Genitori e figli, libero amore e sesso sfrenato

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.  
    .
    Avatar
    Group
    Member
    Posts
    11,422

    Status
    Ancora una volta ero caduta tra le mani di quegli animali feroci, affamati di sesso e privi di amore. C’ero cascata di nuovo senza riuscire a liberarmi e loro avevano approfittato ancora una volta della mia ingenuità, dopo mio padre ora ero caduta nelle grinfie di mio fratello Alessio che a differenza di nostro padre, non aveva la minima sensibilità nel trattare una donna come si conviene. Per la verità dopo due anni, anche mio padre aveva mostrato il suo vero volto e mi aveva usato più che altro come un oggetto da gettar via quando si è stanchi di averlo posseduto. Quell’insano rapporto a quattro, durò quasi tre anni io ero come ipnotizzata, cedevo senza batter ciglio a tutte le loro richieste, ero prigioniera e priva della forza per oppormi. Ormai ero diventata l’oggetto sessuale di tutta la famiglia, nessuno escluso, mia madre, mio padre e mio fratello. A turno reclamavano il mio corpo per saziare le loro voglie, non facevo altro che passare da un letto ad un altro e diverse volte facevamo addirittura delle vere e proprie orge nelle quali io e mia madre eravamo le loro schiave sessuali. Quello che mi faceva ribrezzo e che mi amareggiava di più era il modo in cui mi trattavano, resistevo soltanto perché purtroppo ero talmente presa dai loro giochi sessuali che alla fine, anche la mia voracità di sesso era diventata pari alla loro. Praticamente ero diventata insaziabile come una ninfomane, fare sesso non mi bastava mai, quando cercavo un approccio delicato e gentile andavo nel letto di mia madre e mi abbandonavo alle carezze delle sue mani ed alla sua lingua sensibile, se volevo avere un rapporto esperto e pieno di fantasia, cercavo l’approccio con mio padre, lui sapeva bene come usare le sue capacità amatorie e pur non avendo un organo genitale tanto grosso come quello di suo figlio, sapeva farmi godere molto più di lui. Infine c’era proprio mio fratello Alessio quello che io definivo la bestia, nei rapporti carnali era ruvido e violento, ogni volta che mi prendeva, avevo l’impressione che volesse spaccarmi in due, la cosa strana era che di tanto in tanto, dai suoi coiti ricavavo anche delle forti emozioni e questo cominciava un po’ a preoccuparmi, perché in me stava sviluppandosi una certa tendenza al masochismo. La sua maniera brutale e violenta, mi trasmetteva quel sottile piacere che si prova talvolta nei confronti del proprio aguzzino, l’azione violenta che esercitava su di me, mi faceva godere più di quanto non riuscisse a fare il suo membro mostruoso. Quando uscivo dal suo letto ero sempre pesta e livida, le sue
    scopate duravano si e no dieci o quindici minuti durante i quali dava fondo a tutta la sua prorompente animalità, quel membro enorme entrava e usciva dentro di me, frugandomi sempre più in fondo fino a toccarmi l’utero. Dopo quei rapporti mi alzavo dal letto distrutta e per alcuni giorni avevo la sensazione costante di essere ancora piena del suo cazzo. Era la loro serva sessuale, quando non avevano più voglia di accoppiarsi tra di loro, mi chiamavano e adoperavano il mio corpo per soddisfare i loro bassi istinti. A quel tempo avevo più di ventiquattro anni, ma a dir la verità me ne sentivo cinquanta. Certe volte ripensavo con nostalgia a mio fratello Mirko, com’era lontano ormai il suo ricordo, quasi non riuscivo più a ricordarmi nemmeno i tratti del suo viso. Mi consolavo pensando che almeno lui si era salvato da quella famiglia violenta, quasi che avesse intuito la tempesta che progressivamente distruggeva la sua