La perpetua plagiata

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    La perpetua plagiata

    “Voglio che per prima cosa ti scosti le mutandine e che inizi a toccarti il clitoride facendomi sentire quanto ti piace”. Cominciava sempre così. Quasi come provocazione giocosa. E poi diventava una richiesta. Senza condizioni di scelta. Una violenza, insomma. Bella e buona. E per di più blasfema. Plagiata. Avrebbe dovuto dirlo alla madre, alla sorella, agli amici. Già, se solo fosse stata in grado di vedersi con occhi distaccati, se fosse riuscita a far predominare la ragione sulla irrazionalità. E sulla paura. Della vergogna, della derisione, della maldicenza altrui. Dopotutto era la vittima, ma temeva di passare per la carnefice. Come crederle, del resto?

    L’odore della sacrestia le riempie le narici.
    Don Marco cammina a passi corti. Sono soli. Lei e lui. Una scena già vista. Una storia già vissuta. Così al cenno del suo capo la perpetua intuisce cosa l’aspetta e sussulta.
    Impossibile ribellarsi. E in testa un solo pensiero: perché proprio a me?

    Ha la litania della preghiera, questo suo chiederle incessantemente che non si interrompa. E la perpetua esegue. Perfetta. La mano segue il ritmo del movimento della bocca. E alla fine non lascia cadere una goccia.
    Un risucchio eccellente, da film porno, pensa il Don mentre si complimenta. Poi la saluta e le ricorda che lo fa per lei, che il Padre gli ha fatto sapere lei deve purificarsi attraverso il suo corpo. Una catarsi, diciamo. E la perpetua fa finta di crederci. Ci crede. Non ci crede. Non lo sa. Ma subisce. E torna alle sue faccende come se nulla fosse.

    -Cosa ne dici? -chiedo a Pier tutto d’un fiato. Proseguo nel racconto?
    -No, lascia stare. E’ una storia del cazzo. E per di più in Italia non te la farebbero mai pubblicare. Datti all’ippica, piuttosto!

    Ci rimango male. Dopotutto potrebbe essere verosimile il soggetto. Ma seguo il consiglio del mio amico e mentre rifletto sui mali del Belpaese getto la sceneggiatura nel camino. La vedo bruciare e mi accendo una pipa. È ora di pensare a una nuova storia.
     
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