Eppure quelle tende...

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    Mi stavo risvegliando grazie ai raggi solari del mattino già alto. Nudo, steso sotto le coperte di un letto matrimoniale in una stanza arredata in maniera antica. I miei ricordi tardavano a venire mentre, piano, mi riprendevo dal sonno, finchè non notai quelle tende blu di raso. Solo allora iniziai a ricordare...
    Erano passati oramai 3 anni dalla morte del mio nonno paterno Ivan, purtroppo dovuta a un infarto che lo stroncò durante il sonno, e , come di consueto, i familiari più stretti si dirigevano in chiesa per ricordare l'avvento della morte del nonno.
    Proprio quella sera si sedette di fianco a me la nonna, Daniela; una donna alta poco meno di un metro e 60 vita stretta con fianchi pronunciati e un seno nella media (credo una terza), capelli mori ricci e due occhi scuri e profondi, insomma non si vedevano affatto i suoi 65 anni.
    Il mio sguardo indugio su quella figura e lei, vestita di nero ovviamente, mi sorrise triste con gli occhi velati di ricordi; allora mi strinsi più a lei, che mise il suo braccio sotto il mio. La cerimonia di commemorazione durò all'incirca una quarantina di minuti, tempo standard per qualsiasi parroco oramai, e finita uscimmo dal loco per stare alcuni minuti all'uscita al fine di salutare i parenti che incontravamo meno spesso. Col passare del tempo rimanemmo io i miei e mia nonna, arrivata fin lì con i mezzi pubblici e che ora non voleva sentirne per farsi accompagnare, allora intervenni io dicendo:
    "Nonnina dai se ti fai accompagnare vengo a dormire da te per tre o quattro giorni sai c'è il ponte" ovviamente il mio tono era dolce cercando di ammaliarla ma lei sembrava non sentirne finchè non affermò:
    "vieni ma mi aiuti a pulire tutta casa e dico tutta" cercando di scoraggiarmi, però non ci cascai e dissi: "Va bene affare fatto".
    Il tragitto per arrivare a casa sua non era distante dalla mia casa, così passammo prima all'abitazione per prendere le cose indispensabili (vestiti, spazzolino, letture varie). Dopo una ventina di minuti fummo a casa di mia nonna ed oramai era ora di cena così mi chiese: "Allora Paolino mio cosa vuoi da mangiare?", io allora quasi di getto dissi:
    "tutto quello che le tue sapiente mani hanno voglia di creare".
    La cena fu ricca, ovviamente come ogni nonna crede che il proprio nipote non mangi mai, e subito ci sedemmo sul divano notando l'inizio di Via col vento. Tutti imbacuccati sotto un pile pesante iniziammo a vedere il celebre lungometraggio, più passava il tempo più ci stringevamo e più ci stringevamo e più sentivo bollire il corpo. Verso la metà del film notai che mia nonna pose Adv la testa sulla mia spalla mentre donandomi un bacio sulla guancia diceva: "Ti amo ometto mio". Io, colpito dal gesto d'affetto, abbassai il volto e le donai un bacetto dolce sulla fronte rispondendole:
    "Anche io ti amo Daniela". I baci consoni si fecero sempre più frequenti finchè alla fatidica fine del film il mio sguardo incontro i suoi profondi occhi, così, come spinto da forza sovrannaturale, appoggiai le mie labbra alle sue, vuota di pensieri era la mia testa, mentre la danza di lingue continuava tra me e lei. I minuti passarono finchè non ci staccammo e fù lei a rompere il silenzio dicendo: "Stiamo sbagliano non si può e non si deve fare", allora io annuendo le dissi: "hai ragione ma posso dormire lo stesso con te nel lettone? Giuro che me ne sto buono buono", lei ridendo, quasi, rispose: "mica ti lascio dormire sul divano".
