Racconto di incesto con mamma e figlio

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    Matteo si piegò su se stesso, soffocando un gemito. Una fitta di dolore
    gli lancinò il cervello come una lama d'acciao.
    Tornò a guardarsi il pene eretto che sporgeva dal ventre. Dalla punta fino
    a metà era di un colore rosso acceso. Rinunciò subito all'idea di toccarsi
    ancora.
    Chiuse il rubinetto senza aver ancora toccato l'acqua ed uscì dal bagno.


    < fa ancora male? > lo apostrofò la madre osservandolo incedere
    claudicante.
    < un po'--anzi sì, decisamente. E' molto arrossato >
    < ti sei lavato bene? >
    Matteo arricciò il naso in una smorfia di disgusto < lo sai che non ci
    riesco. Mi fa troppo male >
    Giuditta Merkel, quarant'anni ben portati e uno sbarazzino ciuffo biondo
    sulla fronte gettò con impazienza lo straccio con cui stava lucidando
    l'ennesima stoviglia < avanti calati le braghe e fammi vedere >
    < ti prego moglie, ho diciotto anni, mi vergogno! > si lamentò Matteo con
    la voce ridotta ad un sospiro
    < non fare lo scemo, sono tua madre. Avanti spogliati >
    Il ragazzo a malincuore rientrò in bagno. Si slacciò nuovamente i
    pantaloni e li abbassò alle ginocchia. Con un dito abbassò i boxer, e
    facendo attenzione a non toccarlo espose il pene bene in vista.
    Era mattina presto ma l'aria già risuonava dei rumori tipici del risveglio
    di un giorno feriale. Lo scalpiccio sulle scale della signora del piano di
    sopra accerchiata dalla sua torma di marmocchi vocianti, l'odore di caffè
    e cornetti caldi che saliva dal bar sottostante.
    Lo sferragliare sulle rotaie del 736 ricordò a Giuditta che era già
    abbastanza tardi. Avrebbe dovuto fare in fretta.
    Inforcò gli occhiali che le penzolavano dal collo e reggendosi al lavabo
    si inginocchiò davanti al piccolo membro che penzolava inerte su un lato.
    Il vano era molto angusto, lo spazio bastava appena per due persone in
    piedi. Giuditta, con lo spigolo del bidet in una costola, dovette
    necessariamente avvicinarsi molto al pene del ragazzo.
    Una zaffata di orina e umori corporali la investì in pieno. Ma quando
    avrebbe imparato a curare di più la propria igiene personale? Scosse il
    capo con disapprovazione e tentò di sollevarlo delicatamente con il dorso
    della mano.
    Era decisamente molto infiammato. La pelle che lo ricopriva era tesa e
    lucida, di un colore che dal rosso stava degenerando in viola.
    Ignorando le proteste del figlio, lo fece sedere sul bidet ed aprì il
    rubinetto. Una cascata di acqua si riversò sul pene in mille bollicine
    azzurro pallido.
    < Lo sai che dobbiamo pulirlo anche sotto la pelle, no? >
    < No! lì no, non ce la faccio. Mi fa un male atroce>
    < userò l'ovatta e lo farò piano, ok? >
    Matteo strinse i denti quando la madre scoperchiò con cura il glande dalla
    pelle che lo ricopriva. Poco dopo sentì il sapone liquido bagnarlo subito
    seguito dall'ovatta che la madre trascinava sul glande in fiamme.
    Lo pulì con cura e al termine lo cosparse interamente di una crema
    biancastra, estremamente densa. Quindi lo ricoprì tirando la pelle fin
    sulla punta.
    < è cortisone > aggiunse < quindi dovrebbe agire abbastanza in fretta. Già
    stasera dovresti stare meglio >
    Giuditta era infermiera professionale e per le cose di questo tipo,
    preferiva sbrigarsela da sé. D'altronde era sola. Il padre di Matteo
    l'aveva lasciata quando lui era piccolo ed era abituata a fargli anche da
    padre.
    Sbrigò in fretta le ultime faccende, accompagnò Matteo alla fermata della
    metro e si perse nella nebbia mattutina mischiandosi alle altre migliaia
    di insetti che popolavano quel termitaio chiamato Milano.


