Scostai le mutandine

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    Era ormai diverso tempo che subivo le avances indubbiamente seccanti di mio fratello maggiore. Ad adolescenza inoltrata avevo messo su discrete forme ed una bella terza di seno. Sembravano solo sbruffonerie; in fondo ero convinta che nemmeno lui ci credesse troppo. Eppoi non è che mi mostrava il cazzo pronto in erezione. Non provava mai a penetrarmi con la forza. Consentitemi l’espressione: non sono mai stata “messa davanti al cazzo eretto... compiuto”. Mi rispettava, e mi desiderava. Una volta però cedetti parzialmente, così almeno credevo io. Gli dissi di sistemarsi seduto sul divano ad un’estremità; all’altra opposta mi sistemai io. Un unico obbligo per lui: non si sarebbe dovuto muovere, altrimenti sarebbe saltata tutta la mia “concessione” e sarei scappata nell’altra stanza. Mio fratello Ferruccio mi chiese se se lo poteva tirare fuori; ovviamente parlava del suo pisello...-beh, che potevo rispondergli?- considerando lo spettacolino personalizzato che avrei inscenato per lui, risposi di sì; implicitamente acconsentii a che si sparasse una sega. Ero convinta che sarebbe finita lì, con quel piccolo “strappo” alla nostra serena normalità. Mi chiamo Vanja ed io e mio fratello siamo di un paese non lontano da una graziosa città barocca del sud Italia, e abbastanza vicino al mare. No, il paese non posso nominarvelo. I motivi sono ovvi. Del codice penale in realtà me ne frego, e così anche mio fratello Ferruccio. Come arrivai a farlo?...per via di un mio acquisto incauto di uno spinello. Una volta, da adolescenti, mio fratello scoprì che io e la mia amica Gianna con cui ci facevamo compagnia al mare avevamo deviato un pochino. Ci eravamo comprate uno spinello solo e ce lo eravamo fumato spartendo le boccate contente, lontano da tutti gli abitanti della nostra località marina di vacanza. Invece di scendere in spiaggia mentimmo ai nostri genitori, e ce ne andammo in campagna nell’entroterra pieno zeppo di olivi. Lì fumammo la nostra canna all’ombra di un albero di ulivo “facendoci ospitare” dall’ignaro contadino padrone del fondo evidentemente assente, magari a godersi un po’ del vicino mare anche lui. Un solo spinello, un cannoncino di otto cm che ci era costato un bel po’ di euro smezzati fra noi due. Doveva però, insieme al principio attivo, contenere anche qualche sostanza allucinogena. Non mi prese del tutto credevo in quei momenti, anche se ne aspirai parecchio. Vedevo ancora il mondo intorno a me senza modifiche: il cielo era cielo e gli alberi erano alberi; la terra era rossa e marrone; nelle strade vicino erano parcheggiate le automobili. Tuttavia dove mi trovavo, o che ora fosse, non aveva tutta questa importanza. Lo stesso non potrei dire di Gianna. Dopo le prime boccate ero allegra e felice accanto alla mia amica in
    Adv
    un abbraccio innocente. Facemmo normale conversazione limitandoci a ridere dei nostri rispettivi spasimanti mancati...una conversazione abbastanza innocente come quelle che facevamo in spiaggia. Come lei mi vide col mio corpicino longilineo accanto a lei mi sparò, forse un po’ per scherzo, un po’ di fumo dalla sua bocca sul mio viso (che respirai). Poi...all’improvviso mi baciò sulle labbra. Non so perché ma, sotto l’effetto della canna, accettai quel bacio innaturale fra donne, ed ancora di più tra ragazze... e le nostre labbra rimasero ferme a sovrapporsi con dolcezza per un paio di minuti se non ricordo male. Avvertivo una pace straordinaria dentro di me. Le labbra calde di Gianna erano l’unica cosa che sentivo, me ne nutrivo...mi sembrava di vivere grazie ad esse...i minuti del nostro bacio lesbico trascorrevano, e su di me era sceso un torpore tale che la mano di Gianna che cercava la mia vulvetta sotto i bermuda mi svegliò, e mi distolse dall’illusione di respirare aria dal suo caldo alito, e dal suo naso. Ormai mi ero innamorata dell’odore della sua pelle del viso. Non me ne ero accorta, ma i miei bermuda