casa, aveva deciso di andarsene. Si era laureato da quasi due anni e ora stava frequentando un master di economia a New York, a volte telefonava a casa, ma nessuno me lo passava mai, nemmeno per un breve saluto, tutti sapevano che lo amavo e facevano il possibile perché non ci parlassi, mi volevano tutta per loro, se solo avessi avuto la forza di … ecco, non avevo neppure il coraggio di finire la frase ma dentro di me avrei desiderato gridarla mille volte: “di andare via da quel posto orribile.” Ogni volta che Mirko chiamava, ad una sua richiesta di parlare con me, mia mamma mentiva e gli diceva che ero uscita, dopodiché chiudeva la comunicazione e guardandomi negli occhi esclamava: “ti manda tanti saluti”. Nonostante la delusione mi sentivo felice, mi bastava poco, anche solo sapere che mi pensava e che chiedeva di me. Ma il peggio doveva ancora venire, l’abisso in cui stavo precipitando era così profondo da non riuscire a risalire più anzi, continuavo a sprofondare ogni giorno più giù. All’improvviso cominciai col sentirmi molto male, avevo nausee e vomitavo in continuazione, cercavo di nascondere quei malesseri perché non volevo che sospettassero qualcosa, sentivo i miei seni indurirsi e la mia pancia farsi ogni giorno un po’ più gonfia, ero terrorizzata, non potevo continuare così. Dovevo proprio andarmene, scappare prima che quei lupi mi condannassero alla prigione a vita. Avrei dovuto immaginarlo che con tutti quei rapporti sessuali senza protezione, prima o poi sarebbe potuto accadere qualcosa, ci eravamo fidati troppo, oppure semplicemente a loro non era mai interessato nulla di me. Avevano usato il mio corpo come una cosa da riempire a loro piacimento e adesso era arrivata questa gravidanza inattesa. Non sapevo neppure di chi fosse questo figlio, se di mio padre o di mio fratello. Nei rari momenti in cui avevo la libertà di uscire, mi recavo a trascorrere qualche ora da Stella una mia carissima amica, all’inizio faticai ad aprirmi persino con lei, quello che mi stava capitando era di una gravità enorme, avevo gli occhi bassi e non osavo parlarle, lei intuiva che potesse trattarsi di qualcosa di serio, mi osservava paziente e aspettava che mi sfogassi senza chiedere nulla. Era la mia migliore amica, praticamente eravamo cresciute assieme e sapevo benissimo che con lei avrei potuto confidarmi tranquillamente, infatti un giorno, dopo un pianto liberatorio ci riuscii . Mi consolò a lungo e mi consigliò quello che avrei dovuto fare per liberarmi del mio gravoso fardello. Ma io, pur avendo paura di quello che sarebbe potuto accadere, non ero sicura di volerlo fare. Comunque in alternativa, mi diede l’indirizzo di un centro di accoglienza per ragazze che si trovavano nella mia stessa situazione, dovevo recarmi in una cittadina del nord Italia ed io, senza pensarci un attimo, decisi di andarci. Con la scusa di uscire a fare delle compere fuggii. Il viaggio in pullman durò quattro ore, raggiunsi il centro di accoglienza a tarda sera e siccome ero maggiorenne, dopo aver parlato con la madre superiora che gestiva l’istituto, fui accettata. Ero al terzo mese di gravidanza, i malesseri ed il vomito durarono per tanto tempo, finché un giorno, chiesi di poter fare degli esami ginecologici e le analisi per accertarmi sullo stato di salute del feto. Volevo sapere se il mio bambino sarebbe nato sano oppure potesse avere qualche danno fisico o mentale, dal momento che era stato concepito con dei familiari molto stretti. Ogni mese che passava, lo sentivo sempre più mio e desideravo che quella creatura vivesse. Era stato il frutto di violenze e di sopraffazioni, ma quei rapporti sessuali in parte erano stati voluti anche da me e