nella casa del giudice

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    Quest’avventura incestuosa ebbe un suo inizio molti anni addietro quando io e mia sorella avevamo soltanto 21 anni io e 18 lei. Io mi chiamo Mario e la mia dolce sorellina si chiama Elena. La mia povera sorella ha avuto sempre un problema: non riusciva, né avrebbe mai potuto riuscire ad abbronzarsi. La ragione era semplice: mancanza di un ormone chiamato eu melanina. Inutile dire che al mare dove andavamo tutti gli anni prendeva bagni, si scottava, ma tintarella neanche a pagamento. Miracoli indisponibili. A mio giudizio la cosa non era affatto tragica; era bianca sì e non si abbronzava molto, ma mozzarella trasparente proprio no. La sua pelle era di un bel bianco purezza. I suoi boccoli castani, ma solo tendenti al biondino le donavano moltissimo. Era stata fortunata con gli occhi: un bel paio di occhi azzurri. Anche il corpo, tutt’altro che da vamp, faceva la sua figura per proporzionalità e finezza. Il difetto forse era nel seno che non superava la 2° misura. Chissà con gli uomini forse il vero difetto era quello non certo la mancanza di abbronzatura. Ricorderò sempre con il cosiddetto cuore in gola le sue splendide coscette per niente magrissime, anzi ben tornite. Decisamente una bambolina con poche tette nonché – mi perdonerà se ve lo dico – tappetta; sul davanti però abbastanza ok mentre dietro tuttora vi assicuro che è tutto a posto quanto a forme. Voi direte: ” … e te ?! Che ci dici di te ?” Beh che vi devo dire ? Mia sorella troppe critiche non me ne fa; sono di media corporatura e sono alto un metro e settanta, mentre Elena non supera uno e cinquantaquattro. Riesco ancora ad evitare la pancia facendo sport regolarmente: calcetto con gli amici, uno dei quali Roberto crede di essere il fidanzato di Elena, ma in realtà è solo un povero cornuto. Quando mi passa la palla neanche sospetta quante volte me la sono potuta scopare da quando sta con lui. Vero che per avere campo libero nella sua vagina ho dovuto aspettare degli annetti (la verginità davanti era l’unica cosa sacra che volle perdere fuori da casa; il che non impediva di carezzargliela)… Devo dire che la cosa oggi come allora mi diverte anche perché io e mia sorella godiamo un mondo ad ingannare la società tutta. Il piacere dell’inganno ci fa sbrodolare meglio e cerebralmente entrambi. Mica freghiamo soltanto i nostri poveri genitori e parenti. Qui da noi in provincia abbiamo abbastanza occasioni per socializzare con i coetanei. Praticamente è impossibile non incontrare nessuno. Chi scegliesse sua sponte il romitaggio verrebbe comunque bollato come pazzo ed isolato. Noi invece la vita sociale non ce la siamo mai veramente negata. Adv Oggi abbiamo rispettivamente 34 e 31 anni e di scopate ce ne siamo fatte a iosa. L’argomento fino ad oggi non l’abbiamo mai affrontato ma io personalmente sarei disposto a continuare anche dopo i nostri matrimoni rispettivi. Certo non che la cosa non abbia i suoi rischi; in una grande città saremmo anonimi e dispersi; viceversa qui in paese rischiamo sempre la marca da bollo sbagliata. Scopiamo sempre e solo tra le mura di casa quando i nostri vecchi non ci sono. La nostra prima volta fu d’estate durante un temporale da nuvoloni scurissimi. Io non ero che un ometto che si era stufato di farsi seghe. Non avevo nemmeno ancora i baffi sopra il labbro. Mia sorella Elena spiandola dal buco della serratura del bagno vidi che aveva i suoi bellissimi e primissimi peli di fica non proprio biondini come lei. Forse un po’ lunghetti ma col tempo imparò ad accorciarseli da sola … benché bassa era comunque molto bella ed io non avrei mai sospettato fosse anche molto troia. Ancora mi piacerebbe sapere cosa l’abbia resa sessuomane fin dai 16 anni (come ebbe poi a confessarmi per alcune toccate umide che aveva preso a farsi da sola con regolarità). Io i miei giornali pornografici li ho sempre tenuti nascosti e tenuti sotto chiave, i miei non li ha visti di certo quando aveva - poniamo - dodici anni. Può darsi che abbia visto trombare i nostri genitori e di conseguenza abbia imparato qualcosa. Comunque quando me la diede sapeva già cosa fare per farla godere copiosamente. Sì il mio cazzo, molto tempo dopo poté godere di una magnifica doccia calda mentre ero beato dentro di lei. Il mio batacchio già da quando avevo 14 anni era un bel cazzo svettante e dritto,- immaginate la mia felicità nello scoprire che restava dritto dei minuti! -. A quell’epoca andavo orgoglioso dei miei 15 cm per 3,5 anche perché col tempo diventarono 18 in termini di lunghezza mentre la sua piccola ma elastica fica non è poi cambiata di molto. A me piace considerarmi come colui che gliel’ha tenuta in allenamento. Il suo monte di venere è sempre stato con la peluria ordinata. Le sue grandi labbra formavano una emme rovesciata perfetta e simmetrica e libera dai peli. Leccare lì era sempre un piacere. Dolcissimo alla lingua il suo piccolo clitoride massimo simbolo della sua innocenza di ex teen ager. Iniziammo con esperienze di masturbazione reciproca: carezze contro seghe. Dopo qualche mese mi lasciò leccare la sua passerina, cosa da cui trassi insieme a lei molto piacere, ma ci mise del tempo ad avere il coraggio di prendermelo in bocca. Ma andiamo con ordine: 18 agosto 1994, un paesello umbro, in teoria una giornata come tante. Da noi in Umbria si rischia facilmente di cadere nella noia se si sta troppo a casa. La noia della montagna. Il silenzio della natura, la freschezza di alcune stagioni come l’autunno. Le giornate passano sempre uguali per dei 20nni se non hanno la patente B quando non incontrano spesso i loro coetanei se non quelli del paese al bar o in piazza. Il nostro è un condominio con otto appartamenti su tre piani poco distanti dalla stazione dei pullman del paese. I nostri genitori sono padroni sia della nostra casa che della casa al piano di sopra dove abita come inquilino un anziano magistrato che va via in vacanza 20 giorni ad agosto. Mia sorella ed io, gentili vicini, avevamo la chiave per portar da mangiare al suo gatto siamese finché è stato vivo. Ci piaceva quel gattone obeso di nome Remo. Lui se potesse parlare ci sputtanerebbe e non poco. Fu lui a vedere la nostra prima masturbazione. Io ero nella cucina a preparare la scatoletta di carne; Elena in bagno a lavare la sua ciotola per prevenire l’attrazione dei vermi. Indossava una maglietta bianca ed un paio di shorts rossi cortissimi e larghi di gamba che gli avevo notato già da casa per quanto erano corti. Strano che nostra madre non le avesse detto niente. Poi venne da me a mettere il cocktail di carne nella ciotola di Remo. Portò la ciotola in soggiorno perché lì Remo era abituato a mangiare con il padrone impenitente scapolone sospetto moralista. Mai che avesse portato una puttana in casa. Solo libri e qualche faldone che non osavamo aprire. Cavoli suoi quelli e di chi ci era capitato ! Il nostro inquilino era uno di quelli che si portava il lavoro a casa evidentemente. Elena si chinò per dare la ciotola a Remo ed io notai un po’ di pelo pubico fare capolino da quei suoi shorts rossi talmente corti che si potevano considerare inesistenti. Agii d’impulso, allungai il medio della mano destra ed iniziai a cercare di frugarle la passera dapprima con il solo polpastrello di quel dito poi anche con le altre dita. Le massaggiai anche l’inguine con indice e medio; liscio e caldo. Ero pronto a dire che scherzavo, mi aspettavo che si voltasse a darmi un bel ceffone ed invece ecco che invece si sposta e va ad appoggiarsi col petto sul bordo del carrello porta televisore. Continuò a tenere la posizione con cui avevo cercato di frugarla; era il suo invito a continuare. I suoi occhi quasi socchiusi guardavano di lato al bordo della tv. Tornai ad infilare le dita sotto i pantaloncini. Le mutandine si erano allentate ed anche gli shorts ormai stavano calandosi seppure di poco. Non diceva niente: ero in presenza di un vero e proprio assenso. Calai i pantaloncini e le mutande fino a mezza coscia. Le gambe di mia sorella erano poco aperte per niente larghe; la mia mano però ci passava comoda. Si era messa alla pecorina e la sua t-shirt copriva metà delle sue natichette rosa. Massaggiavo con la mano destra, il suo respiro si faceva sempre più affannoso. Le muovevo le dita contro le grandi labbra avanti ed indietro, sopra e sotto, e circolarmente, poi ancora avanti ed indietro finché dopo tre sussulti vocali, tre ahahnnnnnn, mi sentii bagnare le dita dalla sua fica che aveva abbondantemente ceduto al mio stimolo manuale. Mi chiese di continuare fino a