parafrasi Adelchi di Alessandro Manzoni

coro atto terzo

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    Nei primi versi Manzoni ricostruisce l'immagine di Ermengarda durante gli ultimi respiri che la separano dalla morte. Ad ella attribuisce l'aggettivo "pia", che fa riferimento all'umiltà e alla semplicità della donna.
    La morte è ormai giunta, e, ora che la speranza è finita, le suore non possono far altro che pregare. Gli occhi azzurri (segno della stirpe longobarda) della donna vengono chiusi da una mano, che metaforicamente rappresenta la mano di Dio.
    A questo punto il poeta sembra intervenire nell'ultimo atto di consapevolezza della donna prima della morte. Si riconferma ancora una volta la concezione del Manzoni secondo la quale le passioni terrene si rivelano inutili di fronte all'eternità di Dio. Così vorrebbe che Ermengarda morisse liberando il suo animo da tali angosce e che si abbandonasse al raggiungimento di una meta ultraterrena che darà significato al suo martirio. Il destino della donna, quando era in vita, era di non riuscire a dimenticare ciò che era stato causa del suo dolore. Ma proprio grazie a queste sofferenze, di tipo sentimentale, ella può arrivare in Paradiso.
    In questi versi il poeta torna ad un'immagine del passato recente di Ermengarda, ovvero quando ella è rinchiusa in un convento di Brescia in seguito al ripudio. Nonostante lì cerchi di soffocare il ricordo dei giorni felici del matrimonio, riaffiorano ossessivamente in tutti i momenti del giorno e in tutti i luoghi. Inizia poi il flashback dei momenti passati quando ancora era moglie di Carlo Magno.Questi momenti descrivono scene tipiche della corte medievale: la caccia, e il ritorno del re dalla guerra.Negli ultimi dieci versi vi è la prima parte di una similitudine in cui il sollievo che porta la rugiada nell'erba secca è paragonato alle parole delle monache, che distolgono Ermengarda dai suoi pensieri e li indirizzano verso l'amore divino. La potenza dell'amore è definita "empia" perché non ha pietà della sua fragilità e la sconvolge.
    Nella seconda parte della metafora, il ritorno di Ermengarda ai pensieri dolorosi per un attimo messi da parte, è paragonato al ritorno degli steli d'erba allo stato di siccità, a causa del sorgere del sole. La notte dunque, di limitata durata, è assimilata al breve oblio.
    In questi versi si riprende quanto detto nella terza strofa, e ripropongono il motivo della liberazione dal tormento che è possibile solo nella morte.
    La sventura provvidenziale è un tema che ricorre anche nei Promessi Sposi; in questo caso consente ad Ermengarda di raggiungere Dio, poiché la sventura l'ha collocata tra gli oppressi.
    Quest'ultima strofa riprende il motivo della speranza in un riscatto ultraterreno, in cui il cielo rappresenta una promessa di pace e serenità.

    Adelchi Coro dell'atto III

    Le morbide trecce giacciono sparse
    sul petto pieno di affanno,
    le mani abbandonate, e il volto pallido
    imperlato dal sudore della morte,
    la pia giace, con lo sguardo 5
    tremolante cerca la luce.

    Nei primi versi Manzoni ricostruisce l'immagine di Ermengarda durante gli ultimi respiri che la separano dalla morte. Ad ella attribuisce l'aggettivo "pia", che fa riferimento all'umiltà e alla semplicità della donna.

    Termina il compianto delle suore: unanime
    si innalza una preghiera:
    calata sulla gelida
    fronte, una mano leggera 10
    chiude gli occhi
    sulla pupilla azzurra.

    La morte è ormai giunta, e, ora che la speranza è finita, le suore non possono far altro che pregare. Gli occhi azzurri (segno della stirpe longobarda) della donna vengono chiusi da una mano, che metaforicamente rappresenta la mano di Dio.

    Libera, o nobile, dall'animo
    angosciato le passioni terrene,
    offri un candido pensiero 15
    a Dio, e muori:
    oltre la vita vi è la meta
    del tuo lungo martirio.

    A questo punto il poeta sembra intervenire nell'ultimo atto di consapevolezza della donna prima della morte. Si riconferma ancora una volta la concezione del Manzoni secondo la quale le passioni terrene si rivelano inutili di fronte all'eternità di Dio. Così vorrebbe che Ermengarda morisse liberando il suo animo da tali angosce e che si abbandonasse al raggiungimento di una meta ultraterrena che darà significato al suo martirio.