comunque le conseguenze di ciò che era accaduto, non dovevano ricadere su di una creatura innocente. L’unico mio contatto col mondo esterno era quello telefonico con Stella, naturalmente lei era stata di parola, aveva mantenuto la promessa di non rivelare ai miei familiari il posto dove mi trovavo e a quel punto, di me si persero tutte le tracce. Un giorno, durante una delle nostre conversazioni telefoniche, buttò li una frase: “tuo fratello Mirko è tornato l’altro giorno, si tratterrà ancora una settimana e poi ripartirà per l’America, è stato assunto da una multinazionale molto importante, ne ha fatta di strada eh?” Quelle parole per un attimo mi restituirono la via, la pregai di contattarlo rivelandogli di nascosto dove mi trovassi e raccomandandogli che non ne parlasse col resto della famiglia. “Digli che se venissero a sapere dove mi trovo sarei in pericolo.” Mi promise che gli avrebbe parlato, ci salutammo e per un po’, nel mio cuore tornò la gioia, forse la mia vita si sarebbe raddrizzata o forse no, perché se Mirko avesse saputo tutto quello che avevo fatto, probabilmente mi avrebbe odiata per tutta la vita. La settimana passò senza che mio fratello venisse a cercarmi, se la mia amica gli aveva parlato, avrebbe dovuto farsi vivo almeno per salutarmi invece niente di niente. Il tempo passava, ormai era già all’ottavo mese, il ginecologo che mi visitava periodicamente, mi assicurava che il bambino cresceva bene e che non sembrava avere alcuna patologia, avevo richiesto gli esami che si fanno in casi del genere ed erano risultati tutti buoni. Almeno mio figlio stava bene, sapevo anche che si trattava di un maschietto e dentro di me pensavo: “per te la vita dovrà essere diversa dalla mia te lo prometto, dovessi morire mettendoti al mondo.” Giunto il momento fatidico, fui ricoverata all’ospedale. In attesa di entrare in sala parto, ero un po’ agitata, ma per fortuna mi aveva raggiunto Stella, l’amica fidata che mi aveva protetta fin dall’inizio. Ci abbracciammo forte e parlammo del più e del meno, solo quando iniziò a fare dei riferimenti alla mia famiglia, la fermai: “scusa Stella, non voglio sapere nulla di loro, quelle persone le ho cancellate dalla mia vita, per me sono tutti morti.” “Non vuoi sapere nulla neanche di Mirko?” La sua domanda mi trovò impreparata, per un attimo non seppi più cosa risponderle, ma poi mi illuminai. “Di lui si che vorrei sapere qualcosa però non è mai venuto a trovarmi è ripartito per l’America senza neanche salutarmi forse ce l’ha con me per le cose che potrebbe aver saputo.” Stella fece un sorrisetto malizioso e sollevò lo sguardo in direzione della porta d’ingresso del reparto, il cuore prese a battermi forte, mi voltai e in lontananza lo vidi, era lui bellissimo come lo avevo visto l’ultima volta che era stato a casa. Piansi di gioia, Mirko, il mio fratellino, l’amore della mia vita era tornato per me. Si avvicinò, mi abbracciò e delicatamente mi accarezzò il pancione, non disse niente al di fuori di due sole parole: “come stai?” “Bene , adesso che mi sei vicino ancora meglio.” Il bimbo nacque tre ore dopo, era bello e pesava tre chili e mezzo, quando me lo misero in braccio, mi commossi fino alle lacrime, dopo aver sofferto tanto, quella creatura era la mia consolazione per tutto ciò che era successo. Mirko si trattenne con me per diverso tempo, mi disse che aveva preso le ferie per starmi vicino al momento del parto, mentre mi parlava il suo viso sembrava triste ma lo sguardo era fiero e deciso. A un certo punto mi chiese: “quanto ci vorrà perché il bambino possa viaggiare?” Quella domanda mi colpì come un macigno in pieno petto, che cosa aveva in mente? Poi aggiunse subito: “Hai