Riassunto e recensione del libro Il nome della rosa - Umberto Eco

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  1. mau.06
     
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    Questo romanzo di Umberto Eco è stato pubblicato nel 1980.

    L’azione si svolge nel 1327, in un’abbazia benedettina posta in montagna in località imprecisata tra il Sud dell'Europa e il Nord dell'Italia. Il racconto è diviso in sette giorni, ritmati secondo i vari offici liturgici della giornata (ma lo stesso Eco ha rivelato che con la ripartizione dei capitoli secondo le ore del giorno ha contratto un debito con l'Ulisse di Joyce).

    Riassunto del romanzo

    Anno di grazia 1327, la cristianità è in crisi. Le eresie sorgono in ogni dove e aspramente sono combattute. Il papato è impegnato su più fronti: contro l’imperatore Ludovico il Bavaro e contro i nemici interni opponendosi a tutti coloro che desiderano riformare la Chiesa.

    Guglielmo di Baskerville, monaco francescano, ex-inquisitore e consigliere dell’Imperatore si reca unitamente ad Adso da Melk, un giovane benedettino, che è anche il narratore del romanzo, in un’abbazia benedettina del Sud della Francia. Devono partecipare ad un’importante riunione che vede contrapposti i francescani fautori della povertà del Cristo ed i partigiani del papa. Questo incontro è stato organizzato allo scopo di permettere alle due parti di trovare un accordo.

    L’abbazia vive ore tormentate. Subito dopo il suo arrivo, l’Abate Abbone chiede a Guglielmo di Baskerville di indagare sulle cause della morte violenta di uno dei suoi conventuali. In effetti durante la notte, Adelmo da Otranto, un giovane monaco è caduto dall’Edificio, un’imponente costruzione nella quale si trovano sia il refettorio che l’immensa biblioteca dell’abbazia.

    Per le necessità della propria indagine Guglielmo di Baskerville va alla riunione dei monaci dell’abbazia. Fa la conoscenza di Salvatore, un monaco deforme che parla una lingua sconosciuta, mescolanza di molte altre, di Ubertino da Casale, un “uomo strano”, un uomo intransigente che sicuramente sarebbe potuto diventare uno di quegli eretici che Guglielmo avrebbe mandato al rogo, Venanzio, un ellenista erudito, Jorge, un vegliardo cieco divorato da un orgoglio smisurato e che disprezza il riso umano, Severino, un curioso erborista, ed infine Berengario, l’aiuto bibliotecario che sembra avere avuto una relazione particolare con la vittima. Questi incontri individuali consentono a Guglielmo di Baskerville di scoprire alcune norme e segreti dell’abbazia. Acquisisce abbastanza rapidamente la convinzione che Adelmo da Otranto non è stato assassinato, ma che si è suicidato.

    Il secondo giorno, Venanzio, l’ ellenista è trovato morto in un barile di sangue di maiale. Guglielmo si persuade che queste due morti siano legate alla biblioteca dell’abbazia.

    Questa biblioteca, tra le più grandi della cristianità, è costruita come un luogo segreto a forma di labirinto, allo scopo di proteggerla dagli intrusi. Guglielmo ed Adso manifestano il desiderio di visitarla. Ma il permesso viene loro rifiutato. È un luogo vietato, conosciuto dal solo Malachia, il bibliotecario e da Berengario, il suo aiuto. Rappresenta il centro misterioso dell’abbazia. I monaci e gli ospiti hanno accesso soltanto allo scriptorium, luogo di studio nel quale possono dedicarsi alla lettura ed alla copia.

    Guglielmo ed Adso scoprono che alcuni libri “vietati” della biblioteca portano, nel catalogo, la menzione “finis africae”.

    Solo Malachia, il bibliotecario e Berengario, il suo aiuto, sembrano conoscere il segreto di questa dicitura che corrisponde ad una sezione della biblioteca.

    Guglielmo prosegue la sua indagine ed inizia a sospettare di Berengario. Questi è l’ultimo a avere visto Adelmo in vita e temeva che Venanzio rivelasse la relazione particolare che inttratteneva con il giovane monaco.

    Guglielmo ed Adso decidono, nonostante i divieti, di recarsi nella biblioteca; provano a trovare il libro che Venanzio studiava nello scriptorium, ma quest’ultimo è scomparso. Resta soltanto una vecchia pergamena scritta in greco recante le annotazioni di Venanzio. Mentre studiano questa pergamena, si accorgono che non sono soli in questo luogo segreto. Un ospite misterioso riesce a sottrarre gli occhiali a Guglielmo che così è impedito nella prosecuzione della lettura. Guglielmo ed Adso nell’inseguire la misteriosa spia imboccano il labirinto, e solo con grande fortuna trovano l’uscita dalla biblioteca.

    Il terzo giorno, Guglielmo ed Adso riescono a decifrare le annotazioni di Venanzio. Ma il testo resta enigmatico. Guglielmo desidera interrogare Berengario, ma quest’ultimo è scomparso. Mette a profitto quest’inconveniente per cercare di risolvere l’enigma del labirinto. Ci riesce e decide di tornarvi la notte seguente. La sera Adso scopre nelle cucine una giovane donna. Questa seducente creatura non cerca che degli alimenti e in cambio di essi offre le sue grazie al giovane Adso in estasi.

    Durante la notte, si trova nelle latrine il corpo di Berengario. Guglielmo è incuriosito dalle macchie marroni che il cadavere reca sulle dita e sulla punta della lingua. Sospetta l’avvelenamento. Guglielmo scopre che era Berengario la misteriosa ombra della biblioteca, la sera prima. Ritorna in possesso dei suoi occhiali.

