La ragazzina il caldo e il treno

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    Aldo arrivò alla stazione con largo anticipo. Il suo treno era già pronto sul binario e si stava arroventando per bene sotto il sole di quel caldo pomeriggio di Giugno. In giro non c'era nessuno, a parte qualche ferroviere in piena fase digestiva che lottava per non addormentarsi.
    Decise di salire.

    Si pentì subito di averlo fatto perché fu assalito dal caldo soffocante e dall'odore di chiuso. L'aria era irrespirabile ma c'era un piacevole silenzio irreale.
    Percorse alcuni corridoi deserti prima di trovare una carrozza ed uno scompartimento di suo gradimento (secondo criteri probabilmente sconosciuti anche a lui stesso). Vi entro. Abbassò in fretta il finestrino; entrarono aria e rumore e lui respirò profondamente.
    Si trovava su un vecchio vagone, di quelli con gli scompartimenti a sei posti ed i sedili in finta pelle marrone. Ovviamente niente aria condizionata.
    Aldo si guardò intorno, poi butto il giornale sul sedile rivolto nel senso di marcia vicino al finestrino. Sceglieva sempre lo stesso. Eseguì con calma i riti abituali: appese la giacca al gancio, ripose la ventiquattrore sul portabagagli, recuperò il giornale e si sedette. Dopo aver estratto il tavolino pieghevole, su cui non ripose assolutamente nulla, inforcò gli occhiali ed iniziò la lettura.
    "Che palle!" esclamò poco dopo. E pensare che doveva ancora partire! Si lasciò andare sullo schienale.
    Sentì dei passi e delle voci lungo il corridoio: il treno cominciava a popolarsi.
    Alcuni uomini passando guardarono curiosi dentro lo scompartimento, ma per fortuna non si fermarono.
    Finalmente il treno, con uno scossone, si mise in marcia.
    Il dondolio ed il caldo fecero subito il loro effetto soporifero. Aldo chiuse gli occhi contento di intraprendere una delle sue attività da viaggio preferite: costruire con l'immaginazione avventure erotiche.
    Si addormentò però subito e profondamente, tanto che non fu risvegliato neppure dallo stridere dei freni quando il treno si fermò alla stazione successiva.

    Fu invece svegliato dallo spalancarsi della porta e da una voce di donna che chiedeva se c'erano posti liberi. La domanda era ovviamente retorica ma lui cercò di rispondere con il massimo della gentilezza mentre, ricomponendosi, tentava di apparire sveglio. Riuscì solo a biascicare un impastato "Prego!".
    "Mi scusi, l'ho svegliata vero?" chiese la donna sorridendo.
    "Si figuri!" rispose Aldo esibendo un sorriso a sessantaquattro denti.
    Nel frattempo, recuperate alla meglio le capacità visive, iniziò l'analisi della donna, quella che in gergo lui chiamava "radiografia" o "stampata".
    Sulla quarantina, mora, ben tenuta. Il viso, seppur finemente truccato, rivelava tutti i suoi anni e, anche se non si poteva definire bello, aveva qualcosa di interessante.
    Il corpo al contrario poteva competere tranquillamente con quello di donne più giovani; almeno così si intuiva, immaginandolo sotto il castigato tailleur in fresco lana. La gonna purtroppo non era corta ma sulla porzione di gambe che lasciava intravedere non c'era proprio niente da ridire. Il seno era abbondante ed Aldo rimpianse che la camicetta color salmone fosse allacciata fin quasi all'ultimo bottone.
    Il giudizio finale fu più che positivo ed Aldo immaginò i possibili e piacevoli sviluppi della situazione.

    I suoi sogni si sgretolarono all'istante quando, dietro la donna, entrarono nello scompartimento quelli che probabilmente dovevano essere i figli: un ragazzino ed una ragazzina. Il primo si catapultò con foga sul sedile di fronte a lui, urlando al mondo intero il suo diritto di stare vicino al finestrino. Fu ripreso, ma senza troppa convinzione, dalla madre che occupò il posto di fianco, al centro. La ragazzina si sedette di fronte alla madre e quindi alla sinistra di Aldo.
    Fu la donna a rompere il ghiaccio per prima, ponendo le solite domande di rito. Aldo non poté fare a meno di pensare che fosse solo la presenza dei figli a darle tanta sicurezza, così da permetterle di parlare ad uno sconosciuto senza correre il rischio di essere mal giudicata. Si chiese se sarebbe stata altrettanto loquace se fossero stati soli. Rimpianse di non poterlo mai sapere.
    Rispose con gentilezza e ricambiò le domande, ma dopo un po' la conversazione divenne per lui insopportabile: non che la donna fosse spiacevole; semplicemente si era reso conto che, per i suoi fini, quella conversazione era sterile, completamente priva di malizia e di quegli eccitanti messaggi nascosti dietro gesti e parole.
    Pensò che avrebbe desiderato trovarsi di nuovo solo per tornare a dormire e fantasticare.
    Inevitabilmente il dialogo cominciò a perdere ritmo. Probabilmente la donna se ne accorse perché spostò abilmente il discorso su questioni di attualità. L'interesse di Aldo si riaccese un poco.

    Ad un certo punto la ragazzina si intromise nella conversazione. Lo fece con educazione ed in modo appropriato. Aldo rimase stupito dalla sua proprietà di linguaggio e dall'acume delle sue osservazioni. In quel momento infatti la discussione era da poco scivolata in politica. Aldo e la donna si erano scoperti di idee opposte e, se pure si sforzassero di mantenere toni cordiali, era percepibile un certo nervosismo crescente. La ragazzina era intervenuta per controbattere un'affermazione della madre e questo l'aveva resa subito simpatica ad Aldo. La conversazione si ravvivò. Aldo e la ragazzina si trovarono in breve alleati e tra i due nacque subito la complicità. Di lì a poco, la donna, sconfitta sul piano della dialettica (specialmente dalla figlia) uscì progressivamente di scena.
    Aldo si ritrovò a discutere solo con la ragazzina.
    La donna non ne sembrò affatto risentita poiché aprì la rivista femminile che teneva sulle gambe e si diede alla lettura visibilmente sollevata.
    Aldo poté così voltarsi alla sua sinistra e parlare direttamente con la nuova interlocutrice senza mancare di rispetto alla precedente.

    Per la prima volta la guardò negli occhi. Fu uno shock. Era bellissima.
    Come aveva potuto non essersi ancora accorto di lei? Aveva stupendi e grandi occhi nocciola. I capelli biondi, lisci e sottili ma non tanto lunghi, erano raccolti in una coda di cavallo striminzita e un po' ridicola che le dava però un'aria simpatica e sbarazzina. I lineamenti erano perfetti, fin troppo delicati. Comunicavano un'idea di fragilità, accentuata ancora di più dalla carnagione chiarissima.
    Sorvolò velocemente con lo sguardo sul bel nasino all'insù (che pure avrebbe meritato di essere guardato per un buon dieci minuti) e si soffermò estasiato sulla bocca: perfetta! Le labbra, leggermente carnose ma assolutamente non volgari, erano di un rosso vivo e naturale. Inutile dire che desiderò baciarla, tanto che invidiò sinceramente il suo ragazzo (perché sicuramente doveva averne uno!) che poteva farlo.

    Aldo si accorse di essersi distratto per troppo tempo e, pur non avendo mai smesso di ascoltare quanto lei dicesse, capì di aver perso il filo del discorso. Se ne accorse anche la ragazzina ma non ne sembrò affatto offesa; semplicemente ripeté con gentilezza l'ultimo concetto mentre Aldo annuiva serio e convinto. Ad Aldo parve di scorgere un sorriso nei suoi occhi.
    Lei aveva parlato a lungo. Aldo, che adesso non voleva assolutamente che la conversazione morisse, cercò nuovi elementi per ravvivarla.
    La concentrazione però era ormai andata a farsi benedire. Non riusciva più a guardarla come la guardava prima, o meglio, come non la guardava prima, quando mirava (idiota!) alla madre.
    Parlando continuava a gettarle rapide occhiate esplorative.