quando la sua fica esausta non si raffreddò, bagnata ed appagata. Si rimise in piedi e dopo essersi tolta la maglietta potei vedere le sue tettine acerbe dritte per l’orgasmino appena goduto. Le toccai il capezzolo sinistro ancora duretto. Mi avvicinai a succhiarglielo, avidamente dopo pochi secondi, lei affettuosamente mi baciava solo la testa. Poi cercò la mia patta dei pantaloni per sbottonarla mentre le baciavo il seno e dopo aver tirato giù la lampo il mio cazzo si ritrovò nella sua manina gentile e calda che provava a scappellarlo. Ormai era dritto, grosso e duro. Quella prima volta avrei già voluto penetrarla ma lei me lo impedì. Ogni tiro del cazzo mandava la punta del glande a sbattere contro la coscia esterna, la calda pancia, le grandi labbra, la peluria, di nuovo la coscia e l’ombelico. Continuando a tirarmelo, si voltò, e mi fece strusciare la cappella viola nell’incavo delle chiappe fino a sfregarle l’ano tiepido e asciutto più volte. Si rivoltò, mi leccò la guancia tre volte, e dalle mie palle partì l’impulso che mi fece venire sul suo corpo di fresca non ancora ventenne. Le schizzai abbondante la coscia ed il basso ventre. Lei se lo spalmò tutto addosso. Il gatto, ignaro ed incurante di quei due maiali in casa con lui, aveva continuato a mangiare. Elena ormai seminuda andò in bagno a lavarsi. Io mi rimisi l’uccello nelle mutande e scesi dabbasso. A nostra madre dissi che Elena era rimasta su a pulire la ciotola del gatto e doveva pure cambiargli l’acqua. Il magistrato padrone di Remo sarebbe tornato non prima del 2 settembre e così avemmo altre occasioni di sborrare nei pavimenti in quella casa che poi mia sorella ripuliva. Se non ricordo male otto giorni dopo convinsi Elena perché accettasse un 69 o quantomeno una “leccata di scambio” alla sua fica e lei al mio cazzo. Lo facemmo di gusto quel quasi 69 stesi nel bagno del vicino ma lei non se la sentiva ancora di prendermelo in bocca per intero; me lo spippò e baciò ma niente palato o lingua piena da parte sua oltreché niente penetrazione in fica. Forse ma potrei aver sognato la punta della lingua sul prepuzio dopo avermelo scappellato. Lei mi bagnò tutto il viso con la sua piccola passera inzuppata dalla mia lingua aratro; io in dieci minuti le sborrai su guance e collo. Non prese il mio sperma sulla lingua. Aveva paura che il sapore non le piacesse. Finimmo soddisfatti e lei dopo aver lavato le mattonelle dal nostro sudore mi mandò via e mi disse che avremmo dovuto essere più guardinghi da quel momento in poi. La prima cosa da fare era impedire che i nostri genitori sospettassero qualcosa. Proposi di metterci d’accordo. Ogni volta che uno di noi riteneva possibile andare nell’appartamento del magistrato (quello di sopra) con lui assente (era ovvio) faceva cadere senza muoversi da un mobile o dal letto (che però vedemmo presto che cigolava; scartato!) tre biglie di vetro; di questi rumori eventualmente si poteva tranquillamente dare la colpa al gatto Remo. Il segnale voleva dire “sono qui ti aspetto entro un’ora”. Bisognava solo far finta di uscire poi ritornare segretamente a passo felpato ed a piedi scalzi (vietatissimo usare l’ascensore e le scarpe che sui gradini si sentono). Io o Elena recitavamo a turno rispettivamente la parte di quelli che escono o vanno a dar da mangiare al gatto prima di uscire. Dapprima solo durante le ferie del signor giudice; poi tutte le volte in cui era assente. Depravato non era il nostro sesso che ci concedevamo con gentilezza, e pulizia nei limiti in cui si poteva, senza forzature; depravato maiuscolo era la nostra pianificazione e complicità nell’incontrarci. Quella sì ci rendeva degni del codice penale! Farlo poi in un appartamento di un uomo di legge ci rendeva euforici. Vera euforia ! E la cocaina se la prendano cretini ed impotenti ! La mia bella sana sorellina mi attese una volta per quasi un’ora, una vera ora di sessanta minuti. Tutti da trascorrere. Nostro padre a lavoro, ma nostra madre non ne voleva sapere né di uscire né di andare a dormire per la pennichella pomeridiana. Quel giorno di marzo 1998 scoprii dopo una cinquantina di “quasi scopate” che Elena ovviamente non era più vergine davanti. Fu durante la solita eiaculazione che mi concedeva da un po’ di tempo nell’ano senza infilarlo troppo e con lei di fianco (perché alla pecorina le faceva troppo dolore) che le misi anche una mano davanti per massaggiargliela e magari esplorare meglio la sua fica dato che non lo facevo sempre. Istintivamente cercai di introdurre l’indice e il medio tra le grandi labbra col polpastrello del pollice sul clitoride e l’anulare sotto l’inguine a sfiorarlo anch’esso e non trovai l’imene che ero abituato a sentire e trattare con delicatezza … mi disse che doveva abituarsi all’idea; se sapevo aspettare avrei avuto anche La Sua Passera per una congiunzione vera. La verginità non volle perderla con me; almeno quella con un altro uomo … compresi perfettamente e le diedi un bacio di conferma. Mentre ricordo che nel ‘94 quando mi concesse la prima leccata di fica mi chiese dopo avermi mostrato l’imene:
    “Devi rispettare la mia verginità… ! Quella è l’unica cosa che non voglio regalare trasgredendo...”
    “…beh certo…”
    Ero un po’ deluso ma razionalizzai presto; poi lei mi invitò all’assaggio del suo sesso: ce l’avevo davanti nei particolari, pulita, fresca. Orgogliosamente tenuta.
    “… beh … lecca dai ! Ti piacerà senz’altro! L’ho lavata bene mentre ti aspettavo.”
    Presi a leccarla con la leggerezza di ali di farfalla. La sua fica piccola e caldissima mi compensava nella lingua con il sapore dell’innocenza. Odore di sapone fresco e sapore di pescetto bollito. La fica sempre più calda alla lingua di una diciottenne tutta per me. Raccoglievo avidamente le punte delle sua lacrime salate. La sentivo gonfiarsi, pulsare ad ogni mia slinguata. Punta della lingua nello spacco e lingua piena sulle sue grandi labbra. Imparai ad “incassare qualche pelo”. Le sue chiappette bianche e rosee erano prigioniere tra le mie mani che ne venivano carnalmente e scaldate e le mattonelle. Il suo bacino un tutt’uno con la mia faccia. Le mie palpebre a carezzare il suo monte di venere. Il mio naso le toccava ormai ritmicamente il clitoride gonfio. Quando sentì che sarebbe venuta mi chiese di allungarle una mano davanti alle labbra e diede libero sfogo alla sua voce smorzata dalla mia mano destra a mò di silenziatore (nostra madre di sotto era a casa). Mi lasciai mordere; desideravo la sua bocca e la sua saliva calda per la tensione di quei momenti. Sentivo i suoi denti far presa dal mignolo al medio a mano chiusa e piatta. La mia eccitazione raggiunse l’acme. Lei lo capì, prese il mio cazzo e qualche attimo dopo avermi baciato palle e cappella, con delle amorevoli e decise smanettate mi fece venire tra le cosce sporcandole poco i peli. Verginità salva, del resto lei aveva 18 anni. Meno di due anni dopo quei giochetti (che trovavano un limite nei giorni del suo ciclo, nella presenza a casa del giudice, e nella nostra dei nostri genitori), e qualche giorno dopo il mio 20mo compleanno Elena disse che mi avrebbe fatto eiaculare nel culetto dentro senza preservativo; il cazzo però non dovevo ficcarlo tutto. Mi avrebbe regalato quella sensazione di pienezza del rapporto. Purché alle sue condizioni. Decideva lei la posizione, quanto cazzo doveva entrare, ed il quando. Era un freddo novembre del ’98. Il nostro giudice era sceso in Sicilia per la ricorrenza dei Defunti. Ci aveva telefonato che sarebbe rientrato per il mattino del 4. Avevamo 18 ore per le nostre porcate nella casa e ripulire tutto. Dopo pranzo Elena disse a noi che sarebbe andata da Mirella a studiare un po’ . Si vestì con un piccolo tailleur grigio con la gonna al ginocchio e la camicia bianco avorio. Elegantissima come sempre. Nostro padre a lavoro dalla mattina e nostra madre uscì verso le quindici per andare dal tabaccaio a giocare a lotto. Bene ! Era distante mezz’ora di cammino, calcolai che mia madre sarebbe stata fuori un’oretta buona. Aspettai il segnale ed intanto per ingannare il tempo mi andai a ri lavare il pisello. Mentre me lo asciugavo sentivo il segnale convenuto trasmesso dal nostro soffitto: Tre colpi secchi di biglie. Infilai di corsa i jeans con la sola felpa sopra il mio torace nudo e mi recai di sopra mentalmente già eccitato. Il cuore mi batteva. I vicini chissà se si facevano domande… quella piccola indeterminazione però ci faceva piacere. Mi sentì arrivare e trovai la porta accostata; entrai:
    “…finalmente !”- Dissi facendo per abbracciarla. Lei mi respinse e mi indicò la cucina.