erano arrivati al livello delle ginocchia. Era evidente che mi erano stati tolti e abbassati. L’amoreggiamento con Gianna era andato un bel po’ oltre e nel torpore allucinogeno non me ne ero accorta. Quando ripresi conoscenza verso l’ambiente in cui mi trovavo l’ultima cosa che vidi fu la lingua di Gianna che si apprestava a leccarmi la vulva al vento. Che io ricordassi non me la stava leccando, ma andiamo con ordine...: mi rialzai i bermuda all’istante e fatto appello a tutte le mie forze, soprattutto mentali, mi allontanai da Gianna che da parte sua si stese a dormire sulla nuda terra. La mia passerina era umidiccia ed anche il viso di Gianna proprio pulito non era...mah, in quel momento avevo creduto fosse il caldo...me ne tornai a casa per conto mio, e pure Gianna credo fece altrettanto, anche se dopo di me. Un’emicrania mi aggredì , probabilmente dovuta all’infiammazione delle narici, e se ne andò soltanto alla sera con il secondo caffè. Cosa fece o successe a Gianna dopo non gliel’ho mai chiesto. Tra di noi siccome eravamo, e siamo tuttora amiche, rimuovemmo l’episodio senza parlarne mai, neppure quando eravamo sole. Io pensavo di aver soltanto ricevuto un bacio innocente, anche se lungo. Credevo fosse finito tutto lì. Due giorni dopo ebbi la mia doccia gelida: delle foto in bianco e nero, 14 stampe formato depliant, dimostravano quanto io e Gianna facemmo realmente e sciaguratamente. Venivo baciata, baciavo, e la fica mi era stata abbondantemente leccata; vedevo ora, sobria, la testa di Gianna tra le mie cosce, mentre io ero convinta di essermi solo baciata di bocca, e senza lingua...come no ?! Avevo perso la cognizione dello scorrere del tempo intorno a me quando ero sotto l’effetto dello spinello. La canna doveva essere stata di una certa potenza se non ricordavo che della quiete e basta; una sorta di pace e dolcezza. Il teleobiettivo non poté calcolare i miei occhi sospesi, ma solo la smorfia di godimento del mio viso. Sembravo completamente rilassata, mentre stando alle foto invece ero venuta di passera e Gianna si era bagnata il suo viso del mio orgasmo. Non capisco come non me ne sia accorta. Un orgasmo è sempre un orgasmo anche se piccolo...da quando scoprii da sola la masturbazione a tredici anni sapevo cosa si poteva provare quando la fica colava. Trovai quelle foto in una busta commerciale gialla senza scritte di sorta andando al letto e ciò mi rivelò automaticamente chi era stato a scattarle: mio fratello Ferruccio con la sua Zenith ed il tele obiettivo a specchio, un modello russo per riprese astronomiche. Qualcosa ho imparato sentendolo parlare; e vedendo i cerchietti a centinaia alla periferia dell’inquadratura, gli anelli di Newton, ne ebbi la prova. Al centro eravamo molto nitide in pose turbanti, mentre alla periferia dell’inquadratura c’era come una schiumetta indefinita di cerchietti. Anche la carta era di quella satinata usata da mio fratello nella sua piccola camera oscura. Mio fratello ci aveva riprese da cento metri, credo, nascosto sotto un albero come un paparazzo metodico. Aveva fatto una bella pesca. Gli unici “clienti“ per le sue foto chi potevano essere, se non i nostri genitori?...Spinello condiviso e sesso saffico. Di che spedirci al riformatorio e tenerci separate per anni senza poter più uscire la sera. Tuttavia sapere che le aveva scattate Ferruccio mi rassicurava. Per lo meno non era un ricattatore esterno. Ovviamente sospettavo come avrei dovuto pagarle... la mattina dopo, in spiaggia mentre facevamo il bagno con le sole teste fuori dall’acqua parlammo; eravamo nella linea di vista dei nostri genitori e dei vicini di ombrellone, per cui Ferruccio non allungò le mani, in casa al massimo una pacca al culo se nessuno guardava... Ovviamente era sicuro di sé, e non mi aveva minimamente molestata dal momento del fattaccio il giorno prima. Sapeva di avere buone carte (fotografiche) da giocare; ruppi il ghiaccio e dissi a mio fratello:
    “Complimenti per gli scatti! Sei stato tu vero?!”
