Venerdì sera

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    Avete mai provato una così forte attrazione per qualcuno di cui conoscete a malapena il nome?
    Beh, io si.

    <<una birra media>>
    <<un sex on the beach>>
    <<un goccio di rum se possibile>> alcool alcool e solo alcool.
    <<scolatene un po’ anche da parte mia bella, te ne offro>>
    <<grazie>> feci finta di bere il bicchierino di rum ma in realtà lo tenni in bocca per poi sputarlo nella bottiglia di birra vuota che tenevo sotto il bancone. La mia collega Jessica mi aveva insegnato molte cose, certo se avessi guardato prima anche io ‘Le ragazze del Coyote Ugly’ avrei capito che quel trucchetto non era farina del suo sacco.
    <<stasera c’è un affluenza pazzesca>> disse mentre prendeva del ghiaccio dal freezer e lo appoggiava a portata di mano
    <<è pur venerdì sera>>
    <<scusa è da mezz’ora che aspetto, puoi servirmi!?>> chiese un cliente scocciato
    <<vieni tu da questa parte amico vediamo se ti piace venir trattato così dopo una giornata di lavoro non stop ok? Aspetta il tuo turno e taci>> Jessica era troppo aggressiva in questi casi
    <<ma è un cliente…Jè…>>
    <<fa lo stesso. Io porto rispetto a chi me ne porta a sua volta. Se ha davvero sete aspetta se no cambia locale>> scossi la testa per dissenso. Non condividevo la sua idea, una delle prime cose che mi erano state insegnate quando ero stata assunta era stato il detto ‘il cliente ha sempre ragione’.
    Era da poco l’una di notte passata e al locale dove lavoravo c’era gente che aspettava da un’ora di poter entrare. Non per niente facevo la cameriera al prestigioso Carnaby di Rimini, in Emilia Romagna. Ero pagata abbastanza per permettermi un appartamento decente e di certo non mi lamentavo di dover fare tutta la notte insonne a servire gente mezza ubriaca.
    <<vanessa puoi per favore portare al tavolo 7 questo?>> annuii e presi lo champagne, incamminandomi a stento tra la folla. C’era odore di qualsiasi cosa, per fortuna c’era la musica ad alleviare il mio senso di disgusto verso quel puzzo assurdo di vomito misto canna.
    Arrivata alla meta appoggiai sul tavolo la bottiglia accompagnata da infiniti cubetti di ghiaccio, sbuffando e pulendomi le mani bagnate sul grembiule nero. Mi scostai i capelli dietro l’orecchio e sospirai pensando che mancavano solo quattro lunghe ore alla fine del turno. Dovevo farcela. Il giorno dopo avrei dormito per tutto il pomeriggio, poi avrei ricominciato daccapo la nottata.
    Ogni giorno era così. Mi salvavo solo una volta alla settimana, il resto delle mie serate –o meglio,nottate- le passavo in quel locale, che ormai era la mia seconda casa.
    Il dj aveva appena cambiato canzone. Per fortuna andavo sul sicuro: era ‘Are you gonna be my girl’ dei Jet. Canticchiai nella mia mente e alzai lo sguardo pronta per tornarmene alla mia postazione originaria. Ma qualcosa me lo permise.
    O meglio…qualcuno.

    Era come se le luci si riflettessero solo su di lui.
    Su quel viso roseo e di uno che non ti sa dare sicurezze, ma che è fottutamente sicuro di se stesso.
    Su quegli occhi limpidi e talmente azzurri che mi sembrava di essermi persa in una stanza bianca senza possibilità di uscire. Ed ogni parola mi tornava alle orecchie accompagnata da dieci, cento, mille eco. Su quei pochi capelli ricci che spuntavano fuori da un berretto grigio e quei pantaloni stretti abbastanza da marcare i suoi fianchi e il contorno delle sue cosce...e quello che c'era in mezzo, ma soprattutto su quella camicia bianca che lasciava intravedere i pettorali saldi.