    Non aveva però ancora guardato nel dettaglio il resto del corpo e decise di farlo. Si sentiva un porco ed aveva quasi vergogna di se, ma l'impulso era irresistibile. Cominciò quindi a tenere lo sguardo fisso, basso ed assorto, fingendo di concentrarsi su quello che lei diceva.
    Per prima cosa cercò con gli occhi il seno: fu una delusione perché era ancora un po' acerbo. I capezzoli però premevano con forza contro la maglietta bianca aderente (e firmata) ed erano quindi ben visibili. Non portava reggiseno. Doveva essere nel pieno dello sviluppo ed Aldo scommise con se stesso che, in meno di un anno, avrebbe sfoggiato un seno superbo.
    Scese ancora. Lo spettacolo che vide lo fece diventare improvvisamente serio dal turbamento.
    La ragazzina portava una gonna blu di cotone leggero che era pericolosamente sollevata poiché lei, tutt'altro che composta, teneva una gamba piegata sul sedile, con il piede infilato sotto l'altra allungata: una posa che un'adulta non si sarebbe mai sognata di assumere.
    Aveva due gambe stupende, già da donna ma delicate. Bianchissime. Aldo ne studiò ogni particolare: femori lunghi, ginocchia piccole ed un po' a punta, caviglie sottili. Gambe magre ma non secche, anzi, morbide e ben tornite. Desiderò poterle accarezzarle.
    Immaginò di afferrarle la caviglia e di risalire piano, accarezzando il polpaccio; quindi di oltrepassare in fretta il ginocchio e, dopo aver indugiato un poco all'interno della coscia vellutata...

    Tornò alla realtà di colpo perché lei si ricompose improvvisamente, unendo le gambe e rimettendo a posto la gonna. Lo fece con grazia, continuando a parlare con naturalezza per non creare imbarazzo e facendo sembrare il tutto un normale cambio di posizione.
    Ma Aldo capì di essere stato sorpreso. Chissà poi da quanto tempo!
    Si maledisse.
    Si chiese perché fosse stato così stupido, perché avesse applicato il suo solito, becero modo di fare anche con una ragazzina così giovane, che poteva non capire e imbarazzarsi.
    Si sentiva un verme e non osava tornare a fissarla negli occhi. Però doveva farlo se non voleva rendere manifesta la propria colpa.
    Così, raccolto il massimo della disinvoltura che riuscì a trovare, cercò di guardarla come se nulla fosse successo.
    Fu sorpreso e sollevato nel vederla sorridente. La ragazzina non sembrava per nulla offesa o spaventata da quegli sguardi da adulto. Ne pareva anzi lusingata.
    Sentendosi più leggero Aldo ricominciò a parlare senza più riuscire a togliersi un sorriso idiota dalla bocca. Non aveva più molta importanza quello che diceva. Aveva l'impressione che adesso fosse lei a non ascoltare. Gli parve anche di scorgere un lampo di malizia nei suoi occhi.
    Improvvisamente, e solo come un'adolescente sa fare, la ragazzina cambiò discorso e cominciò a rivolgergli domande personali. Erano un po' le stesse rivolte poco prima dalla madre, ma lui rispose con molto più entusiasmo ed abbondanza di particolari.
    Le rivelò il suo nome, le parlò del suo lavoro e della sua vita. Dovette confessare la sua età e si sentì un po' stupido quando, barando, si tolse un paio di anni: che importanza potevano avere infatti due anni in meno quando la differenza tra loro era probabilmente di quindici o venti!
    Peggio però fu quando, ad una precisa domanda di lei, ammise di essere fidanzato. La ragazzina non ne sembrò sorpresa o dispiaciuta. Aldo si sentì ridicolo per averlo sperato.
    Ricambiò con sincera curiosità le domande sulla sua vita.
    Seppe così che si chiamava Anna.
    Le chiese anche quanti anni avesse sperando che il numero fosse il più alto possibile.
    "Quattordici" rispose Anna.
    Lo aveva immaginato, ma sentirglielo dire fu come ricevere un secchio di acqua gelida.
    "...appena compiuti" aggiunse, ed arrivò il secondo secchio.
    "Cavolo, una bimba!" Penso Aldo con delusione mentre, pur continuando a mostrare i denti, sentiva il proprio sorriso spegnersi.

    Cercò di dimenticare quelle ultime parole. Parlare con lei era bello e non voleva che l'incantesimo creatosi fosse rotto da un così banale dettaglio anagrafico.
    "Non c'è niente di male nel fare due chiacchiere! Anche se è molto giovane" Pensò.
    Sapeva di fingere con se stesso ma si sentiva stranamente felice.
    Continuarono così a parlare per molto tempo. Aldo dava il meglio di se risultando spiritoso e brillante. Lei esplodeva spesso in risate gaie, ma non sguaiate. Era stupenda. Aldo la guardava sempre più ammirato, pensando con gelosia all'esercito di ragazzini che probabilmente condividevano il suo giudizio e che potevano correrle dietro. Rimpianse di non poter essere uno di loro. Rimpianse soprattutto di non avere più quindici o sedici anni: le avrebbe fatto una corte spietata e sicuramente l'avrebbe conquistata.

    Nel frattempo il fratellino aveva terminato di leggere i suoi fumetti e si stava visibilmente annoiando.
    Così, pur non avendo il minimo interesse per quanto sua sorella e quel signore stessero dicendo, cercò di inserirsi a forza nella conversazione. Capì subito di non essere gradito.
    Decise allora di divertirsi ribattendo sistematicamente su ogni cosa dicesse la sorella, prendendola in giro e scimmiottandola. Cercava di stuzzicarla con il chiaro intento di farla arrabbiare.
    Aldo gli lanciò un paio di occhiate feroci e non fece nulla per dissimulare la sua antipatia.
    Doveva essere di qualche anno più giovane della sorella; sicuramente più immaturo.
    Per un po' Anna cercò di zittirlo con malcelata insofferenza, continuando però a mantenere la calma. Poi cadde nella trappola e fu trascinata in una lite infantile, senza risparmio di insulti e minacce da parte di entrambi.

    Aldo fu sorpreso dal cambiamento. Evidentemente Anna riusciva ad adattarsi perfettamente al suo interlocutore ed era passata, nel giro di pochi secondi, da donna a bambina.
    Aldo si sentì a disagio e provò verso il fratellino un impulso omicida. E non tanto perché aveva interrotto una conversazione che poteva ancora essere ripresa, quanto perché, senza saperlo, aveva tolto ad Anna quella maschera che rendeva possibile la sua recita da adulta, mostrandola per quella che semplicemente era: una ragazzina di quattordici anni.
    Il loro dialogare non sarebbe stato più lo stesso.
    Probabilmente Anna se ne rese conto perché, palesemente mortificata, si alzo senza dire una parola, aprì la porta ed uscì nel corridoio.

    La delusione di Aldo fu mitigata solo dalla spettacolo della vista di lei da dietro.
    "Che bel culo!" urlò col pensiero mentre la seguiva con lo sguardo: i suoi fianchi erano contenuti ma i glutei, pieni, alti e sporgenti, gonfiavano la gonnellina alla perfezione suggerendo bene la loro forma.
    Aldo strinse i denti inspirando a fondo e senti una fitta di desiderio. La voleva. Scaccio il pensiero che ritornò subito: cavolo se la voleva!
    Poi, ancora una volta, si vergognò di se e si sentì improvvisamente triste. Avrebbe desiderato continuare a parlare ancora con lei; solo parlare, per poterla guardare ancora negli occhi.
    Passarono dieci minuti. Anna non accennava a rientrare. Mostrava la schiena guardando sconsolata il paesaggio dal finestrino del corridoio.
    Aldo si sentiva nervoso ed impaziente.
    Avrebbe voluto uscire anche lui e pensò ad una scusa per farlo. Scartò l'idea: avrebbe reso troppo palese il suo interesse. Sentì crescere ancor di più in lui nervosismo e irritazione.

