SOTTOMISURA

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    Le strade adiacenti il Teatro Regio erano affollate di persone. Una moltitudine di uomini e donne stavano assiepati attorno le bancarelle a contendersi maglie, gonne, mutande, calzature e articoli casalinghi di ogni genere. Le donne saltavano da un bancale all'altro, come se fossero cavallette, alla ricerca di un capo di abbigliamento griffato di fine serie, pronte a disputarsi l'oggetto dei loro desideri con spintoni e male parole. A fatica riuscii a farmi largo fra la folla che si accalcava attorno a una bancarella che esponeva abiti e tessuti per l'estate. Una gonnellina pareo in lycra di colore bianco attirò la mia attenzione. Costava solo 6,50 Euro. La presi e pagai senza stare a mercanteggiare sul prezzo. Ritirai la merce e infilai l'involucro nella sacca che portavo tracolla. Poco più in là, nella zona del mercato riservata agli ambulanti che esponevano scarpe, trovai degli zoccoli di legno di colori assortiti con sottili fascette multicolori. Ne presi un paio: costavano solo 8,00 Euro..

    Andare in giro nei mercatini, facendo shopping a basso costo, è una pratica cui non so sottrarmi. Alcuni sociologi hanno equiparato l'esercizio di questo passatempo alla stregua di una qualsiasi droga perché crea dipendenza. Il fenomeno è generalizzato e coinvolge un grande numero di uomini e donne che come me acquistano oggetti per il solo piacere di consumare senza averne la necessità.
    Fare shopping è divertente. A volte perfino eccitante. Muoversi fra le persone, sentire i loro odori, entrare a stretto contatto con i corpi, contendersi e passarsi gli oggetti fra le mani non mi produce solo smania e agitazione, ma un grande turbamento.
    Nel caos che regna intorno alle bancarelle c'è sempre qualcuno che ne approfitta per allungare una mano e toccarmi il culo. Penso che dopotutto è meglio subire questo genere di attenzioni piuttosto che essere derubata del portafoglio da uno dei numerosi borseggiatori che infestano i mercatini. Ho fatto l'abitudine ai palpeggiamenti, reagisco all'offensiva di chi insiste nel toccarmi il culo solo nel caso in cui la palpata si fa troppo insistente superando i limiti della decenza. Il più delle volte, girandomi, ho la sorpresa di ritrovarmi alle spalle solo donne e ciò non mi dispiace; sono portata a credere che il mio culetto sia appetibile a molte di loro.
    Essere palpata sulle chiappe è quanto di meglio può capitarmi quando mi muovo fra la folla assiepata attorno ai banchi. Ogni volta che sono oggetto di questo tipo di attenzioni provo una certa soddisfazione, cosciente come sono di avere regalato attimi d'intenso piacere a chi ha compiuto il gesto. Il tipo di palpeggiamento che prediligo è quello con la mano morta. E' un tipo di palpata docile, gentile, sensuale. Detesto chi, in modo assai volgare, mi pizzica il culo o tenta d'inserirmi un dito tra le natiche.

    Girovagando da una bancarella all'altra avevo acquistato un gran numero di cose: due t-shirt, un abito a mezza manica in piquet elasticizzato che avrei indossato in spiaggia, un copricostume, un telo mare verde con stampe a zebra, un bikini a righe dai colori arancio/viola e una borsa mare di plastica trasparente rigida. Infine avevo comperato un regalo per Cristina: era con lei che da lì a poco avevo appuntamento in Piazza Garibaldi.

    Collocai gli oggetti nelle borse ai lati del portapacchi della bicicletta, dopodiché abbandonai la zona del mercato e a piedi, sospingendo il velocipede, mi avviai verso Piazza della Pace.
    Sotto l'ampio porticato del Palazzo della Pilotta, intorno al bacino d'acqua recentemente inserito nell'arredo urbano, un gruppo di donne moldave e bielorusse stavano sedute sulle panche di granito. Parlavano fra loro, in maniera composta, sottovoce. Molte di loro espletavano il lavoro di badante prendendosi cura di anziani e handicappati, pagate in nero dai famigliari di quest'ultimi che altrimenti avrebbero dovuto sborsare cifre iperboliche per ricoverarli nelle case di riposo.