    Il mio cuore iniziò a palpitare a suon di cassa, sembrava che il batterista dei Jet stesse colpendo incessantemente su di me invece che sul suo rullante. Una vampata di caldo mi attraverso tutto il corpo, da capo a piedi. Lo rimasi a fissare come se fosse la star della serata. Non avevo mai visto nulla di tutto ciò prima. Nulla di tutto ciò aveva mai varcato la soglia di quel locale, altrimenti me ne sarei accorta. O forse ero io troppo impegnata nel mio lavoro da non farci caso.
    Ma non era umanamente possibile lasciare da parte una luce così forte.
    ‘Are you gonna be my girl…’
    Ad ogni tocco di basso lui si faceva spazio tra la gente e avanzava, facendo impietrire ogni mia viscera, ogni mio muscolo, ogni mio pensiero. Mi passò accanto, sparì dietro di me, lasciando sotto il mio naso un profumo virile e fresco. Mi voltai per seguirlo con lo sguardo, ma era già sparito.
    Non potevo far sì che uno sconosciuto mi mandasse così in orbita. E nel frattempo dovevo tornare al lavoro, per non suscitare l’ira funesta di Jessica che si trovava sola dietro al bancone, con mille clienti assetati dei più improbabili cocktail. Cercai di servire tutti, scordando per un attimo dell’incontro da poco fatto. In fondo io l’avevo fissato per tutta la sua entrata trionfale, mentre lui nemmeno mi aveva calcolato.
    <<cos’avete da offrire?>> chiese una voce straniera
    <<se mi da un attimo le spiego tutto>>
    <<ah si aspetto, tanto domani non ho nulla da fare>> sbuffai a causa dell’arroganza del cliente, così mi comportai una volta tanto come Jaessica.
    <<senta, io lavoro qui tutto il tempo e se le va bene aspetta altrimenti cambia posto!>> guardai dritto negli occhi il cliente, scoprendo di aver appena fatto una delle più grosse figure di merda del secolo. Il suo sorriso mi fece capire che era tutto a posto e che non se l’era presa per il disguido.
    <<mi…mi…disp..iace…non non volevo>> balbettai
    <<non preoccuparti>> ora dovevo assolutamente rimediare.
    <<eccomi…ehm, abbiamo cocktail di ogni genere, rum, vodka, birra delle più svariate marche…>> elencai veloce come una macchinetta dall’imbarazzo <<se vuole le porto il menù…>>
    <<no no! Una birra va benissimo! una Corona però!>> deglutii ed annuii prendendo subito un bicchiere e versandoci dentro la bionda, porgendogliela sul bancone.
    <<la offro io per essere stata così scortese>>
    <<non c’è dubbio! Eccoti…>> mi allungò una banconota da 10 euro <<tieni il resto>> doveva essere di famiglia più che agiata se buttava così dei soldi...
    <<ma…>>
    <<niente ma! Sei stata più che gentile>>
    <<anche se le ho dato contro?>>
    <<mi hai fatto ridere, cosa c’è di meglio?>> abbassai lo sguardo <<sono Dany>> mi allungò la mano ed io la afferrai senza pensarci due volte. So che c’erano mille altri clienti da servire ma in quel momento non mi importava nulla…. Era come se quella stretta di mano avesse creato uno strano feeling tra noi, tanto che potevo sentire un filo partire da me ed arrivare dritto a lui.
    <<posso sapere il tuo nome ora?>> tenevo ancora la sua mano stretta, sembravo un idiota
    <<si…sono Vanessa>>
    <<piacere Vanessa>> mi sorrise e diede un sorso alla birra. Avrei voluto essere il bordo di quel bicchiere. Le sue labbra mi attiravano come una calamita a un polo positivo.
    <<pensi che ti perderai tra la folla o ti trovo sempre qui?>>
    <<direi che siccome questo è il mio lavoro…>>
    <<allora faccio un giro e se mi annoio torno a farti compagnia, a dopo>>
    <<a…dopo…>> e prima che potessi finire la frase, lui si era nuovamente dileguato, lasciando spazio a nuove persone. Cercai di non farmi prendere troppo dal tepore del mio corpo, e soprattutto cercai di concentrarmi sul mio lavoro, la cosa principale e primaria della serata.
    <<una Corona>> alzai gli occhi dopo un attimo di sosta e lui era di nuovo lì.