    Questo era l'immodificabile destino
    sulla terra dell'infelice: 20
    di chiedere sempre un oblio
    che le sarà negato;
    e ascendere al Dio dei santi,
    lei santa a causa del suo dolore.

    Il destino della donna, quando era in vita, era di non riuscire a dimenticare ciò che era stato causa del suo dolore. Ma proprio grazie a queste sofferenze, di tipo sentimentale, ella può arrivare in Paradiso.

    Ahi! nelle notti insonni, 25
    per chiostri solitari,
    tra il canto delle suore,
    agli altari dove rivolgeva le sue suppliche,
    gli irrevocabili giorni
    le tornavano sempre in mente; 30

    In questi versi il poeta torna ad un'immagine del passato recente di Ermengarda, ovvero quando ella è rinchiusa in un convento di Brescia in seguito al ripudio. Nonostante lì cerchi di soffocare il ricordo dei giorni felici del matrimonio, riaffiorano ossessivamente in tutti i momenti del giorno e in tutti i luoghi. Inizia poi il flashback dei momenti passati quando ancora era moglie di Carlo Magno.

    quando ancora amata da Carlo, senza prevedere
    un avvenire in cui l'avrebbe ingannata,
    estasiata respirò l'aria
    vivificatrice della terra francese,
    e se ne andò invidiata 35
    tra le altre spose francesi:

    quando da un piano rialzato,
    la bionda criniera adorna di gemme,
    vedeva sotto uomini e cani correre
    impegnati nella caccia, 40
    e sulle redini sciolte del cavallo
    il re dalle lunghe chiome;

    e dietro di lui la furia
    dei cavalli fumanti per la corsa,
    e lo sbandare, e il rapido 45
    ritornare dei cani ansanti;
    e dai cespugli frugati
    uscire il cinghiale spaurito;

    e la polvere calpestata
    rigarsi di sangue, colpito 50
    dalla freccia del re: la tenera donna
    volgeva immediatamente il volto verso le ancelle,
    pallida di paura.

    Oh Mosa errante! oh tiepidi 55
    bagni di Aquisgrana!
    dove, deposta la maglia
    di ferro, il sovrano guerriero
    scendeva a lavarsi
    dal nobile sudore del campo! 60

    Questi momenti descrivono scene tipiche della corte medievale: la caccia, e il ritorno del re dalla guerra.

    Come rugiada al cespo
    d'erba secca,
    fresca ridà la vita
    negli steli riarsi,
    che risorgono verdi 65
    alla mite temperatura dell'alba;

    così al pensiero, sconvolto
    dalla potenza empia dell'amore,
    va incontro il refrigerio
    di una parola amica, 70
    e il cuore si dirige verso le placide
    gioie di un altro amore.

    Negli ultimi dieci versi vi è la prima parte di una similitudine in cui il sollievo che porta la rugiada nell'erba secca è paragonato alle parole delle monache, che distolgono Ermengarda dai suoi pensieri e li indirizzano verso l'amore divino. La potenza dell'amore è definita "empia" perché non ha pietà della sua fragilità e la sconvolge.

    Ma come il sole che sorge
    sale sull'erba infuocata,
    e con la sua vampa continua 75
    incendia l'aria immobile,
    abbatte al suolo
    i gracili steli appena risorti;

    così velocemente dalla breve
    dimenticanza torna l'immortale 80
    amore sopito, e assale
    l'anima impaurita,
    e le immagine temporaneamente distolte
    richiama al noto dolore.

    Nella seconda parte della metafora, il ritorno di Ermengarda ai pensieri dolorosi per un attimo messi da parte, è paragonato al ritorno degli steli d'erba allo stato di siccità, a causa del sorgere del sole. La notte dunque, di limitata durata, è assimilata al breve oblio.

    Libera, o nobile, dall'animo 85
    angosciato le passioni terrene;
    offri un candido pensiero
    a Dio, e muori:
    nel suolo che deve ricoprire
    la tua giovane spoglia, 90

    In questi versi si riprende quanto detto nella terza strofa, e ripropongono il motivo della liberazione dal tormento che è possibile solo nella morte.

    dormono altre infelici,
    consumate dal dolore; spose private dei mariti
    dalla spada dei nemici, e vergini
    fidanzate invano
    madri che videro i figli 95
    uccisi impallidire.