    Queste morti brutali creano un disagio profondo nell’abbazia. Il giorno dopo arrivano prima il gruppo dei francescani, alla cui guida è Michele da Cesena, successivamente gli emissari del papa alla testa dei quali si trova l’inquisitore Bernardo Gui, uomo dalla reputazione di grande crudeltà . L’Abate preoccupato della buona reputazione del proprio monastero teme per il futuro della sua abbazia. Guglielmo ed Adso proseguono con discrezione la loro indagine. Si introducono nuovamente nel labirinto e ne intuiscono il disegno. Non riescono tuttavia a penetrare il mistero del luogo designato dal cartiglio “finis africae”. Infatti, non riescono a decifrare il codice che permetterebbe loro di superarne la soglia.

    Quando escono dalla biblioteca, incrociano l’inquisitore Bernardo Gui che ha già iniziato ad imporre la sua legge. Ha sorpreso la giovane sconosciuta, che aveva amato Adso la vigilia, con Salvatore. Questo quarto giorno è anche l’occasione del primo scambio di ostilità tra Guglielmo e Bernardo Gui. I due uomini non si apprezzano affatto.

    Il quinto giorno, le discussioni politiche e religiose riprendono. Ma sono rapidamente interrotte dalla scoperta di un altro cadavere. Severino l’erborista, è rinvenuto con la testa schiacciata.

    Bernardo Gui procede all’arresto del cellario Remigio, che sospetta essere l’autore di questi assassini. Organizza un processo durante il quale sono processati Remigio ed i due prigionieri della vigilia: Salvatore e la giovane sconosciuta. Sotto tortura, Salvatore confessa e riconosce tutti i crimini di cui Bernard Gui lo accusa. Inoltre Remigio che desidera sfuggire alla tortura, riconosce anch’egli d’ essere un eretico ed un criminale. La giovane sconosciuta è accusata di stregoneria. Con questo processo Bernardo Gui ed i suoi uomini segnano punti e sembrano essere giunti a penetrare il mistero degli omicidi, addebitandoli al vecchio cellario.

    Ma il giorno dopo, un nuovo omicidio è scoperto. Questa volta è Malachia, il bibliotecario, la vittima. Anch’gli ha la punta delle dita coperte di macchie marroni. Guglielmo decide di proseguire la sua indagine. È persuaso che esiste un legame tra il libro scomparso e questi omicidi.

    L’Abate ordina a Guglielmo di arrestare la sua indagine. Ma quest’ultimo disattende l’ordine.

    Durante la notte, torna con Adso nella biblioteca. Avendo trovato il codice segreto, riescono a entrare finalmente nella sezione misteriosa “ finis africae”. Vi scoprono ***, che li attende. *** li lascia leggere il libro tanto ambito, e che è stato la causa di tante morti. Si tratta di una copia unica di un testo di Aristotele sull’umorismo ed il riso, il II° libro della Poetica. *** tenta allora di fuggire. La biblioteca prende fuoco, e distrugge così quest’unico esemplare dell’opera che *** giudicava blasfemo, che non era riuscito tuttavia a distruggere, e che aveva provocato tante morti.
     
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  2. rascal
     
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    Il nome della rosa è il primo romanzo scritto da Umberto Eco, edito per la prima volta nel 1980. Dopo aver scritto moltissimi saggi, Eco decide di scrivere il suo primo romanzo, dopo alcuni anni di meticolosa preparazione, cimentandosi in un genere abbastanza difficile come il giallo, in particolare con il sottogenere deduttivo.

    L’opera è ambientata nel medioevo e viene presentata come il manoscritto di un anziano monaco che ha trascritto un’avventura vissuta da novizio, molti decenni addietro, in compagnia del suo maestro presso un monastero benedettino dell’Italia settentrionale.

    La narrazione, suddivisa in sette giornate, scandite dai ritmi della vita monastica, vede protagonisti Guglielmo da Baskerville, frate francescano, e il novizio benedettino Adso da Melk, il narratore della storia.

    Trama: Guglielmo e Adso si recano ad un monastero benedettino di regola cluniacense posto tra i monti dell’Italia settentrionale e, dal momento che nelle giornate senza foschia è visibile il mare, presumibilmente anche vicino alla costa. Questo monastero sarà sede di un delicato convegno che vedrà protagonisti i Francescani, sostenitori delle tesi pauperistiche e alleati dell’Imperatore, e i loro nemici della curia papale insediata a quei tempi ad Avignone. I due monaci (Guglielmo è francescano e inquisitore “pentito”, il suo discepolo Adso è un novizio benedettino) si stanno recando in questo luogo lontano chiamati dall’abate, preoccupato che alcuni fatti misteriosi e, soprattutto, l’improvvisa e inspiegabile morte di un confratello possano far saltare i lavori del congresso e far ricadere la colpa su di lui.

    Nonostante la quasi totale libertà di movimento concessa all’ex-inquisitore, altre morti si susseguono e sembrano tutte ruotare attorno alla biblioteca, vanto e onore del monastero, e ad un misterioso manoscritto. La situazione è complicata dall’imminente convegno e dalla scoperta, fatta dall’inquisitore Bernardo Gui, di due eretici della setta dei Dolciniani profughi presso l’Ordine dei Benedettini (il cellario e il suo aiutante semianalfabeta): così, in un’atmosfera inquietante, tra discorsi sulle donne, oggetto della perdizione del mondo, e sull’eresia, così antichi e al tempo stesso così moderni e attuali, Guglielmo e Adso si avvicinano sempre più alla verità, fino a scoprire il misterioso manoscritto (il secondo perduto libro della Poetica di Aristotele, che tratta della commedia, e dunque del riso e dello scherzo) per cui così tanti monaci sono morti e il misterioso assassino che così bene ha colpito nel monastero.