    A peggiorare le cose ci pensò anche la madre, riprendendo la conversazione iniziale come se non fosse mai stata interrotta.
    "Stronza! Non potevi intervenire prima, per zittire il moccioso, invece di rompermi le palle adesso?" pensò con rabbia.
    Contemporaneamente però si sforzò di mostrare un minimo di cordialità ed un abbozzo di sorriso.
    Passarono alcuni minuti, noiosi ed eterni. Aldo rispondeva ormai alla donna con monosillabi mentre lanciava rapide occhiate al corridoio.

    Ad un certo punto vide con terrore che un ragazzo si era fermato al fianco di Anna ed ora le stava domandando qualcosa.
    "E adesso? Che cosa vuole questo stronzetto?!" pensò Aldo.
    Sperò che Anna lo liquidasse rapidamente. Lei invece rispose sorridendo ed il ragazzo riprese a parlare gesticolando. Anna sorrise nuovamente. Il ragazzo, incoraggiato, sembrava lanciatissimo ed Aldo sentì chiari in lui i segni della gelosia. Pensò che i due dovessero già conoscersi.
    Aldo seguiva l'evolversi della situazione cercando contemporaneamente di far credere alla donna di essere sempre interessato a quanto dicesse. Il risultato era penoso. Annuiva nervosamente mentre i suoi occhi saltavano con rapidità dalla madre alla figlia.

    Improvvisamente vide i due ragazzi stringersi la mano: si stavano presentando.
    "Troietta! Ti fai abbordare dal primo che passa!" Pensò roso dalla gelosia.
    Ormai insofferente, non cercava neanche più di nascondere il suo disinteresse per la donna; la odiava perché avrebbe voluto che richiamasse la figlia o almeno che si mostrasse un minimo preoccupata.
    Anna nel frattempo stava ridendo. Aldo notò subito la differenza con le gaie ma graziose risate che aveva rivolto a lui poco prima. Adesso appariva sguaiata e nervosa. Sembrava quasi voler forzatamente comunicare a tutti che si stava divertendo. Ad Aldo parve che lei, di tanto in tanto, lo guardasse con la coda dell'occhio, come per essere certa di essere osservata.
    Ne dedusse che forse stava cercando di farlo ingelosire e si sentì immediatamente meglio.

    La sua delusione quindi fu ancora più grande quando vide Anna allontanarsi seguendo il ragazzo.
    Il suo cuore andò in tumulto, i suoi pensieri cominciarono ad accavallarsi confusamente:
    "Bastardo! Cosa vuol fare?! La vuole portare nel suo scompartimento per sbaciucchiarla? magari chiudendo pure le tendine? Il porco! Forse la sta portando direttamente al cesso! Sicuro! se la vuole chiavare! e senza neanche perdere tanto tempo! Chiamalo scemo! E quella stronza di sua madre che fa?! Niente!"
    Come se lo avesse sentito, la madre, guardando verso il corridoio, esclamò con aria sconsolata:
    "Mia figlia è veramente incredibile! Riuscirebbe a fare amicizia con chiunque!".
    Riaprì quindi la rivista e riprese a leggere.
    Aldo non capì se fosse più arrabbiato per la tranquillità dell'affermazione o per l'allusione a lui in essa contenuta. Avrebbe voluto ribattere qualcosa del tipo:
    "Ma come, si fida a lasciare andare via sua figlia così, con un estraneo?"
    Ma le parole non gli uscirono dalla bocca.

    Tornò a guardare sconsolato fuori dal finestrino, come all'inizio del viaggio; e come all'inizio si lasciò andare ad immaginare un avventura erotica. Ma questa volta era molto più eccitato ed allo stesso tempo turbato, perché la trama ed i personaggi erano ben definiti: cercò di immaginare cosa stesse facendo Anna, chiusa dentro la toilette con quel ragazzo.

    Lei sorrideva nervosamente mentre lui le si avvinghiava addosso. Aveva gettato la maschera del ragazzo simpatico, carino e brillante ed ora appariva per quello che realmente era: arrapato. Avevano cominciato a baciarsi. Lui aveva risposto al tenero bacio a labbra socchiuse di lei cercando subito con insistenza la sua lingua ed ora le stava frugando avidamente in bocca.
    Frattanto le sue mani avevano cominciato ad esplorare il suo corpo e, dopo essersi soffermate un po' sui seni, avevano cominciato la discesa lungo la schiena. Adesso avevano raggiunto i glutei e dopo avervi indugiato un attimo, accarezzandoli con finta dolcezza, solo per pregustarli, si erano chiuse su di essi come tenaglie, iniziando a palparli senza ritegno.
    Anna adesso mormorava qualcosa, come per comunicargli di essere un po' più gentile se non proprio romantico. Per tutta risposta le sue mani scesero ancora lungo le cosce, raggiunsero l'orlo della gonna e si infilarono rapidamente sotto. Risalirono, apprezzando immediatamente la morbidezza ed il contatto fresco della pelle nuda, quindi si posizionarono subito sul suo sesso: una dietro, tra i glutei, l'altra davanti sul clitoride. Iniziò un massaggio metodico. Lei adesso aveva smesso di baciarlo e, un po' in preda alla vergogna, un po' al piacere, aveva appoggiato la fronte sulla sua spalla.
    Il ragazzo, sentendosi incoraggiato da quell'atto di sottomissione, si liberò dell'ultimo ostacolo che lo separava dalla vagina abbassandole velocemente le mutandine fino a metà femore.
    L'eccitazione fu grande quando le mani ripresero posizione sul sesso nudo, caldo ed inviolato.
    C'era in tutto ciò qualcosa di sacrilego. Il ragazzo esitò per un attimo, poi riprese il lavoro interrotto.
    Anna adesso si lasciava andare a lievi mugolii di piacere. Lui rimase stupito per come producesse i suoi umori tanto velocemente ed abbondantemente. Era letteralmente inzuppata e non avrebbe potuto comunicargli meglio la propria disponibilità ed eccitazione.
    Decise che non avrebbe aspettato oltre, saltando ogni altro stupido preliminare.
    Liberò il pene, ormai perfettamente eretto e cercò goffamente di sollevarle una gamba afferrandola da dietro il ginocchio. Resosi conto che l'operazione sarebbe stata in quel modo difficoltosa, oltre che scomoda, cercò di sollevare Anna per farla sedere sul piccolo lavandino. In tal modo avrebbe avuto le mani libere.
    La afferrò quindi per i fianchi con l'intento di spingerla verso l'alto. Ovviamente si aspettava che lei capisse e collaborasse dandosi la spinta necessaria. Ma Anna, inebetita, spaventata e con lo sguardo fisso sul grosso pene eretto, era rimasta immobile.
    Il ragazzo rimase impacciato anche lui per un attimo, poi, spazientito, optò per un altra soluzione.
    La afferrò per le spalle e la girò. Premendole con forza sulla schiena e facendola chinare in avanti fino quasi a farle toccare lo specchio con il viso.
    Anna confusa e stupita cercò di reagire rialzandosi. Non voleva... non voleva in quel modo. Voltò il viso e lo guardò con aria smarrita e supplichevole. Per contro lui le afferrò rudemente entrambi i polsi e le allargò le braccia in modo da farle mancare l'appoggio ed ottenere che si chinasse ulteriormente. Anna, ormai rassegnata, stava adesso completamente piegata sul lavandino con la fronte appoggiata allo specchio.
    Il ragazzo, esultante, poteva adesso agire comodamente.
    Per prima cosa le alzò la gonna ripiegandola esageratamente indietro fin quasi sulle spalle. Le mutandine erano già abbassate da prima e quindi il culo, stupendo, gli apparve all'improvviso in tutta la sua provocante bellezza.
    Seguì estasiato la forma delle natiche bianche e morbide fino a dove si allargavano mostrando la vulva. Vi allungò subito due dita e la massaggiò ancora un poco constatandone con piacere l'ottima lubrificazione.
    Senza distogliervi lo sguardo, armeggiò per calarsi ulteriormente mutande e pantaloni. Voleva sentirsi perfettamente comodo. Il suo pene duro come ferro oscillava per l'eccitazione.
    Le afferrò i glutei a piene mani e li divaricò tenendo i pollici verso l'interno. Con la punta di questi cercò le grandi labbra e le schiuse. Apparve il rosso vivo della vagina ed il piccolo orifizio inviolato. Senza l'ausilio delle mani vi appoggio la punta del grosso pene: il glande, gonfio e violaceo, appariva sproporzionato rispetto al piccolo buco che doveva penetrare. Il ragazzo cominciò a dubitare seriamente di potervi entrare. Era però impaziente di scoprirlo.
    Inspirò profondamente e cominciò a spingere, spingere, spingere...