    Te discesa dalla colpevole stirpe
    degli oppressori,
    prodi solo perché numerosi,
    che conoscevano solo l'offesa, 100
    la legge del sangue, e la gloria
    di non aver pietà,

    la provvidenziale sventura
    ti collocò tra gli oppressi:
    muori compianta e tranquilla; 105
    muori con i Latini.
    Nessuno insulterà
    le ceneri prive di colpa.

    La sventura provvidenziale è un tema che ricorre anche nei Promessi Sposi; in questo caso consente ad Ermengarda di raggiungere Dio, poiché la sventura l'ha collocata tra gli oppressi.

    Muori; e ritrovi la pace
    la faccia senza vita; 110
    come era allora che non poteva prevedere
    di un avvenire ingannevole,
    rifletteva solo i pensieri
    sereni di una vergine. Così
    dalle nuvole squarciate 115
    si libera il sole al tramonto,
    e, dietro il monte, imporpora
    con luce tremolante l'occidente:
    al pio contadino rappresenta un augurio
    di un giorno più sereno. 120

    Quest'ultima strofa riprende il motivo della speranza in un riscatto ultraterreno, in cui il cielo rappresenta una promessa di pace e serenità.

    Analisi del testo
    • SUCCESSIONE DEI PIANI TEMPORALI:
    presente (morte)  passato recente (monastero) passato lontano (matrimonio)
    • PERSONAGGIO DI ERMENGARDA: ella è il "doppio" femminile degli Adelchi. La sua fragile anima pura è succube della brutalità del mondo. Ermengarda è la tipica figura romantica della donna angelo, che rivolge le sue passioni ad un amore coniugale, quindi lecito e casto.
    • IL RICORDO DEL MARITO: nella memoria di Ermengarda le immagini del marito sono legate a scene di violenza e di sangue, proprio perché il suo è un amore impietoso che la sconvolge.
    • LA MORTE: come per Adelchi, la morte è l'unica soluzione al suo conflitto con la realtà. Ella è ansiosa di trovare nel cielo la liberazione ai suoi tormenti.
    LA POESIA EPICO-DRAMMATICA: è un'innovazione rispetto alla tradizione poetica italiana. Si fonda sulla costruzione dei personaggi, sull'analisi di "individualità oggettivate", mette in scena conflitti drammatici.
     
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    grazie!!!! mi hai salvato il culo XD
     
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  3. T r i v e
     
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    questo che hai messo è il coro IV nn il III
     
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  4. GIULITHEBEST96
     
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    ma questo è il coro dell'atto IV xD xD
     
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    CITAZIONE (uno @ 18/5/2007, 16:56) 
    Nei primi versi Manzoni ricostruisce l'immagine di Ermengarda durante gli ultimi respiri che la separano dalla morte. Ad ella attribuisce l'aggettivo "pia", che fa riferimento all'umiltà e alla semplicità della donna.
    La morte è ormai giunta, e, ora che la speranza è finita, le suore non possono far altro che pregare. Gli occhi azzurri (segno della stirpe longobarda) della donna vengono chiusi da una mano, che metaforicamente rappresenta la mano di Dio.
    A questo punto il poeta sembra intervenire nell'ultimo atto di consapevolezza della donna prima della morte. Si riconferma ancora una volta la concezione del Manzoni secondo la quale le passioni terrene si rivelano inutili di fronte all'eternità di Dio. Così vorrebbe che Ermengarda morisse liberando il suo animo da tali angosce e che si abbandonasse al raggiungimento di una meta ultraterrena che darà significato al suo martirio. Il destino della donna, quando era in vita, era di non riuscire a dimenticare ciò che era stato causa del suo dolore. Ma proprio grazie a queste sofferenze, di tipo sentimentale, ella può arrivare in Paradiso.
    In questi versi il poeta torna ad un'immagine del passato recente di Ermengarda, ovvero quando ella è rinchiusa in un convento di Brescia in seguito al ripudio. Nonostante lì cerchi di soffocare il ricordo dei giorni felici del matrimonio, riaffiorano ossessivamente in tutti i momenti del giorno e in tutti i luoghi. Inizia poi il flashback dei momenti passati quando ancora era moglie di Carlo Magno.Questi momenti descrivono scene tipiche della corte medievale: la caccia, e il ritorno del re dalla guerra.Negli ultimi dieci versi vi è la prima parte di una similitudine in cui il sollievo che porta la rugiada nell'erba secca è paragonato alle parole delle monache, che distolgono Ermengarda dai suoi pensieri e li indirizzano verso l'amore divino. La potenza dell'amore è definita "empia" perché non ha pietà della sua fragilità e la sconvolge.
    Nella seconda parte della metafora, il ritorno di Ermengarda ai pensieri dolorosi per un attimo messi da parte, è paragonato al ritorno degli steli d'erba allo stato di siccità, a causa del sorgere del sole. La notte dunque, di limitata durata, è assimilata al breve oblio.
    In questi versi si riprende quanto detto nella terza strofa, e ripropongono il motivo della liberazione dal tormento che è possibile solo nella morte.
    La sventura provvidenziale è un tema che ricorre anche nei Promessi Sposi; in questo caso consente ad Ermengarda di raggiungere Dio, poiché la sventura l'ha collocata tra gli oppressi.
    Quest'ultima strofa riprende il motivo della speranza in un riscatto ultraterreno, in cui il cielo rappresenta una promessa di pace e serenità.