    Alla fine, scoperta ogni cosa, i due protagonisti si allontanano, mentre la biblioteca brucia nell’incendio verificatosi nella confusione: Jorge tenta di mangiarsi le pagine del manoscritto e poi fugge, alché un lumino caduto fa prendere fuoco ai libri. Jorge è quindi lucidissimo nel suo proposito di salvare l’umanità dalla pericolosa riscoperta del libro di Aristotele. In tema di citazioni e ammiccamenti più o meno nascosti (di cui il romanzo è disseminato dall’inizio alla fine) è abbastanza palese che tanto il nome di questo personaggio (Jorge da Burgos), quanto il trinomio cecità/biblioteca/labirinto a lui collegato, costituiscano un’allusione nemmeno troppo velata allo scrittore argentino Jorge Luis Borges.

    Una curiosità legata al titolo del romanzo, è (parzialmente) svelata alla fine del libro, dove l’ormai vecchio narratore Adso da Melk conclude il suo racconto con un’espressione latina :”Stat rosa pristina nomine, nomina nuda tenemus” (la rosa primigenia esiste in quanto nome, possediamo i semplici nomi). Si tratta di un messaggio che porta a riflettere affinché non si presuma di essere depositari di verità assolute, in quanto queste saranno sempre contestabili, se non addirittura risibili.

    fonte: it.wikipedia.org



     
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  3. DailyPain
     
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    Il romanzo “il nome della rosa” presenta le caratteristiche tipiche del romanzo post-moderno, caratterizzato da un pastiche di generi letterari.Sono elementi presenti del romanzo filosofico che ricorrono in tutto molto frequentemente e permettono di capire la filosofia dell’autore. In tutto il testo, infatti, il protagonista si trova di fronte a segni che egli dovrà interpretare per la conoscenza della verità. Tra i tanti riferimenti ai segni troviamo un passo nel testo in cui Guglielmo dice ad Adso: “…è tutto il viaggio che ti insegno a riconoscere le tracce con cui il mondo ci parla come un grande libro…”. L’indagine del libro, infatti, è proprio questa: studiare i rapporti tra realtà e segni attraverso cui la realtà si manifesta. In questo frangente anche le cose più semplici divengono segni (simbolismo tipico della cultura alto medievale!) Troviamo un esempio nella descrizione iniziale dell’abbazia dove persino i lati del perimetro dell’edificio assumono un significato lato e mistico (“…l’ammirevole concordia di tanti numeri santi ciascuno rilevante un sottilissimo senso spirituale..”). Durante questo percorso interpretativo per la conoscenza di una verità vi è anche un percorso formativo importante per il giovane Adso. Troviamo perciò anche la presenza di elementi del romanzo di formazione. Nel primo passo sopra citato, infatti, Adso cerca di apprendere da Guglielmo come interpretare i segni che il mondo trasmette. Attraverso il lungo viaggio per arrivare all’abbazia e durante la vicenda all’interno di questa Adso compirà un viaggio di formazione che lo porterà da adolescente a uomo adulto (stesso percorso compiuto da Perceval nella sua formazione di cavaliere!). Nell’abbazia, infatti, avviene un omicidio e Guglielmo, come Sherlock Holmes dovrà riuscire a scovare l’assassino, e per questo avrà al suo fianco durate tutta la vicenda Adso che diventerà una sorta di aiutante. Troviamo perciò caratteristiche tipiche della detective story. E’ doveroso a questo punto soffermarsi sul nominalismo tipico del post moderno. Eco, infatti, chiama uno dei due personaggi Guglielmo da Baskerville, come chiaro riferimento al personaggio del libro di Conan Doyle, e l’altro Adso somigliante al nome del leggendario aiutante di S. Holmes: Watson. Soffermandosi ancora sulla lingua si può notare un’aggettivazione e affermazioni che caratterizzano in modo connotativo il paesaggio che risulta, infatti, tipico del romanzo stile gotico. Adso, infatti, descrive l’abbazia come qualcosa di “tremendo” da cui “…io ne trassi spavento e un inquietudine sottile…”.
    A completare il pastiche di generi si trova la presenza del romanzo storico. La vicenda, infatti, è collocata in un periodo storico preciso, citato nel prologo e importante per capire tutto il contesto in cui si svolge l’azione “…al fiume dell’anno del Signore 1327 in cui…”. L’idea di romanzo storico è resa anche dalla presenza di un vero e proprio pastiche linguistico.altro elemento importante è l’invenzione del manoscritto da cui poi si dirama tutto il racconto e colloca questo romanzo in parte anche nel genere storico.
    Questa composizione piuttosto complessa e raffinata non impedisce la lettura del romanzo ai meno colti che, sebbene non possono cogliere il raffinato citazionismo (presente in gran parte del romanzo!) o il significato filosofico, possono comunque appassionarsi ad un incalzante detective story.
     
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  4. Sagitta.
     