    “Sì, e devo dire che non ti facevo così tosta! Baciarti in bocca con Gianna...”
    “Tosta?! Tosta una mazza! E poi...insomma...non mi ricordo niente...solo un gran mal di testa dopo!”
    “Non preoccuparti ho visto io tutto...”
    “Sì, immagino...”
    “Sai eri strana, ti ho visto uscire circospetta, ti guardavi sempre intorno, ma questo in realtà è un posto piccolo...quando ti ho visto andare da quegli spaccia sotto la pineta mi sono insospettito; avevo paura che volessi bucarti...poi vedendo che acquistavi solo una canna ho pensato che dovevi essere d’accordo con quella roscetta infelice di Gianna... e avevo ragione a quanto pare...”
    “E perché non me l’hai impedito ?...visto che sapevi cosa stavo comprando! Dovevi proteggermi, non lasciarmi fare. Sei stato uno stronzo...”
    “Hai sbagliato Vanja, ammettilo! Ora se non vuoi che la cosa si risappia...”
    “Hai ragione ho sbagliato. E gli errori vanno pagati!...vero?! “
    “Vuoi dire che?...”
    “Va bene. Appena i nostri genitori ci lasciano da soli a casa te la faccio vedere da vicino, e magari toccare...tu non forzare! Altrimenti confesso tutto alla mamma, e dico che mi ricattavi tu...le foto le custodisco io adesso. Me le hai date tu no?!...”
    “Sta bene. Io torno a riva”
    Un vero gentlemen’s agreement era stato stretto sulla base della logica delle nostre azioni. Ero stata avventata ad aspirare troppo lo spinello, del resto nemmeno avrei mai sospettato che mi sarei baciata con Gianna; volevo come ripulirmi dentro per cui continuai a nuotare facendo capriole in acqua. Ero convinta che me la stessi cavando tutto sommato con poco. Due giorni dopo alle cinque del pomeriggio si presentò l’occasione quando nostro padre accompagnò nostra madre dai suoi parenti. Ci lasciarono da soli nella nostra casa al mare di due stanze. Ci recammo in soggiorno dove c’era il divano di stoffa. Io sono una discreta moretta di capelli e carnagione; li porto corti e sfumati al bianco, il che non guasta, quel pomeriggio avevo ancora il costume dalla spiaggia mentre mio fratello solo i suoi shorts e gli slippini. Avevo pure una magliettina a corpetto aderente senza maniche che riproduceva pari pari le sinuosità del mio corpo e la mia 3° di seno. Io e mio fratello eravamo ai capi opposti del divano separati da un metro e mezzo. Lui si mise comodo guardandomi ed aspettando. Io lo guardavo di rimando. Misi la mia coscia destra in alto con la caviglia poggiata alla spalliera nella sua direzione ed allargai l’altra coscia verso il pavimento. Tutto il mio tanga era davanti a lui. Poi lentamente presi a scostare l’orlo sinistro del costume, e gli lasciai intravedere il pelo di lato della mia passera rosa scuro. Il mio pelo è grigio antracite, quasi nero, e lo porto su un po’ tutta la passera. Finora non ho proceduto mai a grandi depilazioni visto che la mia prima leccata alla vulva era dovuta a Gianna qualche giorno prima. Mio fratello si era tirato fuori il pisello e se lo stava menando piano piano visto il mio strip tutto per lui. Mi cercava con lo sguardo il fiorellino del clitoride. Ero vicina a scoprire tutta la fica. Continuavo a tenere l’orlo scostato.. Lui col suo cazzo che cresceva a vista d’occhio mi disse:
    “Toglitelo proprio!”
    “No...guarda e basta!”
    “Toglitelo !...così la vedo tutta...,ormai fammela vedere tutta, dai!”
    Restai immobile così, a tanga scostato, per cinque minuti affinché potesse intravedere il pelo oltre che la carne. Poi gli dissi:
    “Avvicinati e toccala. Ti avevo promesso che potevi toccarla...”
    Ferruccio si avvicinò e cominciò a toccarmela. Un brivido di disagio mi percorse tutta la schiena facendomi mandare un rantolo con il respiro, che si fece a sua volta più veloce...
    “Ahnnnnnnnn...”