    Calmate le acque ci dirigemmo a letto e, infilato il pigiama, mi stesi su un fianco dando le spalle alla nonna già assopita. Il sonno mi colse subito così entrai tra le braccia di Morfeo ma fui destato, credo subito, dall'abbraccio caldo di mia nonna che a fil di voce mi diceva: "Sento freddo fammi scaldare Paolino"; io sorridendo mi volsi così che potevo vederla negli occhi e risposi: "stringimi mettendo le mani sotto la felpa del pigiama così ti riscaldi meglio", notai che ella arrossì ma non pensandoci mi assopii di nuovo. Per la seconda volta, però, fui svegliato da dei lievi singhiozzi e, aperti gli occhi, notai mia nonna che piangeva; allarmato le chiesi: "cosa hai nonna?" e lei: "nulla nulla mi manca qualcuno da abbracciare veramente e da amare". Io, nè spinto da compassione nè da pietà, mi avvicinai e piano iniziai a baciarle gli occhi, la fronte per poi finire con un bacio sulle labbra al quale Daniela rispose senza indugio. D'istinto mi tolse la maglietta e la felpa iniziando a baciarmi il collo, le scapole, il petto e piano piano scendendo sentivo il suo alito sull'ombelico e ancora più giù. "Lascia fare a me" mi disse, e senza paura mi tolse i pantaloni e gli slip, così che io rimanessi nudo davanti a lei che iniziava a baciarmelo con estrema dolcezza, leccava avida la punta del gelato mentre con le mani dolci accarezzava gli scroti. Così inizia un lento su e giù con la testa, mentre io disteso iniziavo a sentire il piacere salire. La fermai prima che esplodessi il mio liquido la fermai e in ginocchio ci abbracciammo mentre continui baci le nostre labbra si scambiammo. "Tocca a me" sorridendo esordii così che con dolcezza iniziai a spogliarla da quelle inutili vestigia. Solo gli occhi miei possono dire qual meravigliosa bellezza si celò dinanzi a loro e solo le mie labbra possono dire qual meraviglioso nettare assagiarono. I nostri piaceri esplosero solo dopo che i nostri corpi formarono un 69 dove il mio corpo era soggetto alle sue cure e il suo alle mie.
    Le nostre bocche accolsero i nostri liquidi quasi a sancire questo indissolubile patto. Abbracciati continuammo a baciarci e a scambiarci dolci effusioni finchè Daniela non mi disse: "fammi tua. Sono tutta tua ora e chissà" disse sorridendomi. Io, mettendomi sopra di lei, mi feci condurre alla calda entrata e dopo una lieve spinta inizia a sbattere prima dolcemente, mentre le bocche danzavano d'amore, poi sempre più forte tanto che abbracciandosi a me Daniela mi conficcava le unghie nella schiena. Non arrivai al traguardo, anzi, apposta mi tenni lontano per potermi godere la vista della matura nonna a 90 gradi e impotente sotto ogni mio colpo. Le parole erano inutili, solo una dolce musica di gemiti si diffuse nella casa che i sudati corpi seguivano senza problemi. Con ardore portai la mia mano al grilletto di Daniela e proprio nel momento in cui iniziai a strofinarlo sentii le avvisaglie dell'orgasmo. Non riuscii a capire subito se fu mio o suo ma solo dopo qualche istante mi accorsi che tutte e due avevamo gridato all'unisono.
    Nudi, e stesi, ridevamo delle nostre carezze finchè il mio bastone tornò in vita e lei stupita mi disse: "posso fare un gioco che conosco?" io senza proferire parola annui e allora a cavalcioni si mise sulla mia faccia così che io potessi leccarle le grandi e le piccole labbra mentre con il naso le stuzzicavo il clitoride. Non so dopo quanto si alzò e toccandosi sapientemente porto la destra dalla fica al buchetto. Aprì le gambe a compasso e tenendosi le chiappe ben aperte iniziò a puntellarsi piano sul mio bastone col suo ano. Faceva piccole oscillazioni finchè non gli entrò metà verga, allora si alzò un pochino e affondò il colpo del tutto. D'istinto portai le mie mani alle sue mammelle mentre Daniela si impalava su di me. La cavalcata non durò molto, vista la mia ritrovata voglia, ma sentii l'ultimo orgasmo partirmi direttamente dal cervello per scaricarsi nel meandro della mia nonna. Prima di cadere nel sonno più profondo dissi: "Ti amo nonna, grazie".
    Tornati i ricordi ora posso solo dire che sento il profumo del caffè....
     
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