    Rimase indeciso per un po', rimirandosi il pene già parzialmente eretto.
    Il rossore era quasi scomparso. Ne rimaneva solo un piccolo strascico
    attanagliato in un cerchietto sulla punta.
    Matteo valutò rapidamente se arrischiarsi in una veloce masturbazione. Era
    da quattro giorni che non lo faceva, un piccolo record per lui.
    Il rumore della chiave nella toppa lo sollevò subito da tale impervia
    decisione.
    Si stava ancora abbottonando i calzoni che il già il volto, arrossato del
    freddo, di sua madre fece capolino
    < come va ? aspetta non rivestirti, mi spoglio e vengo a dare un'occhiata >
    Quando tornò aveva indosso la solita corta gonna nera che usava in casa.
    Sua madre si cambiava completamente quando tornava. Per non portarsi
    appresso il puzzo e lo sporco di fuori, diceva.
    Si stava ancora abbottonando la blusa, dai lembi spuntava fuori un
    reggiseno a tinte floreali, abbastanza trasparente da lasciar vedere
    chiaramente le due piccole aureole dei seni.
    Si inginocchiò nella stessa posizione del mattino, inforcò gli occhiali e
    scrutò da vicino il pene. Era visibilmente migliorato, ma andava ripulito
    dagli ultimi rimasugli della crema del mattino, lavato bene e cosparso
    nuovamente di crema.
    Aprì il rubinetto e come il getto d'acqua ebbe raggiunto la giusta
    temperatura vi bagnò il pene. Matteo la lasciava fare leggermente
    imbarazzato. Si vergognava a farsi vedere nudo da sua madre ma ancor di
    più si vergognava a dipendere da lei per queste cose. D'altronde da solo
    non avrebbe mai trovato il coraggio di lavarsi ed ungersi in quel modo.
    Anche quando si masturbava, infatti, Matteo non scopriva mai completamente
    il pene. Lo menava da sopra la pelle, lasciando che questa seguisse il suo
    ritmo, diradandosi solo un po' in punta quando la mano andava giù.
    Sentì le dita della madre toccarlo delicatamente. Gli teneva il glande tra
    pollice e indice mentre con l'altra mano lasciava scorrere giù la pelle,
    fino a scoprirlo del tutto.
    Come al mattino lo lavò delicatamente, pulendo bene la zona intorno
    all'orifizio urinale e proseguendo poi sul resto dell'asta.
    E poi successe.
    Che Matteo non fosse più nelle condizioni del mattino, la madre se ne era
    accorta subito. Insieme all'infiammazione se ne era andata anche la
    precedente quieta morbidezza inerte. Già da prima che lo toccasse il pene
    era decisamente più turgido, poi con stupore crescente Giuditta l'aveva
    sentito lievitare nella propria mano, fino a che aveva assunto l'aspetto
    di una vera e propria erezione.
    L'aveva guardato sbigottita, con il pene gonfio che pulsava nel palmo come
    animato da vita propria.
    Matteo aveva subito distolto lo sguardo, e subito una violenta vampata era
    salita ad imporporargli il viso.
    Passato il primo momento di sorpresa, Giuditta pensò fosse meglio non
    aumentare il già pesante imbarazzo e continuare come se non fosse successo
    niente. L'aveva asciugato con attenzione, l'aveva fatto sedere verso di
    lei ed aveva iniziato a spalmargli delicatamente la crema sul pene.
    Matteo la lasciava fare, non protestava neanche più quando gli toccava il