    Decisi di restare immobile godendomi le carezze gentili che mio fratello mi praticava amorevolmente sulla vulva. Slacciai il tanga dal lato sinistro, e lo tolsi del tutto. Scostarlo non era più necessario. Mi piacevano quelle carezze. Mi stavo già bagnando. Lui aveva preso a massaggiarmi tutta la vulva e col pollice tramite il polpastrello mi sfiorava il fiore clitorideo. I miei seni si erano gonfiati per l’eccitazione. Cominciavano le sensazioni erotiche. Sbattei la caviglia a gamba tesa due volte sullo schienale, e la fica era già abbastanza zuppa e cominciava ad aprirsi. Mio fratello maggiore ci sapeva fare...un rivolo di piacere mi era sceso sulla coscia. Quel rivoletto attrasse mio fratello che subito senza chiedermi il permesso si chinò sul mio bacino. Sentii la sua lingua nella mia fica. Andava avanti ed indietro senza curarsi di cosa emetteva la mia passerotta ora investita dalla sua saliva calda. Le sue leccate erano ampie, e cominciavano ad essere penetranti. Cercava il mio pertugio d’ingresso dopo aver incontrato quattro volte il mio meato urinario. Me lo succhiò, e ci lasciò tre sfiorate in punta facendomi quasi svenire; perdetti la vista per un istante. Le sue linguate decise mi invadevano dentro fameliche, ed io ormai godevo e basta. Mi aveva afferrato le cosce come per bere da una coppa. Una coppa di carne umida e caldissima di femmina in godimento. In teoria, pensavo io almeno all’inizio, non si sarebbe dovuto muovere.
    “Non smettere, ahnnnn, continua...uh!...continua...ahnnn, ahnnnn! Ummmmmmmm!”
    Leccava la mia fica in tutti i modi possibili, senza mai staccare le labbra. Chissà da quanto tempo la voleva. La sua lingua me la investiva da tutte le direzioni. Chissà come faceva per respirare...io gli tenevo la testa sopra quel paradiso premendo sulla sua nuca. Niente al mondo poteva interrompere l’amore per la mia vulva. Saliva di maschio contro brodo di femmina. Ogni suo colpo di lingua faceva partire ondate di piacere che mi attraversavano il corpo, dalla fica al cervello, e poi di nuovo verso la fica che emetteva, emetteva, e così ringraziava del grazioso trattamento. Mio fratello m’introdusse all’improvviso due dita in passera, e ii cominciò a “chiavarmela” con garbo stimolando le pareti iniziali della mia vagina con la sua coppia di polpastrelli. Riuscii solo a dirgli:
    “Attento all’imene !...ahnnnn...non mi sverginare!...sfogati piano...ahnnnn, sì...sìiii,...lingua, lingua! Metti la lingua! Fai piano! Uhuuuuuuu! Fammi un bell’assalto in fica! Dai...Ahnnnn!...Il cazzo te lo faccio sborrare dopo io...ahnnnn,...sto per venire...lingua Ferruccio! Lingua! Slinguami la clitoride che scoppio!”
    Ferruccio aveva ripreso a leccarmi la fica più velocemente, doveva stimolarmi l’orgasmo con più decisione e anche con della veloce delicatezza dei tocchi linguali. Alternava gli stimoli con le dita, ma era lingua a comandare per lo più. La mia fica era gonfia e rossa. Sempre più calda. Un’onda istantanea di benessere mi attraversò tutta. Gli feci quattro abbondanti schizzi tutti sul viso. Mio fratello Ferruccio li accettò di buon grado. Se voleva sapere che sapore aveva la mia vulva all’acme del piacere aveva potuto soddisfarsi. Il suo viso era molto più zuppo di quello di Gianna al momento della nostra canna...mio fratello continuava a lavarsi la faccia con la mia fica ultrabagnata oramai solo tiepida e... sudata. Gli chiesi:
    “Ti piace ancora?...non ti puzza?...”
    “No. Mi piace, e tanto! Salata come la immaginavo,...sai di miele salato...che buon sapore!”
    “Lecca, lecca...ahhhhhhh!”
    “Uhmmmm..., ...buona!...buona, sì....!”
    “Complimenti! La lecchi bene! Lo vuoi ancora il pompino?...te l’ho promesso poco fa...se poi la voglia di sesso mi passa...”
    “...eh?!...sì fammelo, anzi facciamo un bel sessantanove!”
