LA PROFESSORESSA

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    Quella nuova assistente di fisica aveva tutte le carte in
    regola per tenere viva l'attenzione della classe durante la lezione.
    Nel sangue aveva sempre avuto la fisica, anche se la sua passione, non
    facilmente confessabile in un liceo, era quella dell'uccello. Le
    piaceva un mucchio quel tronco di carne dotato di mille piacevolissimi
    poteri e se forse si era laureata in quella materia, questo era dovuto
    proprio ai poteri dell'uccello. Un cazzo in erezione l'aveva sempre
    affascinata: le piaceva vedere come, centimetro dopo centimetro,
    lievitando lentamente, anche il più insignificante sgorbietto di carne
    diventava un nodoso randello.
    C'erano poi i suoi studenti che la facevano impazzire. Alcuni,
    i più scafati, li guardava davvero con interesse: mentre alla lavagna
    tracciava formule e diagrammi, si divertiva a guardare dietro alle
    ombre che si disegnavano sui loro pantaloni. Ormai aveva l'occhio
    clinico: a seconda di come uno accavallava le gambe, di come si vedeva
    la piega all'altezza del bacino, lei era in grado, con perfezione
    scientifica, di capire di che dimensioni fosse quella nerchia di
    carne. Non tutti erano così insignificanti, anzi, alcuni ce l'avevano
    proprio grosso, di quelli che lei amava tanto, che è così difficile
    prendere in bocca o che, talvolta, fa male sentire a freddo nella
    sorca.
    Renato e Bruno trattennero il fiato quando videro chi era la
    tanto attesa professoressa di fisica. Si sentirono prendere da una
    vampata di calore, mentre i loro occhi bramavano nel guardare la veste
    ridotta della loro insegnante. Quella minigonna grigia era un vero
    portento: lo capivano bene, loro due, che sotto c'era del soffice
    burro, in cui sarebbe stato bello affondare il muso. Che dire poi di
    quella camicetta bianca attillata, che sembrava proprio sul punto di
    scoppiare: si vedeva lontanamente che il seno della nuova insegnante
    era davvero super, di quelli che, per natura, sembrano fatti apposta
    per attaccarsi con la bocca o per infilarci il cazzo, per una
    splendida sega spagnola. Quegli occhi maliziosi, quelle labbra tumide,
    la stessa acconciatura così sbarazzina completavano il quadro. Non
    sarebbe stata una notte facile, quella, per Bruno.
    Quella notte non riusciva a trovare pace nel suo letto. Si
    girava e rigirava sempre sognando quella magnifica biondina dalla voce
    flautata. Anche se aveva parlato di vettori e di equazioni era alla
    fica e ai cazzi che lui pensava. Era ormai la sua ossessione. Un vero
    sogno irrealizzato che gli faceva quasi male, tanto era duro il suo
    cazzo. Sentiva battere la cappella sulle lenzuola, tanto gli si era
    gonfiato. Non resistette oltre e con la mano cercò di placare quella
    frenesia che continuava a torturarlo. Con un fremito sentì le sue dita
    scorrere lungo la verga, ma non era sua quella mano che stava
    toccandolo. Era di Melissam della sua professoressa: se ci pensava un
    attimo, anche se lei era lontana, era proprio il suo profumo quello
    che sentiva ora; la sua mano iniziò a scorrere sempre più velocemente
    lungo la fava. Pensava alla sua bocca, certo che sapesse fare dei
    bocchini meravigliosi, succhiando lentamente la cappella, centimetro
    dopo centimetro, gustando veramente il cazzo, come quella puttana
    che una volta, per una manciata di lire, anche l'anima gli aveva
    tolto. Sentiva i lombi in fiamme mentre pensava a lei. Le prime gocce
    di sborra fecero capolino dalla cappella quando pensò alle sue tette:
    La poteva solo immaginare, ma sapeva che dovevano essere delle tette
    davvero portentose. Al pensiero che gli sarebbe piaciuto un sacco
    infilare il suo cazzo tra il calduccio di quei seni, Bruno sborrò
    copiosamente. Quasi singhiozzava tanto era stato forte il piacere
    provato in quel raspone finale.
    L'indomani Bruno non ebbe occhi che per lei. Quasi non la
    sentiva parlare mentre si concentrava nel cercare di vedere anche se
    per pochi attimi uno spicchio della sua coscia che la gonna, sempre
    quella benedetta minigonna, non riuscica a coprire. E quella
    scollatura così audace aveva avuto il potere di mandarlo in estasi.