    “…dove mangia Remo ?! C’è puzza di scatoletta !”
    “…shhhhh!” Mi rispose lei secca !-“ci sentono! Cazzo ! Parla piano! La vecchia ci viene dietro la porta ! L’ho sgamata ieri dallo spioncino mentre davo da mangiare al gatto,…”
    “…la vecchia ?”
    “…al giudice sta antipatica ! Si impiccia da qualche tempo e secondo me sa qualcosa !”
    “Pure quella mò !”
    “Perché cazzo non vieni a piedi nudi ?! Con quelle Naike ti sentono a dieci metri ! Vaffanculo!”
    “Ma che ti prende insomma?”
    “shhhhh !”
    Sentimmo un rumore dal pianerottolo. Era la vecchia, la signora Greta di 73 anni insegnante elementare in pensione. Suonò. Mi consultai con lo sguardo con Elena. Mi fece segno di andare in bagno e lavare la ciotola. Poi andò ad aprire.
    “Salve signora !...come va ?”
    “E voi ? … Tutto bene con Remo? Il signor giudice non c’è, vero ?!”
    “Sì, mio fratello gli sta lavando la ciotola … poi gli diamo da mangiare, puliamo in cucina ed andiamo via.”
    “Ah …”
    “Serve qualcosa signora ?”
    “No, … ma lei signorina … non doveva andare a studiare dalla sua amica?”
    “… certo !… ma … Remo mangia solo se sono io che lo guardo … è un suo riflesso … ”
    “… certo, e … beh; ma anche col giudice fa così ?”
    “Credo di sì … ma perché me lo chiede ?”
    “Nulla … ma non ha ancora telefonato il giudice ?”
    La vecchia era venuta per curiosare. Mia sorella però la teneva sulla porta. Eravamo noi dopotutto i fiduciari del magistrato.
    “Sì due ore fa a casa nostra però …”
    “… ah sì … e … quando arriva ?”
    “Domani mattina signora.”
    “… e se trova tutto questo disordine ?”
    “Ma pulisco io signora! Stia tranquilla”
    “ Ma lei ha questo bel vestito no? Se si macchia? … Non vuole che l’aiuti?”
    “… ma si figuri alla sua età … la dovrei far lavorare ?!”
    La vecchia non demordeva ma essendo sola e per niente stimata dal nostro amato inquilino forse era normale che si comportasse così.
    “oh ma lei non è sola … ma è suo fratello ?... vero ?...Studia lui ?!”
    “Sì signora ma non ora ! Non disturbiamolo. Lui ora sta lavando in bagno … così ci sbrighiamo …”
    La vecchia volle entrare per controllare; non volendo insospettirla Elena non ebbe a ridire … Io avendo intuito mi davo da fare con lo spazzolone sul pavimento. La salutai col sorriso e noncuranza. Dovevamo togliercela davanti. Ma tu guarda !...idea ! Avevo appena notato del lexotan nello stipetto del bagno. Innocuo. A quell’età bastano dodici-quindici gocce e … buon sonno! Feci segno ad Elena di andare in soggiorno con la scusa di andare a vedere cosa faceva il gatto. Elena ci riuscì a farsi seguire dalla sospettosa seccatrice. Benedetto Remo e i suoi giri per casa! Infatti Remo affamato fece strada. Io andai in cucina a preparare un caffè decaffeinato che il nostro giudice beveva a fiumi a giudicare da quanto ne aveva in credenza e preparai tre tazzine; tutte e tre truccate. Mia sorella non c’era pericolo che lo assumesse: il decaffeinato le faceva schifo. Io il lexotan lo conosco e mi fa solo stare meglio. Dodici gocce poi un toccasana! Per me, non per la vecchia. Dieci minuti dopo mi presentai in soggiorno col vassoio. Elena l’aveva fatta accomodare sul sofà.
    “Signora, gradirebbe un piccolo caffè; è una miscela arabica ! Il giudice mi disse di averla comprata in Egitto l’anno scorso; ne ha ancora molto da parte. Le andrebbe ?
    “Ma non so se … il giudice insomma!...”
    “Signora ! Al giudice non dispiace … sa… gli diamo noi da mangiare al gatto ! Non se ne accorgerà neppure. Lui stesso ne beve poco !”
    Il caffè fumava e la vecchia impicciona cedette felice di scroccare.
    “Ma sì … tanto non glielo diciamo mica … vero Elena ?”
    “No, stia tranquilla! “
    Elena le sorrise ma capendo o intuendo non bevve il suo. Accesi la tv con la scusa del calcio e a basso volume la vecchietta semicieca ci mise poco a crollare sul divano dopo un paio di sbadigli pieni. Dopo due minuti essendomi accertato che il cuore batteva regolarmente provai a scuoterla e niente ! Perfetto. Avrebbe dormito profondo almeno un’ora! La adagiammo meglio sul divano. Poi andando a prendere una coperta gliela passammo sotto il corpo, poi dato che la vecchietta era magra e leggera (55 kg per uno e quarantotto di statura a sentire lei e la sua bilancia … bla … bla …) dissi a mia sorella di trasportarla a casa sua. Le prendemmo le chiavi ed andai di corsa ad aprire la sua di porta. Tornai e dissi ad Elena.
    “Prendila, … sì con la coperta,… di lì e lì - … e per il Cielo !- non mollarla!...al tre!...”
    “Ok … vai !”
    “… uno … due … tre!”
    La prendemmo per la coperta e tenendola a mezzo metro da terra la trasportammo per un lungo minuto fino a casa sua. La adagiammo sul suo letto e dopo esserci ripresa la coperta, lasciatala lì a dormire, tornammo nella “nostra“casa del giudice.
    “Porca troia ! L’hai sentita la bacucca ? “Non devi andare a studiare ? …” Quella ci sta proprio spiando a casa nostra !” Disse Elena seccata.
    “… vuoi lasciar perdere ? Per stavolta forse è meglio che …”
    “Che vada affanculo ! E la prossima volta raddoppia la dose ! … Quanto gliene hai messo ?”
    “14 o 15 non ricordo bene !”
    “Bah … andiamo a dar da mangiare a Remo !”
    Demmo da mangiare al siamese che continuava a strusciarsi su me ed Elena ai piedi e gambe. Eravamo i suoi amorevoli graditissimi padroncini sostitutivi. Mangiò e poi andò sul suo amato tappeto del soggiorno. Spensi le luci inutili. Fummo liberi. Volevo parlare liberamente con la vecchia fuori dalle palle. Elena mi disse di riprendere a parlare piano. Nostra madre poteva già essere tornata. Fanculo alla vecchia che ci ha fatto perdere tempo. Tutto il dialogo era sussurrato. Mi tolsi le scarpe avendolo visto già fare a lei. Mettemmo le scarpe sotto il mobiletto dell’ingresso. Mi disse di andare in cucina. Chiesi:
    “Perché …? Abbiamo sempre fottuto in bagno!”
    “Più siamo lontani dalla vecchia meglio è … metti che si risveglia?! Io non vado certo a riaprire !”
    In cucina si tolse la gonna e la appese ad un sedia. Poi lasciò cadere le mutandine e prontamente gliele raccolsi per baciarle un po’ il suo culetto ancora pienamente adolescenziale dalle forme benché piccole, sempre definite. Il suo pelo invece restò premuto contro il mobiletto del lavandino. Più avanti metà della serranda che finisce in balcone era calata. La luce era decisamente crepuscolare. Complice la freschezza dell’aria collinare che entrava nella stanza ci sentimmo felici, freschi, e rilassati. Lei da parte sua gradì quei bacetti estemporanei. Mi premeva e ricambiava le movenze premendo l’ano sulle labbra a scatti per il solletico, ansimando. Poi mi disse :
    “… Vedi se in frigo c’è un po’ di burro …”
    Andai a vedere. Ce ne erano varie formine rettangolari. Chiesi:
    “Beh … quanto ?”