    Aldo fu interrotto nel suo fantasticare dalla voce della donna che annunciava la stazione successiva e dal contemporaneo rallentare del treno. Imprecò a denti stretti e cercò di riafferrare le immagini che scomparivano. Ma ormai la concentrazione era persa. Inoltre si accorse con imbarazzo di avere il pene in erezione. Non osò guardare se il rigonfiamento dei pantaloni fosse molto visibile ma si affretto ad appoggiarvi sopra il giornale.
    Il treno intanto era entrato lentamente in stazione e si era fermato.
    La voce gracchiante dell'altoparlante annunciò il nome della località.

    Poco dopo la porta dello scompartimento si apri ed entrarono due signori sulla settantina che si sedettero nei posti liberi adiacenti al corridoio. Dopo di loro fece capolino un'anziana signora. Timidamente chiese se il posto di Anna fosse libero. La madre ebbe un attimo di esitazione:
    "Sarebbe occupato da mia figlia... ma si sieda pure, tanto quella chissà quando torna!"
    L'anziana signora ringraziò e, con movimenti lenti, tipici della sua età, si sedette sorridendo.
    Una delusione pesantissima cadde su Aldo. Era veramente finita. Anche se Anna fosse tornata, non si sarebbe più seduta vicino a lui. Aldo pensò che, a quel punto, tanto valeva uscire nel corridoio. Si sentiva però apatico, vuoto ed incapace di reagire. Rimase al suo posto.
    Il treno riparti.
    Proprio in quel momento la porta si aprì nuovamente ed entrò Anna.
    Eccitata ed entusiasta iniziò a raccontare, rivolta verso la madre, del ragazzo che aveva conosciuto, del fatto che fosse della sua stessa città e che fosse - pensa la combinazione! - nientemeno che compagno di classe di sua cugina Sara:
    "Fa' la seconda Liceo! e mi ha fatto conoscere alcuni suoi compagni! Simpaticissimi!" continuò Anna.
    Per un brevissimo istante, accortasi che il suo posto era adesso occupato, sembrò rabbuiarsi,
    ma subito riprese a parlare con allegria:
    "Se l'anno prossimo mi iscrivo anch'io al Liceo li ritroverò tutti! Avevano una chitarra e c'era uno, Mario, che suonava da Dio! Non ci avete sentiti cantare da qui?"
    "Per fortuna no, cara!" Rispose sarcastica la madre.
    "Purtroppo sono scesi proprio adesso! Andavano con la scuola a vedere un museo" Concluse Anna con una smorfia di tristezza.
    Per la seconda volta in quel giorno, Aldo si penti dei propri pensieri e di quello che aveva immaginato.

    Terminato il suo racconto Anna era rimasta in piedi, impacciata, nel mezzo dello scompartimento.
    L'anziana signora si scusò con lei per averle rubato il posto ed accennò a rialzarsi.
    Come prevedibile Anna la bloccò e con cortesia la pregò di rimanere seduta perché - e qui fu pronta nel trovare la soluzione conciliante - lei si sarebbe seduta vicino a suo fratello per... giocare a scacchi.
    Fortunatamente il fratello questa volta evitò di romperle le uova nel paniere: approvò con entusiasmo, si affrettò ad aprire la scacchiera portatile sul tavolino e fece un po' di posto alla sorella sul sedile.

    I due disposero i pezzi e tirarono a sorte per la scelta del colore. L'armonia però fu di breve durata. Anna infatti avrebbe giocato senza problemi anche con la scacchiera di traverso, ma questo era assolutamente inaccettabile per il fratello che voleva, al proprio turno, avere la visione di gioco dal proprio lato. Il risultato fu che la scacchiera veniva continuamente ruotata ad ogni mossa. Inevitabilmente, al primo forte scossone, alcuni pezzi si spostarono e caddero. Nacque poi una discussione su quale fosse la disposizione corretta. Litigarono.
    Aldo intervenne per dare il suo parere e i due si accordarono accettando il suo giudizio di arbitro imparziale.
    La partita riprese. Anna era in netto svantaggio ed Aldo non seppe resistere alla tentazione di aiutarla suggerendole una mossa. Anna ringraziò con un sorriso e mosse secondo il consiglio. Il fratello ovviamente non gradì l'interferenza e poiché la cosa si ripeté anche alla mossa successiva, sbottò in una vivace protesta. Anna gli rispose scocciata:
    "Che male c'è se mi aiuta! Vuoi vincere sempre tu? Facciamo così: io ed Aldo giochiamo assieme". Poi, rivolgendosi ad Aldo aggiunse:
    "Posso venire dalla tua parte?"
    Aldo rimase impietrito dalla domanda e fu quindi preceduto nella risposta dalla madre di Anna che si affrettò a dire:
    "Anna! Lascialo in pace! Non puoi scocciare sempre tutti quanti!"
    "Nessun disturbo!" ribatté velocemente Aldo, che subito si pentì della fretta con la quale le parole gli erano sfuggite di bocca.
    Anna si alzò e girando attorno al tavolino gli si avvicinò:
    "Posso sedermi sulle tue ginocchia?"
    "Certo!" riuscì a rispondere nascondendo alla meglio l'improvvisa agitazione.
    Aldo poggio il giornale di lato, unì le ginocchia e si raddrizzò sul sedile mentre Anna si sedette a cavalcioni volgendogli la schiena.
    "Adesso vinciamo!" disse allegramente girandosi verso Aldo e facendogli l'occhiolino. Lui annuì imbarazzato.
    Il contatto delle cosce di Anna sulle sue gambe era bellissimo.
    "E' così... leggera!" pensò estasiato.

    Cominciarono una nuova partita. Per vedere bene la scacchiera Aldo dovette sporgere leggermente la testa sopra le spalle di Anna. Nel fare questo pose involontariamente le mani sui suoi fianchi. Era stato un gesto naturale, ma l'improvvisa e piacevole sensazione di cingere il suo corpo lo sorprese cosi violentemente che non poté evitare di arrossire per l'imbarazzo. Evitò però di togliere le mani.
    La partita ebbe inizio e nonostante la concentrazione di Aldo fosse minima i due alleati ebbero ben presto ragione dell'avversario.
    Anna, esaltata per quella che era la sua prima vittoria, si volto raggiante ed abbraccio Aldo, sempre più rosso, imbarazzato e felice.
    Nella partita successiva Aldo si concentro veramente, deciso a fare colpo su di lei con la sua bravura. Il povero ragazzino subì una sconfitta cosi rapida ed umiliante che stizzito sbottò:
    "Non vale! E' troppo forte! Con lui non gioco più".
    Aldo allora lo tranquillizzo dicendo che adesso avrebbe lasciato giocare Anna da sola e si appoggiò allo schienale soddisfatto. Lei si scusò per l'antipatia del fratello e riprese a giocare.

