L'educazione di mia cugina

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    Bigotta, capricciosa e volubile, così giudicavo mia cugina Martina, figlia unica di una mia zia, rigida e religiosa, e di mio zio, distratto e un poco svampito: una professoressa ritenuta acida e scostante per i suoi allievi e molto riservata e alquanto antipatica per i colleghi.
    La si poteva definire una classica stronza, che seppur bella figa - con un gran bel paio di tette tanto rotonde e sode che i reggiseni trattenevano a stento - per il suo carattere acido e perbenista, sin da giovane aveva avuto poche storie, fino a sposare un marito remissivo e servizievole, ma ricco abbastanza, che subiva in silenzio ogni suo capriccio. Dal canto suo Martina, non potendo avere figli e con pochi amici, in genere coppie anziane della parrocchia o altre maestrine dalla penna rossa e blu...recriminava il suo essere sposa delusa ed incompresa, trascinando quel matrimonio a strattoni con alterne sequenze di separazioni e ritorni in famiglia, apparendo tanto chiusa e scontrosa verso agli estranei, quanto capricciosa e volubile verso i familiari.
    Eppure malgrado i suoi quaranta e passa anni, Martina era una bella signora, giovanile ed in gran forma grazie ad un uso regolare di creme e di palestra... peccato sembrasse di pietra. Scherzando con amici definivamo la strada per la sua figa, paragonabile ad un percorso di guerra per conquista di un barattolo ancora sigillato di yogurt magro. Del resto si era fatta una fama terribile e anche i volenterosi che ci avevano provato, avevano subito battuto ritirata... Martina infatti, non perdeva occasione per manifestare una sua naturale scontrosità al sesso con piccate espressioni di disapprovazione per i sempre troppo facili costumi altrui... mentre i suoi discorsi o giudizi avevano sempre un taglio puritano, disarmante per chiunque ci volesse anche solo pensarci, provarci, illudersi. Il suo motto era “gli uomini sono tutti dei porci e non pensano ad altro.”
    Certo non poteva essere stato facile avere una propria sessualità con una madre tanto invadente e diffidente, sempre pronta a giudicare e censurare duramente; certo doveva essere stata grande la frustrazione recondita e infantile di mia cugina di non essere mai abbastanza “adatta” a quel perbenismo materno, ma alla fine Martina , in quei “non si fa”, “non si dice”, “non è giusto”... ci si era imprigionata e nel giardino delle sue emozioni era cresciuta solo l'erba amara del “non debbo” e dei “non voglio”con cui Martina aveva chiuso a chiave sesso e piacere, avvolgendoli in una pellicola di doviziosa abitudine, sigillandoli sotto vuoto al richiamo delle occasioni.
    Certo forse talvolta la follia di un nonnulla, avrà scatenato i fantasmi della lussuria, ma è certo che la immediata, successiva vergogna, avrebbe presto raccolto tutto e cancellato ogni gesto e pensiero sconveniente, come se questo non fosse mai esistito, ripristinando quella sicura e grigia frigidità, apparente e sostanziale.
    Date le premesse non fu il caso ad avere effetti dirompenti, quanto una causale concomitanza di fattori: sono più piccolo di mia cugina di pochi anni e proprio per questa piccola differenza d'età, le grandi tette di mia cugina Martina le ricordo, da sempre, ballare di fronte ai miei occhi, tanto che ho sempre ritenuto che siano state loro ad avermi insegnato a masturbarmi. Infatti in passato non mi erano mancate le occasioni per farlo: avevo condiviso lo stesso letto, l'avevo vista in intimo, l'avevo sbirciata dal buco della serratura mentre si cambiava... Osservata al mare o con magliettine leggere... ricordo ancora l'odore dell'intimo rubato e la tensione notturna di lunghissimi centimetri percorsi verso di lei, le volte che abbiamo dormito nello stesso letto fino a posarle la mano sul culo ma ricordo soprattutto un viaggio in nave a Lampedusa dove per la paura della bufera, mi si incollò tanto stretta, da portarmi spesso al bagno a masturbarmi, anziché a vomitare.