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    Il nome della Rosa

    Autore:
    Umberto Eco

    Casa editrice:
    Bompiani; ed.aprile 1984

    Riassunto:
    Una mattina di fine novembre del 1327 segna la data d’inizio dell’avventura del novizio benedettino Adso e di Frate Guglielmo da Baskerville. Essi si dirigono presso il monastero di Melk, dove Guglielmo è stato chiamato per investigare sulla misteriosa uccisione di un frate. L’abbazia, come presto percepirà Guglielmo, è un luogo in cui sono presenti fitti misteri. Uno di questi riguarda l’Edificio, una struttura al cui interno si trova una grande biblioteca, alla quale però soltanto una persona può accedervi. Durante la permanenza presso l’abbazia dei due, altri quattro omicidi rendono più difficili le investigazioni. Quattro omicidi che sembrano essere compiuti dalla stessa persona, per un movente che sembra essere un misterioso libro, del quale nessuno vuole parlare. Guglielmo e il giovane Adso decidono quindi di entrare di nascosto nella biblioteca, che si rivelerà un labirinto di innumerevoli stanze conducenti ad una porta murata che permette di entrare nel finis Afrcae. Per potere aprire questa porta bisognerà risolvere un enigma, la cui soluzione è genialmente trovata da Adso, che si dimostra essere abile ed astuto quasi quanto il suo maestro Guglielmo. Entrati nel finis Africae i due trovano il vecchio Jorge, un frate cieco che da molti anni si trovava nell’abbazia. E’ lui il mandante degli omicidi, ed è lui che custodisce il misterioso libro di Aristotele. Pur di non farlo leggere, Jorge mangia il libro pagina per pagina mentre cerca di scappare dai due. Una scintilla uscita da un lume che teneva in mano Adso, scatena un incendio di grandi dimensioni, che invade tutta l’abbazia. Questo incendio devasta la biblioteca contenente preziosissimi volumi, e tra questi anche il libro di Aristotele. Tutti i monaci sono quindi costretti ad abbandonare l’abbazia, perdendo per sempre tutti i misteri che essa custodiva.

    Personaggi:
    Adso: novizio benedettino;
    Frate Guglielmo da Baskerville: alto, magro, intorno ai 50 anni;
    Remigio: cellario;
    Salvatore: uno dei monaci;
    Ubertino: occhi azzurri, pelle chiara
    Severino: erborista;
    Malachia da Hildsheim: alto e magro, è il bibliotecario;
    Jorge da Burgos: monaco cieco di circa 80 anni;
    Berengario da Arundel: giovane aiuto bibliotecario;
    Nicola da Morimondo: vetraio;
    Aymaro da Alessandria: monaco che lavora nello scriptorium;
    Alinardo da Grottaferrata: monaco;
    Bencio da Upsala: nuovo aiuto bibliotecario;
    Michele da Cesena: minorita;
    Bernardo Guidoni: domenicano di 70 anni. Fa parte degli inquisitori;

    Narratore:
    Il narratore è interno, in quanto è uno dei protagonisti (Adso), ed è onnisciente, perché quando scrive sono passati già molti anni dagli avvenimenti. Egli stesso, in alcuni passaggi, infatti, fa capire di conoscere come continueranno gli eventi, fornendo piccole anticipazioni.

    Analisi delle sequenze:
    Sono presenti tutti i quattro tipi di sequenze (dialogica, narrativa, descrittiva, riflessiva) e molta importanza hanno soprattutto quelle descrittive e riflessive. Le descrizioni presenti a volte inquadrano solo l’ambiente, ma altre volte sono molto importanti per la lettura di indizi, dai quali vengono formulate ipotesi che sono presenti nelle sequenze riflessive.

    Tempo:
    Ordine: in linea generale, l’ordine delle narrazioni coincide con lo svolgersi dei fatti, ma sono presenti analessi e prolessi. Con le analessi si analizzano la vita passata di alcuni monaci e le vicende storiche di quegli anni, mentre le prolessi sono in sostanza le anticipazioni che il narratore fornisce sull’esito delle vicende;
    Durata: la storia è occupa un tempo complessivo di 7 giornate, le quali sono divise in periodi corrispondenti alle ore liturgiche (mattutino, laudi, prima, terza, sesta, nona, vespro, compieta, notte).


     
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  5. mau.06
     
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    SCHEDA DEL LIBRO: “Il nome della rosa” di Umberto Eco

    LETTURA STRUTTURALE

    1) Coordinate spaziali e temporali:

    a)Dove è ambientato il racconto?

    La vicenda si svolge quasi completamente in un’abbazia benedettina che era situata in un’area “imprecisa tra Pomposa e Conques con ragionevoli probabilità che il luogo sorgesse lungo il dorsale Appenninico tra Piemonte, Liguria e Francia”. Il luogo non possiede comunque un’importanza rilevante ai fini della storia.

    b)Quando si svolge?

    La storia è ambientata nell’ultima settimana del Novembre 1327 e la sua narrazione è scandita dai vari “periodi corrispondenti alle ore liturgiche”.

    c)Tempo e luogo sono espliciti o debbono essere dedotti dal lettore?

    Il tempo e il luogo in cui si svolge l’azione sono espliciti, anche se per quanto riguarda il luogo le indicazioni non sono molto precise.

    d)Ci sono molte descrizioni dell’ambiente? Quali sono le più significative?

    Tutti gli ambienti sono sempre descritti in modo molto particolareggiato.
    La prima delle descrizioni dove l’autore pone una maggiore attenzione è quella del portale istoriato della chiesa le cui immagini lo portano a provare una sensazione di grande sbigottimento e paura.
    Altra descrizione alquanto significativa è quella dello scriptorium, dal quale l’autore rimane profondamente colpito per la sua grandezza ed il suo splendore.
    Quella della biblioteca è infine una descrizione nella quale viene esaltato l’ingegno dei costruttori per aver creato un eccezionale labirinto dal quale il narratore è molto incuriosito. Per comprenderne meglio la struttura riproduce anche una planimetria.


    2) Personaggi:

    a)Costruisci il sistema dei personaggi secondo le seguenti indicazioni:
    protagonista/i, antagonista/i, aiutante/i, oggetto del desiderio.