sofferto troppo, quella che credevamo una famiglia era solo una congrega di maledetti viziosi avrei dovuto denunciarli subito, ma stai sicura che non li vedremo mai più, li ho cancellati dalle nostre vite e tu adesso parti in America con me.” Piansi in silenzio per la felicità, non credevo che mie sofferenze alla fine sarebbero state in qualche modo ripagate. Come ho dichiarato nella prima parte del mio racconto, fu in quel preciso istante che cominciai a ricostruire la mia vita, ci vollero diversi giorni per superare i traumi e parecchi mesi per ricominciare con Mirko. Da parte sua mi concesse tutto il tempo che mi serviva, la notte dormivo sola in compagnia del mio bambino, mentre lui, dopo avermi dato la buona notte se ne andava in un’altra stanza. Ogniqualvolta sentiva il bambino piangere, si affacciava alla mia porta e sorridendo si godeva la scenetta del piccolo Andrea che succhiava il latte dal mio seno, una volta terminata la poppata richiudeva la porta e se ne tornava a letto. Andammo avanti così per parecchio tempo, una sera però, mentre ero a letto e il piccolo dormiva nella sua culla, entrò e si sdraiò accanto a me, mi abbracciò e mi tenne stretta stretta, era come se volesse dirmi: “stai tranquilla adesso ci sono io qui con te, non può succederti più niente.” Singhiozzavo così forte per la commozione, che lui non poté fare a meno di riempire le mie guance di tanti piccoli baci, fu a quel punto che gli aprii il mio cuore e raccontai tutto quello che mi era successo da quando lui era partito. Gli dissi delle continue molestie nei miei confronti di come venivo trattata, ma onestamente non gli nascosi che tante volte ero stata proprio io a ricercare quei rapporti tanto schifosi quanto eccitanti. Continuò ad accarezzarmi e rispose: “non è colpa tua, loro ti avevano plagiata e soggiogata, sono persone malate, hanno approfittato della tua inesperienza facendoti vivere un incubo dopo l’altro.” Gli risposi che nei momenti più brutti, quando si accanivano su di me, spesso invocavo il suo nome e vivevo nella speranza che un giorno venisse a salvarmi da quella gentaglia. “Posso immaginarlo e mi maledico mille volte per non averlo fatto prima, purtroppo non pensavo che potessero arrivare a farti così tanto male, perdonami per essere arrivato tardi, ma adesso siamo sempre in tempo per dimenticare e ricominciare.” Quella frase fu il preludio ad un bacio molto dolce e pieno d’amore, quando le nostre bocche si staccarono gli confidai una cosa: “tu sei stato l’unico a non avermi mai chiesto di fare l’amore, mi hai rispettata sempre e anche per questo ti ho sempre amato.” “E non te lo chiederò neppure adesso se non vuoi, quando ti sentirai pronta, lo capirò dai tuoi occhi oppure me lo chiederai tu stessa.” Ci lasciammo con un altro bacio appassionato e uscì lasciandomi sola. Passarono altri quattro mesi durante i quali mi ritornarono in mente più volte gli episodi tristi che avevo vissuto, gli inganni di mio padre e le false lusinghe di mia madre, le avance squallide e violente di mio fratello Alessio e con un urlo disumano le allontanai da me definitivamente, ora ero finalmente libera. Una sera, mentre eravamo seduti davanti al camino con un bel fuoco che scaldava la stanza, prendendogli una mano tra le mie gli dissi: “Mirko ora sono pronta, mi vuoi baciare per favore? Ho tanta voglia di far l’amore con te.” Ci alzammo dalle sedie e mano nella mano e ci spostammo in camera da letto, il bambino dormiva nella stanza accanto e fuori c’era una bellissima luna che illuminava la notte. Fui io a spogliarlo, lui non osava alzare un dito, era consapevole che avevo avuto troppi traumi e voleva essere certo di non provocarne degli