    Adelchi Coro dell'atto III

    Le morbide trecce giacciono sparse
    sul petto pieno di affanno,
    le mani abbandonate, e il volto pallido
    imperlato dal sudore della morte,
    la pia giace, con lo sguardo 5
    tremolante cerca la luce.

    Nei primi versi Manzoni ricostruisce l'immagine di Ermengarda durante gli ultimi respiri che la separano dalla morte. Ad ella attribuisce l'aggettivo "pia", che fa riferimento all'umiltà e alla semplicità della donna.

    Termina il compianto delle suore: unanime
    si innalza una preghiera:
    calata sulla gelida
    fronte, una mano leggera 10
    chiude gli occhi
    sulla pupilla azzurra.

    La morte è ormai giunta, e, ora che la speranza è finita, le suore non possono far altro che pregare. Gli occhi azzurri (segno della stirpe longobarda) della donna vengono chiusi da una mano, che metaforicamente rappresenta la mano di Dio.

    Libera, o nobile, dall'animo
    angosciato le passioni terrene,
    offri un candido pensiero 15
    a Dio, e muori:
    oltre la vita vi è la meta
    del tuo lungo martirio.

    A questo punto il poeta sembra intervenire nell'ultimo atto di consapevolezza della donna prima della morte. Si riconferma ancora una volta la concezione del Manzoni secondo la quale le passioni terrene si rivelano inutili di fronte all'eternità di Dio. Così vorrebbe che Ermengarda morisse liberando il suo animo da tali angosce e che si abbandonasse al raggiungimento di una meta ultraterrena che darà significato al suo martirio.

    Questo era l'immodificabile destino
    sulla terra dell'infelice: 20
    di chiedere sempre un oblio
    che le sarà negato;
    e ascendere al Dio dei santi,
    lei santa a causa del suo dolore.

    Il destino della donna, quando era in vita, era di non riuscire a dimenticare ciò che era stato causa del suo dolore. Ma proprio grazie a queste sofferenze, di tipo sentimentale, ella può arrivare in Paradiso.

    Ahi! nelle notti insonni, 25
    per chiostri solitari,
    tra il canto delle suore,
    agli altari dove rivolgeva le sue suppliche,
    gli irrevocabili giorni
    le tornavano sempre in mente; 30

    In questi versi il poeta torna ad un'immagine del passato recente di Ermengarda, ovvero quando ella è rinchiusa in un convento di Brescia in seguito al ripudio. Nonostante lì cerchi di soffocare il ricordo dei giorni felici del matrimonio, riaffiorano ossessivamente in tutti i momenti del giorno e in tutti i luoghi. Inizia poi il flashback dei momenti passati quando ancora era moglie di Carlo Magno.

    quando ancora amata da Carlo, senza prevedere
    un avvenire in cui l'avrebbe ingannata,
    estasiata respirò l'aria
    vivificatrice della terra francese,
    e se ne andò invidiata 35
    tra le altre spose francesi:

    quando da un piano rialzato,
    la bionda criniera adorna di gemme,
    vedeva sotto uomini e cani correre
    impegnati nella caccia, 40
    e sulle redini sciolte del cavallo
    il re dalle lunghe chiome;

    e dietro di lui la furia
    dei cavalli fumanti per la corsa,
    e lo sbandare, e il rapido 45
    ritornare dei cani ansanti;
    e dai cespugli frugati
    uscire il cinghiale spaurito;

    e la polvere calpestata
    rigarsi di sangue, colpito 50
    dalla freccia del re: la tenera donna
    volgeva immediatamente il volto verso le ancelle,
    pallida di paura.