    <<ancora?>>
    <<mi piace!>>
    <<e vada per la Corona>> gliene versai un altro bicchiere
    <<a che ora finisci il turno?>>
    <<massimo alle cinque del mattino>>
    <<mi sto annoiando a morte>>
    <<sei da solo?>>
    <<no, affatto, solo che i miei amici si mettono a parlare tutto il tempo con mezzo locale e io poi mi stanco>> annuii <<mi piace guardare come spini la birra>> sorrisi
    <<è un passatempo interessante in effetti>>
    <<magari voglio rubarti l’impiego!>>
    <<non penso che la tua aspirazione maggiore sia diventare un barman>> rise. Quella sua risata sovrastava anche la musica a palla per le mie orecchie. Era strana e mi contagiava. Questo ragazzo mi aveva completamente stravolto la serata. E l’unica cosa di cui ero sicura era che non era di Rimini. Aveva un accento marchigiano, differente dal mio che venivo dalla Romagna. Gli davo circa la mia età, non troppo di meno: sui 22 anni massimo. Dany. Probabilmente Daniele. Non riuscivo ad immaginare altri particolari. Il resto si presentava da solo, e faceva sicuramente una buona impressione. Rimase ad importunarmi gentilmente per tutto il resto della nottata, non che mi desse fastidio ovviamente. Si era messo a commentare ogni cliente, facendomi ridere e distraendomi spesso. Non mi preoccupavo dell’opinione di Jessica, degli sguardi fulminanti che forse mi stava tirando per averla mollata così, solo per parlare e flirtare con uno sconosciuto.
    <<scusa, te la posso rubare un attimo?>> chiese appunto braccandomi dal braccio e portandomi con forza verso un angolo
    <<mi fai male!!!>> mi lamentai
    <<potresti per favore smetterla di fare la civetta con quel bell’imbusto e darmi una mano qui!?!>>
    <<jè sto solo chiacchierando, e comunque sto lavorando!>>
    <<hai sbagliato tre ordinazioni, e metà dei clienti sono dovuti venire da me!>>
    <<non farne una tragedia, mi dispiace!>>
    <<lo so che non lo fai apposta, ma tieni quel ragazzo alla lontana dal bancone almeno per un po’ altrimenti finiamo nei casini>>
    <<non stavo facendo nulla di male>>
    <<non ho detto questo, se ci vuoi parlare o fare qualsiasi altra cosa dagli appuntamento a domattina, tanto accetterà sicuramente dato che appena può osserva tutta la mercanzia>> sorrisi compiaciuta e tornai al bancone, dispiaciuta di dover dire onestamente a Dany che forse era il caso di spostarsi.
    <<sbaglio o la tua collega non mi vede di buon occhio?>> chiese perspicace
    <<più che altro pensa che intralci il mio rendimento lavorativo della serata>> rise
    <<allora mi leverò di torno>>
    <<mi dispiace>>
    <<non ti preoccupare, ci vediamo dopo magari>> dopo? Magari?
    <<buon proseguimento di serata Dany>>
    <<ti tengo d’occhio Vanessa>> scese dallo sgabello e con l’ennesima birra tra le mani si mischiò tra la folla. Rimasi a gingillarmi al pensiero di un incontro ravvicinato, mordendomi le labbra e fissando il suo profilo migliore mentre si allontanava.
    <<sveglia Cenerentola, al Principe Azzurro ci pensi quando scocca la mezzanotte>> richiamò per l’ennesima volta Jane, facendomi tornare con i piedi per terra.
    Non vidi Dany per tutto il resto della serata: ero davvero troppo impegnata anche per pensarci. Tutti i clienti che prima non avevo soddisfatto si stavano rifacendo in quel momento, e non ero poi così sicura del fatto che Jessica non li avesse pagati per farlo apposta. Passò una, due, tre ore. Il locale finalmente diminuiva di affluenza, la gente tornava a casa, chi ubriaco, chi lucido, chi sano.
    Certo era più la percentuale dei primi…ma i taxi servivano anche a questo no? Rimasi a pulire con Jessica e gli addetti per un’altra ora bella e buona: come previsto, anche quella notte lavorativa si era conclusa verso le cinque del mattino seguente. Ero stanchissima, più del solito.