    Ma erano soprattutto le fantasie su di lei che avevano affollato la mia mente per anni: immergere il cazzo tra quei seni, versarle gocce di sborra calda nella bocca spesso stizzita, infilare dita profonde in quel culetto piccolo, sodo di palestra e certamente vergine erano solo alcune scene di un desiderio proibito. Penetrarla con sguardi, parole, suoni, odori e sapori lascivi, educandola ad una religione malata, trasformarla in una porca assoluta, era più che una voglia, un pensiero, certo, costante, continuo, ma al tempo stesso il desiderio più violento che mi aveva accompagnato crescendo.
    Così, un giorno successe che i desideri si avverarono, e l'occasione fu, ovviamente improvvisa ed apparentemente inattesa, in un notturno viaggio di ritorno da una normale festa di famiglia, tra strette stradine di campagna.
    Fu la cresima di un nipotino a portarci insieme fuori città e farmela ritrovare mezza brilla sul mio fuoristrada in una fresca notte d'estate in mezzo alle campagne siciliane.
    Martina quella sera aveva bevuto molto: non lo faceva quasi mai, quella ordinaria festa di famiglia infatti, a confronto con il vuoto della sua vita, a lei era parsa “bellissima” e nella sicurezza della situazione, nell'affettuosità della parentela, nell'allegria del ballo, nella naturalezza dei miei inviti a bere, non si rese conto di quanti fossero stati i bicchieri di troppo.
    Il bianco siciliano così fresco e beverino nelle notti d'estate, ora, sulla strada del ritorno, tra le campagne siciliane presentava il conto, obbligando ad tragitto cauto, fu ben più lungo e divertente dell'andata, condito da continui inviti ad andare piano, da risate fin troppo allegre e sonore, continue fermate a far pipì... battute, doppisensi ed inusuali confidenze.
    “No, no...non sono gli uomini stronzi! ...la colpa è Tua che sei una stronza puritana!!!”
    “Vaffanculo... siete voi che siete stronzi...tutti stronzi Ahahahha....!!!”
    “Nooo... sei tu che sei bigotta...!! Bigotta e frigida Ahahahha....”
    “Ahahahha....Nooooo... non è così.... siete voi che non sapete coinvolgerci...”
    “Ma finiscila, frana!!...”
    “Incapaci... ahahahahha... siete tutti finocchi... ahahahahha... ”
    “Si certo...Come i tuoi ex a quel marito impotente che ti sei preso...”
    “Ahahah... Il primo degli stronzi! Ho fatto bene a lasciarlo! ...Pantofole e partita!”
    “Poverino, sei stata Tu che lo hai avvilito... ci scommetto che non gliela davi mai!!! Ahahahaha”
    “Finiscila! ...Non siete uomini!!”
    “Il problema sei TU... sei TU.. lo capisci... IO alle mie... il cazzo non gliel'ho fatto mancare mai!”
    “Ahahahah... Vastaso, sei un porco... ahahaha!!”
    “E Tu una SS.. una Santa...Stronza! Ahahaah”
    “Aahhaahh...Che stronzo...”
    “Del resto... rifletti... se ti sono capitati tutti stronzi... un motivo ci sarà...!!”
    “Ahahahah... e qual'è? Così, almeno.... non faccio più errori??? ahahaha!!”
    “La verità è che a te il cazzo piace così tanto.... che ti fa paura!!”
    “Che schifo!! Fai schifo … ihihhihhi”
    “Se avessi coraggio... quest'estate ti prenderesti una bella vacanza in un club vacanza in Giamaica... così il personale ti farebbe ritornare bambina a giocare con i loro pennelloni a colori... ti faresti un bel ripasso di lingue straniere, tornando bella preparata per l'esame di settembre!!”
    “Ahahahahah, bella idea... ma quanto sei stronzo.... Ahahahaah!!!… ”
    “Ancora!!!???... finiscila di dirmi stronzo, prima che ti faccio fare l'esame di ammissione al club!! ”
    Rideva, sempre più forte, sganasciandosi dalle risate, strusciando le coscie, per il piacere che la situazione le provocava, poi cominciò a sfottere, dondolandosi, a farsi vicina facendo la civetta e mostrandomi tutta la sua lingua.