    Protagonista: Guglielmo da Baskerville
    Antagonista: Jorge da Burgos
    Aiutante: Adso da Melk
    Oggetto del desiderio: La scoperta del mistero che si cela dietro alle morti dei monaci dell’abbazia e, legato a questa, un volume che raccoglie insieme ad altri testi il secondo libro della poesia di Aristotele.

    b) I personaggi vengono presentati direttamente (tramite descrizioni fatte dal narratore) o indirettamente (tramite il loro comportamento) o per mezzo di una combinazione tra le succitate tecniche?

    I personaggi vengono presentati per mezzo di una combinazione delle tecniche narrative: l’autore offre una descrizione fisiognomica precisa e minuta, seppur generalmente esposta con tratti essenziali, ma lascia alle loro azioni e al loro comportamento il delinearsi della loro personalità.

    c) Descrivi i personaggi secondo i seguenti fasci di caratterizzazione (ove sono presenti) fisiognomica, sociale, culturale, psicologica, religiosa, simbolica.

    Guglielmo da Baskerville

    Guglielmo è un frate francescano originario delle Isole Britanniche, molto magro, di notevole statura, occhi acuti e penetranti, sopracciglia folte e bionde, naso affilato e faccia lentigginosa, molto agile nei movimenti nonostante l’età che si aggira attorno ai cinquant’anni.
    Possiede una grande cultura, ha una conoscenza generale di ogni disciplina, un sapere enciclopedico, proprio degli intellettuali di quel periodo, che gli permette di affrontare ogni situazione con la giusta sagacia e prontezza nell’agire.
    È molto curioso, avido di sapere ed affascinato dal progresso tecnologico che è convinto sia un notevole aiuto per i limiti umani. È anche molto testardo e, come spesso gli rimproverano lo stesso Adso e altri personaggi, troppo sicuro di sé e della sua superiorità culturale.
    Nutre una grande passione per tutto ciò che fa, è molto legato alla sua patria di cui è fiero di esserne figlio e si dimostra molto dolce e premuroso, il rapporto instaurato col giovane Adso infatti è molto simile a quello che lega un padre al figlio.
    Dopo aver abbandonato il mestiere di inquisitore, ritenuto da lui immorale e non adatto alla sua personalità, gli viene affidata dall’imperatore la difficile missione di riconciliare le diverse fazioni della Chiesa, in un periodo in cui dilagano i movimenti ereticali.
    Guglielmo nella narrazione simboleggia la razionalità e il desiderio di conoscere la verità.

    Adso da Melk

    Adso è un giovane novizio benedettino, che trae origine da una nobile famiglia tedesca, la cui istruzione è stata affidata a frate Guglielmo da Baskerville.
    Egli segue il suo maestro in ogni impresa con immenso entusiasmo. Nutre infatti per lui una grande ammirazione, lo considera suo modello e punto di riferimento e per questo cerca di apprendere da lui quanto più è possibile. A causa della sua giovane età e inesperienza dimostra spesso una certa ingenuità, come quando cede alla passione con una giovane contadina che incontra nell’abbazia, fatto che lo sconvolge e che non riuscirà mai a dimenticare. Egli ricorda i sette giorni nell’abbazia terribili ma indispensabili per la sua crescita spirituale ed intellettuale.
    Adso simboleggia l’innocenza e i timori dell’adolescenza.

    Jorge da Burgos

    Jorge è un monaco dell’abbazia di origine spagnola, dagli occhi bianchi poiché cieco da molti anni, dalla voce maestosa e dalle membra possenti anche se il suo corpo è ormai anchilosato dall’età. La sua è una figura di notevole importanza nell’abbazia: è il più anziano, è il confessore di tutti i monaci, è colui che spesso tiene i sermoni durante le celebrazioni eucaristiche ed è in realtà il vero responsabile della biblioteca. Il bibliotecario infatti risulta sottomesso alla volontà di Jorge non avendo una cultura adeguata alla sua complessa occupazione.

    È un uomo molto cupo che ritiene il mondo caduto in decadenza e giunto ormai vicino alla venuta dell’Anticristo.
    Disprezza il riso (participio passato del verbo ridere) che ritiene una grande offesa nei confronti del Creatore verso il quale gli uomini devono nutrire timore. È proprio per questo che egli nasconde un libro scritto dal grande filosofo Aristotele in cui l’ilarità è apprezzata e giustificata.
    Egli è convinto che la verità si trovi esclusivamente nella Parola di Dio (la Sacra Bibbia) e che i filosofi non abbiano fatto altro che distruggere “una parte della sapienza che la cristianità aveva accumulato lungo i secoli” è dunque per questo che ritiene giusto tenere nascosto un libro la cui sostanza è, ai suoi occhi, profana.
    Jorge simboleggia la staticità medievale che rifiuta ogni forma di curiosità per ciò che è al di là del conosciuto.

    d) I personaggi sono statici o dinamici?

    I personaggi sono statici, fa eccezione Adso in quanto, al termine di questa esperienza, si sente una persona diversa maturata nell’animo e nell’intelletto.


    3) Il narratore e il narratario:

    a) Il narratore è interno o esterno alla storia?

    Il narratore è interno alla storia ed è omodiegetico in quanto è uno dei personaggi: Adso da Melk.

    b) C’e un solo narratore?

    La storia è raccontata da un solo narratore.

    c) Il narratario è interno o esterno alla storia?

    Il narratario è esterno alla storia, proprio nel prologo il narratore afferma di voler lasciare il suo scritto a “coloro che verranno”.

    d) Il narratore è onnisciente?