    <<vado, finalmente. Ci vediamo stasera>>
    <<buona notte Vane, a dopo>> salutai la mia collega e mi incamminai verso l’uscita sul retro, recuperando il resto dei miei effetti personali nello spogliatoio. La luce del mattino si stava facendo spazio, insistendo contro le nuvole grigie. Chiusi il portone di ferro e iniziai a frugare nella borsa in cerca del mio cellulare. Non mi accorsi di essere osservata.
    <<mi chiedo come fai a vivere così>> mi spaventai e lasciai ricadere l’oggetto nella borsa, fermandomi e guardando in faccia il proprietario di quella voce. Non mi sarebbe stato difficile distinguerla, era troppo particolare. Notai che alla luce quel ragazzo era ancora più bello di quanto l’avevo dipinto, di quanto le luci notturne potessero mostrarmi. Aveva un viso pressoché stanco, ma mai quanto il mio. Sorrisi al pensiero che forse mi aveva atteso per interminabili minuti in quella posizione da Fonzie di Happy Days, con la schiena incollata al muro ed un piede appoggiato ad esso, come se aspettasse uno scatto da copertina. La definizione giusta per uno così era solo una: bello e dannato. Quegli occhi non mi traspiravano la fiducia più assoluta, ma mi attraevano come una zanzara alla luce, tanto erano ipnotizzanti.
    <<mi hai spaventato>>
    <<ho notato>> rise scherzoso
    <<non è stato affatto divertente>>
    <<per me si, hai fatto un salto…avresti dovuto vederti>>
    <<ieri sera eri decisamente più simpatico>>
    <<saranno state le birre di troppo che mi hai offerto…>>
    <<che tu hai ordinato, vorrai dire>> sorrise malizioso e cambiò discorso
    <<dove te ne vai adesso?>>
    <<a casa direi. Ho proprio bisogno di una doccia. Tu che ci facevi qui?>>
    <<mmm potrei dire che ti stavo aspettando, sarebbe una cosa davvero carina da parte mia…ok, si, ti stavo aspettando>> mi lasciava sempre più attonita <<ieri sera poi non abbiamo più avuto il tempo di scambiare qualche parola e mi sembrava maleducato andarmene senza salutarti. Ho passato più tempo con te che coi miei amici>> scossi la testa e mi incamminai, seguita da lui.
    <<non ho mai avuto un collaboratore lavorativo…>>
    <<diciamo che ero più dispersivo come aiutante!>> risi
    <<già! Jessica mi ha fatto una bella strigliata!>>
    <<mi dispiace di averti messo nei pasticci Vanessa>>
    <<non preoccuparti>> restammo a fissarci l’un l’altro. Leggevo nei suoi occhi la sfrenata voglia di sbattermi al muro e farmi dimenticare persino il nome. D’altra parte, in fondo io speravo che lo facesse davvero. Le parole di Jessica mi tornarono alla mente, la mercanzia che così tanto bramava dalla sera precedente era a sua completa disposizione, bastava solo che si facesse avanti.
    <<ti dispiace se ti accompagno a casa?>> chiese gentilmente
    <<direi di no…>> risposi compiaciuta
    <<poi però ti tocca offrirmi un caffè>>
    <<dopo tutte le birre che ti sei scolato è il minimo>> avrei un altro modo per svegliarti mio caro. Si chiama SESSO. Sesso sfrenato. Con me, ovviamente. Il caffè è così un cliché.
    Il mio appartamento distava circa 20 minuti a piedi. Risiedevo nella zona di mare, personalmente una delle più carine di Rimini. Una zona perfetta, vicina ma allo stesso lontana dal centro. Vivevo da sola, in un piccolo bilocale che aspettava di trovare solamente un coinquilino.
    Cercai le chiavi tra le mille cianfrusaglie della borsa ed aprii la porta del condominio; Dany mi seguiva silenzioso, quasi rapito da ogni mio gesto. Ogni tanto mi faceva qualche domanda, per lo più usata per spezzare quel silenzio calato da poco. Aprii la porta d’entrata e lo feci accomodare, cercando di essere il più educata possibile. Mi slegai i capelli e mi tolsi le scarpe nello sgabuzzino.