    La lezione era ormai finita. Bruno si fiondò in bagno: per tutta
    quell'ora si era tenuto un'erezione portentosa e ora, in qualche modo,
    doveva pur cercare di placarla. Seduto sulla tazza si prese in mano il
    membro cercando di menarselo con vigore. Era tanta la foia di quel
    momento che non si accorse nemmeni di non aver affatto chiuso la
    porta, semplicemente se l'era accostata alle spalle, così gli venne un
    vero e proprio colpo al cuore quando la vide aprirsi di scatto.
    Con l'uccello teso in mano, in quella frazione di secondo,
    capì che non avrebbe potuto inventarsi delle scuse, ma fu ancora più
    tremendo quando, alzando gli occhi, incrociò proprio quelli del suo
    angelo biondo, che fino a quel momento aveva bramato al parossisismo.
    Dopo avergli sorriso con una fare malizioso, la donna, con un sol
    passo, entrò nel bagno, prestando molta attenzione, questa volta, alla
    serratura. Bruno era in apnea, nemmeno respirava mentre continuava a
    tenersi fra le dita l'uccello come pietrificato. Melissa, talmente
    eccitata da cogliere la palla al balzo, pur sapendo quali rischi
    avrebbe corso se l'avessero scoperta, cominciò a spogliarsi in
    quell'angusto spazio. Bruno era senza parole nel vedere quel corpo,
    tondo nei punti giusti.
    Melissa si inginocchiò a fatica fra le gambe del ragazzo.
    L'uccello, ormai, era solo a pochi centimetri dal suo volto: ne poteva
    sentire perfettamente l'afrore, quel profumo particolare capace di
    stimolare le nari come se fosse stata una droga. Si sentiva tutti i
    sensi eccitati. Lentamente pose una mano sul pacco gonfio del ragazzo
    sentendolo vibrare dal piacere, mentre tutto il calore di quel
    contatto ebbe il potere di infiammarle ancora di più i sensi. Con un
    dito cominciò a strofinare ancora di più la cappella: era quasi dotata
    di vita propria. Mosse il dito lentamente; non era una puttana
    qualsiasi che si faceva rinchiudere nel cesso per un pompino
    affrettato. C'era quasi della poesia in quello che stava facendo e in
    nessun modo avrebbe sprecato quell'attimo con qualcosa di frenetico.
    Voleva entrare prima di tutto nel cervello di quel ragazzo, mandarlo
    letteralmente in estasi.
    Bruno non era in grado di distinguere se quella che stava
    vivendo era realtà o semplicemente la proiezione di una fantasia
    perversa, ma quando sentì, per la prima volta, quelle labbra carnose
    bruciargli la pelle, capì che era una magnifica realtà quella che
    stava vivendo. Quelle labbra si strinsero sul lungo fusto della sua
    verga, mentre quel dito malizioso continuava a torturarlo nel profondo
    dei suoi sensi eccitati...
    Brucando come una pecora in calore, Melissa era ora arrivata a
    succhiare uno per uno i peli di quel pube che le graffiava la faccia.
    Le era sempre piaciuto, prima, giocare in quel morbido vello: c'era
    chi aveva una soffice peluria e altri, come Bruno, che invece aveva un
    che di rude tra le gambe, qualcosa di maschio, come un perfetto
    cespuglio in grado di sostenere una solida virilità. Intanto, anche
    Nadia, presa dagli eventi, cominciava a godere di quel gioco. Si
    sentiva la fica in fiamme, mentre i suoi capezzoli si erano fatti
    turgidi. Ora che Bruno glieli sfiorava appena, si sentiva bruciare
    tutto il corpo, tanto forte era il desiderio di essere presa. Melissa
    iniziò allora a fare uno di quei giochetti di lingua per cui era
    diventata famosa ai tempi fra i suoi compagni di scuola ai tempi del
    liceo. Lo "spazzaneve" la chiamavano quando, usando la lingua proprio
    come una scopetta, giocava a muovere la sua bocca lungo tutta l'asta,
    dai coglioni fino al filetto, ma non oltre, per una tortura che, come
    dicevano i suoi amici, aveva dell'irresistibile. Bruno gemeva come un
    matto mentre il suo sogno biondo lo lavorava. Se si guardava la
    cappella la vedeva fiammeggiante, mentre una lunga scia di saliva la
    ricoprica tutta. Melissa aumentò il ritmo. Ora con piccoli baci aveva
    preso a dedicarsi anche al filetto: le piaceva vedere come si tendeva
    quel nervetto, mentre lui spasimava seduto sul cesso in preda ad un
    folle erotismo.