    Pochi minuti prima di mezzogiorno raggiunsi Piazza Garibaldi. Cristina, vedendomi arrivare, abbandonò la poltroncina in vimini dove stava comodamente seduta e mi venne incontro. Ci scambiammo un duplice bacio sulle guance, alla maniera francese e prendemmo posto ad un tavolo della caffetteria, poi ordinammo entrambe un chinotto.
    Al riparo dal sole, sotto un enorme ombrellone di colore beige, a poca distanza dal monumento a Garibaldi, che troneggiava in mezzo alla Piazza, restammo ad osservare il passeggio della gente che transitava dinanzi a noi.

    - Come va? - domandò.
    - Bene. E tu?
    - Anch'io.
    - Luca?
    - Al solito. E' via, a Budapest. Torna martedì o mercoledì, spero.

    Avrei voluto dirle qualcosa a proposito di Luca, esitai e cambiai argomento di conversazione. Entrambe lavoravamo come infermiere in ospedale, ma ci frequentavamo da poco tempo, da quando era stata trasferita nel reparto di medicina dove prestavo servizio.

    - Ti ho preso un regalo - dissi - E' solo un pensiero, ma spero che ti piaccia lo stesso. L'ho scorto sopra un bancale del mercato e l'ho comperato pensando a te.
    - Be'... mi hai messo addosso una certa curiosità. Posso sapere almeno cos'è?
    - Prova a indovinarlo.
    - Dai, Erika non fare la sciocchina. Dimmelo, non tenermi sulle braci.

    Cristina era dotata di una straordinaria bellezza. Le sporgenze carnose delle sue labbra si schiusero e accennò a mordersi il labbro inferiore. Era impaziente di sapere cosa le avevo comperato. Batté nervosamente le dita sul bracciolo della poltroncina nell'attesa che le consegnassi il regalo.
    Indossava una camicetta bianca ampiamente scollata e dei jeans che le donavano un aspetto sbarazzino. I capelli castano scuri, raccolti dietro alla nuca, a coda di cavallo, la facevano apparire più giovane di quanto non era, invece aveva la mia stessa età: trentadue anni.

    - Potrebbe essere un copricostume, una t-shirt o un maglietta a vogatore di quelle a spalla stretta. Tu cosa pensi che sia? - le suggerii. - Dai, non farmi stare male... dimmelo.

    Cristina afferrò il bicchiere e sorseggiò la bevanda analcolica. Tenni d'occhio il movimento delle sue labbra che si dilatarono al passaggio del liquido. Fui presa da un desiderio inconsulto d'infilarle la punta della lingua nella bocca, ma era solo una voglia spuria: una allucinazione.

    - Va be', dai... Ora te lo vado a prendere. L'ho nel cestello della bici.

    Mi allontanai e tornai poco dopo tenendo stretto nella mano il regalo.

    - Tieni è qui dentro - dissi, porgendole l'involucro.
    - Che faccio. L'apro ora? - sussurrò stringendo fra le dita il regalo.
    - Be'... se ti va che gli altri lo vedano.
    - Ah! E' così dunque. C'è dentro qualcosa di misterioso di cui debba vergognarmi?
    - Ma no, che dici mai.
    - Be'... Allora lo apro.

    Cristina tolse dal sacchetto l'involucro in plastica. Lo aprì e ne tirò fuori un bikini in tinta unita con reggiseno a forma di triangolo.

    - Accidenti! E' un bellissimo coordinato bianco! Giusto quello di cui avevo bisogno.
    - Dici?
    - Sì, davvero!
    - Ne sono felice. E' una piccola cosa, lo so. Su una pelle olivastra come la tua il bianco è il tipo di colore che più fa risaltare l'abbronzatura e soprattutto la bellezza... delle tue forme.

    Cristina afferrò il reggiseno, ne valutò la consistenza e le dimensioni e fece la stessa cosa con lo slip.

    - Ma che misure hai preso?
    - La terza di reggiseno e la quarantadue per gli slip. Sono andata un po' a naso.
    - Per essere una terza mi sembra piccola. Non credo proprio che contengano le mie tette, per me si tratta di una seconda
    - Ma no, dai. Fai vedere.

    Afferrai i capi di biancheria e li valutai ancora una volta.

    - Ti sbagli, guarda c'è scritto nell'etichetta. E proprio una terza!
    - Scusa se insisto, ma il reggiseno è di una misura più piccola. Lo saprò bene, non credi?
    - Be'... per giudicarlo dovrei vedertelo addosso.
    - Lo indosserò appena sarò a casa, poi te lo farò sapere.
    - Be'... potresti indossarli ora, così se non è della tua misura vado a cambiarlo subito.
    - Sì, ma come faccio?
    - Vieni dai, andiamo in bagno e te lo provi lì. Ti accompagno... se vuoi.
    - Dici?
    - Sì, dai. Andiamo, segui me.