    Lui la guardava adesso da dietro. Aveva staccato con rammarico le mani dai suoi fianchi per appoggiarle sui braccioli ed ora le osservava la nuca ed i bei capelli biondi.
    I due fratelli giocavamo silenziosi. Il caldo era aumentato e lo scompartimento sembrava risentirne perché era piombato in una strana tranquillità. I due Signori avevano smesso di parlare e si erano assopiti. Anche la madre si era addormentata: aveva la bocca leggermente aperta e ne si poteva distinguere il respiro lento e pesante.
    Ad un certo punto Anna - probabilmente in una fase critica della partita - si chino per studiare meglio la scacchiera; appoggio i gomiti sul tavolino e si prese la testa tra le mani. Nel fare questo arretro un poco sulle gambe di Aldo.
    Questi si riprese immediatamente dal torpore che stava prendendo anche lui. Il sedere di Anna era infatti venuto a trovarsi ora pericolosamente troppo vicino.
    Aldo deglutì.
    Anna arretro ancora.
    Aldo poteva sentire adesso la leggera pressione dei glutei sui genitali.
    Pensò sorpreso:
    "Possibile che non si sia accorta che questa posizione sia decisamente sconveniente? E' troppo ingenua oppure troppo maliziosa?"
    Scartò l'ultima ipotesi. Guardò velocemente le altre persone dello scompartimento per vedere se qualcuno avesse colto il suo imbarazzo. Tutti erano assopiti e regnava il silenzio. Si tranquillizzò un poco. In fin dei conti la situazione era delicatamente eccitante e si poteva gustare in tutta tranquillità.

    Non riuscì a terminare il pensiero che sentì il pene gonfiarsi. Con terrore cercò di bloccare sul nascere quell'esaltazione non richiesta. Non ci fu niente da fare. Il pene, in un moto di indipendenza, stava rispondendo a quello che era uno stimolo del tutto naturale, dando sfogo ai suoi pensieri più nascosti e repressi. Si indurì ancora di più. In un estremo tentativo di autocontrollo Aldo cercò di pensare ad altro. Visualizzò nella sua mente alcune immagini brutte e deprimenti: pensò alla suocera, al capoufficio, a tutto quello insomma che, normalmente, gli avrebbe smorzato la più vigorosa delle erezioni. Non ottenne alcun risultato. Allora sperò che biancheria e vestiti potessero imbrigliare tanta esuberanza. Ma il pene ebbe prepotentemente ragione anche di loro ed Aldo lo sentì sbucare vittorioso ed esultante da sotto l'elastico delle mutande. Era perfettamente eretto ed aderente all'addome.

    Aldo sperò che Anna non si accorgesse dell'improvviso rigonfiamento o che perlomeno non lo associasse, nella sua ingenuità, a quello che realmente era: una sana e potente erezione.
    Lei non si era mossa e continuava a giocare. Forse veramente non si era accorta di nulla.
    Il cuore di Aldo stava da poco cominciando a rallentare le sue pulsazioni quando un nuovo elemento di eccitazione si aggiunse improvviso: il treno aveva attraversato sferragliando una tratta piena di scambi; ondeggiamenti e sobbalzi si erano susseguiti numerosi. Nonostante l'imbarazzo Aldo non aveva potuto fare a meno di apprezzare il piacere derivante dall'inevitabile sfregamento. La tratta fu superata ed i sobbalzi cessarono, ma Aldo notò che anche le piccole oscillazioni, quelle che il treno aveva normalmente, contribuivano a dargli piacere e ad aumentare la sua eccitazione.
    Cominciò allora ad assecondare i sobbalzi accentuandoli con rapidi colpi di bacino.
    I suoi movimenti si mimetizzavano abbastanza bene con quelli del treno; almeno, di questo si era convinto. Ogni tanto, quando si accorgeva di eccedere, si fermava per un po'. Ma subito doveva riprendere.
    Per un attimo pensò con terrore che, di questo passo, avrebbe potuto anche raggiungere l'orgasmo: era un pensiero eccitante ma allo stesso tempo anche molto imbarazzante, soprattutto pensando alle conseguenze.
    Il gioco continuò.
    Aldo stava perdendo il controllo di se. I movimenti del suo bacino stavano diventando troppo accentuati e difficili da imputare alla sola oscillazione del treno; inoltre aveva sempre maggior desiderio di ritmo e non poteva più aspettare i sobbalzi adattandosi alla loro casualità. Così ogni tanto si muoveva anche quando il vagone era perfettamente stabile, simulando lui uno scossone.

    Quando però, in preda ad un impulso irrefrenabile, diede tre colpetti in sequenza un po' troppo sospetti, capì di aver esagerato e si convinse ad interrompere subito il pericoloso gioco.
    "Ma che cavolo sto facendo? Mi sono bevuto il cervello?!" Pensò cercando di ritrovare lucidità.
    Sentiva il pene duro come il marmo. Avrebbe voluto porre fine a quella tortura, andando magari alla toilette per masturbarsi selvaggiamente al solo pensiero di lei ed acquietarsi. Ma era incapace di muoversi.
    Deglutì e sperò che l'eccitazione passasse da sola.

    Improvvisamente Anna si mosse. Arretrò e sollevò leggermente il bacino, quindi ritornò nella posizione iniziale. Aldo non capì se il movimento era stato reale o se si era trattato di un sobbalzo del treno.
    Di nuovo Anna arretrò sollevando leggermente il bacino e ritornò, ancora, nella posizione iniziale. Questa volta Aldo non ebbe dubbi sul fatto che il movimento fosse proprio di Anna e pensò che probabilmente doveva trattarsi di un cambio di posizione.
    Anna ripeté ancora una volta l'identico movimento. Aldo non capiva. Pensò che probabilmente, continuando a rimanere nella stessa posizione, lei avesse le gambe intorpidite e che ora cercasse inutilmente sollievo muovendosi. Ancora una volta Anna arretrò e sollevo il bacino, premendo questa volta con più forza sui suoi genitali, quindi ritornò nella posizione iniziale. Il ritmo dei suoi movimenti aveva la precisione di un orologio svizzero ed il suo gesto era inequivocabile: si stava sfregando contro di lui.
    Aldo non voleva credere all'evidenza. Anna aveva ripreso il gioco da lui interrotto, ma questa volta senza veli e finzioni. Stava ricercando il piacere assieme a lui. Ancora una volta cercava la sua complicità. Aldo capì che lui doveva piacerle e che la sua attrazione era ricambiata.
    I suoi sentimenti furono un turbinare di stupore, esaltazione e felicità.
    Interruppe bruscamente i suoi pensieri e si affrettò a muoversi assieme a lei per paura che, se non incoraggiata, potesse fermarsi. Ancora un po' timoroso, iniziò a muoversi in sincronia; poi, trovandolo più piacevole, si alternò nello spingere.
    Sentiva tremare ogni muscolo del suo corpo. Era eccitato come un adolescente alla prima esperienza. La bocca gli si riempiva in continuazione di saliva e doveva deglutire frequentemente e rumorosamente.