    <<fai come se fossi a casa tua>>
    <<grazie mille>>
    <<ti faccio il caffè allora?>>
    <<vai a farti la doccia, dato che sono a casa mia ci penso io>> risi ed annuii. Conoscevo quel ragazzo da meno di 10 ore eppure mi pareva di conoscerlo da sempre. Era capace di stupirmi, era imprevedibile, ma qualcosa in lui mi diceva di non preoccuparmi. Non ero un esperta di prime impressioni esatte sulle persone in realtà, ma Dany aveva un non so che di….
    Sexy.
    Intrigante.
    Affascinante.
    Misterioso.
    Aprii l’acqua della doccia e mi spogliai, eccitata al pensiero di avere al di là di quella porta un ragazzo così interessante. Mi rinfrescai, cercando di fare veloce, anche se di solito ci mettevo anni per una doccia. Uscii vestendomi del mio accappatoio azzurro, ascoltando la voce del mio ospite canticchiare una canzone dei Muse.

    'cause I want it now
    I want it now
    give me your heart and your soul
    I'm not breaking down
    I'm breaking out
    last chance to lose control

    and I want you now
    I want you now
    I feel my heart implode
    and I'm breaking out
    escaping now
    feeling my faith erode

    Quella voce mi fece venire i brividi, da una parte. Dall’altra era talmente sexy che sentivo un batticuore misto ad un eccitazione fortissima. Mi vestii velocemente dell’intimo e successivamente di un paio di shorts e canottiera, che costituivano solitamente la mia tenuta notturna. Ancora coi capelli bagnati uscii dal bagno, trovandolo a guardare alcune foto appese al muro.
    <<quelle sono le mie migliori amiche>> spiegai. Si voltò e rimase dapprima un po’ sorpreso dal mio cambiamento repentino di vestiti. Lui invece si era tolto la cuffia, lasciando che i ricci ribelli potessero avere spazio. In quell’attimo ripensai alla canzone dei Muse…I want you now…
    Lo desideravo. Volevo sentire il suo corpo scontrarsi col mio, volevo percepire la sua eccitazione e avere le sue mani addosso, ovunque. E a mia volta volevo sentirlo gemere, chiamare il mio nome.
    Rimase a guardarmi per qualche secondo, in silenzio, mentre io mi mordicchiavo le labbra immaginando fossero le sue. Era così palese che fosse venuto solo per quello.
    <<sei stata veloce, io ci metto il triplo a farmi la doccia>> affermò ridacchiando
    <<non volevo farti aspettare, è maleducazione>> non ero sicura fosse solo per quello.
    <<gentile da parte tua>> annuii.
    Calò l’ennesimo baratro di silenzio. Era inutile perdersi in parole, entrambi sapevamo cosa volevamo dall’altro, lui per primo. Eppure nessuno dei due aveva il coraggio di farsi avanti.
    <<forse è meglio che ti lasci dormire, non vorrei essere ancora la causa del tuo rendimento scarso di questa sera>> affermò mentre si faceva strada verso la porta
    <<ah…>> non riuscii a esprimere il mio disappunto
    <<buona…notte Vanessat, è stato un piacere>> e prima che potessi rispondere, lui aveva già chiuso la porta dietro di sé. Era stato molto strano. Mi aveva aspettato tutta la notte, mi aveva accompagnato a casa…e poi se n’era andato con una scusa. Alla fine non era nulla di così importante…però mi era dispiaciuto. Mi avvicinai alla porta e guardai dallo spioncino: lui era ancora lì.
    La aprii. Rimasi con un espressione tra lo stupito e il confuso, ma non feci in tempo a pensare.