altri. Quando fu nudo, lo guardai affascinata trovandolo bellissimo, allora cominciai a togliere anche i miei vestiti, quando anche io mi fui spogliata del tutto, mi prese in braccio e mi poggiò sul letto con delicatezza, voleva che il rapporto avvenisse dolcemente, senza fretta, doveva essere un vero atto d’amore. Eravamo abbracciati e ci baciavamo teneramente sulla bocca, schiusi le labbra e la sua lingua entrò ad accarezzare la mia, mi abbandonai a quel bacio dolcissimo e fui subito invasa da una tenerezza profonda. Rabbrividivo per l’emozione, lo volevo subito, non vedevo l’ora che fosse finalmente mio: “dai succhiami i seni, voglio sentire il tuo corpo sul mio, voglio svenire dal desiderio, voglio godere mentre esplori il mio corpo con la lingua.” Era così tenero con i suoi modi delicati, da farmi commuovere, mi accarezzava piano e con dolcezza, non aveva fretta, voleva aspettarmi, essere sicuro di non ferirmi neppure per sbaglio. La sua bocca si mosse leggera e pian piano risvegliò le mie membra dalla lunga astinenza che durava ormai da troppo tempo. Ero stata umiliata e ferita, aggredita e violentata e ora il mio corpo sembrava essere guarito, finalmente pronto per lui. Con un atto di coraggio presi l’iniziativa, allungai una mano verso il suo pene, era stupendo, grosso e orgogliosamente eretto, abbastanza lungo per fare impazzire di piacere qualsiasi donna. Mi chinai verso quel cazzo e cominciai a baciarlo, con l’altra mano gli afferrai i coglioni e glieli massaggiai piano, erano gonfi di desiderio e tra poco sarei stata io a svuotarglieli. La mia lingua percorreva tutta la lunghezza del suo pene indugiando in particolare sulla cappella enorme e paonazza per l’eccitazione, poi presi a succhiarlo molto dolcemente, Mirko sospirava, cominciava a gradire le mie attenzioni e mentre davo inizio ad un pompino fantastico, lui prese a mugolare e a gemere piano. Nel frattempo le sue mani accarezzavano delicatamente le mie natiche carnose, gli piacevano molto e me lo disse esplicitamente, adorava il mio sedere, i miei fianchi curvilinei e il mio pube gonfio e riccioluto. La mia bocca lo stava facendo morire dal piacere, i suoi sospiri erano sempre più espliciti, ero orgogliosa di vederlo godere e volevo donarmi a lui nel modo più bello e spontaneo. “Sei stupenda mi stai facendo impazzire, però adesso voglio pensare anche a te, facciamo un sessantanove, così godiamo insieme, annuii col capo e mentre lui poggiava la sua bocca sulla mia figa aperta, io continuavo a succhiare la sua asta che stava assumendo proporzioni ancora più grandi, la cappella era così gonfia che stentavo a tenerla in bocca ogni tanto me la sfilavo solo per ammirarla e pensavo che tra qualche minuto, sarebbe stata dentro di me per farmi provare sensazioni dolci e meravigliose. Oltre a leccare e mordicchiare il clitoride, Mirko penetrava la mia vagina con la punta della lingua e a tratti ci infilava due dita per cominciare a prepararla al coito, quello che faceva era dolce e meraviglioso, sicuramente molto diverso dai tanti rapporti squallidi e animaleschi che avevo dovuto subire. La delicatezza dei suoi gesti era stupenda e solo a sentire le sue mani e la sua bocca su di me, cominciai a godere. In ciò che faceva non c’era mai un eccesso d’impeto, ma solo amore e tenerezza, stava lavorando la mia figa con sapienza e delicatezza, mi ricordava un po’ i primi rapporti con nostro padre, ma io sapevo benissimo che Mirko era un’altra persona, un uomo che non avrebbe mai smesso di amarmi per tutta la vita. Quando cominciò a penetrarmi, la figa era bagnatissima, la sua lingua esperta era riuscita a portarmi in paradiso e il cazzo era pronto a fare il resto. Lo