    Anna nel frattempo era arretrata del tutto ed i suoi glutei premevano con forza sul pene avvolgendolo.
    Aldo si accorse che i loro movimenti stavano diventando visibili. Si fermò e, ponendole una mano sul fianco, cercò di comunicarle di fare altrettanto. Anna capì immediatamente. Riprese a muoversi in maniera lenta, dolce ed impercettibile.
    I due strani amanti furono interrotti nel loro petting dalla voce del fratello:
    "Scacco matto! Hai perso ancora!"
    "Dammi la rivincita" si affrettò a chiedere Anna anche se a tutto pensava in quel momento tranne che a giocare.
    "No, basta! Mi sono stufato! Già normalmente giochi male, ma oggi, chissà perché, fai più schifo del solito! Non c'è neanche gusto a batterti!" rispose tronfio il fratello; quindi si buttò indietro sul sedile e riafferrò uno dei suoi fumetti.
    Anna allora gli chiese di passare un fumetto anche a lei. Il fratello gliene lanciò uno a caso, sgarbatamente. Lei lo aprì con ordine sul tavolino e, dopo aver appoggiato il mento su una mano, cominciò la lettura. Cominciò anche a muoversi di nuovo su Aldo con metodo e precisione incredibili per una ragazzina alla prima esperienza: si muoveva dall'alto in basso molto lentamnete, premendo forte il sedere verso il pene, avvolgendolo bene.
    Improvvisamente, preceduto da un fastidioso fischio e dallo sbattere violento del finestrino, lo scompartimento cadde nell'oscurità: il treno era entrato in una galleria. Doveva essere probabilmente la prima di una lunga serie perché adesso si dovevano attraversare gli Appennini.
    Il rumore si era fatto più cupo ed assordante ma nello scompartimento regnava il silenzio.
    Aldo si sentì ancora più eccitato dal buio, ma anche intimorito. Anna invece non perse tempo e ne approfittò per strusciarsi con maggior vigore. Ora cavalcava velocemente dall'alto verso il basso colpendo il pene in erezione con i glutei.
    Aldo le sollevò un poco la parte posteriore della gonnellina, che era di intralcio, in modo che i glutei si appoggiassero direttamente su di lui.

    Ancora però non era soddisfatto. Voleva osare di più. Voleva liberare il pene, troppo imbrigliato da pantaloni e biancheria. Il solo pensiero di appoggiare il pene nudo a lei lo fece tremare e sudare per l'eccitazione. Il contatto diretto con la sua pelle sarebbe stato meraviglioso, ma non poteva osare tanto: presto la galleria sarebbe finita e la situazione sarebbe stata decisamente imbarazzante. Inoltre sarebbe stato difficile a quel punto evitare un orgasmo.
    Forse avrebbe dovuto evitare l'ultimo pensiero. La bestia che era in lui si eccitò incredibilmente all'idea e subito gli ordinò di eseguire quanto immaginato.
    Aldo obbedì spaventato e tremante.
    Goffamente infilò la mano tra lui ed Anna e cercò la cerniera. Lei non capì immediatamente le sue intenzioni e sentendo quella mano armeggiare un po' troppo audacemente sotto di se, si ritirò in avanti spaventata. Lui ne approfittò per abbassare la cerniera ma dovette faticare non poco per liberare il pene tanto questo era duro; poi la afferrò per i fianchi e gentilmente accennò a tirarla a se per invitarla a riprendere la posizione precedente. Ma Anna, che doveva aver capito quanto Aldo aveva fatto e spaventata per l'evolversi della situazione, sembrava non volersi più muovere.
    Aldo non voleva perdere tempo: la galleria stava per finire e non poteva farsi sorprendere dagli altri passeggeri con il pene fuori dai pantaloni. Trascino Anna a se con forza. Per fortuna lei si arrese e si sollevò leggermente per facilitargli l'operazione. Aldo ne approfittò velocemente per sollevare ed allargare ad arte la gonna.
    Il contatto tra il suo pene bollente e quelle cosce stranamente fredde fu di una piacevolezza mai provata. Aldo credette di venire all'istante.
    Ricominciò a muoversi contro di lei.
    Anna però non collaborava più come prima e si muoveva appena. Evidentemente era intimorita dalla variante del gioco. Forse analizzava curiosa la nuova sensazione.
    Aldo pensò che probabilmente questo doveva essere per lei il primo contatto con un pene, anzi, quasi certamente la prima esperienza sessuale in assoluto. Si vergogno di se per quanto stava facendo. Pensò di non avere il diritto di approfittare così di una ragazzina ingenua e curiosa. Quelle erano esperienze che lei avrebbe dovuto provare - magari fra qualche anno - con un ragazzo della sua età, in modo tenero e romantico, e non su un treno, clandestinamente, con un uomo che per giunta avrebbe potuto essere suo padre.

    Nonostante questi nobili pensieri continuo a strusciarsi su di lei.
    La bestia gli ordinò di ottenere ancora più piacere.
    Aldo afferrò Anna per i fianchi e la sollevò leggermente avvicinandola ancora di più a se. poi infilò le mani sotto la gonna, le afferrò entrambi i glutei e li divaricò in modo che il pene fosse perfettamente a contatto con la vulva per buona parte della sua lunghezza. Ricominciò a spingere contro di lei. Il contatto quasi diretto con il suo sesso era sconvolgente. Aldo sentì che le mutandine si stavano inumidendo rapidamente. Sentiva l'orgasmo vicino. Per quanto il pensiero fosse terrorizzante per le sue conseguenze, desiderava violentemente poterla imbrattare di sperma.

    Improvvisamente il rumore del treno si fece meno cupo e lo scompartimento fu inondato dalla luce.
    Il ritorno improvviso alla realtà terrorizzò Aldo. Abbassò rapidamente lo sguardo e, con sollievo, vide che il teatro del loro gioco proibito era ben celato dalla gonna. Questo lo tranquillizzò solo un poco perché la situazione rimaneva comunque critica: si trovava in uno scompartimento pieno di persone, con il pene eretto, nudo e nascosto solo dalla gonna di una ragazzina.
    Con timore scrutò gli altri passeggeri per vedere se qualcuno sospettasse qualcosa. Tutti dormivano; lo scompartimento era caldo e silenzioso. Anche la signora anziana, che aveva preso il posto di Anna vicino a lui, dormiva profondamente e, fortunatamente, contro il poggiatesta più lontano, a sinistra.
    Aldo respirò a fondo sollevato: poteva agire con un più tranquillità.
    Anna pareva stranamente tranquilla. Teneva la testa appoggiata al palmo della mano, leggermente di lato e sembrava assorta nella lettura del suo fumetto. Aldo pensò sorridendo che era proprio una puttanella deliziosa. Ne studiò con attenzione ed estasiato il bel profilo. Un attimo prima aveva maledetto il ritorno improvviso della luce, ma ora trovava assai più eccitante poter guardare quel bel visino sapendo che, nascosti dalla gonna, i loro sessi erano a contatto.
    Sentì il pene contrarsi più volte quasi a protestare per l'atto interrotto. Nessuno dei due però adesso osava muoversi alla luce del sole.

    Aldo continuava a guardarla. Avrebbe desiderato poterle accarezzare dolcemente: i capelli, le braccia, le gambe. Avrebbe desiderato stringerla a se ed abbracciarla teneramente; avrebbe desiderato baciarla. Quest'ultimo pensiero lo sorprese e lo eccitò più dell'idea stessa di fare l'amore con lei.
    Si, avrebbe voluto baciarla.
    Immaginò allora di doversi incontrare segretamente con lei di notte, aspettandola in macchina in un luogo e ad un'ora stabilita. Immaginò di vederla arrivare trafelata mentre si voltava per vedere se qualcuno la seguiva: lei saliva in macchina ansante e subito si abbracciavano e si baciavano con trasporto. Lasciò libera la sua fantasia. Ora erano nella stanza di un albergo. Lui la spogliava lentamente e con gentilezza; poi cominciava a baciarla. Dappertutto.
    "Se veramente potessimo essere là, su quel letto, soli! Liberi di fare ciò che vogliamo!" pensò con rammarico,
    "Allora si che ti amerei come meriti. Allora si che ti insegnerei ogni cosa..."