    glande nudo, ma l'erezione non accennava minimamente a placarsi, anzi il
    membro sembrò farsi ancora più duro.
    Per non tormentarlo inutilmente con manipolazioni troppo spinte, prese a
    stendere la crema con il polpastrello del solo dito indice, nel modo più
    lieve che le riuscì. Ma anche così lo sentiva indurirsi e sobbalzare ogni
    volta che passava il dito sul filetto sotto il glande.
    Ascoltando il respiro corto e affannato del figlio, all'improvviso
    Giuditta capì:
    suo figlio stava godendo.
    E la causa di quel piacere inaspettato era lei o meglio quel che lei gli
    stava facendo con le mani.
    Come a dar conferme ai suoi pensieri, una goccia di liquido gelatinoso
    comparve sulla punta del pene brillando come una goccia di rugiada.
    Carezzò il pene con il palmo intero. Lasciò scivolare il pollice
    nell'altro verso, finchè non si congiunse con l'indice. Matteo sospirò un
    lamento soffocato.
    Un pensiero gli soffiò come un alito di vento attraverso il cervello.
    Prima che potesse ripensarci serrò il pugno della mano e strinse con tutta
    la forza che aveva in corpo.
    Matteo lanciò un gemito, ma rimase fermo, aggrappandosi con forza ai bordi
    del bidet. Giuditta fece scendere la mano verso il basso con un movimento
    esasperatamente lento. Sentì che il figlio la assecondava, protendendo il
    ventre verso di lei.
    Risalì e riscese. Attese.
    Alzò lo sguardo verso il figlio, come a cercarne il consenso. Matteo si
    stava guardando, affascinato e incredulo, il proprio pene, stretto nella
    mano della madre.
    Reggendosi al bidet Matteo, dette una spinta. Si tirò indietro e spinse di
    nuovo. La madre serrò il pugno e gli scese incontro.
    Ben presto il movimento divenne frenetico. Matteo ansimava e muoveva il
    ventre in modo troppo scoordinato perché la madre potesse seguirlo.
    Giuditta perse ben presto il ritmo. Stava ancora cercando di sincronizzare
    il polso quando all'improvviso Matteo eiaculò, colpendola sul viso.
    Si ritrasse d'istinto mentre un secondo violento schizzo di sperma
    saettava nell'aria. Giuditta lo sentì bagnarle i capelli e colarle, caldo
    e vischioso, sulla fronte.
    Mentre con la mano cercava di mantenere un certo ritmo, con l'altra
    cercava affannosamente un asciugamano con cui pulirsi.
    Con la coda dell'occhio vide altri schizzi zampillare disordinatamente
    nell'aria attorno a sé. Dovette reprimere un conato di vomito, quando
    avvertì il sapore disgustoso dello sperma insinuarsi nella bocca.
    Quando finì calò una pesante coltre di silenzio. Giuditta lasciò andare il
    membro, ancora gocciolante e si pulì il viso dalle tracce di sperma che
    Matteo le aveva rigurgitato addosso. Si alzò malferma sulle gambe. Altre
    chiazze lordavano il pavimento e il lavabo.
    Matteo si stava ricomponendo. Aveva l'aria affranta di un pulcino bagnato
    < Cosa abbiamo combinato moglie ? > mormorò impaurito con voce
    improvvisamente tornata infantile.
    Giuditta si fermò sulla soglia. Increspò le labbra in un sorriso
    affettatamente innocente
    < Cosa? abbiamo messo la crema naturalmente, che altro? >
     