    Ci conoscevamo da poco tempo eppure mi sentivo dannatamente attratta dal suo corpo. Mentre a passi lenti la precedevo verso la caffetteria, pur se turbata dall'inconsueta intimità, cercavo di reprimere la forte attrazione che provavo per lei.
    Il percorso che conduceva ai bagni lo conoscevo bene. Oltrepassai la porta dell'antibagno e lei mi seguì d'appresso. Ci ritrovammo in uno spazio esiguo. Una specchiera a muro e due lavandini stavano alla nostra destra, mentre sulla parete opposta trovano posto le porte dei due gabinetti.

    - Vai dentro. Ti aspetto qui mentre provi il costume - dissi.
    - Ma no, dai entriamo tutte e due insieme. Mi dai un consiglio, ti spiace?
    - Ma veramente...

    Cosa altro avrei potuto risponderle? E poi non vedevo l'ora di essere chiusa nell'esiguo spazio insieme a lei e godere della sua intimità.

    - Su, dai, non fare storie, segui me.

    Con un certo impaccio entrai anch'io nel bagno. Lo spazio era esiguo, ma sufficiente da permetterci di muoverci con una certa disinvoltura.

    - Ti spiace tenere il bikini mentre mi spoglio?
    - No, fai pure.

    Mi consegnò il costume e appoggiò la borsetta di pelle all'attaccapanni, poi si liberò dei jeans.

    - Provi anche gli slip?
    - Sì certo, intanto che ci sono provo anche quelli.

    Una volta sfilati i pantaloni si liberò della camicetta. L'intimo di pizzo bianco che indossava era molto carino, il reggiseno a balconcino le sosteneva i seni spingendoli verso l'alto.

    - Ti spiace sganciarmi il reggiseno?

    Si girò con la schiena nella mia direzione restando in attesa che la liberassi dall'indumento. Tolsi il gancio lasciando che il reggiseno le scendesse in avanti. Cristina lo raccolse e lo appese alla gruccia infissa nel muro, poi si girò verso di me. Il sorriso malizioso che traspariva dalle sue labbra era incantevole come lo erano le sue tette. Osservai le forme tonde e rimasi stupita nel constatare che i capezzoli, sufficientemente prominenti, erano turgidi.

    - Be'... sei sorpresa?
    - Cosa? - risposi, stupita.
    - Allora pensi ancora che la misura sia giusta?
    - No... forse hai ragione tu, ma...

    Contrariamente alle mie tette, che col passare degli anni accennavano a diventare pendule, le sue erano tonde e sufficientemente ritte. Le consegnai la parte superiore del costume e lei lo indossò.

    - Be'... che ne dici ti sembra una terza, questa?

    I lembi a forma di triangolo coprivano a stento le forme dei seni, segno che necessitava di una taglia in più.

    - In effetti, ti sta un poco stretto, lo ammetto.

    Sfilò le mutandine di pizzo e indossò quelle del bikini. Chinai il capo e constatai di persona che aveva la figa ben curata. Uno striminzito ciuffo di peli neri faceva bella mostra di sé nella parte superiore.

    - Ti sta veramente bene - dissi, col poco fiato che riuscii a buttare fuori, tanto ero eccitata.
    - Ti piaccio così?
    - Be'...sì... Certo che sì.
    - Senti come il tessuto stringe i seni. Ho ragione quando affermo che il reggiseno è di una misura in meno rispetto a quella che dovrei indossare?

    Mi prese la mano e l'infilò sotto la stoffa del costume a contatto di un capezzolo. Percepii l'inturgidimento del profilo di carne e il mio cuore cominciò a battere sempre più celermente a un ritmo di pulsazioni per me inconsueto.

    - Che te ne pare?
    - Dico che... hai due seni magnifici - pronunciai la frase come se una volta per tutte volessi liberarmi di un grosso peso.
    - Ti piacciono?
    - Sì, certo, e tu sei bellissima.