    Restammo l’uno di fronte all’altro per qualche secondo, poi, come due forze in attrazione, le nostre labbra si incontrarono d’impeto. Tanto atteso quel momento, che era stato inutile cercare di conversare. Indietreggiai e la porta venne chiusa con forza, per far si che lui potesse appoggiarcisi con la schiena mentre io gli slacciavo i bottoni della camicia, velocemente, uno ad uno. Dischiusi le labbra e lasciai che la sua lingua incontrasse la mia, mentre le sue mani avevano preso possesso della mia nuca, come se non volesse lasciarmi andare. Mi strinse forte, accarezzandomi i capelli, incurante del fatto che si stesse bagnando tutte le braccia. La sua camicia finì a terra, lasciando scoperto il suo petto glabro e saldo. Lo sfiorai, delineando i suoi fianchi e accarezzandogli la schiena, facendogli venire la pelle d’oca. Camminammo verso il tavolo della cucina e mi appoggiai contro uno dei lati legnosi; le mani di Dany si diressero verso il mio fondo schiena, cercando di portarmi seduta su di esso. Divaricai le gambe per far si che potesse adagiarsi tra di esse, continuando a baciarlo con passione. Mi prese la mano destra e la portò sui suoi jeans, facendomi tastare la sua parte del corpo più eccitata. Iniziai a familiarizzare con le sue forme, cercando di non apparire troppo impacciata o al contrario, troppo disinibita. Anche se con un corpo come quello era difficile starsene con le mani in mano; era perfetto in ogni singolo muscolo, nervatura e incrinatura.
    Ogni singolo centimetro della sua pelle era come una miccia da accendere, ed io una scintilla che avrebbe fatto saltare tutto in aria. Le sue labbra umide scesero verso il mio collo, fino a far calare la spallina della canottiera. Non ci volle molto perché anche quella finisse sul pavimento.
    Le sue mani percorrevano le mie braccia, le mie cosce…l’interno di esse. Aveva cercato sin dall’inizio di accalappiarsi un piccolo posticino per una delle sue mani tra di esse, e non ci era voluto molto perché gli dessi la mia benedizione. Sentivo caldo, mi girava la testa, e volevo solo portarlo sul letto per togliere di mezzo il resto degli indumenti ingombranti e sentire la sua eccitazione mettere in moto la mia.
    Si fece più vicino, mi prese in braccio, continuando a baciarmi come se fosse da molto in assenza di qualcuno con cui fare tutto ciò che ora stava condividendo con me. Forse sapeva dall’inizio che sarebbe andata così…e aveva capito dall’inizio che sebbene non fossi una ‘facile’, a lui avrei permesso tutto.
    Sebbene non lo conoscessi praticamente per niente e sapessi a malapena il suo nome per intero, non mi importava. Volevo vivere quell’avventura, volevo passare il pomeriggio tra le sue braccia. Ed ero più che sicura che lui, dal canto suo, volesse passarlo tra le mie gambe.

    Mi adagiò non esattamente nel modo più dolce possibile, ma alla fine, a chi importava? Non eravamo lì per una storia seria, ciò che volevamo dall’altro era solo del sano, del puro, del magnifico SESSO.
    One night stand. O meglio, one afternoon stand, nel nostro caso.
    Attesi poco tempo prima di rimanere solo con l’intimo addosso. E non mi rimaneva che togliergli i jeans, cosa che dopo aver slacciato la cintura a forma di musicassetta venne da sé. Quel corpo stava diventando peggio di una droga: più ne baciavo una piccola parte, più avrei voluto percorrere tutto il resto. Mi scostò i capelli dal collo e trovò l’incavo da baciare; la sua lingua tracciava linee curve su di esso, per poi scendere e trovarsi verso lo sterno, indeciso ma più che volenteroso a togliermi il reggiseno. Scorse le labbra sul ventre, fino all’ombelico, lasciando che le dita tornassero vicino l’inguine e l’interno coscia. Mi infiammai quando poco dopo un dito entrò dentro di me, quasi fosse un fuggiasco: lo strinsi più forte a me, mentre quel fastidio eccitante mi provocava spasmi nel sottoventre. Rialzai la schiena così da poter togliere l’intimo superiore, mentre già le sue labbra succhiavano i miei capezzoli, umidi e duri al suo contatto. Eravamo sempre più vicini al dunque, ma lontani dal punto cruciale. Amavo i preliminari, e da bravo amante che si rispetti Dany l’aveva capito. Ma penso non gli dispiacesse esplorarmi in quel momento. Mi liberò, ed i ruoli si capovolsero.
    Salii esattamente su di lui percependo una maggiore consistenza nei boxer. Questa volta toccava a me: passai le labbra sul petto, sulle spalle, sul collo, sul ventre, poi sempre più giù…mentre con facilità riuscivo a sbarazzarmi dell’ultimo indumento che lo copriva. Ed eccolo, sotto di me, nudo come un verme.