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    anche qui grande successo zero commenti :(
     
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  3. stefaxx46
     
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    vorrei sapere come continua ....
     
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    Perla de Plata

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    Il crescendo erotico della situazione, non lascia alito ad alcun equivoco. Scritto molto bene e senza alcuna volgaritá. Mi permetterei di fare solo un piccolo appunto. Matteo per ben due volte chiama "moglie" la madre. < ti prego moglie, ho diciotto anni, mi vergogno! > eppoi ancora:< Cosa abbiamo combinato moglie ? > è solo un lapsus? o la storia a dei risvolti che ancora non hai svelato?
     
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  5. incsti
     
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    CITAZIONE (HF123 @ 30/9/2011, 11:17) 
    Matteo si piegò su se stesso, soffocando un gemito. Una fitta di dolore
    gli lancinò il cervello come una lama d'acciao.
    Tornò a guardarsi il pene eretto che sporgeva dal ventre. Dalla punta fino
    a metà era di un colore rosso acceso. Rinunciò subito all'idea di toccarsi
    ancora.
    Chiuse il rubinetto senza aver ancora toccato l'acqua ed uscì dal bagno.


    < fa ancora male? > lo apostrofò la madre osservandolo incedere
    claudicante.
    < un po'--anzi sì, decisamente. E' molto arrossato >
    < ti sei lavato bene? >
    Matteo arricciò il naso in una smorfia di disgusto < lo sai che non ci
    riesco. Mi fa troppo male >
    Giuditta Merkel, quarant'anni ben portati e uno sbarazzino ciuffo biondo
    sulla fronte gettò con impazienza lo straccio con cui stava lucidando
    l'ennesima stoviglia < avanti calati le braghe e fammi vedere >
    < ti prego moglie, ho diciotto anni, mi vergogno! > si lamentò Matteo con
    la voce ridotta ad un sospiro
    < non fare lo scemo, sono tua madre. Avanti spogliati >
    Il ragazzo a malincuore rientrò in bagno. Si slacciò nuovamente i
    pantaloni e li abbassò alle ginocchia. Con un dito abbassò i boxer, e
    facendo attenzione a non toccarlo espose il pene bene in vista.
    Era mattina presto ma l'aria già risuonava dei rumori tipici del risveglio
    di un giorno feriale. Lo scalpiccio sulle scale della signora del piano di
    sopra accerchiata dalla sua torma di marmocchi vocianti, l'odore di caffè
    e cornetti caldi che saliva dal bar sottostante.
    Lo sferragliare sulle rotaie del 736 ricordò a Giuditta che era già
    abbastanza tardi. Avrebbe dovuto fare in fretta.
    Inforcò gli occhiali che le penzolavano dal collo e reggendosi al lavabo
    si inginocchiò davanti al piccolo membro che penzolava inerte su un lato.
    Il vano era molto angusto, lo spazio bastava appena per due persone in
    piedi. Giuditta, con lo spigolo del bidet in una costola, dovette
    necessariamente avvicinarsi molto al pene del ragazzo.
    Una zaffata di orina e umori corporali la investì in pieno. Ma quando
    avrebbe imparato a curare di più la propria igiene personale? Scosse il
    capo con disapprovazione e tentò di sollevarlo delicatamente con il dorso
    della mano.
    Era decisamente molto infiammato. La pelle che lo ricopriva era tesa e
    lucida, di un colore che dal rosso stava degenerando in viola.
    Ignorando le proteste del figlio, lo fece sedere sul bidet ed aprì il
    rubinetto. Una cascata di acqua si riversò sul pene in mille bollicine
    azzurro pallido.
    < Lo sai che dobbiamo pulirlo anche sotto la pelle, no? >
    < No! lì no, non ce la faccio. Mi fa un male atroce>
    < userò l'ovatta e lo farò piano, ok? >
    Matteo strinse i denti quando la madre scoperchiò con cura il glande dalla
    pelle che lo ricopriva. Poco dopo sentì il sapone liquido bagnarlo subito
    seguito dall'ovatta che la madre trascinava sul glande in fiamme.
    Lo pulì con cura e al termine lo cosparse interamente di una crema
    biancastra, estremamente densa. Quindi lo ricoprì tirando la pelle fin
    sulla punta.
    < è cortisone > aggiunse < quindi dovrebbe agire abbastanza in fretta. Già
    stasera dovresti stare meglio >
    Giuditta era infermiera professionale e per le cose di questo tipo,
    preferiva sbrigarsela da sé. D'altronde era sola. Il padre di Matteo
    l'aveva lasciata quando lui era piccolo ed era abituata a fargli anche da
    padre.
    Sbrigò in fretta le ultime faccende, accompagnò Matteo alla fermata della
    metro e si perse nella nebbia mattutina mischiandosi alle altre migliaia
    di insetti che popolavano quel termitaio chiamato Milano.