    Il narratore conosce i fatti della vicenda, per molti di essi non ne ha conoscenza diretta ma dedotta dall’attività investigativa di Guglielmo e confermata dagli eventi.
    Non conosce la verità assoluta relativa ai pensieri e ai motivi che hanno spinto i personaggi a compiere determinate azioni, ma suggerisce al lettore la proprie conclusioni.

    e) Il narratore conosce (fatti, pensieri, sentimenti) quanto gli altri personaggi? Meno degli altri personaggi? Più degli altri personaggi?

    Nell’avvicendarsi dei fatti si intuisce l’esistenza di un personaggio che, più di ogni altro e anche più del narratore, è a conoscenza di tutti gli eventi. Solo al termine della vicenda emerge che questa figura coincide con Jorge; le sue rivelazioni finali confermano peraltro pienamente le deduzioni di Guglielmo.

    f)Quale delle seguenti tecniche narrative sono state utilizzate? Discorso raccontato, discorso indiretto, discorso indiretto libero, discorso diretto, soliloqui, monologo. Quali sono prevalenti?

    La tecnica narrativa prevalentemente utilizzata è quella del discorso diretto in quanto il romanzo è ricchissimo di dialoghi. È anche utilizzato il discorso indiretto che permette al narratore di riassumere alcune situazioni.

    4) Catena cronologica:

    a) Gli avvenimenti sono narrati nell’ordine della fabula?

    Considerando che il romanzo si presenta come un flash back si può affermare che gli avvenimenti narrati sono nell’ordine della fabula.

    b) Ci sono flash back e anticipazioni?

    La narrazione si presenta come un grande flash back, poiché infatti è il ricordo di un’esperienza vissuta da Adso durante la sua gioventù. All’interno di questa vi sono poi altri flash back, utilizzati dai personaggi per raccontare la loro storia o altri avvenimenti precedentemente accaduti. Sono presenti anche alcune anticipazioni.

    c) Considerati l’inizio e la fine della narrazione qual è il punto culminante?

    Il punto culminante della narrazione è sicuramente la scoperta, da parte di Guglielmo e il suo compagno Adso, del modo che consente di accedere nel Finis Africae e che porta quindi alla risoluzione del mistero celato nell’abbazia.

    d) Dividi il racconto secondo il seguente schema: situazione iniziale, evento complicante, sviluppo dell’azione, conclusione.

    Situazione iniziale:
    Guglielmo giunge col suo aiutante Adso all’abbazia mandato dall’imperatore per svolgere la funzione di mediatore tra una delegazione papale e una francescana. Qui Abbone, l’abate dell’abbazia, chiede a Guglielmo di indagare sulla misteriosa morte di un giovane monaco di nome Adelmo.

    Evento complicante:
    Altri monaci perdono la vita per cause sconosciute e tra i benedettini si afferma l’idea che il “maligno” si sia insidiato nel monastero.
    L’inquisitore Bernardo Gui, che era arrivato all’abbazia assieme alla delegazione papale, venuto a conoscenza dei fatti accaduti e avendo preso parte al ritrovamento del cadavere di un altro monaco, trova il colpevole nel cellario Remigio da Varagine che in passato aveva seguito gli insegnamenti considerati eretici di fra Dolcino. Remigio viene giudicato attraverso un sommario processo dall’inquisitore e gli vengono attribuiti tutti i crimini commessi, compreso quello di eresia.
    Il mistero sembra quindi essere risolto e l’abate solleva Guglielmo dall’incarico affidatogli.

    Sviluppo dell’azione:
    Guglielmo indaga sulle misteriose morti interrogando molti personaggi dell’abbazia ed accede clandestinamente, poiché gli era stato vietato, alla biblioteca, luogo dove ritiene che si trovi la chiave del mistero.
    Successivamente, dopo essere stato sollevato dall’incarico, convinto dell’ingiusta sentenza inflitta dall’inquisitore, prosegue segretamente le sue indagini fino alla scoperta della verità.

    Conclusione:
    Guglielmo e Adso riescono finalmente a penetrare in una sezione segreta della biblioteca dove incontrano Jorge. Egli vorrebbe provocare la morte ai suoi visitatori per mezzo dell’artificio del libro avvelenato, utilizzato anche per gli altri monaci. Guglielmo, che aveva ormai compreso gran parte della verità, sfugge all’insidia e parlando col vecchio svela pienamente l’arcano. A questo punto Jorge decide di distruggere il libro mangiandone le pagine, ma poiché Adso e Guglielmo tentano di fermarlo dà vita ad un incendio che si propaga per tutta l’abbazia distruggendola completamente.

    e) Il tempo della storia e il tempo del racconto coincidono? Ci sono ellissi? Pause? Sommari? Scene?

    Il tempo della storia e il tempo del racconto in generale coincidono. Sono spesso presenti delle pause in cui il narratore spiega alcuni concetti che potrebbero risultare poco chiari al lettore.

    5) Stile:

    a) Quale variante di linguaggio è usata? (formale, informale, parlato familiare o dialettale o standard, gergale, sperimentale, aulico, denotativo, lirico, ecc.)

    La variante di linguaggio maggiormente utilizzata è quella formale. Per i discorsi dei personaggi viene però utilizzato un linguaggio che si confà loro per la classe sociale a cui appartengono e per la funzione che ricoprono. Si passa quindi da un linguaggio rozzo e quasi selvaggio del monaco Salvatore a quello colto dell’abate.

    b) Il suono è importante nella scelta delle parole (allitterazioni, anastrofi, ripetizioni, ecc.)?

    Il suono è piuttosto importante nella scelta delle parole per far comprendere meglio al lettore l’atmosfera prodotta dai luoghi in cui l’azione si svolge.

    c) Quale tipo di lessico è usato (neologismi, arcaismi, parole insolite, abbondante aggettivazione, parole o espressione-chiave ricorrenti, ecc.)?