    “Dai quattro almeno … ah c’è pure uno jogurt al cioccolato; ce l’ho messo io ! Prendilo!”
    Ritornai davanti a lei con lo jogurt e quattro formine di burro. Mia sorella Elena davanti a me con sola metà del tailleur. Avendola davanti le leccai anche la fica col pelo arruffato, bellissima! Gran cosa i preliminari del desiderio! Aprì affannando dal piacere la camicetta e mi chiese:
    “Strappami la maglietta!”: era evidente che voleva giocare un po’ prima.
    Gliela strappai, le succhiai i seni dopo averli stretti mettendole anche la mano sulla fica. Tranne che non potevo penetrarla, la possedevo ! Ormai giacca e camicetta non potevano avere più alcuno scopo se non quello di avermi arrapato opportunamente sbottonate. Il mio cazzo sotto i jeans chiedeva uno sfogo. Mia sorella lasciò cadere a terra i suoi ultimi abiti. Si spostò li raccolse come prima e la leccai sotto l’inguine come se l’assaggiassi la prima volta. Il solletico la scuoteva di tanto in tanto. Prese lo jogurt e se lo versò sulle tette e sulla fica. Leccai via senza chiedere. Ne era rimasto metà e voltatemi le spalle mi disse:
    “Fallo cadere dalla schiena fino al culo … il gioco lo meno io !...ricordi ?”
    Così feci e quando le arrivò nell’ano dove lei aveva già dilatato le natiche mi comandò:
    “Tranquillo ! … è pulito ! Mettimi la lingua nell’ano ! Con lo jogurt ti sarà più facile …”
    Le leccai l’ano fuori e dentro con quella crema fresca al cioccolato. Quando finì ormai stavo prendendo gusto a leccarla lì nel suo buchetto roseo momentaneamente bianco e marrone. Lei intanto si era imburrate le mani a mia insaputa e dopo avermi sbottonato (ed unto) i jeans prese il mio cazzo e dominatolo lo scappellò ben bene. Lo bagnò sputandogli e con la saliva sulla cappella rossa enorme ed iniziò ad imburrarmelo con la sua manina sapiente e leggera. Due formine partirono solo per il mio pisellone. Con la destra continuava a menarmelo. Con la sinistra si imburrava l’ano mentre io le baciavo in piedi le labbra cercandole la lingua ed un po’ di saliva da scambiare; con la mia mano sentivo anche un po’ suoi capezzoli già turgidi. Mi lasciò fare due minuti poi mi sussurrò continuando a menare il cazzone:
    “Ora mi stendo di fianco,… mi spiace adattati !...vieni qui sotto. Alla pecorina ho già provato da sola con una bottiglia e non ci riesco ! Tu baciami il collo, la schiena, quello che vuoi insomma … vedi dove riesci ad arrivare ! Ehi Mario ! Io mi volto, … ma la fica, La Mia Fica non si svergina ! Mario ! Rispettami lì ed avrai tutto il resto!...Sarò felice di soffrire dietro per te ! Potrai aprirmi tutta nel culo, ma la fica me la puoi solo massaggiare, come al solito ! … ma sì !...massaggiami anche la fica se mi vuoi bagnata !... struscia la cappella su di me! … poi solo quando sei sicuro che stai per sborrare scosta una chiappa e premi col cappellone nell’ano. Mi farai un po’ male … ma non esagerare ! Premi, entra, e vedi di sborrare in quattro, cinque,… otto colpi !...naturalmente dovrai impedirmi di urlare! Quando senti che sto per urlare tappami la bocca con la mano! … ma bada bene !...non il naso !... se no rischio l’asfissia durante le contrazioni…”
    La sua decisione mi arrapò. Presi a leccarla e baciarla steso da dietro menando, strisciando e scaldando il mio cazzo contro il suo culetto adolescente. Ogni tanto si voltava per baciarmi in bocca e strusciarmi di pelo con la fica vergine. Il fracosce non voleva rischiarlo se no godevo subito come era successo altre “innocenti volte” ! Ce le aveva belle calde! Mi baciò la punta del cazzo più volte, mi spiaccicò per un minuto o due la fica in faccia, e gliela leccai devoto, cercando di assaporarla più che potevo … poi tornando a voltarsi mi rimise il culo in posizione, stesi entrambi a formare una doppia esse, di fianco ormai sotto il tavolo in penombra. Le leccai la nuca e dietro le orecchie, le misi la mano tra fica ed inguine; lì sotto era bollente e zuppa, ma la fica non si poteva avere … il mio arrapamento ed intostamento cresceva; era il momento! Le passai la sinistra sotto il petto e le tappai la bocca avendo cura di lasciarle libero il naso. Con la destra poggiai il cazzone duro sull’ano; cercai di dilatarlo introducendo il dito medio… ma per il mio cazzo in tiro ci vollero degli angosciosi lunghi secondi … hummmmmmf ! Sentii l’aria compressa caldissima in giusto sfogo uscire dai suoi polmoni al suo naso sulla mia mano. Lei soffriva perché io ero dentro. Il suo retto caldo contraendosi duramente avvolgeva il mio glande che non poteva dirsi ospite gradito. Provai ad avanzare … uno ,… piano mi dicevo … ancora un colpo … piano … ok mezzo dentro... pensavo.
    “Muoviti piano !... non tutto Mario, … uhmmmmf….non tutto, muoviti !... uhmmmf dai ….”
    Andai avanti indietro respirando liberamente e mollai un po’ la presa sulla bocca per farle riprendere fiato. Rantolava quasi isterica, ma non urlava (c’era da sperare che nostra madre fosse assente sotto):
    “Ah ! Ahn ! … Ahi … sì dammelo ! … ahi… ahi…ahnnn… e dai ! Sparala stà fiocina ! …ohi che duro! … cazzo … dentro … lo voglio … dentro !..ahi, ahi…”
    “uh…uhmf”
    “Sono Elena di Troia… sono una sorella troia!...uh !...ahi…sì…ahi… fottimi il culo Mario ! Fottimi il culo po …ahi…porco…ahi… ahi…fotti por…ahi…porco !... dai… chissà da quanto…ahi… lo volevi… dai…ahi, ahi, …uhmmmmm, ahi!...”
    “ahnn…ahn…ahn…”
    “Sai inculare bene Mario … ahnnn … ahi sono …ahi…fortunata a darlo a a…hi…ahi a te a darlo a te…fottimi… ahi … ahnn … fotti dai… menali stì colpi !...”