    Oh Mosa errante! oh tiepidi 55
    bagni di Aquisgrana!
    dove, deposta la maglia
    di ferro, il sovrano guerriero
    scendeva a lavarsi
    dal nobile sudore del campo! 60

    Questi momenti descrivono scene tipiche della corte medievale: la caccia, e il ritorno del re dalla guerra.

    Come rugiada al cespo
    d'erba secca,
    fresca ridà la vita
    negli steli riarsi,
    che risorgono verdi 65
    alla mite temperatura dell'alba;

    così al pensiero, sconvolto
    dalla potenza empia dell'amore,
    va incontro il refrigerio
    di una parola amica, 70
    e il cuore si dirige verso le placide
    gioie di un altro amore.

    Negli ultimi dieci versi vi è la prima parte di una similitudine in cui il sollievo che porta la rugiada nell'erba secca è paragonato alle parole delle monache, che distolgono Ermengarda dai suoi pensieri e li indirizzano verso l'amore divino. La potenza dell'amore è definita "empia" perché non ha pietà della sua fragilità e la sconvolge.

    Ma come il sole che sorge
    sale sull'erba infuocata,
    e con la sua vampa continua 75
    incendia l'aria immobile,
    abbatte al suolo
    i gracili steli appena risorti;

    così velocemente dalla breve
    dimenticanza torna l'immortale 80
    amore sopito, e assale
    l'anima impaurita,
    e le immagine temporaneamente distolte
    richiama al noto dolore.

    Nella seconda parte della metafora, il ritorno di Ermengarda ai pensieri dolorosi per un attimo messi da parte, è paragonato al ritorno degli steli d'erba allo stato di siccità, a causa del sorgere del sole. La notte dunque, di limitata durata, è assimilata al breve oblio.

    Libera, o nobile, dall'animo 85
    angosciato le passioni terrene;
    offri un candido pensiero
    a Dio, e muori:
    nel suolo che deve ricoprire
    la tua giovane spoglia, 90

    In questi versi si riprende quanto detto nella terza strofa, e ripropongono il motivo della liberazione dal tormento che è possibile solo nella morte.

    dormono altre infelici,
    consumate dal dolore; spose private dei mariti
    dalla spada dei nemici, e vergini
    fidanzate invano
    madri che videro i figli 95
    uccisi impallidire.

    Te discesa dalla colpevole stirpe
    degli oppressori,
    prodi solo perché numerosi,
    che conoscevano solo l'offesa, 100
    la legge del sangue, e la gloria
    di non aver pietà,

    la provvidenziale sventura
    ti collocò tra gli oppressi:
    muori compianta e tranquilla; 105
    muori con i Latini.
    Nessuno insulterà
    le ceneri prive di colpa.

    La sventura provvidenziale è un tema che ricorre anche nei Promessi Sposi; in questo caso consente ad Ermengarda di raggiungere Dio, poiché la sventura l'ha collocata tra gli oppressi.

    Muori; e ritrovi la pace
    la faccia senza vita; 110
    come era allora che non poteva prevedere
    di un avvenire ingannevole,
    rifletteva solo i pensieri
    sereni di una vergine. Così
    dalle nuvole squarciate 115
    si libera il sole al tramonto,
    e, dietro il monte, imporpora
    con luce tremolante l'occidente:
    al pio contadino rappresenta un augurio
    di un giorno più sereno. 120

    Quest'ultima strofa riprende il motivo della speranza in un riscatto ultraterreno, in cui il cielo rappresenta una promessa di pace e serenità.

    Analisi del testo
    • SUCCESSIONE DEI PIANI TEMPORALI:
    presente (morte)  passato recente (monastero) passato lontano (matrimonio)
    • PERSONAGGIO DI ERMENGARDA: ella è il "doppio" femminile degli Adelchi. La sua fragile anima pura è succube della brutalità del mondo. Ermengarda è la tipica figura romantica della donna angelo, che rivolge le sue passioni ad un amore coniugale, quindi lecito e casto.
    • IL RICORDO DEL MARITO: nella memoria di Ermengarda le immagini del marito sono legate a scene di violenza e di sangue, proprio perché il suo è un amore impietoso che la sconvolge.
    • LA MORTE: come per Adelchi, la morte è l'unica soluzione al suo conflitto con la realtà. Ella è ansiosa di trovare nel cielo la liberazione ai suoi tormenti.
    LA POESIA EPICO-DRAMMATICA: è un'innovazione rispetto alla tradizione poetica italiana. Si fonda sulla costruzione dei personaggi, sull'analisi di "individualità oggettivate", mette in scena conflitti drammatici.
     
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