    Continuava a toccarmi il culo con le mani, con decisione, ormai si sentiva padrone del mio corpo. Non mi aveva sverginata, tuttavia conosceva il sapore del mio sesso. Io, per quanto fossi eccitata, non desideravo certo dargli la verginità della passera, tantomeno quella del culo. Acconsentii per un 69; gli avrei dato l’illusione di possedermi poiché avrebbe afferrato il mio bacino comunque piazzato sopra la sua bocca. Se avesse gradito ancora la mia fica l’avrebbe avuta a portata di lingua. Mi piazzai sopra di lui e cominciai a odorare il suo cazzo; ero ancora esitante. Finora non l’avevo mai preso in bocca. Provai a baciarlo più volte a caso tra asta e cappella. Lo afferrai con la sinistra e proseguii con i miei baci. Lo avevo, come si dice?...un po’ risvegliato perché si stava ingrossando sotto i miei occhi. Continuavo a maneggiarlo incuriosita praticandogli una sega con baci. L’alito caldo del mio naso sulla sua asta lo faceva intostare nella mia mano. Incuriosita provai a tirargli fuori la cappella, era bella rossa e gli baciai anche quella a mano a mano che la scoprivo. Quando ne ebbi scoperta tutta la base il suo cazzo era diventato grosso ed era destinato ad indurirsi. Baciavo con un po’ di saliva i due lobi della cappella, ma ancora non mi decidevo a prenderlo in bocca, per me era un sapore nuovo; avevo paura che non mi piacesse, mentre a lui stava piacendo la mia fica da come aveva ripreso a leccarmela dietro lambendo anche l’inguine. All’improvviso presi coraggio e respirai a fondo prima, poi aspirata un po’ di saliva con cui lambirgli il glande la mia bocca calò sul cazzo di mio fratello, sempre carne della mia carne. Respiravo con calma, ferma, senza muovere la lingua anche se stavo assaporando quella pelle dal retrogusto amarognolo. Vedendo che non avevo problemi a respirare, tranne quando lui mi affondava la lingua in fica, presi a fare avanti e indietro cercando d’ingoiare la cappella e tornando indietro. La saliva ormai doveva aver fatto effetto, ma non sentivo niente di particolare col suo cazzo, mentre la sua lingua aveva già fatto ri-bagnare la mia passerotta facendomi godere di nuovo. Mi esaltai e cominciai a fare mulinello con la lingua sul glande e mordicchiando qua e là l’asta e la base del glande. Istintivamente mordicchiavo piano e frequentemente. Quando ri-poggiai le labbra mi sentii un istante felice, sentivo pulsare la sua vena cava,- sì mi pare si chiami così -, il mio primo pompino aveva fatto prendere vita a quel cazzo. Ora sì che diventava duro. La mia testa prese ad accelerare e l’ingoio della cappella era sempre più breve; afferrai il cazzo di mio fratello, che ormai aveva smesso di leccarmela dopo la sciacquetta di pochi istanti prima, e lo tenni verticale, fermo, ed in piedi con la mano destra. Lo tirai fuori dalla bocca e presi a leccargli tutto il glande da giù all’insù con la punta della lingua. L’aria esterna , più fredda della mia bocca, che però alitava sul glande, fece pulsare la cappella davanti ai miei occhi. Cambiai la direzione con cui gli lambivo il cazzo con la lingua e presi a leccarlo al centro. Mio fratello ebbe un paio di sussulti come risposta ai miei colpi di lingua:
    “Ahhhhh...ahnnnn,...ahmmmm. Sì!....ahnnnn, ahnnnn,ohiiii, ihhhhhhh!”
    “Glooooomm!,...uhmmmmf, glooom, uhmmmffffff, glooooom, uhmmmmmmm”
    “Ahnnn, ahhhhhhh, ahhhhh, uhiiiiii!”