    “Stronzi, stronzi, stronzi... e anche Tu sei stronzo...Ahahahah … gli uomini sono tutti stronzi!... e pure tu sei stronzo...Ahahahah… Anzi sei il più stronzo di tutti!! Ahahahah…“
    “smettila, non scherzare col fuoco”
    “Ahahha ah si? E che faresti? Ahahhah”
    “Ora Ti faccio vedere io...” e con un gesto rapido infilai la mano sotto la sua maglietta, palpandole un seno.
    “Ma che fai... stronzo... ahahaha.. smettila...aahahahha...”
    Tentava di tirare via la mano e intanto rideva: obiettivamente avevo conosciuto ragazze con le idee più chiare e intenzioni più ferme. Ero già felice perchè finalmente avevo avuto almeno l'occasione di toccarle quel seno che negli anni tanto avevo desiderato. Lo trovai grande, sodo, burroso e caldo. Eravano posteggiati per l'ennesima sosta, in una stradina di campagna deserta ed ora ero io provocarla:
    “Dai dimmelo ora che gli uomini sono tutti degli stronzi...”
    “Nooo, dai, finiscila.... Ahahahahah...si, siete tutti stronzi... fiscila... basta ...ahahah..”
    Continuavo a palpeggiarla, mentre il cazzo mi diventava di ferro:
    “Non me lo dici più stronzo, cuginetta?.... Ahahahaha??”
    “Togli questa mano, stronzo.... ahi...Finiscila... siamo cugini... stronzo...”
    Il suo tono cominciava a virare e all'allegria subentrava una certa ansia...ma nel frattempo i capezzoli le si erano induriti. Rilanciai,mettendo all'opera anche la seconda mano, mentre mi avvicinavo al suo viso: “… sei tu che sei bigotta, stronza .... che spreco queste tette meravigliose... mmm... e che bei capezzoli... già duri...mmm..”
    “Finiscila..... finiiiiscilaaaa... ora basta...siamo cugini...basta, basta...”.
    Mi ero avvicinato a lei e cominciato a leccarle il collo, scendendo verso il seno: “Che tette!!!... Ti stanno scoppiando per come sono dure...”
    “Basta... Basta... dai… siamo cugini...basta”
    Il tono cresceva, come pure l'inquietudine, l'imbarazzo e l'eccitazione: “dure e morbide insieme... le farei leccare a chiunque...”
    “Smettila ...mi fai schifo...”
    “Non si direbbe, cuginetta incapace... qui si capisce solo che hai una gran voglia...”
    “Finiscila... ti prego... smettila... non si può... non si può...”
    “Ho appena cominciato... e anche Tu....visto che ti piace...“
    “No..no... non voglio... finiscila non voglio... “
    “si, che vuoi... vuoi il cazzo, non è vero? ... Le presi con forza il polso e lo portai sulla mia patta dei pantaloni. Il suo pugno era chiuso, e lo tirava a sè, ma non appena ebbe modo di sentire la durezza del mio cazzo, cominciò a dimenarsi come un'anguilla, combattuta ma anche eccitata.
    “Nooooo... noooooooo”
    “siii... lo senti comè duro... anche lui ha tanta voglia...”
    “.. finiscila... togli questa mano... nooo no non puoi...non devi...non possiamo... non voglio... no...siamo cugini...”
    Era davvero eccitante sentirla imbarazzata mentre la sua mano si apriva e chiudeva di scatto, mentre il suo corpo diventava sempre più caldo e reattivo. Ora strusciava forte tra loro le coscie, mentre la mia mano scendeva a raggiungerle la figa...
    “Io voglio... voglio e basta...”
    “No... no... no... sei un pazzo”
    “Che porca che sei...cuginetta, ci scommetto che se già bagnata... che lago devi avere tra le coscie... sento un profumo di figa in fiamme... ti deve bruciare a quant'è calda... che porca che sei....”
    “mi vergogno... mi vergogno!!!”
    “spogliati piuttosto... che mi fa impazzire questo profumo, cuginetta...”