    Cominciavamo a rantolare entrambi a voce alta. Cercai di contenere la mia respirazione. Non potevo però finire in debito d’ossigeno e viceversa anche lei doveva sfogarsi. Mi dispiaceva ma dovevo smorzarla, nostra madre poteva essere già di sotto. Le rimisi la mano davanti alla bocca dopo averle baciato la guancia teneramente. Il mio possesso su di lei aumentò per avergliela tappata. Cercò di sopportare in silenzio, o dandomi dalle sue labbra dei rantolini sussurrati quando aprivo un po’ le dita davanti alle labbra che mi eccitavano e dopo un buon minuto di sudata nella felpa (che non mi ero tolto) col cazzo incastrato in quel piacevole tunnel stretto mi sentivo i coglioni caricare … potenza ! Circolazione alla base delle mie palle, potenza che usavo per menare dei colpi… Colpo, colpo ! … e sì!... col terzo fendente venni dentro di lei. Avevo fottuto il culo a mia sorella di poco più di diciotto anni ! Mezzo cazzo ingoiato pompava il mio caldo fiotto di sperma … Restammo abbracciati e congiunti a dormire una buona mezzora. Avevo avuto il Suo regalo di compleanno. La sua schiena, sudatissima per la tensione e per il dolore della prestazione del suo culo quasi bagnata si scaldava sulla mia felpa ancora indossata. La proteggevo con le mie braccia mentre lei mi teneva caldo il pisello moscetto e appagato ma sempre dentro di lei. Un caldo torpore di solidarietà umana e complicità ci aveva avvolti e quietati, poi all’improvviso il familiarissimo rumore dell’ascensore ci svegliò riportandoci alla realtà. Nostra madre doveva essere rientrata pensammo all’unisono. Ci capimmo a cenni. Ci staccammo. Mi rivestii io per primo e ritornai a casa dopo una lavata sommaria a distrarre nostra madre in attesa che tornasse papà. Mia sorella ancora nuda dopo aver ripulito tutto simulò un’assenza di un’altra ora quindi tornò a casa. Quella sera, inaspettatamente, i nostri genitori ci chiesero se potevano lasciarci soli. Volevano – pensate un po’… - un po’ d’intimità per loro due. Ma sì dicemmo … “… ce ne andiamo a mangiare una pizza! “ Quella sera uscimmo al supermercato a fare spesa di burro e jogurt poi dopo la pizza senza amici andammo col mio motorino nella nostra vecchia e spoglia casa di campagna. Il tempo di adagiarci davanti al caminetto sul tappeto polveroso, che la mia lingua leccava via i grumi di sangue amorevolmente dall’ano di mia sorella Elena che aspettava di urlare liberamente il masochistico piacere della nostra seconda inculata. Stavolta non avevamo neanche il vincolo del tempo...scopammo finché durò il burro e lo jogurt affinando le nostre movenze per un futuro reciproco piacere con meno dolore possibile … mia sorella si fece fare il pieno di sperma e saliva, mentre poco distante nostro padre lo faceva probabilmente a nostra madre. I pompini, nonostante i suoi 18 anni, sostanzialmente me li negava ancora, ma mi compensava col suo culetto ancora da teen ager. Lì era sempre felice di ricevere il mio seme caldo. Felice di essere riempita. Ci addestrammo anche a piccole sveltine di intense e brevi esplorazioni del suo retto e penetrazioni da “ultimo momento, ma dentro” da fare in camera nostra in casa quando i nostri non c’erano per breve tempo. Divenimmo veri e propri amanti e cultori del vero peccato. La nostra intesa divenne totale. Avevamo dei segni convenzionali: per esempio se mi faceva trovare la carta dello jogurt al cioccolato in camera mia voleva dire: ”Procurati l’erezione ! Il mio intestino è sgombro.” Restava solo da trovare il posto in cui farlo con i nostri vecchi fuori e poi la vita di sempre. Quando era disposta a darmi la passera con sborrata dentro, trovavo un petalo di fiore rosso tra i libri che leggevo in quel periodo. Se dovevo goderle fuori il petalo era bianco. Per il pompino un fazzoletto di carta ripiegato. Combinato col petalo rosso la traduzione era “te lo prendo in bocca con l’ingoio.” Pensate che avevamo iniziato con tre biglie di vetro … Col tempo (nel frattempo eravamo entrambi più sofisticati e più accorti nel donarci piacere) infatti potei fare anche la Piena conoscenza della Sua Vagina svuotandomi veramente dentro in congiunzione: però le circostanze in cui potei avere la sua vagina già sverginata (per amore?) da uno dei suoi ragazzi

    Alla fine Elena perse la verginità davanti alle sue condizioni; con un ragazzo di sua scelta che però non dovette rivelarsi un grande amatore. Tutto iniziò tra noi due per un pelo di passera che fuoriusciva dalle mutandine, quindi dagli shorts ultracorti di Elena. Forse lei a livello inconscio voleva fare sesso con me chissà da quanto. A differenza del rapporto col suo sverginatore, quello con me restava intenso e duraturo. Il poveretto invece era stato lasciato senza tante cerimonie. Dopo quelle nostre scopate anali lei decise di darmi anche quelle sensazioni cui avevo sempre bramato massaggiandole e leccandole la fica all’esterno. Avrei potuto scaldare la cappella tutta in quel caldissimo ed umido forno naturale che ci succhia lo sperma facendoci desiderare di spararlo dentro. Già da ieri che erano cinque giorni senza sesso anale con Elena fiutavo l’aria. Il nostro giudice era dovuto partire per la Lombardia per una rogatoria; sarebbe stato via quattro giorni. Passò di mattina presto a lasciarmi le chiavi con la lista delle scatolette per Remo: l’unico nostro testimone a carico … Informai Elena che avevo le chiavi di sopra e lei mi disse davanti a nostra madre che prima di andare all’università sarebbe passata lei a dare le scatolette a Remo e che quindi potevo uscire tranquillo dovunque dovessi recarmi; tranquillo veramente anche perché la simpatica spiona, la signora Greta che dovetti una volta narcotizzare, era ricoverata nell’ospedale dove lavorava il figlio per accertamenti. Niente spiate dietro la porta. A me personalmente che la vecchietta sospettasse qualcosa non dispiaceva affatto. Ero solo più eccitato all’idea … Mia sorella si recò di sopra a preparare il pranzo al gatto ed a noi l’ambiente. Dovetti vivere quelle due ore lunghe da far passare senza le tre biglie che cadevano … sospettai che forse oggi non era aria; comunque io stesso prima di uscire aspettando le tre biglie prendevo tempo. Ad uso e consumo di mia madre (papà era a lavoro) simulai anche una telefonata al cellulare in cui chiedevo a mia sorella Elena che mi riguardasse un attimo il calendario degli esami dalle bacheche dell’università. Poi mi misi a leggere un libro nella mia cameretta. In mezzo alle pagine trovai un petalo rosso di un fiore. Non ricordavo di avercelo messo; mia sorella essendo al piano di sopra doveva avermi sentito perché mi richiamò al cellulare:
    “…”
    “… allora sei in camera tua vero ? Ti ho sentito i passi da qui … Se non sei solo … dì soltanto di sì o di no.”
    “Sì, è qui nell’altra stanza …”
    Era vero. La mamma era nella stanza accanto. Non credo che potesse sentire la voce di lei.
    “Hai visto dentro il libro che stai leggendo Adv ?”
    “… proprio adesso sì …”
    “Ti avevo sentito infatti … senti, il giorno è oggi. Sì te la do! Quando il petalo è rosso ti spiegherò cosa vuol dire. Ora quello è il segno quando mi va di dartela…!”
    “Ah sì … sì, … è rosso, sì l’ho visto …”
    “… senti, tranquillo per la venuta dentro ! … ho preso la pillola …”
    “ Ah bene … non sai ancora se c’è l’esame …”
    “Mamma che fa ?”
    “Non glielo chiesto … ma è ancora a casa; ma insomma te la devo passare ?”
    “No. Tranquillo no. E se lei è vicina dimmelo così abbasso la voce …”
    “No, non adesso stavo leggendo un libro… ma tutto bene a lezione ? Ci vai ai seminari ?” – simulai un dialogo universitario.
    “Sì, ma allora non sei solo …”
    “No.”
    “Va bene, fai piano senza scarpe mi raccomando e sali su appena puoi … io ti aspetto. Se non hai mangiato ti ho lasciato un panino. La sai una cosa ? … Mamma è lì davanti a te ?”
    “No.”
    “Allora senti: il nostro giudice è pieno di porni … alcuni sono del 1976 … qui sotto il letto ce ne sono una ventina degli anni 80. Appena vieni vedrai tu stesso quanto è porco il padrone di Remo !“- non sapendo che commento fare dissi neutralmente:
    “Bene.”
    “Ah dimenticavo … il letto non cigola più. Sono riuscita ad aggiustarlo.”
    “Ok a stasera! Ah senti guardami nella bacheca se hanno messo l’appello…”
    La telefonata ebbe termine. Facendo finta di dover finire la lettura di quel libro me ne stetti in camera mia un’altra mezzora. Nostra madre, senza dare alcuna importanza alla nostra conversazione alla fine se ne andò a dormire per una pennichella pomeridiana. Ormai erano le due e mezzo del pomeriggio. Mia sorella doveva essere su già da mezzogiorno. Si era portata dietro un panino per sé ed uno per me. Dopo essermi assicurato che mia madre dormiva nel matrimoniale presi lo zaino e feci per uscire. Appena fuori la porta, richiusala, mi tolsi le scarpe e mi recai scalzo salendo gli scalini al piano di sopra presso l’appartamento del giudice. Con mia madre che dormiva era inutile far finta di uscire e poi tornare indietro. Mi sentivo una piccola euforia e sicurezza dentro di me. Andai direttamente e bussai tre volte rapide, ma piano piano. La porta si aprì e nel buio del corridoio mi aspettava mia sorella Elena, bellissima come sempre; indossava una maglietta aderente bianca e dei jeans attillati che davano non poca forma a quel suo culetto del quale sapevo ormai tutto, ogni piccolo anfratto. Sotto il braccio teneva la copia spiegazzata di un Le Ore abbastanza recente a giudicare dalla lucidità della copertina. Mia sorella sussurrò:
    “La mamma che fa ?”
    “Sono uscito che dormiva …”
    “Mi sono annoiata ad aspettarti e allora mi sono toccata in queste due ore con questi porni … hai sentito niente di sotto ?”
    “Veramente no. Ho aspettato le tre biglie. Ma rumori di quelli nostri no.”
    “Niente biglie. Io lo sapevo che mamma a quest’ora prova a dormire. Pensa se la svegliavo … insomma non hai sentito niente ? Proprio niente ? Io ho fatto rumore! “
    “No, ti dico!”
    Mia sorella mi mostrò delle macchie su dei fogli di scottex ormai spiegazzati.
    “Ho goduto. Significa che possiamo godere. Dabbasso non si sente. Capisci ?!”
    “Sì.”