    Lo scompartimento ripiombò nel buio più completo. Era iniziata un'altra galleria.
    Ad Aldo dispiacque che il suo sogno fosse stato così bruscamente interrotto. Soprattutto gli dispiacque di non poter più vedere il volto di Anna. Pensò che avrebbe potuto godere anche solo guardandola, mentre rimaneva così intimamente a contatto con lei.
    Ma Anna, ricominciando a muoversi su di lui, gli ricordò immediatamente come il buio potesse essere ben più piacevole.
    Ricominciò timidamente, quindi il suo movimento riprese forza.
    Erano nuovamente in sincronia; i loro sessi si strusciavano con ritmo e decisione.
    Anna aveva le mutandine inzuppate dai propri umori. Ad Aldo improvvisamente venne in mente di abbassargliele.
    Questa volta, senza neanche aspettare l'ordine della bestia, infilò rapido le mani sotto la gonna, cercò e trovò l'elastico delle mutandine, vi infilò la punta delle dita e lo tirò verso il basso.
    Quando arrivò alla curva dei glutei si fermò. Anna doveva collaborare alzandosi leggermente per permettergli di passare oltre, ma non accennava a farlo.
    Aldo pensò con stizza che quello non era proprio il momento di fare i capricci, tantopiù che sapeva benissimo quanto anche lei fosse eccitata. Stava per agire di forza quando si ricordò che era solo una ragazzina e che quella doveva essere la prima volta che qualcuno le abbassava le mutande.
    Allora, istintivamente, si protese verso di lei con la bocca e le baciò teneramente la nuca. Il profumo e la morbidezza dei suoi capelli lo mandarono in estasi. La baciò nuovamente.
    Quei baci sortirono l'effetto di una parola magica: Anna si sollevo leggermente e lui ne approfitto rapido per portare a termine l'operazione.
    Quando Anna si appoggiò nuovamente su di lui, Aldo dovette soffocare a stento un grugnito di piacere.

    Il contatto era mille volte più piacevole di prima perché, per quanto le mutande costituissero una barriera alquanto sottile, lo sfregamento contro di esse era comunque fastidioso. Aldo se ne rese conto solo allora. Inoltre, psicologicamente, il fatto di non avere più nulla che li separasse era eroticamente devastante. Ora poteva apprezzare il contatto diretto tra il suo pene duro e bollente e la vulva umida e morbida di lei.
    Anna stava timidamente riprendendo a muoversi su di lui, dimostrando di apprezzare l'ennesima variante del gioco: le sue natiche, completamente bagnate dai suoi umori, scivolavano alla perfezione sul pene di Aldo e ora poteva strusciarsi con il suo sesso su tutta l'asta.
    Improvvisamente la luce inondò nuovamente lo scompartimento.
    Aldo imprecò oscenamente a denti stretti e sperò che arrivasse subito una nuova galleria. Quel contatto era sconvolgente e lui non poteva aspettare un solo attimo di più; voleva muoversi contro di lei, voleva godere, voleva... voleva schizzare! Sicuro voleva eiaculare come un maiale, sporcandola, imbrattandola di sperma: sulla vagina, sui glutei, sulle cosce, sulla gonna. Certo sarebbe stato difficile da spiegare, dopo. Sicuramente ne sarebbe seguito uno scandalo. Forse la madre lo avrebbe denunciato e fatto arrestare. Nulla di tutto ciò gli importava. Voleva solo venire e se non fosse sopraggiunta una galleria di lì a pochi secondi avrebbe proseguito nel suo intento anche alla luce del sole.

    Uno dei due anziani signori seduti sul lato corridoio sbadigliò stiracchiandosi, lo guardò e gli sorrise.
    Aldo si sentì sbiancare dalla paura ma fu pronto nel ricambiare il sorriso. L'anziano signore cambiò posizione e richiuse gli occhi. Non aveva notato nulla di strano.
    Passata la paura, Aldo rise intimamente per l'assurdità di quella situazione e provò un piacere perverso all'idea che tutte quelle persone fossero spettatori ignari del suo gioco erotico.
    Soprattutto si eccitò all'idea che proprio la madre di Anna fosse così vicino a loro.
    Non seppe fare a meno di pensare con libidine e cattiveria:
    "Dormi, dormi pure! Con la tua boccaccia aperta... intanto io mi diverto con tua figlia!".

    La galleria arrivò puntuale ed Aldo trionfante ricominciò con metodo a strusciarsi contro di lei.
    Con le mani le aveva afferrato i fianchi ed attraverso essi le dettava ritmi e movimenti.
    Anna collaborava alla perfezione. Avevano trovato il movimento giusto per darsi reciprocamente il massimo del piacere in quello strano frangente.
    Anna si sollevava e, con l'imbocco della vagina, andava a cercare il glande, vi indugiava per un attimo, poi scivolava verso il basso percorrendo tutto il pene fino ad arrivare a schiacciare i testicoli; quindi risaliva per ricominciare il giro. Ormai era completamente bagnata ed i suoi umori avevano eliminato ogni attrito. I piccoli rumori caratteristici di quello sfregamento erano appena udibili ma ad Aldo sembravano enormemente amplificati dal buio. Ormai però nulla aveva più importanza; voleva solo godere.

    Gli passò per la testa una strana idea. Si affrettò a scacciarla ma ormai era troppo tardi perché anche la bestia l'aveva sentita. Infatti, subito ed imperiosamente gli urlò:
    "Scopala!"
    Aldo lotto con se stesso per scacciare quel pensiero pazzesco. Non poteva fare una cosa simile; osare tanto con una ragazzina in uno scompartimento affollato, alla presenza della madre! Doveva già essere abbastanza soddisfatto per quanto aveva ottenuto. Inoltre anche tecnicamente non sarebbe stato certo facile: Anna era sicuramente vergine e la deflorazione, già di per se complicata, avrebbe sicuramente comportato da parte sua inevitabili gemiti di dolore.
    Ma tutte queste granitiche obiezioni si scioglievano come neve al sole ogni volta che Anna premeva sul suo glande.
    Consapevole di barare con se stesso, Aldo si convinse che avrebbe potuto spingere un pochino dentro di lei, solo appena appena, per gustare l'idea, senza - ovviamente - penetrarla completamente. Per una frazione di secondo, facendo appello a tutta la lucidità che gli rimaneva ed alla sua coscienza, cercò di opporsi alla bestia; poi si arrese miseramente ed accettò il compromesso.

    Infilò allora la mano sotto la gonna (l'operazione era resa adesso più facile dal fatto che Anna si sollevava molto di più di quanto non facesse in precedenza), afferrò il pene alla base e lo inclinò un po' in avanti per cercare l'imbocco di lei.
    Anna, che stava continuando imperterrita nel suo ritmico movimento, accellerandolo ormai priva di controllo, non si accorse subito della variante. Per due volte quindi il pene si impuntò pericolosamente all'imbocco della vagina, ma in entrambi i casi scivolò via. Anna allora, volendo evitare ulteriori pericolosi tentativi di penetrazione e non potendo più percorrere quel pene per tutta la sua lunghezza, cambiò movimento. Rimanendo leggermente sollevata si strusciava ora solo contro il glande, percorrendolo con la vulva dal clitoride fino all'ano e viceversa. Questo per lei era ancora più piacevole.
    Aldo però non poteva più trattenersi dallo spingere. Stava impazzendo. Sudato ed ansante pensò:
    "Troietta! Non puoi torturarmi così! Adesso ti entro dentro! Ti sfondo! Si! Al prossimo giro ti sfondo! Non ce la faccio più, te lo voglio infilare dentro fino alle palle! Al prossimo giro... Al prossimo giro te lo infilo fino alle palle! Ecco... ancora un giro e te lo infilo... Adesso! Ora! Adess..."
    Un violentissimo schizzo bollente arrivò come una liberazione, poi un altro, un altro e un altro ancora. Aldo, paralizzato dall'orgasmo, teneva la bocca completamente spalancata. Sentiva un urlo di piacere rimbombare nella sua testa e non capiva se fosse reale.
    Il pene continuò incredibilmente a eiaculare ancora per qualche istante; sembrava avesse finito quando Aldo sentì partire ancora un ultimo abbondante schizzo di sperma, poi la frequenza e la forza delle contrazioni diminuirono e l'orgasmo scemò.
    Anna continuava ad agitarsi. Aldo stava per fermarla, spossato, quando si rese conto che anche lei stava raggiungendo l'orgasmo. Lasciò andare il pene e la ragazzina vi si abbatte tenendo la schiena in posizione orizzontale rispetto al tavolo. Ora sfregava la vagina premendola sul pene per tutta la lughezza. La sentì venire quasi subito e soffocare a fatica un gemito di piacere mentre si accasciava sul tavolino in preda a violenti scossoni.