    “nooooo nooo, smettila... no...”
    E mentre una mia mano, centimetro dopo centimetro, si faceva spazio tra le sue cosce, l'altra continuava a far strusciare la sua su un cazzo a cui sembrava volersi aggrapparsi da sopra i pantaloni estivi. E mentre la mia bocca e la mia lingua si muovevano tra il viso, la bocca, il collo e i seni, Martina ad un certo punto sembrò arrestarsi, come senza vita, scivolando giù per i sedili, forse per sfuggire o forse per arrendersi. Nella penombra, la gonna e la camicia già scostate, erano ormai quasi scomparse, mentre un seno sudato rifletteva i raggi di una luna piena e luminosa: premetti la mia mano lentamente ma con forza e riuscii ad immergerle le dita in una figa ormai fradicia. Presi ad impastarle e penetrale la figa, scostandomi da lei e rimanendo seduto, mentre portavo l'altra mano sulla sua bocca, muovendo le mani all'unisono: le impastavo la figa, e le entravo ed uscivo oscenamente le dita dalla bocca, insalivandole il collo e i seni: “Che figa meravigliosa... Martina... che spreco... sei nata per fottere...cuginetta bagnata.... hai una figa.... stretta e bagnata... una figa da troia vergine...”
    Ormai lasciava fare, quasi non reagiva, ma teneva gli occhi chiusi, mordendosi le labbra ed un pugno chiuso, mentre non staccava l'altra dal mio cazzo ormai scolpito sulla patta. Le tirai su le cosce e scesi con la bocca per bere il brodo caldo della sua figa, continuando a parlarle: ”è buona la tua figa, Martina, è calda e bagnata...e vuole essere scopata... Vero? Ci vuole da un cazzo vero... non è vero?... cuginetta Porca!”
    “porco... porco... porco...” ripeteva piano, muovendosi a bassa voce, ebbra.”
    Ebbe un sussulto solo quando mossi le dita verso il buco del suo culo...
    “no dietro no... no...ti prego no..............no...”
    “E' solo un dito, cuginetta, ma se non la finisci di fare la stronza ci entro subito con tutto il cazzo”.
    Tornò giù arresa al suo corpo, ripetendo come a se stessa:
    “Togli queste dita... to..gli.. le... to gli le...”
    Ma il tono era ormai affannato e il suo corpo annegato nel suo piacere...mentre le mie dita adesso andavano e venivano in quel corpo ormai fuso e ben presto violarono anche il suo culo. Aveva i suoi buchi ormai pieni e con essi giocava pure la mia lingua. Da lì a poco i suoi primi gemiti divennero ben più forti dei no... fino ad una vibrazione intensa e trattenuta, un orgasmo lungo, silenzioso e sconvolgente, che la svuotò e mi accese ancora di più.
    La cuginetta era andata, partita... brilla ma cosciente, confusa e sconvolta. Non oppose più resistenza, burattino inanimato si fece spogliare totalmente e penetrare senza neanche una parola, senza un gesto: ma erano gli umori, il turgore della figa e dei capezzoli, l'ano mordido sotto le mie dita che parlavano per lei, dichiarando le emozioni della sua resa.
    L'accompagnai a casa a notte fonda, dopo una ulteriore scopata fuori dall'auto, in cui pressocchè nuda sul ciglio di una strada di campagna in una notte estiva si fece sbattere a novanta gradi, gemendo malferma, ma senza spiccicareuna sola parola. Le tenni per tutto il viaggio la mano impegnata in una sega lenta, continua, senza interruzione, fermandola solo quando sentivo arrivare l'orgasmo e facendola poi ripartire. Giunto sotto casa sua, fermai la macchina, e passandole le dita tra i capelli, le spinsi la testa verso il mio cazzo, facendole aprire la bocca e venendole finalmente, in gola.
    Quando scese per strada la luna piena illuminò il chiarore di un vestito ormai insufficente, madido e stropicciato e il volto insicuro e tremante, sporco e stravolto di un ex angelo: mi pensai un diavolo soddisfatto, sorrisi ed andai via.
     
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