    Bruno non resistette oltre e, alzatosi in piedi, prese Melissa
    per i capelli e la costrinse ad ingoiare tutta la sia fava. Bruno
    agitava il bacino avanti e indietro, come se stesse chiavandola in
    bocca. Melissa, rossa in viso per lo sforzo, inghiottiva tuto,
    nell'attesa che finalmente sarebbe arrivato anche per lei il prezioso
    getto bollente. Ancora pochi e sapienti colpi di lingua e poi Melissa
    si sentì come annegare: non aveva mai ricevuto in piena gola un getto
    così potente; un filo di sperma le cadde sul viso. Quando si alzò da
    quella posizione scomoda era spossata, ma felice.
    Si guardarono uno nell'altro per un lungo attimo negli occhi
    prima di tuffarsi uno nella bocca dell'altro per un avido bacio
    mozzafiato. I loro corpi erano saldamente avvinghiati mentre le loro
    mani viaggiavano sulla pelle bollente alla ricerca delle zonee più
    erogenee. Squittì di gioia Melissa quando sentì che quella fava era
    ancora in tiro. Bruno, invece, ebbe addirittura il timore di venire lì
    su due piedi quando sentì che la sua passerona altro non era che un
    lago in fiamme. Quel primo approccio era stato fantastico, ma ci
    voleva ben altro per soddisfare i due estemporanei amanti. Insieme
    decisero che non era un bagno il luogo migliore per dare libero sfogo
    ai loro istinti più animaleschi, ma non c'era nemmeno il tempo di
    resistere fino ad una casa. Optarono per l'aula di fisica, di cui
    Melissa, come insegnante, aveva le chiavi, che, per un paio d'ore,
    sarebbe stata deserta. Giusto un paio d'ore.
    Giunti nell'aula, rapidamente, ma cercando di mantenere
    quell'aria maliziosamente perversa, Melissa, ora che erano nuovamente
    soli, si liberò dai vestiti. Davanti a quelle magnifiche tette che
    tanto aveva sognato, Bruno si attaccò come un mantice cominciando a
    succhiare come una furia. Poi Bruno quasi impazzì nel vedere quel
    fitto pelo biondo staccarsi così nettamente come colore dalla candida
    pelle rosa. Fu lui, ora, ad inginocchiarsi davanti a lei. Con le sue
    dita ancora insicure, Bruno le aprì la sorca, lasciando poi che la sua
    lingua corresse in quei nuovi spazi erotici. Melissa godeva come una
    pazza nel sentire che il clitoride le veniva strapazzato. Ma altro che
    un giochetto di lingua ci voleva per placare i suoi sensi in fiamme.
    Sedendosi sulla cattedra, Melissa aprì le gambe a più non posso
    invitando, in modo scurrile, lo stallone a fotterla. In preda a
    sensazioni fino a quel momento sconosciute, Bruno non si fece ripetere
    due volte l'invito e partì, verso quella magnifica fica, lancia in
    resta.
    Con due mani le tenne saldamente il culo. Spinse come un
    martello pneumatico e, finalmente, fu dentro di lei. Melissa ora
    ondeggiava tutta sulla cattedra per assecondare le cariche violente di
    quel tarello che le stava sconquassando la fica. Ci dava centro come
    un pazzo, Bruno, mentre di lingua giocava sul suo collo. Più veniva
    fottuta più Melissa incitava quel suo allievo, che ora non aveva più
    decisamente nulla da imparare. Al culmine del parossismo gli mise
    anche una gamba sulla spalla, se solo avesse potuto, pur di sentire
    più a fondo quell'uccello, si sarebbe aperta in due. Gli piantò le
    unghie sulla schiena, mentre lui le scaricava in pancia tutto il caldo
    nettare.
    Non c'era tempo per il riposo: anche il culo volle farsi fare
    quella vacca! Per tirare di nuovo duro quell'uccello, davvero
    resistente malgrado i ripetuti assalti, iniziò ad accarezzarlo mentre
    si passava la punta della cappella sul solco tra i due seni. A quel
    contatto, Bruno si trovò nuovamente una sbarra d'acciaio incandescente
    in mezzo alle gambe. Sbarra che in un attimo finì nel culo della
    professoressa oscenamente inginocchiata a quattro zampe. La cavalcò
    come una furia, torcendole i seni anche per farla soffrire. Esplosero
    all'unisono in un orgasmo violentissimo e le "lezioni" sarebbero
    durate ancora due mesi...
     
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