    Rantolavamo entrambi, impegnati come eravamo a darci reciproco piacere. Con la sinistra gli feci l’amorevole gesto di carezzargli i coglioni che cominciavano a indurire. Mi veniva d’istinto. Per me le sue palle erano in quel momento più sacre della mia stessa vita. Quel pompino io l’avevo preso a passione. Avevo spedito mio fratello in paradiso. Ora si trattava di farlo godere come avevo goduto io. IL tempo per noi non scorreva più. Alternavo la spippata dell’asta con la lingua sulla punta del glande, la sua regione più sensibile; ad ogni suo sussulto credevo che mi sparava lo sperma, ma il suo cazzo ancora non dava, ma era un palo di cui andavo orgogliosa. Lo avevo preso in simpatia. Mi ero resa conto, anche se sono una quasi somara in chimica, che la chiave della sborrata era nella differenza di temperatura tra la mia bocca e l’aria esterna condita col mio caldo alito che gli forniva tutto l’amore del mondo. Cinque, sei leccate, un paio di movenze a sega e ìl bacio del mio alito. Decisi di lambire i contorni della sua cappella con le labbra, lambivo stretta e quando le labbra mi si chiusero sulla punta del glande feci partire due delicatissime leccate leggere con la lingua e all’improvviso uno zampillo caldissimo mi colpì i lati della bocca. La volevo chiudere, ed invece la aprii e aspettai l’altro suo fiotto che mi finì sopra la lingua. Il terzo nella gola. Affamata chiusi la bocca su quel vulcanino d’amore e succhiai a tutto fiato cercando contemporaneamente di ingoiare; però ingoiavo goffamente. Mio fratello si liberò anche a voce:
    “Ahhhhnnnnn! Ahhhhhhhhh! Sìììììììì!....tieni!,....ahiiiiii come succhi!....uhmmmmmm, ahn!”
    Un po’ di sperma mi scese nell’esofago. Era amaro, caldo e appiccicoso, oltreché viscoso. Il sapore non me lo avrebbe fatto mai ingoiare; tuttavia il fatto che fosse caldo come crema in quei momenti roventi mi faceva desiderare di esserne affogata! Il resto dell’amore di mio fratello, parecchio comunque, mi restò in bocca. Decisi di muovere la lingua fino a quando non fosse uscito tutto. Sapeva un po’ di birra e non lo trovavo strano considerando che mio fratello ne beveva, specialmente in vacanza! Sentivo la propulsione partirgli dalle palle. Lui continuava a lambire la mia fica ed il mio ano, ma ormai avevamo goduto tutti e due. Eravamo alquanto scarichi. Staccai la bocca dal suo cazzo ripulito alla meglio, e mi voltai verso mio fratello con il viso tutto bagnato dalla mia sborretta femminea. Gli mostrai la mia bocca e lui me la baciò spontaneamente. Mescolammo i fluidi come due innamorati, ma ormai era la nostra tiepida saliva a scaldarli. Sapeste quanto è caldo lo sperma di un uomo quando lascia il cazzo!...Beh, altrettanto è freddo quando te lo rigiri in bocca qualche secondo dopo. Lo stesso doveva essere per mio fratello e il mio brodino di sesso. Mi staccai dal bacio e alzatami andai in bagno a lavarmi. Mio fratello non era mai stato soddisfatto meglio di come avevo fatto io. Mentre mi lavavo i denti sciacquando la bocca mi si era piazzato dietro e aveva cominciato a leccarmi le cosce e le natiche. Mi chiese:
    “Aprile un po’ queste cosce...”
    “Perché?...basta dai! Ti ho soddisfatto! I negativi te li puoi pure tenere! Tanto se lo dici a mamma, tu sei sporco lo stesso ora!...né più né meno di me!...”
    “Aprile, dai! “
    “Ma dai che?!...”
    “...amore mio! Ti voglio! Voglio le tue cosce! Dammele! Amore! Dammele!”
    “Amore mio?!...ehi, sei pazzo! Abbiamo solo goduto un po’...lasciami! Sei impazzito! Sono sempre tua sorella..., ci siamo solo masturbati! Non amati...Non te la do veramente!...No!”
    “Ti voglio leccare ancora, ancora....uhmmmmmmm, slaaaaapp!...ancora!”
    Cercò di dilatarmi le gambe con fare deciso. A quel punto le aprii io stessa per timore che si arrabbiasse; timore infondato...- si era appena innamorato del sapore del mio corpo-, e prese a leccarmi le cosce interne. Credo avrebbe dovuto farlo prima. Tutto sommato mi piaceva; a noi donne poi piace essere leccate e baciate tra le cosce interne; da sola mi ci sono carezzata diverse volte: lì mi stava “lavando” lui con la sua lingua mai sazia della mia pelle. Quei pochi secondi lo rieccitarono di nuovo. La sua testa era rimasta cinque minuti, forse, tra le mie cosce da dietro. Ero un po’ a disagio; mio fratello restandomi dietro si rialzò e mi prese per i fianchi. Sentivo la sua cappella dura sfregarsi sul mio ano che era verginissimo, quanto la passera, (e tale dovevano restare!). Poi provò ad afferrarmi le tette. Mi ribellai, e cercando (senza successo) di scostarlo gli dissi:
    “No, il culo, no!”