    All’interno del testo sono ricorrenti citazioni in lingua latina, sono presenti molti arcaismi e alcune parole insolite. Le descrizioni sono arricchite da abbondanti aggettivazioni. Sono ricorrenti nel testo alcune parole-chiave che stimolano l’attenzione del lettore su determinati luoghi o cose, ad esempio la parola biblioteca.

    d) È usato il linguaggio figurato (similitudini, metafore, metonimie)?

    Non è usato il linguaggio figurato.

    e) Qual è il tono predominante (ironico, sarcastico, drammatico, lirico, comico, poetico, parodico, fantastico?)

    Il tono predominante è quello drammatico anche se in alcuni dialoghi diventa finemente umoristico con spesso un duplice effetto allusivo.


    LETTURA SOCIOLOGICA:

    1) Il tema o i temi:

    a)Qual è il tema centrale?

    Il tema centrale dell’opera è la necessità, propria del Medioevo, di celare delle realtà che avrebbero turbato il perfetto e immutabile ordine del Creato voluto da Dio.

    b) Ci sono temi minori?

    Uno dei temi minori affrontato dal romanzo è quello relativo alle eresie. Queste furono combattute nel Medioevo più che in ogni altro tempo per mezzo dell’Inquisizione che condannava qualsiasi espressione di contestazione del costume religioso e dei valori etici dominanti. Il dibattito su questi ultimi è ripreso anche dal tentativo di conciliazione tra ordini religiosi, a cui si assiste nella vicenda e che ha per argomento principale la povertà della Chiesa.

    b)Sono dichiarati esplicitamente dall’autore (in altri scritti esplicativi) o dai personaggi della storia?

    I temi non sono dichiarati esplicitamente dall’autore o dai personaggi ma possono essere dedotti da fatti e conversazioni che avvengono nella storia.

    d) Quando è stata scritta l’opera?

    L’opera è stata scritta tra il 1978 e il 1980

    e) Per chi è stata scritta? (intenzioni dell’autore)

    L’opera non è rivolta ad un determinato pubblico, ma è aperta a chiunque poiché le si possono attribuire più chiavi di lettura.

    f) Per quale scopo?

    Lo stesso autore dichiara in un suo commento d’appendice al romanzo che la storia è stata scritta senza un obiettivo prefissato. Ha voluto semplicemente “raccontare il Medio Evo per mezzo di un cronista dell’epoca” per il piacere dello scrivere.

    e)Come fu accolta dai lettori di quel tempo?

    L’opera ha avuto successo internazionale e da questa è stato tratto anche un film.
     
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    CITAZIONE (mau.06 @ 3/7/2008, 19:20) 
    Questo romanzo di Umberto Eco è stato pubblicato nel 1980.

    L’azione si svolge nel 1327, in un’abbazia benedettina posta in montagna in località imprecisata tra il Sud dell'Europa e il Nord dell'Italia. Il racconto è diviso in sette giorni, ritmati secondo i vari offici liturgici della giornata (ma lo stesso Eco ha rivelato che con la ripartizione dei capitoli secondo le ore del giorno ha contratto un debito con l'Ulisse di Joyce).

    Riassunto del romanzo

    Anno di grazia 1327, la cristianità è in crisi. Le eresie sorgono in ogni dove e aspramente sono combattute. Il papato è impegnato su più fronti: contro l’imperatore Ludovico il Bavaro e contro i nemici interni opponendosi a tutti coloro che desiderano riformare la Chiesa.

    Guglielmo di Baskerville, monaco francescano, ex-inquisitore e consigliere dell’Imperatore si reca unitamente ad Adso da Melk, un giovane benedettino, che è anche il narratore del romanzo, in un’abbazia benedettina del Sud della Francia. Devono partecipare ad un’importante riunione che vede contrapposti i francescani fautori della povertà del Cristo ed i partigiani del papa. Questo incontro è stato organizzato allo scopo di permettere alle due parti di trovare un accordo.

    L’abbazia vive ore tormentate. Subito dopo il suo arrivo, l’Abate Abbone chiede a Guglielmo di Baskerville di indagare sulle cause della morte violenta di uno dei suoi conventuali. In effetti durante la notte, Adelmo da Otranto, un giovane monaco è caduto dall’Edificio, un’imponente costruzione nella quale si trovano sia il refettorio che l’immensa biblioteca dell’abbazia.

    Per le necessità della propria indagine Guglielmo di Baskerville va alla riunione dei monaci dell’abbazia. Fa la conoscenza di Salvatore, un monaco deforme che parla una lingua sconosciuta, mescolanza di molte altre, di Ubertino da Casale, un “uomo strano”, un uomo intransigente che sicuramente sarebbe potuto diventare uno di quegli eretici che Guglielmo avrebbe mandato al rogo, Venanzio, un ellenista erudito, Jorge, un vegliardo cieco divorato da un orgoglio smisurato e che disprezza il riso umano, Severino, un curioso erborista, ed infine Berengario, l’aiuto bibliotecario che sembra avere avuto una relazione particolare con la vittima. Questi incontri individuali consentono a Guglielmo di Baskerville di scoprire alcune norme e segreti dell’abbazia. Acquisisce abbastanza rapidamente la convinzione che Adelmo da Otranto non è stato assassinato, ma che si è suicidato.

    Il secondo giorno, Venanzio, l’ ellenista è trovato morto in un barile di sangue di maiale. Guglielmo si persuade che queste due morti siano legate alla biblioteca dell’abbazia.