    “Hai lavato il pisello ? Oggi ti do la fica e te lo prendo anche in bocca …”
    “Vado a lavarlo ora. Il bidet ce lo offre il giudice, vero ?!”
    “Cominciamo a fare i padroni vedo…”
    “… Dì ! Tu la fica che ti sei già fatta venire l’hai lavata ?”
    Mia sorella fu risoluta; mi fece segno di togliermi i pantaloni e le mutande. Lo stesso fece lei. In tre minuti eravamo tutti e due nudi, fratello e sorella, l’uno di fronte all’altra … si avvicinò a me strusciando i capezzoli contro il mio torace. Mi prese per mano e mi guidò nella vasca da bagno dove ci lavammo reciprocamente i nostri sessi. Come inizio fu complice, dovuto, -e perché no?- romantico. Mentre ci insaponavamo i sessi ero però un po’ a disagio e lo sono rimasto un paio di minuti quasi sovrappensiero, quando finalmente riuscii a focalizzare quello che volevo dirle mentre ci asciugavamo:
    “ … i padroni hai detto prima … mò che il giudice vede che i porni non stanno più come li aveva lasciati come la mettiamo ?...”
    “Sì ? Beh, vorrà dire che tu te li sei guardati un po’. Sei un maschio, no ?”
    “Forse hai ragione. Dove me la dai ?”
    “Sul lettone del signor magistrato. Non cigola più. Era la spalliera sconnessa…”
    Mia sorella del sesso con gli uomini ormai era pratica. Il pisello mi si era ingrossato parecchio da quando avevo percepito il disagio dello spostamento dei porni; stava diventando un cazzo che lei già da diversi minuti aveva preso tra le mani. Magicamente in quei due minuti di parole aveva già preso consistenza. Da parte mia le carezzavo il pelo come avevo fatto molte altre volte durante i preliminari del rapporto anale misto. Mi prese per il cazzo e mi guidò verso il lettone matrimoniale del giudice. Dapprima ci sedemmo sul bordo destro del letto rilassati prendendo a masturbarci manualmente con reciprocità. Nelle seghe mia sorella era sempre stata brava quasi per istinto atavico. Io già sentivo bagnarsi il suo pelo. Allargò un po’ le cosce per facilitarmi la smanettata massaggiante, mentre lei con maestria mi faceva su e giù con la sua mano destra. Mi chinai a succhiarle il suo capezzolo destro perché più a portata di labbra. Elena fece ciò che poteva per facilitarmi la succhiata che era già divenuta, nel volgere di pochi istanti, una mordicchiatina del suo piccolo seno. Lei cominciava a mugolare; segno che la mia lingua sul suo corpo cominciava a fare il suo lavoro … il ritmo della pippa si fece più veloce e del pari il cazzo più duro. Risalivo dalle tette al collo fino al viso, la sua guancia, le sue orecchie dove ficcai la lingua famelico. Cercai dopo mezzo minuti di escavazione linguale dell’orecchio le sue labbra e la sua lingua calda e salivosa speravo. La trovai quasi subito disposta ad incrociarsi con la mia. Bagnammo le guance della nostra saliva ben mescolata. Le mie dita là in basso stavano strofinando lo spacco delle labbra della vagina e si soffermavano di tanto in tanto sul clitoride ormai gonfio. Lei mi disse:
    “Mario ! Stenditi che te lo prendo in bocca. Ora hai una bella asta. La velocità con la mia bocca la decido io. Non mi forzare. Anzi, … allarga anche le gambe, così mi dedico anche alle palle.”
    Eseguii prontamente. Tenni la testa elevata un po’ dal cuscino. Non chiusi gli occhi per godermi il suo pompino al massimo. Li tenni ben aperti per vedere la sua boccuccia aprirsi ed ingoiare il mio cappellone già rosso dalla sega sopraffina. Esitò degli attimi, poi all’improvviso prese coraggio, respirò profondamente, abbassò profondamente la sua testa sul mio cazzo e me lo prese in bocca. Una bocca già calda e bagnata che diede magnifiche primaverili sensazioni al mio glande. Sentivo la sua lingua lisciarlo e lapparlo da tutte le direzioni. Quell’inizio di pompino era un turbinare di sensi amplificati dai colpi di lingua al centro della cappella, nel nostro punto più sensibile, poi sul prepuzio, ai lati … poi sentii di nuovo il freddo dell’esterno della stanza, il respiro delle sue narici sull’asta visitata anche dalla sua lingua che scese fino alla base delle palle, le umettò tutte di saliva e prese a succhiarne una con delicatezza mentre le sue tettine scaldavano le mie cosce. In quei momenti il cazzo restava dritto grazie all’ausilio della mano della sega, sempre calda e gentile, come solo una mano di una femmina può essere. Ormai affannavo e mi stava anche crescendo la libidine al punto che chiesi a mia sorella un 69. Accettò subito mentre aveva ripreso a slapparmi la cappella con delle sapientissime carezze alle palle. Si sistemò sopra di me e potei iniziare una famelica leccata della sua fica avido di ogni umore che ne veniva lasciato cadere. Interrompevo ogni tanto la leccata perché dovevo godere della sua bocca calda che andava su e giù dalla cappella all’asta e sostava sulle palle che ormai erano delle turbo palle. Sentivo alla loro base una sensazione di circolazione, di vita, di potenza, di scorrimento. Non c’era colpo di lingua alla cappella che non venisse accompagnato da una carezza ai coglioni diventati due reattori nucleari debolmente raffreddati dalla saliva di mia sorella Elena. I suoi colpi di lingua sapienti sui lobi della mia cappella ormai mi avevano sbarcato in paradiso. Godevo, godevo, godevo e di tanto in tanto leccavo lo spacco della fica per sentirla tutta. Ripresi a leccare che ecco all’improvviso non riuscii più a controllare niente. Un’onda partì dall’inguine e quando si esaurì in un lampo sul davanti della cappella vicino al buco, una sensazione di benessere mi riportò alla piacevolissima realtà: avevo sborrato in bocca a mia sorella che da parte sua fece ogni sforzo per berlo. In un minuto ci riuscì. Le sentivo i rumori dell’ingoio con la mia cappella aspirata dal suo palato. Era proprio decisa e affamata di sperma. Il mio godimento continuava e dopo l’ultima goccia che riuscì a lasciare il mio cazzo Elena con la sua lingua prese a ripulirmelo perché fosse ben liscio quando fosse entrato nella sua fica che aveva già colato un po’ di umori catturati dalla mia lingua e dalle mie labbra. Il primo scambio di fluidi aveva avuto luogo. Elena si voltò schiacciando il suo seno contro il mio; io le introdussi anche un dito nell’ano che lei favorì, poi ci baciammo a lungo sulle labbra scambiandoci i residui dei fluidi che avevamo catturato. Baci ed abbracci continuarono come pure la mia lingua aveva preso a esplorare il suo viso, il suo collo, e le sue tette. Facevamo i preliminari dell’amore ancora eccitati dal nostro 69. Le strinsi le tette tra le mani quando con le labbra ero all’altezza dell’ombelico. Elena godeva e la mia erezione stava tornando. Non era ancora il momento perciò presi a leccarle la fica già bagnata e odorosa di sesso fatto. Non era proprio odore ma l’eccitazione me la sosteneva in progressione geometrica. Lei godeva cercando di tenere una voce normale. Non sarebbe durata a lungo però perché il cazzo di lì a tre minuti di leccata di spacchetta, grandi labbra e clitoride si ridrizzò. Mia sorella capì prontamente e allargò le gambe per facilitare la penetrazione della sua piccola fica elastica. Alzai il torace, poggiai la cappella di nuovo dura sulla sua passera e vedendo nel suo viso i tratti del godimento puntai la punta della cappella nel buchino roseo sotto lo spacco ed entrai col cazzo dritto. La sua vagina cedette centimetro dopo centimetro. Ero deciso ad arrivare fino in fondo. Era già tutta un canale multidoccia caldo ed umido. Un infernetto bollente di piacere che arrivava fino al mio cervello. Il circuito tra di noi era chiuso. Elena prese a rantolare ed io a muovermi avanti ed indietro.
    “… ahnnn, … ahnnn … sì … sì … ohhhh … sìììììì ….”
    “Ahnnn, ahnnnn, ahnnn, che piccola gran fica che sei ! Piccola, bollente ed ela … ahnnn … el …. ahnn”
    “Ahnnnn … Elastica…! … volevi dire !... ahnnn … sì, sì, sì, aprimi tutta Mario ! Sfondami senza pietà … voglio sentirtelo tutto dentro … ahnnn dentro ! …. Dentro tutto! Sfondami !...”
    “Si ti sfondo !”
    “Ficcalo tutto dentro … fino in fondo Mario, fino in fondo ! ohhhhh! Dai tutto ! Dentro tutto ! Sì!”