    Aldo si lasciò andare anche lui sul sedile. Era esausto. Avrebbe voluto addormentarsi e non svegliarsi più. Mai più....

    Poi improvvisamente fu preso dal panico.
    La libidine che l'aveva reso cieco e gli aveva fornito la necessaria follia per osare, se ne era andata assieme all'orgasmo lasciandolo solo ed impaurito. Si sentiva come il "palo" di una banda sacrificato dai complici fuggiti dopo la rapina e catturato dalla polizia. Si chiese se era stato veramente lui a fare tutto ciò. Voleva gridare la sua innocenza.
    Pensò che entro qualche secondo la lunga galleria sarebbe finita e che tutti avrebbero capito cos'era successo.
    Vedeva nel buio lo sperma gocciolare da sotto la gonnellina imbrattando dappertutto.
    Improvvisamente ne sentì pungente anche l'odore. Ebbe l'impulso di scappare ma il terrore lo paralizzò. Il cuore gli batteva all'impazzata.

    Fortunatamente per lui Anna mantenne una calma glaciale: si alzò di scatto e tirò su velocemente le mutandine. Aldo la sentì allontanarsi e chiedere educatamente permesso mentre raggiungeva l'uscita dello scompartimento per andare alla toilette.
    Impacciato e tremante Aldo ripose il pene nella patta dei pantaloni e richiuse velocemente la cerniera. Tastò a casaccio gambe e ventre per sentire se ci fossero tracce di sperma. Imprecò quando sentì dell'umido poco distante dalla cerniera. Aveva riacquistato però un minimo di lucidità e si ricordò del giornale che aveva appoggiato sul sedile alla sua destra. Lo aprì un poco e lo dispose sulle gambe proprio nel momento in cui la galleria finiva.
    Aldo trattenne il fiato per alcuni secondi senza osare guardarsi attorno.
    Poi lentamente si girò verso gli altri passeggeri:
    "Stanno ancora tutti dormendo!" pensò incredulo.
    "Non si sono accorti di nulla! Ho avuto l'orgasmo più strano e sconvolgente della mia vita, qui, in mezzo a loro e questi non si sono accorti di nulla!".
    Aldo non osava credere che tutto fosse filato così liscio. Si aspettava che da un momento all'altro qualcuno esclamasse un "si vergogni!" o un "depravato!". Ma nello scompartimento regnava il silenzio.
    A poco a poco Aldo si rilassò.
    Ebbe però un sussulto quando la madre di Anna si svegliò di soprassalto e guardandolo con aria interrogativa gli chiese :
    "Mia figlia?"
    Aldo dovette schiarirsi la voce con un colpo di tosse prima di parlare; poi rispose cercando di apparire il più naturale possibile:
    "Non so! Credo sia andata alla toilette"
    Era stata una recitazione pessima ed Aldo era certo che i segni della sua colpa e del suo turbamento fossero percepibili nello sguardo e nella voce. Ma la madre di Anna non sospettò assolutamente di nulla perché, borbottando qualcosa di incomprensibile, richiuse gli occhi.
    Aldo sospirò di sollievo. Era fatta.
    Adesso sarebbe stato buono e fermo fino all'arrivo ed ovviamente avrebbe abbandonato per ultimo lo scompartimento.

    Il treno attraversò ancora diverse gallerie, alcune delle quali molto lunghe; ad Aldo che oramai non erano più di alcuna utilità, parvero eterne.
    Era esausto e desiderava solo addormentarsi. Voleva aspettare però il ritorno di Anna per assicurarsi che tutto fosse andato bene. Probabilmente lei stava faticando non poco per ripulirsi. Pensò con terrore che forse non riusciva ad eliminare le tracce di sperma. Forse aveva dovuto bagnare la gonna ed ora aspettava semplicemente che questa asciugasse. Aldo si rese conto con rimorso che per lei doveva essere stato il primo contatto con il seme maschile. Si sentiva imbarazzato. In preda ai sensi di colpa si assopì.

    Quando riaprì gli occhi il treno aveva ormai superato la zona delle gallerie e stava per arrivare a destinazione. Aldo guardò verso il corridoio e vide Anna. Era rimasta fuori e guardava il paesaggio dal finestrino volgendo la schiena; esattamente come aveva fatto la prima volta, dopo aver litigato col fratello.
    Aldo pensò che probabilmente non osava rientrare. Voleva però che si girasse e lo guardasse per rassicurarlo. Desiderava che gli sorridesse. Voleva provare ancora quel meraviglioso rapporto di complicità che c'era stato tra loro. Ma Anna continuava a non voltarsi.
    Frattanto, all'esterno, le case cominciavano ad infittirsi. Stavano entrando in città. Il viaggio era al termine. Lento e sferragliando rumorosamente sugli scambi il treno entrò in stazione annunciandosi con un fastidioso ed acutissimo fischio.
    Anna non si era ancora voltata ed Aldo cominciava a sentirsi disperato.
    Tutti si alzarono e si prepararono per scendere.
    Anche Aldo stava per farlo, così da poterla raggiungere nel corridoio, ma il ricordo della patacca sui pantaloni lo blocco all'istante.
    Ad uno a uno i passeggeri uscirono salutando. Aldo balbettò loro qualcosa in risposta cercando di non perdere Anna con lo sguardo.
    L'ultima ad uscire fu la madre che si fermò accanto alla figlia e le disse:
    "Amore?! Ti sei incantata? Ho dovuto raccogliere io le tue cose! Dai, saluta Aldo e andiamo".
    Anna lasciò sfilare la madre, poi si girò appena verso Aldo e pronunciò un impercettibile ciao: aveva gli occhi rossi e gonfi dal pianto. Aldo si sentì morire. Un attimo dopo lei era sparita.
    Aldo Cercò disperatamente di alzarsi. Voleva inseguirla, afferrarla, stringerla e baciarla. Voleva parlarle, spiegarle che l'amore non era quella cosa stupida che avevano fatto, che era tutt'altra cosa. Glielo avrebbe dimostrato perché infatti lui... l'amava! Certo! l'amava! E l'avrebbe aspettata! Doveva dirglielo! Doveva dirle assolutamente che avrebbe aspettato che compisse diciotto anni, anzi neanche: sedici! Poi non ci sarebbero stati più ostacoli tra loro! Sicuro! Solo pochi anni e poi sarebbero stati felici!
    "Anna! Aspetta..."
    Fu tutto quello che riuscì a dire con un filo di voce, paralizzato sul sedile, con il giornale ben aperto sulle gambe e la sua patacca nascosta.

    Dieci minuti dopo un ferroviere, passando rapidamente attraverso i corridoi del treno, vide un uomo ancora seduto in uno scompartimento. Aveva la bocca aperta e lo sguardo stranamente vuoto.
    "Signore? Deve scendere! Questo treno va in deposito! ...Signore?! Si sente bene?".
     
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