    Rimase indeciso per un po', rimirandosi il pene già parzialmente eretto.
    Il rossore era quasi scomparso. Ne rimaneva solo un piccolo strascico
    attanagliato in un cerchietto sulla punta.
    Matteo valutò rapidamente se arrischiarsi in una veloce masturbazione. Era
    da quattro giorni che non lo faceva, un piccolo record per lui.
    Il rumore della chiave nella toppa lo sollevò subito da tale impervia
    decisione.
    Si stava ancora abbottonando i calzoni che il già il volto, arrossato del
    freddo, di sua madre fece capolino
    < come va ? aspetta non rivestirti, mi spoglio e vengo a dare un'occhiata >
    Quando tornò aveva indosso la solita corta gonna nera che usava in casa.
    Sua madre si cambiava completamente quando tornava. Per non portarsi
    appresso il puzzo e lo sporco di fuori, diceva.
    Si stava ancora abbottonando la blusa, dai lembi spuntava fuori un
    reggiseno a tinte floreali, abbastanza trasparente da lasciar vedere
    chiaramente le due piccole aureole dei seni.
    Si inginocchiò nella stessa posizione del mattino, inforcò gli occhiali e
    scrutò da vicino il pene. Era visibilmente migliorato, ma andava ripulito
    dagli ultimi rimasugli della crema del mattino, lavato bene e cosparso
    nuovamente di crema.
    Aprì il rubinetto e come il getto d'acqua ebbe raggiunto la giusta
    temperatura vi bagnò il pene. Matteo la lasciava fare leggermente
    imbarazzato. Si vergognava a farsi vedere nudo da sua madre ma ancor di
    più si vergognava a dipendere da lei per queste cose. D'altronde da solo
    non avrebbe mai trovato il coraggio di lavarsi ed ungersi in quel modo.
    Anche quando si masturbava, infatti, Matteo non scopriva mai completamente
    il pene. Lo menava da sopra la pelle, lasciando che questa seguisse il suo
    ritmo, diradandosi solo un po' in punta quando la mano andava giù.
    Sentì le dita della madre toccarlo delicatamente. Gli teneva il glande tra
    pollice e indice mentre con l'altra mano lasciava scorrere giù la pelle,
    fino a scoprirlo del tutto.
    Come al mattino lo lavò delicatamente, pulendo bene la zona intorno
    all'orifizio urinale e proseguendo poi sul resto dell'asta.
    E poi successe.
    Che Matteo non fosse più nelle condizioni del mattino, la madre se ne era
    accorta subito. Insieme all'infiammazione se ne era andata anche la
    precedente quieta morbidezza inerte. Già da prima che lo toccasse il pene
    era decisamente più turgido, poi con stupore crescente Giuditta l'aveva
    sentito lievitare nella propria mano, fino a che aveva assunto l'aspetto
    di una vera e propria erezione.
    L'aveva guardato sbigottita, con il pene gonfio che pulsava nel palmo come
    animato da vita propria.
    Matteo aveva subito distolto lo sguardo, e subito una violenta vampata era
    salita ad imporporargli il viso.
    Passato il primo momento di sorpresa, Giuditta pensò fosse meglio non
    aumentare il già pesante imbarazzo e continuare come se non fosse successo
    niente. L'aveva asciugato con attenzione, l'aveva fatto sedere verso di
    lei ed aveva iniziato a spalmargli delicatamente la crema sul pene.
    Matteo la lasciava fare, non protestava neanche più quando gli toccava il
    glande nudo, ma l'erezione non accennava minimamente a placarsi, anzi il
    membro sembrò farsi ancora più duro.
    Per non tormentarlo inutilmente con manipolazioni troppo spinte, prese a
    stendere la crema con il polpastrello del solo dito indice, nel modo più
    lieve che le riuscì. Ma anche così lo sentiva indurirsi e sobbalzare ogni