    “Sì oh… ahnn, ahnnn”
    “… ahnnn … ohhhh … lo …sai ? ….ahnnnn”
    “Cosa ?…ahnnn… cosa ?”
    “Petalo rosso ! … ahnnn sì ! … ohhhh … sì, sì, ahnnn vuol … ohhhh … dire che … ahnnn … puoi … sborrarmi dentro … ahnnn se no te … lo ahnnn ! Sì !...te lo lascio … ahnnn … bianco!”
    “ …. Ahnnnn… allora sborro dentro ?!...”
    “Sì, oggi sì ! Dai … pompa ! Voglio godere ! Ahnnn … Godiamo assieme ! Dai !...ahnnnn”
    Ci sussurrammo quelle parole intimamente. Ad ogni mio colpo la sua fica sembrava avere una temperatura diversa, tiepida, calda, tiepida, e ri calda. Le sue ghiandoline interne irroravano la passera rendendola scivolosa per il mio cazzo che ne veniva ogni momento lubrificato e soprattutto solleticato. Era come provare piccole scossette elettriche sempre diverse per intensità e la cosa mi dava un gran piacere. Mi sentivo esaltato dal calore di quella topa. Carne che accoglieva altra carne. Ero potente; sentivo il corpo di mia sorella femmina. Quella fica aveva bisogno di me e delle mie movenze. Cercai con successo più volte di roteare tutto il cazzo tra un colpo e l’altro e procurai così ad Elena del piacere supplementare. Le pareti calde, lisce ed elastiche della sua vagina venivano colpite lateralmente in tutte le direzioni cambiando ogni volta la rotazione piuttosto repentinamente se in quei piacevoli istanti riuscivo a ricordarmene. Mi piaceva l’idea di avvitarle il pisello dentro e di muoverlo come un mestolo nella crema. Era solo un artifizio cerebrale che fece aumentare il mio piacere. Il cazzo ormai era teso fino allo spasmo. Di più non si poteva ottenere. La sua vagina esternamente dava l’impressione di essersi allargata parecchio per consentire la spadroneggiatura della mia penetrazione. Riuscii a reggere dieci minuti di stantuffate poi, stremato e cercando il giusto sfogo, me ne venni dentro di lei che amorevolmente chiuse le gambette in un abbraccio condito con baci continui che accompagnavano la mia eiaculazione piena dentro di lei. La mia sensazione era di aver cacciato meno sborra di prima col pompino e ciò era normale … contai otto schizzi di quelli che partono per impulso dall’inguine, ma probabilmente furono di più. Mi volevo svuotare dentro di lei disposta a baciarmi in premio per ogni schizzo. La sua fica si era intiepidita e cominciava a raffreddarsi. Stancato dall’amplesso lasciai il cazzo dentro. Ora sì che conoscevo ogni angolo di mia sorella. Sapevo quanto calda e bagnata potesse diventare la sua (in apparenza piccola) fica. La mia cappella era placata dai suoi liquami che si erano fusi con il mio sperma. Restammo abbracciati aspettando che il sonno ci venisse a prendere. Avremmo dormito un po’. Nudi, felici ed appagati da qualcosa che solo noi due, con la nostra intesa particolare alle spalle del mondo, sapevamo concederci e percepire dai nostri corpi. Dormimmo. Io non ricordo di aver sognato. Però mi ero svegliato felice. Cercai mia sorella con gli occhi. Stava giocando nuda col gatto Remo che a giudicare da quanto pelo trovai sul letto doveva aver dormito con noi. Salutai mia sorella baciandole il culo visto che aveva il torso chino sul gatto:
    “Mario ! Dormito bene ? … Sì ? …”
    “Sì. “
    “Vatti a lavare il cazzo che ce ne facciamo un’altra … nel buco che vuoi tu. Comunque poi vieni qui che ti devo dire una cosa.”
    Andai a pisciare ed a lavarmi e finito che ebbi di farlo tornai da lei che mi disse nuda ed eretta davanti a me; il suo bellissimo pelo parlava per le parti basse, la sua bocca per conto della testa:
    “Ho letto quei Le Ore mentre dormivi …”
    “Ah …! E ti sei bagnata ?”
    Lei ignorò la mia ironia e continuò:
    “Ho visto che il giudice mette l’annuncio. Potremmo farlo anche noi.”
    “Noi ? … siamo sempre stati bene da soli !”
    “Pensavo di variare. Mettiamo l’annuncio come una coppietta qualsiasi poi …”
    “… ho capito Elena ! Poi se veramente l’altra coppia ci piace gli riveliamo che siamo fratello e sorella … e rendiamo la cosa più piccante.”
    “Magari potremmo contattare altri come noi due. Certo in un’altra città. Non qui ad ogni modo.”
    “Ci penserò. Magari scriveremo anche l’annuncio su qualche panchina…”
    “No, preferirei il giornale o tutt’al più internet. Ci facciamo qualche foto con la digitale e censuriamo i volti.”
    “Non ce l’abbiamo la digitale.”
    “La compriamo. Non costano molto le compattine. Magari pochi megapixel … no ? Ah dimenticavo: compra una SIM nuova. Daremo il cell.”
    “Va bene mi hai convinto. Ma dovrò usare i miei risparmi per la fotocamera e la SIM nuova.”
    “Dai ci penserai domani … ora se vuoi il mio culo mi stendo di fianco … però a quest’ora potrei non essere più sgombra dentro … te lo dico prima.”
    “Uhm … va bene ! Sì, prendo il culo. Vieni sul letto ?”
    “No, … mi stendo qui sul tappeto. Hai ancora bisogno dello jogurt ?”
    “No, te lo slinguo anche così adesso.”
    “Bene allora sai come si stimola …”
    “Allora vado a prendere olio e burro in cucina.”
    “Fermo ! Aspetta! Vengo con te in cucina! Mi lubrificherai lì. Il tappeto non possiamo macchiarlo con l’olio. La sborra va via con un po’ d’acqua, ma non l’olio.”
    La portai in cucina prendendola amorevolmente per mano. Giunti che fummo in cucina aprii il frigorifero per prenderne il burro. Purtroppo né il giudice né mia sorella erano stati previdenti e di burro ce ne era poco; solo due formine; il che voleva dire o lasciar perdere o usarne una sola sperando che il padrone di casa non ricordasse quante ce ne fossero rimaste. Presi una decisione e ne presi una sola. Mia sorella intanto aveva preso l’oliera e cominciava già a lubrificarsi con disinvoltura. Era come se fosse pratica di quelle inserzioni del proprio ditino nel suo piccolo, valoroso ano. Un piccolo bidet fatto di olio. Per eccitarmi si lubrificò anche la passerina. Mi stava di fronte con dietro il lavabo come la prima volta. Il burro doveva essersi già sciolto un po’, per cui le chiesi se poteva voltarsi; lo fece prontamente dandomi le spalle ed inarcando il suo culo verso l’alto. Mi inginocchiai per leccarle l’ano e provocarle piccole scossette di solletico che la facevano sussultare con mio grande piacere. Leccai due minuti di orologio e la mia eccitazione cresceva esponenzialmente. Si voltò e salì sul tavolo e mettendosi di fronte a me seduta allargò le sue coscette e aprendo quella sua già madida fica rosea, pelosa, e carnale; Elena mi disse:
    “Richiavami la fica; voglio che ti diventi veramente duro per entrare al culo…”
    Obbedii e in meno di tre secondi, dopo averglielo introdotto già grosso, avevo preso a chiavarla; mia sorella godeva tirando fuori la lingua che io prontamente cercavo e leccavo. Il cazzo mi si scappellava da solo dentro di lei; avendo oliato ad arte anche la passera sbattevo le mie palle contro il suo inguine comodamente. Il calore della sua fica mi rassicurava. Continuando così altri due minuti rischiavo di sborrare. Già sentivo tremolare la base delle mie palle che stavano caricando. Mia sorella Elena prese la formina di burro e si mise a lubrificarsi l’ano con la mano destra sotto le mie palle in tiro mentre con la sinistra si aggrappava a me per sostenere la mia chiavata. Ansimando di godimento mi chiese:
    “Prendi … ahnnn … quella bottiglia … ehi !... ahnnn … vuota di Heineken … ahnnn, … sì !... ahnnnn…!....ahnnn !”
    Quando gliela diedi la afferrò e mi chiese di fermarmi. Mi fermai e mentre io ero dentro di lei se la introdusse nell’ano dopo aver arretrato un po’ verso il muro sul tavolo. Avanzai per restarle dentro. Tanto era calda la sua vagina dentro. La sentii soffrire mentre se la ficcava dentro per metà collo di bottiglia poi mi chiese di continuare a chiavarla con tutti e due i buchini tappati; ben tappati. Ripresi a chiavarla con attenzione un altro paio di minuti mentre le mie pallette sbattevano contro il vetro della bottiglia di striscio. Il suo retto era già stato invaso da metà collo di bottiglia. Le dissi:
    “Devo sborrare ! Ahhh … che facciamo ?!...chiavo ancora?...”