    Mi fermai dall’assaggiare il sapore delle sue labbra, osservando quei due occhi quasi famelici e intensi, interessati a continuare senza troppi convenevoli. Per niente imbarazzati o pudici, quasi fieri di ciò che il suo corpo sapeva mostrare. Uno sguardo che parlava chiaro: lui mi voleva.
    Continuai a fissarlo mentre la mia mano prendeva possesso di ciò che era stato da poco scoperto. Movimenti lenti e decisi, su…giù…su…giù. L’espressione sul volto della mia preda erano più che palesi. Godeva. Godeva e non ne aveva abbastanza, più la mia mano scorreva più lui gemeva, con quella voce profonda e calda, e più sentivo i suoi lamenti di piacere, più mi eccitavo a mia volta, e mi decidevo a continuare col gioco. Indietreggiai sulle sue gambe, fino ad arrivare alle ginocchia, poi chinai il capo. Non credevo si aspettasse un risvolto del genere; ma quando quel movimento alternato venne ripetuto da capo, questa volta non per merito di una mano, si lasciò andare completamente, apprezzando il gesto e ringraziandomi accarezzandomi dolcemente i capelli. Sentivo l’odore, il suo odore, l’odore del sesso. Del suo sesso, e della sua eccitazione. Continuai per qualche minuto, prima di fermarmi e tornare verso le sue labbra. Ora toccava a lui baciare le mie.
    Tornai di nuovo sotto, in trappola. Mi bloccò le mani con forza ed iniziò a baciarmi i seni ripetutamente, facendo particolare attenzione al centro di ognuno. Poi tornò ad impadronirsi del mio interno, prima con le mani…poi…beh….
    Giocò per qualche secondo con il mio tanga prima di toglierlo definitivamente. Non avevamo più scampo l’uno dall’altra. Fece scivolare le mani dal collo verso i fianchi, toccando di nuovo i seni, mentre le sue labbra raggiungevano le mie. Mi divaricò le gambe, iniziando dall’inguine per poi arrivare al centro.
    E mentre sentivo la sua lingua umida passare velocemente da un lato all’altro, il mio cuore prendeva a battere velocissimo, e la mia gola diventava secca, per poi far fuoriuscire piccoli suoni…fino ad arrivare a veri e propri gemiti. Godevo. Godevo e non ne avevo abbastanza. Aprii per pochi secondi gli occhi e scorsi i suoi capelli ricci, poi li richiusi per lasciarmi trasportare dal calore che mi stava pervadendo completamente.
    Tornò lentamente su, guardandomi con quell’aria da bello e impossibile, come per chiedermi se mi era piaciuto ciò a cui mi aveva appena sottoposto. Sentivo il suo sesso a contatto con mio; bastava solo un aiuto…. Aiuto che si diede praticamente subito dopo. Mi penetrò lentamente, ancora con lo sguardo fisso su di me, come curioso di scorgere ogni mia minima espressione. Si abbassò, baciandomi casto, tenendo le labbra premute sulle mie, semplicemente così. Restò fermo per qualche secondo, per poi muoversi a ritmo, piano…avanti e indietro, avanti e indietro…veloce…veloce….
    Continuò, sempre più ritmicamente, non lasciandomi nemmeno il tempo di respirare. Ogni movimento era un lamento in più, ogni bacio dato era un bacio richiesto. Si appoggiò interamente su di me, sudato ma con ancora molte energie da usare. Quello era solo l’inizio, un assaggio.
    Sentirlo muoversi dentro di me mi dava la sensazione di navigare in un oceano, con acqua densa che mi trasportava lentamente dove volesse, e poi ogni attimo di più un’onda calda mi pervadeva, per poi scontrarsi contro uno scoglio e far ricominciare tutto nuovamente, dopo aver calmato per pochi attimi le acque.
    Chiamai il suo nome, quasi involontariamente, mentre lui assaporava il mio collo. Continuò ad altalenarsi mentre con un mugugno mi chiedeva perché l’avessi chiamato.
    <<dany…>>
    <<mmmh?>>
    E poi il silenzio, coronato da altri baci, da altri lamenti. Contornato da quell’amplesso senza fine. Era parecchio tempo che non provavo quelle forti emozioni, e sebbene non potessi reggere il confronto con molti ragazzi potevo decisamente confermare che Danny era stato il migliore con cui avevo fatto sesso. Non sapevo quanta esperienza avesse, ma da come si comportava, Dio….
