sentivo molto stupida, come se avessi sbagliato qualcosa e non so cosa. Ancora oggi, a distanza di 23 anni da allora, mi vergogno profondamente di quella frase stupida che tirai fuori. E non so perché. So solo che di quell’episodio io, ancora oggi, mi vergogno. Mio malgrado, mi vergogno.

    SEI PICCOLA: GUARDALO E BASTA - Negli anni successivi ho scoperto che le indicazioni stradali di solito si chiedono alle ragazzine in evidente età scolare. Il target preferito sono proprio le ragazzine delle medie, evidentemente, che è ben noto: hanno in testa un Tom Tom. Sono meglio di un tassista se devi trovare una strada e non sai dove sia, per questo motivo vengono accostate un N numero di volte per chiedere come raggiungere la propria destinazione. Col pisello in mano, probabilmente per una disattenzione: si sa che la macchina si guida in maniera assolutamente indipendente con una mano sul cambio o uno sul pisello. E poi raccontatemi ancora che l’automobile per gli uomini (italiani?) non sia un’appendice della propria sessualità. Certo, sempre in retrospettiva il tizio in bicicletta che mi sverginò dal punto di vista delle molestie sessuali era pure uno sfigato, per fortuna il mio orgoglio é stato risollevato dai meno sfigati pisellomacchinamuniti. Eh beh, insomma, siamo mica delle pezzenti noi ragazzine delle medie, se dovete farci vedere il pisello che sia almeno con un contorno medioborghese adeguato.

    ORA FATTI TOCCARE UN PO’ - Ma per fortuna quell’età sfigata che io abolirei dalla crescita di chiunque con un decreto legge, magari per metterla in coda alla vita (pensate che bello: a 89 anni ti ribecchi quei 4 o 5 anni rimasti indietro, una vera rifiatata prima del rush finale), poi FINISCE. Solitamente con le tette che crescono, le chiappe che si arrotondano e le mestruazioni che sanciscono una rottura di palle aggiuntiva che andrà avanti fino alla menopausa, con buona pace del conto in banca da sperperare in assorbenti, pillole, visite ginecologiche e test di gravidanza. A quel punto chissà perché gli uomini smettono di chiederti indicazioni stradali, forse perché si presume che a quel punto cosa sia un pisello la ragazzetta (non più “ina”, poi diventa “etta”) sappia cosa sia e si metta ad urlare insulti da trivio in modalità Wanna Marchi ai danni del segaiolo di turno. Piuttosto scomodo, meglio non rischiare. Il problema é che superata la categoria dei molestatori esibizionisti, relativamente innocui se non dal punto di vista psicologico, si passa di livello e si approda alle spiagge dei molestatori mano lesta. Sarà perché hai messo su i sopracitati tette e culi, probabilmente, che inducono in tentazioni molto più carnali di due occhi sgranati. Ed ecco che gli autobus pieni segnano il passo della svolta: una mano in mezzo alle gambe diventa molto più frequente di un controllore. Al punto tale che diventa un’abitudine associare la vidimazione del biglietto a quella della figa. Eh, ma dite voi, mò tutti pressati schiacciati negli autobus pieni che oltretutto frenano, pigliano buche, curve, dentro si fa la onda… vuoi vedé che non capita una mano in posti inappropriati in maniera del tutto involontaria, mò stai a vedere che sò tutti pervertiti. Si, va bene, dico io, una mano può finire su una tetta per sbaglio, può anche finire in mezzo alle gambe per errore, tutti pressati schiacciati negli autobus sbandanti… ma c’hanno tutte il delirium tremens ste mani, che le dita sembrano tarantolate?


    SEI GRANDICELLA: PRENDILO IN MANO – Ma comunque anche questa fase si supera, perché di solito ad un certo punto ti fai il motorino, ti fai il ragazzo col motorino, ti fai il ragazzo grande con la macchina (ma solo se sei strafiga e te lo devi proprio fare per benino) e tendenzialmente smetti di prendere l’autobus nell’ora delle uscite di scuola, ossia quelle chiaramente a rischio. E così ti lasci dietro (ma parecchio dietro, abbastanza da non sentirne la puzza addosso) la seconda categoria dei molestatori: quella delle mani addosso. D’altra parte stiamo crescendo, cominciamo ad uscire da sole il tardo pomeriggio, ad andare al cinema, stiamo diventando donne. É arrivato il momento di fare un ulteriore upgrade. É arrivato il momento delle mani addosso ver. 2.0. Eh si perché se vai al cinema e per disgrazia non hai almeno una persona del gruppo seduta a fianco a te da ENTRAMBI i lati rischierai di ritrovarti, se il cinema é abbastanza pieno da giustificare l’occupazione del posto libero accanto a te, con il pisello di qualcuno in mano. Eh si, perché dopo che lo abbiamo visto, dopo che ci hanno saggiato, beh… ora é il momento di passare alle vie di fatto, mi pare ovvio, sto pisello lo dobbiamo pure toccare prima o poi no? E mentre stiamo lì a vederci il film in santa pace per i fatti nostri all’improvviso qualcuno ce piglia la mano e se la sbatte in mezzo alle gambe. Avete la vaga idea della sensazione che dà sto coso estraneo sotto le mani? Ancora riesco a rievocarla, é inutile sottolineare quanto sia pessima. E come sopra: perché non hai detto nulla? Perché resti PARALIZZATA, ecco perché. Vai nel pallone. Sei totalmente incapace di affrontare situazioni del genere, sei impreparata, non te lo aspetti, nessuno ti insegna cosa fare. Resti lì, paralizzata, tiri via la mano e ti resta quella sensazione orribile che ti porterai dentro per tutto il resto della tua vita e per molto molto tempo ogni volta che toccherai un pisello ti verrà in mente quell’episodio. Il cervello ricorda. La mano anche. La mano RICORDA, vacca miseria, pensateci bene prima di sottovalutare la loro intelligenza.