    “Esci dai !...”
    Uscii e lei rapidamente in cinque secondi si tolse il collo di bottiglia dal retto il cui ano era diventato rosso dalla tensione. Corse semi stordita nella stanza col tappeto e si stese di fianco. Tenendomi il cazzo grosso tra le mani la seguii, mi distesi accanto a lei di spalle, e vedendo che l’ano era già allargato ci infilai il cazzo in un solo secco movimento. Elena lo accolse con una smorfia di dolore ma mi disse:
    “Ahi !... cazzo … sei stato duro ! … ahi ! Ahi !...beh dai, muoviti !”
    Mi mossi e il suo retto, vecchia conoscenza del mio cazzone, assecondava come una molla sincrona ogni mio movimento nel caldo morbido ambiente rettale di mia sorella. Sentivo prurito nella cappella, intuivo cosa era, ma proseguivo. Non volevo pensarci. Lei si godeva quelle sconquassanti ondate di carne dura dentro il suo intestino. A tratti sembrava godere mentre con la mano destra si massaggiava la fica da sola. Sentiva il bisogno di provare piacere. Mi fece schizzare dentro all’improvviso dicendo:
    “Ahhhhhhh! Sbrodolo ! Mi si scioglie la fica! Ahhh! … ahnnn …”
    Non me ne ero accorto ma stavo eiaculando già da venti secondi. Sentivo la frustata partire dai miei coglioni a scoppio. Il pisello mi restò strozzato dentro cinque minuti poi Elena con movenze decise staccò il contatto. Quello che era stato un cazzone dominatore assoluto cinque minuti prima era adesso un cazzetto in ammosciamento ma ancora vitale con la cappella sporca di sangue, sperma, e merda. Mia sorella Elena si insalivò la mano e mi fece la pulizia che poteva. Dopo due minuti di curette al mio pisello, si alzò e avendo i suoi spacchi di culo e fica davanti alla mia bocca diedi un abbondante leccata di ringraziamento tramite il contatto linguale col suo inguine. Rise. Poi andò in bagno a lavarsi. Venti minuti dopo mi stavo lavando io quando mia sorella Elena venne dietro la porta accostata con la faccia meravigliata dicendomi mentre mi insaponavo la cappella:
    “Ho guardato tra i dvd porno del giudice ! Guarda questo ! Non è del giornalaio ! Ehi !”
    Era infatti un dvd grigio, anonimo, senza copertina, di quelli commerciali da un euro. Capii la sorpresa di mia sorella Elena: c’era scritto col pennarello : “Elena e Mario”. Incuriositi accendemmo il dvd del giudice così rapidamente che avevo le natiche ancora bagnate dal bidet quando ero di fronte alla tv del nostro inquilino. La meraviglia ed un certo timore montavano dentro di me. Intuivo senza osare materializzare. Lei aveva smesso di vestirsi ed in mutandine e reggiseno accanto a me ebbe un trasalimento quando il video mandò l’immagine non molto luminosa, ma comunque nitida: in bianco e nero. C’era una nostra inculata di qualche tempo prima. Mi vedevo schiappettare mia sorella che si godeva il godibile di quel rapporto ad occhi socchiusi; ero pieno di libidine, caricavo contro il suo bacino che possedevo impietosamente. Imbambolato ignorai lo squillo calmo del cordless del padrone di casa. Ci misi dei secondi a voltarmi; Elena mi diede l’apparecchio senza osare rispondere. Ero ancora scosso, poi al quarto o quinto squillo a basso volume presi coraggio e risposi:
    “… pronto …”
    “… pronto?! Mario ! Sono io … ha mangiato Remo ?”
    “… Remo ?!...”
    “… Remo ! Il gatto ! E chi se no?!...”
    “… sì !...è la prima cosa che facciamo quando saliamo …”
    “… a trombare tra di voi ?...”
    “…”
    “… carino il segnale delle biglie che cascano ! Originale ! … ih, ih, ih, … ehi ! … su !...coraggio Mario ! Elena è lì con te, vero ?!”
    “… sì …”
    “… Dille di andare a guardare sotto il piatto dell’ingresso …”
    Elena aveva sentito e ci era andata. Tornò con una busta bianca senza iscrizioni chiusa senza colla. Anche il giudice aveva sentito i passi di Elena che riavvicinandosi era tornata dall’ingresso.
    “… Elena aprila pure !”
    Mia sorella Elena la aprii: c’era una banconota da cinquecento euro.
    “… Quelle sono per voi se mi lasciate mettere su internet il filmato del vostro incesto. Insomma … dovreste registravi sul mio sito e dare la liberatoria. La redazione censurerà i volti. Non sarete riconoscibili … Garantito !...”
    “… ma lei ci riprende,… cazzo !... abusa,… insomma da quando ?...”
    “… abuso ! Ehi ! Che parolone da chi se ne fotte del codice penale quando scopa ! … ohi ! … non temete ragazzi ! Ne riparleremo con più calma al mio ritorno … fate tutto il sesso che volete ! Io sono un giudice democratico … dai passami Elena !”
    “Tieni !”- Le diedi il cordless, parlarono ma anche io sentivo lo stesso:
    “… pronto …”
    “… Elena, senti, se te e tuo fratello volete arrotondare qualche mancetta … insomma lasciatemi usare la mia videocamera nuova … me la sono … comprata oggi … a Milano … quando torno voi sarete un po’ più ricchi ed io un po’ più felice … ok ?! Prendetevi quella banconota! Ve la siete guadagnata. Mò che torno ci connettiamo al sito va bene ?!”
    “… Non ci denuncia ?”
    “… e perché mai ? Siete così belli!”
    “… noi signor giudice …”
    “… Elena, fai ragionare tuo fratello, calmalo. Mi è molto simpatico. Ok ?! Non dovete temere nulla. Anche un giudice ha le sue fantasie … su ! “
    “… ma le telecamere chi le ha messe ? La polizia ?”
    “… no ! Tranquilli !... io stesso tre mesi fa sospettavo qualcosa. Sapete, sono un appassionato di computer e di elettronica … Non sempre hai pulito bene Elena ed io ho voluto vedere chi si portava in casa mia tuo fratello. Una macchia di sperma sul tappeto del soggiorno e presi a sospettare … dai ragazzi ! Remo non poteva essere: è castrato e se tanto mi dà tanto … Non lo sapevate ? ”
    “… no signor giudice !”
    “… macché signor giudice ! Mi chiamo Giovanni … va bene Elena ?!”
    “… va bene.”
    “… ciao allora ! A presto.”
    Elena mise giù. Ci guardammo perplessi poi lei mi diede in mano quel mezzo testone. Mi sedetti nudo sulla poltrona a rimirarmelo e ad aspettare una parola da lei che finì di rivestirsi tutta. Prima di andarsene mi disse:
    “Non voglio neanche sapere come ha fatto … comunque …”
    “Comunque ?”
    “Mah ! Io quei soldi li voglio ! Tienili tu …”
    “Io ?”
    “Sì tu ! … io vado, ciao.”
    Rimasi qualche oretta a riflettere. Eravamo stati degli ingenui a credere che il giudice non si sarebbe guardata la casa in qualche modo. Cercai e trovai un paio di videocamere annegate nel muro, una in soggiorno, una in cucina. Probabilmente eravamo stati registrati anche oggi. Magari ce ne erano altre che non vedevo. Non toccai niente e me ne tornai a casa. Dentro di me un incantesimo si era rotto. Sì, da quel momento non lo facevamo più per piacer nostro. Lavoravamo anche per quello spione del cazzo. Col tempo, a mano a mano che la nostra fiducia reciproca cresceva, lui, il nostro nuovo amico, chiamava qualche donnina di quaranta anni, di sua fiducia, che a noi presentava come una sua indagata dal nome (falsissimo) di Eva, e che docilmente si prestava corpo ed anima ai giochini che le faceva fare con noi due fratello e sorella. Eva era una bella quarantenne piuttosto curata; non bellissima, ma reale, carnale, donna e femmina ! Sia io che Elena imparammo ad assaporarle la fica con interesse; una fica estranea che mise un gradito tocco di novità nel nostro morboso e ristretto rapporto. Eva non sapeva che eravamo fratelli: questo segreto rimaneva a tre. Noi ed il giudice, o meglio il nostro amico Giovanni. I nostri incontri orgia venivano ripresi dalla sua nuovissima e luminosa handycam digitale. Di questi giochini a tre con mascherina di zorro per noi due ad uso del quarto che si eccitava tanto vi parlerò in seguito.
     
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