accolsi dentro di me con un senso di liberazione, finalmente stavo scopando con l’uomo che amavo, lo facevamo in armonia, senza trivialità e con piena soddisfazione per entrambi, il suo pene duro e pulsante, aveva preso possesso della mia vagina e con movimenti morbidi e delicati mi riempiva e si muoveva deliziosamente trasmettendomi sensazioni eccitanti. Per seguire i movimenti del suo corpo, avevo poggiato le mani sulle sue natiche muscolose, le accarezzavo con tenerezza e pensavo che per la prima volta ero posseduta da un uomo speciale. Sentivo il ritmo calmo del suo respiro sopra di me, non aveva fretta di finire come spesso succedeva a mio fratello Alessio, lui sapeva aspettare, mi avrebbe atteso fino a quando avessi voluto. Mentre scopava, mi succhiava i capezzoli con molta delicatezza ed esperienza, li teneva dolcemente tra i denti e con la lingua li carezzava con dei colpetti delicati. Mentre faceva quel giochino gemevo via via sempre più forte, avevo un seno molto sensibile e il piacere che ne ricavavo si rifletteva la dove il mio uomo affondava il suo membro. Entrava e usciva sempre più velocemente adesso e mentre con il movimento dei miei fianchi rispondevo alle sue spinte, cominciavo a sentire un certo languore invadermi il corpo. Ora capivo la vera differenza tra questo rapporto d’amore e gli altri, compiuti unicamente per soddisfare i più bassi istinti sessuali. Mirko era felice, aveva ritrovato la donna dei suoi sogni, non gli importava che fossimo fratelli, perché i nostri corpi si appartenevano da sempre. Gli restituii il sorriso e mi abbandonai al piacere in modo totale, mi sentivo come dentro un turbine che ci stava avvolgendo. Da qualche minuto aveva cominciato ad accelerare i movimenti del bacino, mi piaceva da morire quel dolce vai e vieni sentivo la mia figa piena di umori che penetrata, produceva un dolce sciacquio il suono del mio stesso sesso mi eccitava da morire, continuavo a partecipare al coito con decise spinte dei fianchi e a tratti roteavo il bacino compiendo la figura del numero otto, in quel modo potevo sentire meglio l’eccitazione del cazzo che mi frugava dentro. Ero felice come lo era lui, ero pazza d’amore e sapevo con certezza che il mio uomo mi amava davvero. Da come ci muovevamo in sintonia intuivo che tra poco saremmo venuti insieme, lo sentivo dal momento che lui ormai gemeva e sospirava sempre di più ed anche io stavo per avere l’orgasmo. Il mio sguardo spiava il suo volto teso e sognante ed io al culmine del piacere gli dissi: “Mirko come è bello fare l’amore con te, sto godendo tanto, ohhh amore mio aspettavo da tanto questo momento sapessi come ti sento grosso dentro di me, ti sento così tanto che sto per svenire ahhhhh siiii, continua così, ora ci sono quasi amore, sto venendo, sto venendo di brutto, ohhhhhh che belloooo”, durante l’orgasmo le spinte dei miei fianchi continuavano ad inseguire le ondate di piacere che mi scorrevano violente lungo la schiena e tra le mie gambe e ad ogni spinta urlavo il mio piacere sempre più forte. Lui si era eccitato talmente ad ascoltare le mie urla, che venne subito dopo di me e ad ogni movimento del suo bacino sentivo il seme inondarmi con lunghi getti caldi. Mentre continuava a danzare dentro di me, i suoi fianchi erano scossi da tremiti convulsi. Eravamo felici, avevamo goduto tanto e prima di baciarci ancora, i nostri visi si illuminarono di un bellissimo sorriso, la felicità era palese in entrambi e fu allora che io, travolta dalla tenerezza pensai: “far l’amore con Mirko è stato meraviglioso, lo amo così tanto che vorrei avere un figlio anche da lui.”
     
    Top
    .
0 replies since 27/5/2013, 11:15   6077 views
  Share  
.