    “Non ti inculo sorelVanja, promesso!... me lo sfrego soltanto, poi me lo spippo...di nuovo, dai...”
    E mi baciò il viso. Quando affondò la lingua nel mio orecchio sinistro, accettai sperando che con la seconda sborrata si placasse. Mi cinse la vita con la sinistra, con la destra aveva preso a spipparsi sulla pelle della mia natica. La durezza del suo cazzone l’avevo assaggiata, sentita sulle mie mani. Non mi fidavo a “lasciargli” quell’arma di sverginamento “in mano sua”. Poteva vedere, insieme ai miei occhi che si socchiudevano per il brivido di un cazzo che s’induriva dietro di me, il mio corpo quasi nudo con un solo piccolo e scollato corpetto da spiaggia a lasciare scoperto metà del mio seno; lo specchio davanti a me, sotto il mio ombelico gli restituiva il mio pube discretamente peloso. La mia vulva era marroncina, e se avesse scostato le grandi labbra con una carezza avrebbe potuto vederla bella rossa perché, anche io da parte mia, ero ancora eccitata. Tenevo le gambe non aperte; e nemmeno chiuse. La mia immagine, lo dico senza falsa modestia, era alquanto accattivante. Mi venne subito un’idea e gli dissi:
    “Stringimi la zinna! Te la faccio io la pippa!”
    Continuando a cingermi la vita con la sinistra mi spremeva la tetta con la destra. Io sorridendogli allo specchio lo spippavo tenendogli la cappella a contatto con la mia pelle calda. Presi a respirare in maniera evidente per rieccitarlo adeguatamente; vedeva allo specchio il mio seno gonfiarsi e contrarsi... La sborrata non avrebbe tardato e...
    ...dopo tre minuti venne.
    Avevo visto giusto. Ogni mio bacetto in quei momenti dava un bell’impulso al suo ejaculare. Aveva ancora una discreta quantità di sborra che lasciò sulla mia natica destra. Quando il suo cazzo sputò l’ultima goccia baciai mio fratello decisa sulla bocca, e, voltatami, mi spalmai davanti a lui tutta la sua sborra sul mio corpo facendogli vedere che me lo spalmavo anche sulla fica. Di più non potevo dargli... Aveva avuto il suo secondo orgasmo con me, sua sorella. Chi, al suo posto, aveva potuto avere di più?! Gli dissi di uscire che dovevo lavarmi e vestirmi. Non poteva lamentarsi. Lo spinsi fuori la porta. Non fece resistenza. Era spompato anche lui; tant’è che andò a stendersi sul letto. Io potei finalmente lavarmi, anche nelle parti intime e tornare una sorella normale. Erano solo le sei del pomeriggio. Il tempo era letteralmente volato. Scesi sulla spiaggia dopo essere passata a cercare Gianna a casa sua.


    Non molto tempo dopo mio fratello Ferruccio per il suo 19° compleanno replicò con Gianna, che dovette cedere al suo ricatto quando le inviò le stampe compromettenti giorni prima, unitamente all’invito alla sua festa. All’una di notte, congedati i nostri amici Michael, Ilde, Albertino, Annetta, Toti, Angela, Davide, Teresa, Simona e Giuseppe restammo ovviamente soli. Noi tre... da soli. I nostri vecchi avevano deciso di lasciarci la casa restando a dormire al paese. Gianna più grande di me (anche se più bassa), anche lei sì!..., appartatasi con Ferruccio in camera da letto nel matrimoniale, pagò quegli scatti con un rapporto anale tormentato con Ferruccio. Come lo so?...beh, dovetti allargare io le natiche con dolcezza a Gianna dopo aver spompinato mio fratello. Con la mia assistenza resi quel rapporto difficoltoso possibile per entrambi. Lasciatemi raccogliere le idee e ve lo racconterò al più presto!
     
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