    Non attesi la sua risposta, mi feci audace e avvicinai le labbra alle sue. Le sfiorai delicatamente, senza premere su di esse. Lei non si tirò indietro, lasciò che la baciassi senza però ricambiare il mio gesto. Il suo atteggiamento era passivo, ebbi l'impressione di avere commesso una gaffe e di avere guastato la nostra amicizia. Sollevai le mani attorno il suo viso e premetti le labbra sulle sue. La sentii aprirsi e contraccambiare il mio bacio. Sospinsi Cristina contro la parete e proseguimmo a scambiarci dei baci. Lei, che soltanto pochi istanti prima era ritrosa e pareva non volersi lasciare andare, m'infilò con decisione le dita fra i capelli attirandomi con forza a sé. Le sue labbra avevano il sapore del miele e la morbidezza di un corso d'acqua.

    Baciare una donna è assai più gradevole di quanto lo sia con un uomo. I baci hanno un gusto particolare che li rende più eccitanti. Penetrai la cavità della sua bocca con la lingua e frugai dentro di lei.

    Alle mie sollecitazioni la sentii fremere di piacere. Continuai a penetrarla senza mai interrompere la mia azione, lei mi imitò facendo lo stesso.
    Le lingue s'intrecciarono l'una sull'altra provocandoci intensi attimi di piacere. Avevo la fica fradicia di umori che sentivo colarmi fra le cosce. Proseguii nella mia azione incollando le labbra sul suo collo riempiendola di succhiotti. Lei cercò di divincolarsi, ma tenendo pressata la sua schiena contro la parete le rendevo impossibile ogni movimento. Afferrai la punta di uno dei suoi capezzoli e incominciai a spremerlo con le dita, delicatamente, senza farle troppo male. Le tette che poc'anzi avevo intravisto floride, nel momento in cui si era liberata del reggiseno, erano prigioniere nelle mie mani ed apparivano sode, più delle mie.
    Chinai il capo e trascinai le labbra sopra di loro. Infilai la mano sotto l'elastico delle sue mutandine e con le dita raggiunsi le labbra della figa. Ebbe un sussulto di piacere quando la penetrai con un dito. La figa era inzuppata di umore come la mia. Infilai la lingua nella sua bocca e contemporaneamente iniziai a masturbarla con il dito che tenevo dentro la fessura.
    Il suo respiro si fece affannoso, ansimava di piacere lasciandosi sfuggire dei brevi monosillabi dalle labbra. Tenevo la mano appoggiata sul suo monte di venere e con le dita strofinavo la sporgenza carnosa del clitoride. Era turgido e generoso di lunghezza. Lo immaginavo così e non rimasi delusa. Senza remora alcuna ci abbandonammo a soddisfare i piaceri della carne.
    Cristina era in mia balia ed io godevo. Accidenti se godevo!

    In quei momenti ero cosciente che avrei potuto farle di tutto e lei mi avrebbe ubbidito senza opporre resistenza. Nell'istante in cui la morsicai sul collo, dietro la nuca, le sue gambe cominciarono a flettersi. S'inarcò all'indietro con la schiena e pronunciò le prime parole da quando avevamo iniziato a fare l'amore.

    - Mi fai morire... basta ti prego, smettila - sussurrò, mentre proseguivo a morderle il collo.
    - Ti prego...ti prego...

    La supplica mi eccitò ancora di più. Incominciai a spremerle l'estremità del clitoride con le dita agitando il minuscolo cappuccio che lo avvolgeva. Proseguii nella mia opera nonostante i suoi ripetuti tentativi di allontanarmi la mano dalla sua tana.

    - No... no... lasciami. Ti prego.

    Cristina mugolò di piacere e il suo corpo fu percorso da un'infinità di brividi. Il suo orgasmo era imminente.

    - Godo!... Godoo!... Godooo!

    Urlò ad alta voce accasciandosi col culo sul pavimento del bagno ponendo fine all'orgasmo.

    L'orologio che portavo al polso segnava mezzogiorno e mezzo quando, a piedi, mi avviai verso il mercato degli ambulanti. Transitai ancora una volta dinanzi il muretto di granito dove soltanto un ora prima stavano sedute in gran numero le donne moldave. Alcune di loro erano ancora lì. Una aveva disteso un asciugamani sulle spalle di una compagna e stava prendendosi cura dei capelli tagliandoli con le forbici.
    La folla di persone attorno le bancarelle era andata diradandosi. Proseguii nella mia corsa fra i banchi e raggiunsi quello dell'ambulante da cui avevo acquistato il bikini che avevo regalato a Cristina. Restituii il reggiseno della seconda misura e ne presi uno della terza: quella dei seni della mia amica.
     
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