    Questa biblioteca, tra le più grandi della cristianità, è costruita come un luogo segreto a forma di labirinto, allo scopo di proteggerla dagli intrusi. Guglielmo ed Adso manifestano il desiderio di visitarla. Ma il permesso viene loro rifiutato. È un luogo vietato, conosciuto dal solo Malachia, il bibliotecario e da Berengario, il suo aiuto. Rappresenta il centro misterioso dell’abbazia. I monaci e gli ospiti hanno accesso soltanto allo scriptorium, luogo di studio nel quale possono dedicarsi alla lettura ed alla copia.

    Guglielmo ed Adso scoprono che alcuni libri “vietati” della biblioteca portano, nel catalogo, la menzione “finis africae”.

    Solo Malachia, il bibliotecario e Berengario, il suo aiuto, sembrano conoscere il segreto di questa dicitura che corrisponde ad una sezione della biblioteca.

    Guglielmo prosegue la sua indagine ed inizia a sospettare di Berengario. Questi è l’ultimo a avere visto Adelmo in vita e temeva che Venanzio rivelasse la relazione particolare che inttratteneva con il giovane monaco.

    Guglielmo ed Adso decidono, nonostante i divieti, di recarsi nella biblioteca; provano a trovare il libro che Venanzio studiava nello scriptorium, ma quest’ultimo è scomparso. Resta soltanto una vecchia pergamena scritta in greco recante le annotazioni di Venanzio. Mentre studiano questa pergamena, si accorgono che non sono soli in questo luogo segreto. Un ospite misterioso riesce a sottrarre gli occhiali a Guglielmo che così è impedito nella prosecuzione della lettura. Guglielmo ed Adso nell’inseguire la misteriosa spia imboccano il labirinto, e solo con grande fortuna trovano l’uscita dalla biblioteca.

    Il terzo giorno, Guglielmo ed Adso riescono a decifrare le annotazioni di Venanzio. Ma il testo resta enigmatico. Guglielmo desidera interrogare Berengario, ma quest’ultimo è scomparso. Mette a profitto quest’inconveniente per cercare di risolvere l’enigma del labirinto. Ci riesce e decide di tornarvi la notte seguente. La sera Adso scopre nelle cucine una giovane donna. Questa seducente creatura non cerca che degli alimenti e in cambio di essi offre le sue grazie al giovane Adso in estasi.

    Durante la notte, si trova nelle latrine il corpo di Berengario. Guglielmo è incuriosito dalle macchie marroni che il cadavere reca sulle dita e sulla punta della lingua. Sospetta l’avvelenamento. Guglielmo scopre che era Berengario la misteriosa ombra della biblioteca, la sera prima. Ritorna in possesso dei suoi occhiali.

    Queste morti brutali creano un disagio profondo nell’abbazia. Il giorno dopo arrivano prima il gruppo dei francescani, alla cui guida è Michele da Cesena, successivamente gli emissari del papa alla testa dei quali si trova l’inquisitore Bernardo Gui, uomo dalla reputazione di grande crudeltà . L’Abate preoccupato della buona reputazione del proprio monastero teme per il futuro della sua abbazia. Guglielmo ed Adso proseguono con discrezione la loro indagine. Si introducono nuovamente nel labirinto e ne intuiscono il disegno. Non riescono tuttavia a penetrare il mistero del luogo designato dal cartiglio “finis africae”. Infatti, non riescono a decifrare il codice che permetterebbe loro di superarne la soglia.

    Quando escono dalla biblioteca, incrociano l’inquisitore Bernardo Gui che ha già iniziato ad imporre la sua legge. Ha sorpreso la giovane sconosciuta, che aveva amato Adso la vigilia, con Salvatore. Questo quarto giorno è anche l’occasione del primo scambio di ostilità tra Guglielmo e Bernardo Gui. I due uomini non si apprezzano affatto.

    Il quinto giorno, le discussioni politiche e religiose riprendono. Ma sono rapidamente interrotte dalla scoperta di un altro cadavere. Severino l’erborista, è rinvenuto con la testa schiacciata.

    Bernardo Gui procede all’arresto del cellario Remigio, che sospetta essere l’autore di questi assassini. Organizza un processo durante il quale sono processati Remigio ed i due prigionieri della vigilia: Salvatore e la giovane sconosciuta. Sotto tortura, Salvatore confessa e riconosce tutti i crimini di cui Bernard Gui lo accusa. Inoltre Remigio che desidera sfuggire alla tortura, riconosce anch’egli d’ essere un eretico ed un criminale. La giovane sconosciuta è accusata di stregoneria. Con questo processo Bernardo Gui ed i suoi uomini segnano punti e sembrano essere giunti a penetrare il mistero degli omicidi, addebitandoli al vecchio cellario.

    Ma il giorno dopo, un nuovo omicidio è scoperto. Questa volta è Malachia, il bibliotecario, la vittima. Anch’gli ha la punta delle dita coperte di macchie marroni. Guglielmo decide di proseguire la sua indagine. È persuaso che esiste un legame tra il libro scomparso e questi omicidi.

    L’Abate ordina a Guglielmo di arrestare la sua indagine. Ma quest’ultimo disattende l’ordine.

    Durante la notte, torna con Adso nella biblioteca. Avendo trovato il codice segreto, riescono a entrare finalmente nella sezione misteriosa “ finis africae”. Vi scoprono ***, che li attende. *** li lascia leggere il libro tanto ambito, e che è stato la causa di tante morti. Si tratta di una copia unica di un testo di Aristotele sull’umorismo ed il riso, il II° libro della Poetica. *** tenta allora di fuggire. La biblioteca prende fuoco, e distrugge così quest’unico esemplare dell’opera che *** giudicava blasfemo, che non era riuscito tuttavia a distruggere, e che aveva provocato tante morti.
     
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