    Percepivo che entrambi stavamo arrivando al culmine, lui per primo. Ormai quel movimento continuava da più di venti minuti, e dopo tutti quei preliminari sarebbe stato impossibile per chiunque andare avanti e trattenersi a lungo. Mi abbracciò e per gli ultimi attimi spinse forte, velocemente, senza interruzione. Il suo respiro diventava ancora più affannato, assieme al mio. Il mio orgasmo precedette il suo, mentre il silenzio si riempiva di suoni flebili e quasi stanchi. Deglutì, poi mi baciò la fronte. Mi abbandonò, scostandosi e stendendosi accanto a me. Presa da un momento di imbarazzo mi coprii con il lenzuolo, cosa che fece anche lui. Rimasi a fissare il soffitto: quel momento di silenzio sembrava durare in eterno. Avrei voluto che dicesse qualcosa, o meglio facesse. Mi voltai e guardai la porta chiusa, poi lo sguardo si spostò sul comodino e sulla scatola di pillole che prendevo ogni giorno. Sorrisi sorniona e chiusi per qualche secondo gli occhi, sospirando. I capelli si erano asciugati, ma nel frattempo avevano bagnato tutte le lenzuola.
    Ero sudata e volevo farmi una doccia; in quel momento un flash di me e Dany percorse la mia mente. Pensai che non ne avevo avuto proprio abbastanza. Ma tanto valeva sfruttare tutto il tempo possibile.
    Mi schiarii la voce e mi rannicchiai ancora di più, mentre due dita camminavano sul mio contorno. Sorrisi e mi voltai: Dany restava accanto a me, coi capelli sudati e il viso rilassato, in una posizione da statua greca.
    Percorsi con gli occhi il suo petto, fino ad arrivare all’inizio del lenzuolo bianco che copriva tutto il resto.
    Dany mi prese di sprovvista, baciandomi di nuovo come se poco prima non avessimo fatto niente; con la stessa passione precedente, la stessa voglia di farlo di nuovo con me.
    <<posso farmi una doccia?”>> chiese sensualmente
    <<certo, ti avevo detto di fare come fossi a casa tua>>
    <<torno fra poco>> mi baciò la spalla e si alzò senza vergogna, prendendo i boxer e dirigendosi verso il bagno. Guardai la sua figura posteriore rimanendo sempre più stupita dalla perfezione di quel ragazzo. Quel corpo era stato mio quel pomeriggio, ne potevo essere fiera. Chiusi gli occhi di nuovo, ascoltando Dany fischiettare di nuovo la canzone dei Muse. Aprì il getto d’acqua e probabilmente si fece una doccia. Io mi addormentai lievemente: tutto quello sforzo, tra lavoro e sesso pomeridiano, mi avevano distrutto.

    Aprii gli occhi qualche ora dopo, intontita. Avvertivo un leggero mal di testa, colpa forse dell’odore di liquido bianco che pervadeva il letto, che dava fastidio all’olfatto. Mi massaggiai la faccia e sbadigliai, stirando le braccia a andando a cercare il corpo di Danny vicino al mio. Mi svegliai completamente quando capii che non era più presente. Mi alzai di scatto e con il lenzuolo addosso iniziai a chiamarlo, cercandolo in tutte le stanze del mio modico appartamento. Ogni suo vestito era sparito, qualsiasi cosa, lui compreso. Mi guardai intorno, notando che avevo tempo solo di una doccia prima di tornare a lavoro. Sbuffai e mentre mi dirigevo verso il frigorifero per bere qualcosa scorsi un biglietto sul tavolo.
    “Grazie.” lessi. Rimasi a guardare quella calligrafia maschile, sorridente ma anche un po’ dispiaciuta. Avevo passato un pomeriggio perfetto. Sorrisi al ricordo, poi gettai il biglietto nel cestino. In fondo era stato solo un ringraziamento. Grazie, Dany.

    Mi diapice solo di non averlo conosciuto meglio, mi sarebbe piaciuta un'altra "avventurina" con un uomo così
     
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