    volta che passava il dito sul filetto sotto il glande.
    Ascoltando il respiro corto e affannato del figlio, all'improvviso
    Giuditta capì:
    suo figlio stava godendo.
    E la causa di quel piacere inaspettato era lei o meglio quel che lei gli
    stava facendo con le mani.
    Come a dar conferme ai suoi pensieri, una goccia di liquido gelatinoso
    comparve sulla punta del pene brillando come una goccia di rugiada.
    Carezzò il pene con il palmo intero. Lasciò scivolare il pollice
    nell'altro verso, finchè non si congiunse con l'indice. Matteo sospirò un
    lamento soffocato.
    Un pensiero gli soffiò come un alito di vento attraverso il cervello.
    Prima che potesse ripensarci serrò il pugno della mano e strinse con tutta
    la forza che aveva in corpo.
    Matteo lanciò un gemito, ma rimase fermo, aggrappandosi con forza ai bordi
    del bidet. Giuditta fece scendere la mano verso il basso con un movimento
    esasperatamente lento. Sentì che il figlio la assecondava, protendendo il
    ventre verso di lei.
    Risalì e riscese. Attese.
    Alzò lo sguardo verso il figlio, come a cercarne il consenso. Matteo si
    stava guardando, affascinato e incredulo, il proprio pene, stretto nella
    mano della madre.
    Reggendosi al bidet Matteo, dette una spinta. Si tirò indietro e spinse di
    nuovo. La madre serrò il pugno e gli scese incontro.
    Ben presto il movimento divenne frenetico. Matteo ansimava e muoveva il
    ventre in modo troppo scoordinato perché la madre potesse seguirlo.
    Giuditta perse ben presto il ritmo. Stava ancora cercando di sincronizzare
    il polso quando all'improvviso Matteo eiaculò, colpendola sul viso.
    Si ritrasse d'istinto mentre un secondo violento schizzo di sperma
    saettava nell'aria. Giuditta lo sentì bagnarle i capelli e colarle, caldo
    e vischioso, sulla fronte.
    Mentre con la mano cercava di mantenere un certo ritmo, con l'altra
    cercava affannosamente un asciugamano con cui pulirsi.
    Con la coda dell'occhio vide altri schizzi zampillare disordinatamente
    nell'aria attorno a sé. Dovette reprimere un conato di vomito, quando
    avvertì il sapore disgustoso dello sperma insinuarsi nella bocca.
    Quando finì calò una pesante coltre di silenzio. Giuditta lasciò andare il
    membro, ancora gocciolante e si pulì il viso dalle tracce di sperma che
    Matteo le aveva rigurgitato addosso. Si alzò malferma sulle gambe. Altre
    chiazze lordavano il pavimento e il lavabo.
    Matteo si stava ricomponendo. Aveva l'aria affranta di un pulcino bagnato
    < Cosa abbiamo combinato moglie ? > mormorò impaurito con voce
    improvvisamente tornata infantile.
    Giuditta si fermò sulla soglia. Increspò le labbra in un sorriso
    affettatamente innocente
    < Cosa? abbiamo messo la crema naturalmente, che altro? >
     
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  6. fiorenzo6
     
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    complimenti a Giuditta, ha fatto venire anche me
     
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  7. luca26
     
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    io faccio l'amore con mia mamma da 6 mesi
     
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  8. briciola2
     
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    luca26,......... dicono tutti così :asd:
     
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7 replies since 30/9/2011, 11:17   74296 views
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