    ORA E’ TEMPO DI VIOLENZA – Ma poi, grazie al cielo, passa anche quello. Perché cresci ancora e diventi diffidente, impari a difenderti, impari a reagire. Ed evidentemente si percepisce, perché esci fuori target e miracolosamente nun te se scoccia più. Ancora un volta é tempo di fare un ulteriore upgrade. Perché ora se ti si vuole molestare non lo si fà più con le indicazioni stradali, le dita tarantolate o i piselli cinematografosi. Ormai siamo adulti, é tempo di violenza. Eh si, d’altra parte sono anni che ci siamo preparando, no? Sarà mica stato tempo sprecato. E così si comincia un lunghissimo iter per cui si possono tranquillamente fare delle distinzioni. Se sei fortunata ti stuprano quando hai già perso la verginità in maniera un filino più consensuale. Se sei sfortunata no. Se sei proprio sfotunatISSIMA te lo mettono direttamente in culo così non ci si pensa più. Ma quello degli stupri da parte di sconosciuti, checché ne dicano i nostri media, é un problema davvero minore. Insomma é pure sempre un problema, si, ma perfino io che sono terribilmente pessimista sono pronta ad ammettere che sia una problematica decisamente meno diffusa di quella infinitamente più presente nella vita di una donna di quelle che sono le violenze domestiche. Perché cari signori della stampa e del populistico e prendiperilculistico governo, i rumeni (e gli immigrati in genere) a me le palle non le hanno rotte mai. Né a nessuna signora/ina che conosca. In casa propria, invece, di rotture di palle potrei raccontarne per tanto tempo da finire per annoiare. Certo, il bilanciamento percentuale che ci comunica il Ministero degli Interni é di circa 61/39, dove il 60 e rotti percento é puro pisello italiano ed il restante 39 viene spartito fra piselli stranieri. Ma senza citare il sommerso. Perché se ti violenta uno sconosciutissimo rumeno fare denuncia é consequenziale, si fa, sono poche le donne che non denunciano stupri del genere. Non c’é motivo per non denunciare, se si tratta di stupro “casuale”, ossia avvenuto al di fuori delle dinamiche sociali quotidiane. É molto più difficile invece denunciare il conoscente, l’amico, il vicino, il parente. Non parliamo poi del compagno/convivente/marito o dei ruoli di forza in ambito lavorativo. Perché le conseguenze sono feroci. Conseguenze sul piano affettivo, sul piano lavorativo. Ritorsioni. Assenza completa di tutela. Per non parlare del dover rendere pubbliche e credibili dinamiche di violenza familiare, con tutto quello che ne consegue. Ma immaginate cosa significhi andare in tribunale a cercare di dimostrare che quando il mio compagno mi scopava a me non andava? O che dovevo stare lì a sperare che finisse in fretta o accelerare il processo il più possibile perché in qualche modo s’ha da campa’, s’ha da tirare avanti e le alternative a volte non ci sono o non si riescono a cogliere, a vedere. E c’é vergogna. Come quando penso al tipo in bicicletta. Non si sa perché, forse per colpa della fottutissima chiesa cattolica e del suo senso del peccato, forse per quel considerare Eluana un pezzo de carne da tené in vita perché “ancora in grado di avere figli“, forse perché devi stare zitta e mangiare sta minestra, perché sennò sei fuori, sennò perdi il lavoro, perdi i figli, perdi la famiglia, perdi la casa, perdi la dignità perfino.

    LA VIOLENZA DOMESTICA E LE INUTILI RONDE - E allora, quant’é il sommerso? Portiamo un po’ di dati. Violenze sessuali denunciate: circa 13 al giorno, di media. Nel 2007 parliamo di 4.633 violenze accertate. La stima calcolata del denunciato rispetto al numero delle violenze compiute è del 4%. Prendete voi una calcolatrice in mano, che io preferisco non avere in testa la cifra totale (stimata) risultante. Parlando di stupro, che é un concetto che ancora tende ad implicare un rapporto con penetrazione, mentre tutto il restante range delle molestie tende ad essere considerato con molta più sufficienza. Vorrei calcare la mano sulla parola “accertate” per altro. Cosa non sempre semplicissima. E noi come reagiamo a quest’improvvisa ondata di violenza? Ma ovvio, con le ronde. Che mi offendono profondamente. Perché spostano l’attenzione della gente dal reale problema dell’assenza totale di capacità di relazionarsi sessualmente in maniera SANA e consensuale con le donne di MOLTISSIMI uomini, la maggior parte addirittura, al facilissimo placebo dell’odio razziale. E così famo le ronde contro i rumeni e i negri brutti, zozzi e cattivi e chiudiamo le orecchie al grido delle donne che, ogni volta che viene sera, piangono.

    Sono stufa di vergognarmi. Vergognatevi un po’ voi, ora, é il vostro turno. E chi non ha mai subito violenza (anche una molestia é violenza, signori) metta una firma qui sotto.
     
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